L'essere simile ad altri o ad altro, sia
nell'aspetto esteriore sia nei caratteri intrinseci:
la s. con l'originale
è perfetta. • Filos. - Di due cose che condividono una
particolare determinazione e sono perciò simili. Nella storia della
filosofia il concetto di
s. venne indagato soprattutto in ambito
metafisico e gnoseologico. Già in alcune fondamentali dottrine di
Platone, come quella della partecipazione (o metessi) o dell'imitazione (o
mimesi), tale concetto indica il rapporto tra le idee e gli oggetti sensibili,
che dalle prime traggono la loro realtà e pensabilità. Aristotele
enumerò vari significati di
s., identificandola ora con
l'uguaglianza qualitativa, ora con una comunanza di specie, ora con
un'uguaglianza di grado di questa, ora con la condivisione di un certo numero di
qualità o con la condivisione di quelle più evidenti. Plotino
conferì alla
s. un valore dinamico, individuando in essa la causa
prima dell'ascesa dell'anima verso il mondo delle idee e della sua fuga dal
mondo sensibile. Il pensiero cristiano si servì del concetto di
s.
per spiegare il rapporto fra l'uomo e Dio. A Tommaso d'Aquino, in particolare,
si deve una compiuta teoria della
s., da lui definita come convenienza di
più cose secondo la forma; è sua anche la distinzione tra la
convenienza perfetta, ossia secondo lo stesso modo e la stessa misura, la
convenienza unica, ossia nel modo ma non nella misura, e la convenienza per
analogia, intesa a esemplificare il rapporto fra l'uomo e Dio. L'etica pose il
concetto di
s. a fondamento dell'obbligo morale del rispetto del proprio
simile, anche in ragione della
s. di quest'ultimo al Padre eterno.
• Psicol. -
Legge di s.: quella che afferma la possibilità
per uno stato di coscienza di richiamarne alla memoria un altro, quando i due
stati hanno
s. fra loro.