Uomo di Stato, legislatore e poeta ateniese. Figlio del
nobile Execestide, ricevette un'accurata educazione e compì numerosi
viaggi nei Paesi del Mediterraneo orientale, che gli consentirono di acquisire
una notevole esperienza politica. Di ritorno ad Atene, si dedicò a
un'intensa e abile attività di propaganda tra il popolo, declamando
pubblicamente composizioni elegiache di argomento politico scritte di proprio
pugno; la più famosa fu
Salamina, che
S. compose allo scopo
di sollecitare gli Ateniesi a intraprendere la riconquista dell'Isola di
Salamina caduta in mano ai Megaresi. Venne eletto arconte nel 594 a.C. con
l'incarico specifico di promulgare un nuovo codice di leggi, atte a riportare la
pace in uno Stato scosso da tensioni sociali ed economiche. Il primo
provvedimento di
S. fu diretto ai piccoli proprietari terrieri che, a
causa delle ipoteche sulle loro proprietà, rischiavano di perdere, oltre
alla terra, anche la libertà personale. In loro favore,
S. decise
la
seisáchtheia (scotimento dei pesi), ossia la cancellazione dei
debiti ipotecari, rifiutandosi tuttavia di intraprendere una riforma più
radicale volta a ridistribuire in modo più equo la terra, allora
concentrata quasi esclusivamente nelle mani di pochi privilegiati.
S.
introdusse inoltre un ordinamento statale basato sul censo, in modo tale da
proporzionare oneri e diritti alla capacità finanziaria di ciascuno. Il
Governo che ne derivò fu di tipo timocratico (
timé:
censo) e prevedeva la suddivisione dei cittadini in quattro classi: i
pentacosiomedimni, con una rendita annua di almeno 500 medimni; i
cavalieri, con una rendita annua di 300 medimni; gli
zeugiti, con
una rendita annua di 200 medimni; i
teti, cioè i cittadini liberi
ma privi di una rendita particolare. L'attività riformatrice di
S.
si estese anche al campo giudiziario, con l'istituzione dei tribunali popolari e
varie modifiche al precedente diritto ateniese, tra cui l'aumento delle
competenze giudiziarie dello Stato, l'introduzione della pubblica accusa contro
ogni reato commesso a danno di privati, nonché della facoltà di
testare liberamente. Dopo aver compiuto un viaggio in Egitto, tornò ad
Atene e cercò di opporsi senza successo all'avvento di Pisitrato al
potere e all'instaurazione della tirannide.
S. tentò di arrestare
il processo di deterioramento dello Stato oligarchico, limitandosi, tuttavia, a
promuovere un ordinamento statale basato sul censo, senza scuotere le basi
tradizionali dello Stato. Egli rimase sostanzialmente fedele alla classe
privilegiata cui apparteneva e non cercò mai di sottrarre alla
nobiltà il governo della
polis o la partecipazione esclusiva alla
vita politica e sociale. La sua legislazione, anzi, aveva lo scopo di porre un
freno alle rivendicazioni delle nuove forze sociali ed economiche che proprio
allora cominciavano a venire alla luce. Si deve riconoscere a
S. il
merito di un avviamento dello Stato ateniese alla democrazia, che però fu
instaurata da Clistene solo un secolo dopo. Di
S. ci sono pervenuti
frammenti in distici elegiaci, trimetri giambici e tetrametri trocaici con stile
e lingua ionici e tono più oratorio che poetico. Sono celebri l'elegia
Le Muse e
Eunomía (Atene 640-630 a.C. - Atene 560
a.C.).
Schema della riforma istituzionale di Solone