Stella che esercita la propria forza di attrazione
gravitazionale sulla Terra e sui corpi che compongono il sistema solare
(V. SOLARE). Essa emette spontaneamente una grande
quantità di energia, sotto forma di onde elettromagnetiche di varia
lunghezza, che rappresenta la maggiore fonte energetica dell'intero sistema,
senza la quale la vita sulla Terra non sarebbe possibile. ║ In
particolare, la luce e il calore che si avvertono sulla superficie terrestre in
misura più o meno intensa:
oggi non c'è s. ║ Per
analogia, si parla di
s. quando si considerino altre stelle secondo la
prospettiva di una loro possibile centralità entro sistemi planetari
affini al nostro:
nel cosmo esistono altri s.? ║ Fig. - Come
simbolo di bellezza, di amore o di potenza:
bella come il s. •
Astron. - Il
S. è la stella intorno a cui la Terra compie il
proprio moto di rivoluzione: la distanza tra i due corpi celesti varia da un
minimo di 147.100.000 km (
perielio dell'orbita) a un massimo di
152.100.000 km (
afelio); la distanza media di 149.598.000 km, assunta
come unità di misura astronomica (UA), indica che la luce solare impiega
circa 8 minuti per raggiungere la Terra. In base alla terza legge di Keplero
(V. KEPLERO, JOHANNES) gli scienziati hanno potuto
calcolare la massa del
S., pari a 1,98 · 10
30 kg (333.000
volte circa quella terrestre) e il suo raggio, pari a 695.800 km (109 volte
quello terrestre): da ciò si deduce che il volume del
S. è
1.306.000 volte maggiore di quello della Terra, per una densità media di
1,41 g/cm
3, pari a un quarto di quella terrestre. Infine,
l'accelerazione di gravità alla superficie del
S. è di 28
volte superiore a quella della Terra, con una velocità di fuga pari a 618
km al secondo. Per quanto riguarda la classificazione, il
S. si colloca,
in base al suo tipo spettrale, nella classe G
2, lungo la sequenza
principale del diagramma Hertzspung-Russel (V.
HERTZSPUNG-RUSSEL, DIAGRAMMA DI) e ha una magnitudine assoluta di 4,8
(V. STELLA). ║
Movimenti del S.:
il
S.
si muove nello spazio descrivendo un certo numero di
moti principali. Il moto di
rotazione del
S. fu scoperto per la
prima volta nel 1610 da Galileo Galilei, che rilevò lo spostamento di
alcune macchie (V. OLTRE) da un bordo all'altro
del disco solare nello spazio di 13-14 giorni. Pochi decenni dopo, C. Scheiner
osservò che le macchie prossime all'equatore del
S. si spostavano
a una velocità maggiore rispetto a quelle situate a latitudini più
elevate: dunque il
S. non è un corpo rigido. Circa a metà
dell'Ottocento le osservazioni condotte consentirono di definire questo fenomeno
come
rotazione differenziale del S.,
per la quale la
velocità del moto è massima all'Equatore e diminuisce
avvicinandosi ai Poli; il movimento si svolge in senso
diretto
(cioè antiorario rispetto a un osservatore situato al Polo Nord celeste)
e intorno a un asse di rotazione quasi perpendicolare al piano dell'eclittica.
Il calcolo dei diversi periodi di rotazione, inizialmente effettuato sulla base
dello spostamento di formazioni superficiali sul disco del
S., durante il
XX sec. è stato perfezionato considerando le conseguenze sulle righe
dello spettro solare dell'effetto Doppler (V. DOPPLER,
EFFETTO). Risulta che il periodo di rotazione è pari a 25,6 giorni
all'Equatore, a 26,6 giorni alle latitudini ±30° e a circa 33 giorni
ai Poli. La rotazione differenziale, infine, è presente anche negli
strati più interni alla superficie solare: secondo lo stato attuale delle
conoscenze, il moto diventa rigido a una profondità pari a circa lo 0,3
del raggio solare. Il
S. non è una stella fissa nello spazio, ma
associa alla rotazione sul proprio asse altri movimenti: posto nel braccio di
Orione della Via Lattea, il
S. dista dal suo punto centrale circa 3
· 10
17 km e descrive intorno a esso un'orbita di
rivoluzione, che si completa in circa 250 milioni di anni, alla
velocità di 250 km/sec. Dal momento che non tutti corpi della galassia si
muovono con uguale velocità orbitale rispetto al centro, il
S.
