(dal latino
solipsismus, der. di
solus: solo e
ipse: stesso). Termine filosofico indicante la
posizione di chi non ammette altra realtà al di fuori di se stesso e
considera tutti gli altri enti come sue momentanee percezioni. ║ Per
estens. - Soggettivismo, individualismo estremo, proprio di chi si concentra su
di sé e ignora gli altri. • Filos. - Storicamente, la prima
significativa forma di
s. è lo Scetticismo antico, che reputava
come indubitabilmente esistente la sola coscienza individuale e affermava
l'impossibilità di dimostrare la realtà del rapporto fra il
contenuto della coscienza e il suo correlato nel mondo esterno. Vi è chi
sostiene sia solipsistica anche la concezione filosofica cartesiana, che si
richiama allo Scetticismo antico; in realtà, Cartesio considerò il
dubbio scettico null'altro che la premessa di una complessiva rifondazione della
conoscenza atta a dimostrare la corrispondenza oggettiva fra la rappresentazione
del soggetto e la realtà esterna alla coscienza. In epoca moderna,
solipsistica è la filosofia di G. Berkeley, che non seppe elevarsi al di
sopra dell'autocoscienza per affermare una realtà trascendente e
oggettiva: a suo parere
esse est percipi, nel senso che la realtà
esterna non può esistere indipendentemente dal soggetto che la
percepisce. Già criticato da Th. Reid e dalla scuola scozzese del senso
comune, il
s. venne avversato anche da I. Kant, che nell'“Io
penso” o “soggetto trascendentale” fondò
l'intersoggettività o universalità della conoscenza umana. Nel
pensiero contemporaneo, L. Wittgenstein sostenne un
s. di tipo
linguistico: tuttavia, affermando che “i limiti del linguaggio sono i
limiti del mio mondo”, il filosofo non alludeva a una forma di idealismo
soggettivistico, ma all'impossibilità per l'uomo di trascendere il piano
linguistico. R. Carnap confutò il tradizionale
s.
gnoseologico-metafisico e pose alla base della conoscenza le esperienze
elementari vissute (
Erlebnisse), senza per questo rinunciare a conseguire
l'intersoggettività. Anche la filosofia analitica (con il già
citato L. Wittgenstein, A.J. Ayer, P.F. Strawson, J.T. Wisdom) si occupò
della questione del
s., specie nella trattazione del “problema
delle altre menti”, ossia del modo in cui ciascuno può acquisire la
certezza che gli stati mentali suoi e degli altri sono i medesimi. •
Psicol. - Termine con cui si indica ciò che la teoria freudiana
denominava narcisismo, ossia la tendenza infantile (che in soggetti
psichicamente immaturi può permanere anche in età adulta) a
considerare il mondo esterno unicamente sotto l'aspetto della soddisfazione dei
propri desideri. Questa tendenza comporta una più o meno accentuata
incapacità a considerare gli altri individui come persone con esigenze,
desideri o bisogni diversi dai propri e spesso in contrasto con essi.