Stato (637.657 kmq; 10.312.000 ab.) dell'Africa orientale, posto nella parte
della penisola conosciuta come Corno d'Africa. Confina a Nord-Ovest con Gibuti, a
Ovest con l'Etiopia e il Kenya e
si affaccia a Sud e a Est sull'Oceano Indiano e a Nord sul Golfo di Aden.
Capitale: Mogadiscio. Città principali: Merca, Hargheisa, Chisimaio,
Berbera. Ordinamento: Repubblica presidenziale. Moneta: scellino. Lingua:
somalo; lingue amministrative sono l'arabo, l'italiano e l'inglese. Religione:
musulmana sunnita di rito sciafeita. Popolazione: è formata per la
maggior parte da Somali; esistono minoranze arabe, negre e indiane. È
assai diffuso il fenomeno del
nomadismo.
GEOGRAFIAMorfologia:
la
S. è costituita da due diverse regioni naturali: quella
settentrionale, montuosa (con cime fino ai 2.000 m), che si sviluppa sul
prolungamento dell'Altopiano Etiopico e giunge fino al Golfo di Aden; quella
centro-meridionale, che si estende su un vasto tavolato con quote massime
attorno agli 800 m. Le coste sono alte e accidentate a Nord, uniformi e
rettilinee a Sud. ║
Idrografia:
la zona settentrionale
è povera di corsi d'acqua, mentre più ricca risulta quella
meridionale, ove scorrono i due fiumi principali, il Giuba e l'Uebi. ║
Clima: uniforme su tutto il territorio, è arido; le scarse piogge
(tra i 200 e i 500 mm annui) sono concentrate nel periodo aprile-ottobre.
║
Flora: la vegetazione è di tipo sahariano, con alberi e
arbusti a Nord, xerofila lungo le coste meridionali, savana alberata nelle aree
pianeggianti.
Cartina della Somalia
Il vecchio quartiere di Mogadiscio
ECONOMIAL'economia
somala è essenzialmente centrata sulle attività primarie. La
produzione agricola (miglio, mais, sorgo, sesamo, frumento) è di
sussistenza, anche se il periodo coloniale ha dato impulso all'agricoltura di
piantagione, i cui prodotti (banane, cotone, canna da zucchero) sono destinati
quasi esclusivamente all'esportazione. Le foreste forniscono legname di bassa
qualità, mentre di qualche rilievo è la produzione spontanea di
incenso, mirra e gomma arabica. L'allevamento (ovini, caprini, cammelli e
bovini), sebbene spesso praticato ancora in forme tradizionali, costituisce
l'attività economica principale e rappresenta l'85% delle esportazioni;
in questo senso, ha decisamente influito l'apertura degli impianti di
macellazione di Mogadiscio e Hargheisa, che hanno posto fine alla poco
redditizia esportazione di bestiame vivo. Abbondanti sono le riserve saline (a
Gezira), mentre modesta è l'attività ittica (squali e tonno) e
scarse sono le risorse del sottosuolo. Il settore industriale, controllato in
larga parte dallo Stato, si presenta estremamente debole: si segnalano alcuni
impianti per la produzione di materiali da costruzione e per la trasformazione
dei prodotti delle attività primarie, le industrie conserviere, casearie,
conciarie e tessili di Mogadiscio, nonché gli oleifici e gli zuccherifici
di Giohar, il cementificio di Berbera e gli stabilimenti per l'inscatolamento e
la conservazione del pesce di Chisimaio. Il conflitto Iran-Iraq ha determinato
la sospensione della promettente attività della raffineria costruita nel
1979 a Mogadiscio. Scarsa è la produzione di energia elettrica (di
origine interamente termica) e modesta è anche la rete delle
comunicazioni.