presenta anche un moto di
traslazione, solidale al precedente, in base al
quale si sposta rispetto alle stelle circostanti di circa 20 km al secondo, in
direzione di un punto della sfera celeste (detto
apice solare) situato
nei pressi della stella ν della costellazione di Ercole. Infine, il
S. partecipa al moto generale di
recessione della Via Lattea
connesso all'espansione dell'Universo. Questi ultimi tre moti (di rivoluzione,
traslazione e recessione) coinvolgono ovviamente tutti i corpi del sistema
solare: i pianeti, perciò, “trascinati” dal movimento del
S., descrivono in realtà intorno a esso non orbite chiuse, ma
delle curve aperte, dette
eliche, senza ripassare mai nello stesso punto
dello spazio. ║
Struttura generale del S.: i termini raggio o
diametro solare si riferiscono alla misura empirica ricavata dall'osservazione
del disco. Infatti non esiste per quanto riguarda il
S. una superficie
netta che distingua e separi l'interno della stella dall'esterno: il corpo del
S. presenta piuttosto una variazione di densità, in diminuzione
graduale dal centro verso l'esterno. Il limite del diametro apparente del
S. risulta determinato da una transizione abbastanza brusca della materia
solare da valori di opacità molto alti (interno) ad altri piuttosto
piccoli (atmosfera trasparente). L'osservazione diretta è possibile solo
fino allo strato solare in cui si verifica questa variazione di trasparenza
(fotosfera; V. OLTRE): gli strati più
interni del
S. sono indagabili solo mediante le equazioni astrofisiche,
in base alle quali gli scienziati, essendo note le condizioni della superficie,
possono elaborare
previsioni sulle condizioni delle sezioni più
profonde della stella. Andando dal centro verso l'esterno il corpo solare
presenta tre zone distinte: il
nucleo, che occupa circa ¼ del raggio
solare; in esso hanno sede le reazioni termonucleari che costituiscono la fonte
di energia della stella, rese possibili dall'altissima temperatura, calcolata
tra i 15 e i 20 milioni di gradi Kelvin (si ricordi che il grado 0 della scala
K, o delle temperature assolute, corrisponde a -273 °C). La zona intermedia
è detta
radiativa: occupa la porzione stellare compresa tra lo
0,25 e lo 0,70 del raggio solare e consente la trasmissione verso l'esterno
dell'energia prodotta dalle reazioni del nucleo mediante irraggiamento. A essa
segue la zona
convettiva, che occupa la porzione tra lo 0,70 e l'intero
del raggio apparente del
S.: l'energia viene trasportata verso l'esterno
mediante movimenti su larga scala della materia solare, cioè di moti
convettivi (simili a quelli che si verificano nell'acqua in ebollizione) per cui
correnti più calde e dunque più leggere si spingono verso lo
strato più superficiale, sospingendo verso il basso la materia
circostante più fredda e pesante. Al di là dello strato
superficiale, oltre il quale l'opacità della materia diminuisce
sensibilmente verso la trasparenza, si estende come detto l'
atmosfera
solare: anch'essa viene divisa in tre zone. La più interna è la
fotosfera, uno strato abbastanza sottile, spesso circa 500 km, attraverso
il quale la temperatura diminuisce, passando da circa 7.000 K a circa 4.000 K;
osservabile direttamente (a occhio nudo, specie durante le eclissi, o con
apposita strumentazione ottica), si presenta come una porzione luminosa di
aspetto granulare, composta cioè da punti irregolari più o meno
brillanti. La
cromosfera ha uno spessore di circa 2.500 km, chiaramente
visibile durante un'eclissi totale, quando appare come una sorta di cornice
rossa del disco oscurato. Si caratterizza per un consistente aumento della
temperatura che passa, dal confine con la fotosfera a quello con la successiva
corona, da circa 4.000 K a circa 100.000 K. Dal momento che il calore si
può irradiare solo da un punto a temperatura maggiore verso uno a
temperatura minore, è evidente che il riscaldamento della cromosfera non
può risalire a un flusso dallo strato sottostante: verosimilmente
l'energia termica delle cromosfera è di nuova formazione e proviene dal
dissipamento in calore di altre forme di energia, forse di tipo cinetico o