STORIAIl territorio
somalo fu occupato a ondate successive da popolazioni di origine diversa: nelle
regioni meridionali si stanziarono genti Bantu, in quelle interne popolazioni
Galla (provenienti dalla regione di Harar), lungo la costa comunità
mercantili di origine araba. Su tutte si impose, infine, intorno al XIII sec.
una popolazione di razza etiopica (da cui discendono gli attuali Somali),
suddivisa in vari gruppi etnici. Poco si sa del periodo compreso tra il XIV e il
XIX sec., nel corso del quale, comunque, lotte intestine tra le varie
tribù e parziali occupazioni straniere portarono alla creazione di uno
Stato unitario. Nella seconda metà del XIX sec., iniziò la
penetrazione coloniale europea: gli Inglesi si insediarono nel 1884 a Zeila,
Berbera e Bulhar, istituendo nel 1886 il Somaliland Protectorate; i Francesi nel
1884 occuparono la Côte française des Somalis, divenuta in seguito
indipendente col nome di Repubblica di Gibuti; gli Italiani nel 1889 presero
possesso dei sultanati di Obbia e Migiurtinia. Se la colonizzazione inglese fu
duramente contrastata da Mohammed ibn Adbal Abdallah ibn Hasan, più noto
come Mad Mullah, sotto la cui guida si scatenò tra il 1899 e il 1920 una
violenta guerriglia, quella italiana riuscì più facile,
soprattutto dopo il 1905 con la nomina di un governatore. Successivamente, il
regime fascista, col pretesto della pacificazione di quella che era stata
ribattezzata
S. Italiana, sottomise il territorio, favorendo
l'insediamento di coloni e dando il via a una politica di sfruttamento intensivo
delle terre più fertili. I possedimenti italiani si allargarono nel 1925,
con l'acquisizione dell'Oltregiuba, e nel 1936, con la conquista dell'Etiopia,
venendo a costituire l'Africa Orientale Italiana. Nel marzo 1941, la
S.
Italiana fu occupata militarmente dagli Inglesi, rimanendo sotto amministrazione
militare sino al 1950, quando l'ONU l'affidò in amministrazione
fiduciaria all'Italia per un periodo di dieci anni, terminato il quale essa
sarebbe divenuta indipendente. L'indipendenza fu in effetti proclamata il
1° luglio 1960 e, contemporaneamente, si ebbe l'annessione del Somaliland,
a sua volta divenuto indipendente il 26 giugno 1960; gli organismi legislativi
di
S. Italiana e Somaliland si fusero così nell'Assemblea
nazionale ed elessero primo presidente della Repubblica di
S. Adan
Abdullah Osman. Il Governo fu retto da una coalizione tripartitica in cui ebbe
una posizione dominante il partito che già da qualche anno egemonizzava
la vita politica della
S. Italiana, ovvero la Lega dei giovani somali
(LGS). Per quanto i primi anni di vita della giovane Repubblica, costruita su un
modello di tipo parlamentare, fossero indirizzati alla realizzazione dello
sviluppo economico e sociale del Paese, rimase non sopita l'aspirazione ad
annettere i territori somali in possesso dell'Etiopia (Ogaden) e del Kenya
(regione nord-orientale) e costituire in questo modo la cosiddetta Grande
S. Tale aspirazione nel febbraio 1964 sfociò in un conflitto con
l'Etiopia conclusosi con la sconfitta somala. Ne derivò, oltre a un
inasprimento dei rapporti con i Paesi confinanti, un rallentamento dei programmi
di sviluppo economico-sociale, che ripresero solo quando, nel maggio 1967,
furono allontanate dal potere le correnti più oltranziste. Il nuovo
Governo, presieduto da Mahammed Haji Ibrahim Egal, si impegnò allora a
risolvere pacificamente le controversie territoriali e il Paese sembrò
orientato verso lo sviluppo. Due anni dopo però il presidente della
Repubblica Abdirachid Ali Shermarke fu assassinato e l'esercito attuò un
colpo di Stato (21 ottobre 1969) che portò alla creazione di un Consiglio
rivoluzionario supremo, presieduto dal generale Mohammed Siad Barre. La
Costituzione del 1960 fu cancellata e la Repubblica di
S. si
trasformò nella Repubblica Democratica di
S.; nel contempo, furono
avviate una serie di riforme economico-sociali secondo un modello di tipo
socialista. Nel 1977 esplose nuovamente il conflitto somalo-etiopico per il
possesso dell'Ogaden; tale conflitto, conclusosi l'anno seguente con una nuova
sconfitta somala, segnò la presa di distanza da parte del regime di Siad
Barre dall'Unione Sovietica, che aveva appoggiato militarmente l'Etiopia, e
l'assunzione di una posizione filo-occidentale. Solo verso la metà degli
anni Ottanta cominciarono a mitigarsi le tensioni con l'Etiopia; in particolare,
nel 1986 ebbero inizio i colloqui di Gibuti, nel corso dei quali Barre
rinunciò ufficialmente a porre la pregiudiziale del problema dell'Ogaden.