più probabilmente elettromagnetico. Tali fenomeni di riscaldamento
interessano anche la
corona, la regione estrema dell'atmosfera del
S., che raggiunge temperature elevatissime (comprese tra i 200.000 e il
milione di K). Visibile a occhio nudo solo durante le eclissi, o in condizioni
normali con uno strumento detto
coronografo, ha colore bianco perlaceo e
diminuisce di temperatura (ma molto lentamente) e densità man mano che
aumenta la distanza dal
S. È costituita da gas ionizzati di
idrogeno ed elio, ma la sua estensione non è calcolabile esattamente, in
quanto la corona si tramuta senza soluzione di continuità nel cosiddetto
vento solare, cioè in una corrente di elettroni sempre alimentata
da un corrispondente flusso di materia ionizzata, che sfugge all'attrazione
gravitazionale del
S. alla velocità di 450 km al secondo e si
espande in uno spazio, eccedente anche le dimensioni dell'intero sistema solare,
detto
eliosfera (V. SOLARE). ║
Composizione chimica del S.: dal momento che l'osservazione diretta
mediante strumentazione ottica (eliospettrografo, coronografo, ecc.) è
possibile solo per gli strati atmosferici del
S., l'analisi della
composizione interna della stella può essere condotta solo mediante
elaborazioni teoriche (
modelli solari) che cerchino riscontro da un lato
nella misurazione del flusso verso l'esterno del
S. delle particelle
elementari prodotte dalle reazioni nel nucleo (neutrini), comparandola con il
flusso atteso secondo il modello prescelto, dall'altro nella composizione
accertata della fotosfera, che dovrebbe rispecchiare quella della nube
primordiale da cui ebbe origine il
S. (V.
SOLARE). Il modello teorico generalmente accettato (
modello
standard) propone una serie di equazioni che descrivono le condizioni di
equilibrio idrostatico del
S. (che, come detto, è un corpo fluido
e non rigido), il bilancio di energia (in base al quale in situazione
stazionaria, le quantità di energia prodotta dal nucleo e di energia
irradiata dalla stella devono essere uguali nell'unità di tempo), il
trasporto energetico (secondo le due modalità dell'irraggiamento e della
convezione). Il modello, inoltre, rileva l'andamento di tre parametri
fondamentali (densità, temperatura e abbondanza di idrogeno) in funzione
dell'allontanamento dal centro della stella fino all'estremo del diametro
apparente: mentre densità e temperatura diminuiscono costantemente,
l'abbondanza di idrogeno, partendo al centro da un valore di circa il 35%, sale
al 71% a partire da una distanza dal centro di 0,25 del raggio solare
(cioè sul confine tra nucleo e zona radiativa), rimanendo costante per
tutta la zona convettiva, cioè fino al valore intero del raggio.
Ciò si spiega con la progressiva distruzione di idrogeno nelle reazioni
che si svolgono al centro del
S.: dal momento però che la materia
solare non si rimescola nella zona intermedia, in equilibrio radiativo,
l'idrogeno consumato non viene rimpiazzato. Ne consegue perciò che la
composizione delle zone più esterne dovrebbe effettivamente corrispondere
a quella della nebulosa primordiale, pari cioè al 71% di idrogeno, 27% di
elio, 2% di elementi più pesanti, come conferma pienamente anche la
composizione della fotosfera. Per quanto riguarda la determinazione delle
abbondanze dei singoli elementi, si ricorre allo studio dello spettro
(V.), secondo la catalogazione di J. Fraunhofer e,
decenni dopo, di G.R. Kirchhoff. Dall'analisi spettrografica risulta che le
abbondanze degli elementi diminuiscono al crescere del numero atomico
(cioè alla pesantezza del nucleo); il ferro, che è l'elemento
più stabile, ha un'abbondanza particolarmente consistente rispetto agli
elementi con i numeri atomici contigui; litio, berillio e boro, pur avendo
numero atomico basso, sono poco presenti. I primi due dati sono legati ai
processi di nucleosintesi che hanno portato alla formazione dell'universo e
dunque derivano direttamente dalla composizione della nebulosa. La scarsezza di
Li, Be e Bo, invece, dipende dal loro progressivo consumo entro reazioni
nucleari che si sviluppano alla base della zona convettiva (che raggiunge
temperature adatte all'innesco del ciclo di Bethe; V.
OLTRE ), in cui questi tre elementi vengono in parte prodotti e in parte
distrutti, con saldo negativo. Le osservazioni spettrografiche di cromosfera e
corona confermano i dati fotosferici. ║
Attività superficiale
del S.: a livello della fotosfera gli scienziati hanno individuato strutture
magnetiche di varia grandezza, come i
pori (aree più oscure,
aventi un diametro massimo di 1.000 km e permeate da campi magnetici), i
nodi
magnetici (aventi dimensioni minori, con diametro massimo di 700 km e
luminosità omogenea alla fotosfera circostante, ma dotati di campi
magnetici piuttosto intensi), i
punti facolari (aree brillanti ancora
più piccole, con diametro di circa 200 km, che si raggruppano a formare
le
facole, macchie luminose già osservate da Galileo e permeate da
campi magnetici). Secondo gli studiosi tutte queste strutture della fotosfera
sarebbero di natura simile (sezioni di varia ampiezza di colonne di gas dotati
di forza magnetica che emergono dalla superficie solare) differenziandosi in
luminosità: i pori, più vasti e meno caldi, risultano meno
luminosi della circostante fotosfera che ha temperatura superiore; i punti
facolari, più piccoli, sono però più trasparenti agli
strati solari sottostanti più caldi e appaiono dunque più
luminosi; i nodi, di dimensioni intermedie, compensano al loro interno l'effetto
raffreddamento con quello trasparenza e hanno perciò luminosità
pari alla fotosfera circostante. Anche le
macchie solari, scoperte da
Galileo, sono strutture rilevate a livello della fotosfera: si tratta di regioni
oscure, che derivano dall'ampliamento di alcuni pori, di diametro più
consistente (compreso tra i 7.000 e i 50.000 km) e maggiore complessità.
Si riconosce infatti una zona centrale più scura detta
ombra,
circondata da una periferica detta
penombra, per lo più a
struttura raggiata e a filamenti. Esse sono permeate da un campo magnetico con
polarità positiva in uscita dalla superficie del
S. e negativa in
entrata. La presenza di questa intensa attività magnetica fa sì
che nella zona interessata si blocchi il movimento di convezione di gas caldi
dalla zona sottostante: la fotosfera si raffredda dunque localmente, perdendo
calore per irraggiamento senza che nuovo materiale caldo ne mantenga costante la
temperatura, motivo per cui diminuisce anche la luminosità. Tutti questi
fenomeni non sono permanenti ma transitori e hanno durata variabile, più
o meno breve (i più longevi si mantengono fino a tre mesi): essi si
susseguono in regioni circoscritte, dette
regioni attive o
regioni
magnetiche bipolari, perché in esse il campo magnetico generale della
fotosfera è assai più intenso e agisce lungo evidenti linee di
forza, con polarità positiva in uscita e negativa in entrata rispetto
alla superficie solare. L'attività magnetica si concentra in facole e
pori che, nella maggior parte dei casi si esauriscono in un tempo brevissimo, ma
talvolta si allargano a formare macchie. Nei giorni successivi alla loro
comparsa, nella regione attiva si registrano anche
brillamenti, fenomeni
esplosivi che determinano il riscaldamento della fotosfera e della cromosfera
fino temperature di 100.000 K, con emissione di particelle e radiazioni
elettromagnetiche di tutte le lunghezze d'onda (fino ai raggi x). Infine, una
delle manifestazioni più grandiose delle attività solari di
superficie è rappresentato dalle cosiddette
protuberanze: durante
la fase di declino della regione si verificano questi fenomeni di particolare
intensità, probabilmente connessi all'annichilazione del campo magnetico
bipolare, analoghi a brillamenti che oltrepassano la zona della cromosfera e
attraversano la corona solare, producendo ponti di materia e energia alti in
media 200.000 km. La più alta protuberanza finora rilevata è stata
di 700.000 km. La condizione di eclissi è quella maggiormente favorevole
all'osservazione di questi eventi. La raccolta delle osservazioni sistematiche
di tutti questi fenomeni (osservazioni che in pratica iniziarono nel 1610,
quando Galileo iniziò la sua attività) hanno permesso di elaborare
un parametro (detto
R o
numero di Wolf) relativo al numero
giornaliero di macchie riscontrate sul disco del
S.: esso è
indicativo dello stato di attività elettromagnetica del
S.