In quegli stessi anni, Barre diede avvio a una politica estera improntata alla
distensione, riprendendo nel 1985 le relazioni diplomatiche con la Libia,
interrotte quattro anni prima, e nel 1986 quelle con l'Unione Sovietica. Su
queste decisioni pesò senz'altro la necessità di rafforzare sul
fronte esterno un regime che era sottoposto a sempre più frequenti
attacchi da parte dei guerriglieri del Movimento nazionale somalo (MNS),
formazione filoccidentale e progressista formata dal gruppo etnico Issak.
Ciò non impedì però che nel 1988 il MNS giungesse ad
acquisire il controllo di tutta la
S. del Nord con l'esclusione di
Berbera; né più tardi la concessione da parte di Barre di una
Costituzione multipartitica (ottobre 1990) evitò che il 26 gennaio 1991
le forze del Congresso dell'Unità Somala (CSU), fondato il 10 gennaio
1989 a Roma, rovesciassero il regime, facendo precipitare il Paese
nell'anarchia. La guerra civile proseguì, dal momento che quasi
immediatamente il CSU si spaccò in due fazioni, una guidata da Alì
Mahdi Mohammed e l'altra da Mohammed Farah Aidid; nel contempo il MNS
proclamò la secessione dell'ex Somaliland. Nel tentativo di risolvere
l'intricata questione, l'ONU nel 1992 inviò le proprie forze di pace che
furono però presto coinvolte in scontri con diverse fazioni somale, col
risultato di acuire anziché stemperare le tensioni. Nel 1995, l'ONU, non
essendo in grado di risolvere politicamente il conflitto, decise il ritiro delle
sue forze dalla
S.; vane furono anche le due Conferenze di
riconciliazione tra le parti in guerra organizzate nel 1997 a Soderen
dall'Etiopia e al Cairo dall'Egitto. Nel 1998 la regione del Nord-Est si
dichiarò autonoma, senza tuttavia realizzare alcuna secessione. Nel 2000
aumentarono gli assalti ai convogli degli organismi internazionali che portavano
soccorso alla popolazione stremata dalla guerra civile e dalla carestia, mentre
nel Paese iniziò a diffondersi il colera che in poche settimane
provocò centinaia di vittime. In giugno si aprì, promossa
dall'ONU, l'ennesima conferenza nazionale di riconciliazione, che
approvò una "Carta nazionale di transizione", che prevedeva un
Governo provvisorio della durata di tre anni e un Parlamento federale di
transizione. Nell'agosto 2000 venne eletto presidente Abdulkassim Salat Hassan,
fautore di una democrazia multipartitica. Nel febbraio 2001 la compagnia
petrolifera francese TotalFinaElf sottoscrisse un accordo con il Governo di
transizione somalo che prevedeva di eseguire ricerche e, di conseguenza, di
aprire pozzi petroliferi nel Sud del Paese. Nel marzo 2001 i leader dei due
Stati secessionisti di Somaliland e Puntland e altri "signori della guerra", con
l'appoggio dell'Etiopia, costituirono il Consiglio di restaurazione e riconciliazione
(SRRC), una sorta di Governo nazionale in opposizione a quello di transizione.
A fine giugno il Governo di transizione avviò un'operazione di polizia contro
le fazioni che si combattevano a Mogadiscio, nel tentativo di riprendere il
controllo della capitale. Dopo gli attacchi terroristici dell'11 settembre 2001
contro le Torri Gemelle e il Pentagono, gli Stati Uniti congelarono i conti della
Barakaat, la più grande società somala per il trasferimento dei fondi all'estero,
e inserirono la
S. nella lista dei Paesi in cui operano le milizie
terroristiche di Al Qaeda. Nell'ottobre 2001 il primo ministro Galaydh venne
estromesso con un voto di sfiducia mentre si trovava negli Stati Uniti e sostituito
da Hasan Abshir Farah. Nel 2002 fu organizzata a Mbagathi, in Kenya, una conferenza
di riconciliazione nazionale organizzata dall'IGAD (Autorità intergovernativa per
lo sviluppo): la presenza di oltre 900 delegati, perlopiù rappresentanti solo di
interessi personali o tribali, non portò ad alcun risultato. Nel 2003, sempre
nell'ambito di una conferenza di pace, fu raggiunta un'intesa per la creazione di
un Governo federale e l'elezione di un nuovo Parlamento, che venne però respinta
dal presidente Salat Hassan. Nell'aprile 2003 il Somaliland si proclamò indipendente ed
elesse presidente, con un esiguo margine di voti, Dahir Riyale Kahin. Nel 2004 il
processo di pacificazione sembrò avviarsi alla conclusione. In ottobre si svolsero
le elezioni presidenziali: la IGAD nominò un Parlamento federale ed elesse presidente
ad interim Abdullahi Yusuf Ahmed. In novembre si insediò un Governo di unità nazionale,
guidato da Ali Mohammed Gedi. Queste deboli istituzioni, tuttavia, non riuscirono
a rendere effettivo il loro potere, principalmente a causa della presenza dei "signori
della guerra" di Mogadiscio, contrari alla formazione di un Esecutivo di transizione.
Nel febbraio 2006 i "signori della guerra" iniziarono a sferrare nella capitale i
primi attacchi a esponenti dell'integralismo islamico, accusati di appartenere
ad al-Quaeda, scatenando la reazione della popolazione, che si schierò a favore degli
integralisti colpiti. Nel giugno 2006 le milizie controllate dall'Unione delle
Corti islamiche (UCI), guidate da Shek Sherif Shek Aden (il capo spirituale della
S.) e sostenute da Iran, Libia e Arabia Saudita, scacciarono da
Mogadiscio, con l'appoggio della popolazione, i "signori della
guerra" e assunsero il controllo della parte centro-meridionale del
Paese. Per contrastare la loro avanzata e impedire il rovesciamento del Governo
provvisorio riconosciuto a livello internazionale, nel mese di luglio carri armati
etiopi varcarono il confine somalo, con l'appoggio di Uganda, Yemen, Kenya e,
soprattutto, Stati Uniti (che ufficialmente spinsero il dittatore etiopico
Meles Zenawi ad attaccare la
S. per debellare l'UCI, ma effettivamente
dovevano tutelare i loro interessi legati al petrolio). Le Corti
islamiche proclamarono la "guerra santa" contro gli Etiopi e il Governo
provvisorio si rifugiò a Baidoa (a 250 km da Mogadiscio), perdendo il
controllo della capitale. Nel mese di agosto la regione somala di Galmudug si dichiarò
Stato indipendente all'interno della Nazione. Intanto le Corti islamiche, tramite
esecuzioni sommarie e gravi riduzioni delle libertà, riuscirono a riportare una
relativa pace nelle regioni che governavano; dopo 11 anni furono addirittura riaperti il
porto e l'aeroporto. In dicembre il Consiglio di Sicurezza dell'ONU approvò una
risoluzione che diede il via libera formale a una forza internazionale regionale
con il compito di mantenere la sicurezza a Baidoa, permettendo di fatto alle
istituzioni transitorie di riarmarsi. Nell'arco di pochi giorni si riacutizzarono
gli scontri tra le Corti islamiche e il Governo provvisorio di Baidoa; le milizie
etiopi, intervenute a sostegno di Baidoa, irruppero nella capitale somala e scacciarono
le Corti islamiche, provocando migliaia di morti. Il 9 gennaio 2007, a supporto
dell'esercito etiope e del Governo somalo, gli Stati Uniti entrarono nel conflitto con
una serie di bombardamenti nel Sud del Paese, dove si sarebbero rifugiati
esponenti di al-Qaeda. A fine gennaio iniziò il ritiro delle truppe etiopi da
Mogadiscio. In febbraio un rapporto del Consiglio di Sicurezza dell'ONU
dichiarò che alcuni Paesi arabi avrebbero segretamente armato e addestrato i militanti
islamici in
S. reclutati da al-Qaeda. Mogadiscio, in preda a una
inarrestabile deriva di guerriglia urbana, fu sconvolta da una serie di attentati.