L'andamento di questo parametro, considerato ad esempio nello spazio del XX
sec., ha evidenziato la presenza di oscillazioni tra valori di attività
minima prossimi allo 0 e valori di attività massima prossimi a 100, con
regolarità periodica di circa 11 anni: questo periodo è detto
ciclo solare o
ciclo delle macchie. ║
Sorgenti
dell'energia solare: ciò che differenzia il
S. dagli altri
corpi del sistema solare è la sua capacità di produrre
spontaneamente energia dal suo interno. Da quando si comprese che l'età
del sistema planetario e della sua stella andava calcolata nell'ordine dei
miliardi di anni (attualmente si è giunti alla cifra di 4,6 miliardi),
gli scienziati si sono interrogati su quale fosse la natura dell'energia in
grado di sostenere l'attività del
S., che emette da sempre una
quantità costante di energia, per così lungo tempo. Essendo
manifesta l'inadeguatezza di combustibili chimici a un tale livello di
produzione, si pensò all'energia gravitazionale liberata dalla
contrazione costante della stella. Secondo i calcoli, tuttavia, al tasso di
emissione attuale, anche questa fonte si sarebbe esaurita in 15 milioni di anni.
Solo nel 1920 A. Eddington intuì che l'energia in atto era di tipo
nucleare, prodotta dalla fusione di idrogeno ed elio. Infatti, quando degli
atomi di una sostanza si trovano in una data situazione di densità e di
temperatura, avviene che gli elettroni a carica negativa vengano
ionizzati, cioè strappati all'attrazione del nucleo carico
positivamente: quando il grado di ionizzazione è molto elevato, gli urti
tra i nuclei si fanno quantitativamente apprezzabili e diventa significativa la
percentuale di casi in cui avviene la fusione di essi a formare il nucleo di un
elemento più pesante. Le condizioni offerte dal centro del
S.
corrispondono ai requisiti richiesti per l'innesco di una reazione di fusione
nucleare: la temperatura è altissima, la densità di elio e
idrogeno nel nucleo solare è elevata e questi elementi sono abbastanza
leggeri (cioè con pochi elettroni da ionizzare e pochi protoni e neutroni
a caricare il nucleo) perché la forza di repulsione tra le due cariche
positive dei nuclei liberi non prevalga sulla forza di collisione. La reazione
fondamentale è quella che trasforma quattro nuclei di idrogeno (H) in un
nucleo di elio (He), con emissione di energia. Queste le sue fasi: 1) a
temperatura e densità sufficienti, gli atomi di H vengono ionizzati e due
nuclei collidono e si combinano a formare un deutone, cioè un nucleo di H
pesante (costituito cioè da un protone e un neutrone anziché da un
solo protone come nell'H normale) con una prima emissione di energia e di due
particelle elementari leggere. 2) Un deutone si combina poi con un altro nucleo
di H a formare un nucleo di He leggero (formato da due protoni e un neutrone, in
luogo di due protoni e due neutroni), con emissione di energia. 3) Due nuclei di
He leggero formano un nucleo di He ordinario, emettendo una quantità
notevole di energia e due protoni (= due nuclei di H) che rientrano nel ciclo
delle reazioni. Questo processo comporta tuttavia una lieve diminuzione della
massa totale delle particelle coinvolte: come ha dimostrato A. Einstein,
infatti, l'energia prodotta corrisponde alla massa “consumata”,
secondo la fondamentale equazione E = Mc
2 (per cui l'energia è
uguale alla massa perduta moltiplicata per il quadrato della velocità
della luce). Secondo gli scienziati, circa il 90% dell'energia solare
complessivamente emessa deriva dalla fusione nucleare di H ed He, detta anche
ciclo protone-protone o
p-p, in quanto particolarmente adatta alle
temperature del nucleo solare e alla sua composizione chimica (due catene
collaterali di reazioni, dette
p-p II e
p-p III, utilizzano e
hanno come prodotto oltre all'He anche atomi di berillio, di boro e di litio). A
temperature superiori ai 2 · 10
6 K, però, è
possibile che si instauri una catena di reazioni nota come
Ciclo di
Bethe: esso si costituisce di una serie di reazioni cui partecipano atomi di
carbonio (C), azoto (N) e ossigeno (O) che non vengono né prodotti
né distrutti ma agiscono solo come catalizzatori, facilitando i processi
di transizione di H in He con liberazione di energia. Comunque avvenga la
fusione nucleare, è importante sottolineare che la riserva energetica del
S. è enorme: ipotizzando che circa il 10% della massa del
S., costituito in gran parte da H, può essere convertito in He,
l'energia che può essere sviluppata dalla massa utilizzata assicura che
il
S. brilli con l'attuale luminosità per circa 10 miliardi di
anni ancora.
La struttura del sole
La superficie del Sole