Solare.
Solare. Del Sole, che è relativo al Sole. ║ Fig. - Luminoso, splendente, raggiante: un viso s. ║ Fig. - Evidente, lampante di comprensione chiara e immediata: una dimostrazione s. ║ Orologio s.: sinonimo di meridiana (V.). ║ Olio e crema s.: prodotti cosmetici e farmaceutici, ad azione protettiva, che riparano l'epidermide dagli effetti nocivi dei raggi s. Talvolta hanno anche funzione abbronzante. - Med. - Chiodo s.: cefalea localizzata nella regione sopraorbitaria, così definita perché tra le sue cause primarie si conta l'eccessiva o prolungata esposizione ai raggi s. - Anat. - Plesso s.: il maggiore e più sviluppato centro neurovegetativo (V. NERVOSO), situato nell'addome tra lo stomaco e la colonna vertebrale. Si compone di numerosi gangli nervosi: riceve fibre nervose provenienti dai sistemi ortosimpatico e parasimpatico e invia fibre nervose agli organi della sezione superiore dell'addome che dipendono, per quanto riguarda tutti gli atti involontari, dal suo controllo. - Ling. - Lettere s.: nella grammatica araba, le lettere indicanti un certo tipo di suoni consonantici che, quando siano iniziali di parola, producono l'assimilazione regressiva della liquida l dell'articolo (al). Le lettere s. sono così definite in base all'esempio tipicamente utilizzato dai grammatici per descrivere il fenomeno di assimilazione: ash-shamsu (il sole). Loro opposte sono le lettere lunari. - Tecn. - Valvola s.: elemento fotoelettrico che, registrando le condizioni di luminosità e visibilità, determina l'accensione o lo spegnimento automatico di fari, lampioni, ecc. ║ Batteria s.: apparecchio per la conversione dell'energia s. in energia elettrica. Il suo funzionamento si basa principalmente su fotocellule, modellate a forma di lamine rettangolari e disposte sulla superficie esterna di satelliti artificiali, sonde e veicoli spaziali. ║ Forno s.: dispositivo di trasformazione e sfruttamento dell'energia termica emanata dal Sole. Si compone di norma di uno specchio mobile, che possa cioè orientarsi secondo il corso del Sole, che concentra i raggi s. o su una caldaia, per la produzione di vapore, o su un crogiolo, contenente una certa quantità di materiale da trattare, che viene posto proprio nel fuoco dello specchio. In questo modo si possono ottenere temperature assai elevate, anche di 3.500 °C. - Fis. - Energia s.: energia elettromagnetica emessa spontaneamente dal Sole secondo varie lunghezze d'onda. Essa fa giungere sulla terra 1,97 piccole calorie per cm2, pari a 1, 37 · 106 erg al secondo: questa quantità di energia viene anche chiamata costante s. Solo la metà di questa energia, tuttavia, raggiunge effettivamente la superficie del nostro pianeta, dal momento che l'atmosfera ne riflette o assorbe il resto. Oltre a rivestire fondamentale importanza per ogni funzione vitale della biosfera (tra cui la fotosintesi clorofilliana e il ciclo dell'acqua), le radiazioni s. possono essere utilmente sfruttate anche come fonte alternativa di energia, benché questo utilizzo sia ostacolato da difficoltà di ordine tecnico. In primo luogo, la densità di energia per metro quadrato è piuttosto bassa, 0,5 kW a livello del mare: dunque sono necessari specchi di raccolta di notevoli dimensioni per ottenere un livello energetico significativo. A ciò si aggiunge il fatto che l'energia s. viene irradiata sulla superficie terrestre secondo un regime non costante: l'intensità delle radiazioni varia cioè a seconda delle condizioni meteorologiche, delle escursioni diurne e stagionali di irradiamento s. e delle diverse latitudini. Anche in questo caso la soluzione consiste nella costruzione di impianti di accumulo la cui portata sia calcolata sulla base del fabbisogno energetico della zona interessata. Attualmente l'energia s. è sfruttata direttamente sotto forma di calore, oppure convertita in energia elettrica attraverso l'uso di batterie s. o di impianti fotoelettrici. L'alto costo unitario dell'energia prodotta impedisce però un uso generalizzato di tale fonte energetica, anche se le ricerche in corso mirano a incrementare il rendimento di conversione per rendere più conveniente l'utilizzo di questa fonte rispetto ad altre più inquinanti (come il petrolio, il carbone, o l'energia nucleare). Investire sulla ricerca in questo campo, infatti, è assai importante per il carattere ecologico dell'energia s., che non altera l'equilibrio dell'ambiente naturale. - Astron. - Sistema s.: l'insieme dei corpi celesti che subiscono in modo apprezzabile gli effetti dell'attrazione gravitazionale del Sole. In base a tale definizione, appartengono al sistema s.: il Sole, i nove pianeti (V. PIANETA) principali (in ordine progressivo di distanza dal centro: Mercurio, Venere, Terra, Marte, Giove, Saturno, Urano, Nettuno, Plutone), i loro satelliti (attualmente conosciuti in numero di 61; V. SATELLITE), gli asteroidi o pianetini (V. ASTEROIDE), le comete (V. COMETA), i meteoroidi (V.), tutti quei corpi piccoli e piccolissimi che orbitano nello spazio planetario (polveri) e infine la materia gassosa (vento s.) diffusa in esso. Il sistema s. in senso proprio, dunque, non termina sulla linea dell'orbita di Plutone, che corrisponde a circa 40 Unità Astronomiche dal Sole (1 UA = 149.600.000 km, pari alla distanza media della Terra dal Sole); infatti il vento s. si diffonde entro uno spazio, detto eliosfera, che si estende per un raggio compreso tra le 100 e le 1.000 UA. Tenendo conto, infine, anche delle orbite delle comete, si può considerare il Sole come il centro di un guscio sferico (detto nube di Oort), avente il raggio di circa 50.000 UA, pari a 1/20 della distanza del Sole dalla stella più vicina, Proxima Centauri. ║ La conoscenza del sistema s. nella storia delle scienza: fin dall'antichità era nota l'esistenza di Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno. Le prime teorie riguardanti il sistema s. furono formulate dalla civiltà greca, che elaborò fin dal VI sec. a.C. modelli di tipo geocentrico, a partire dal presupposto, suffragato da una convincente raccolta di dati, che la Terra avesse forma sferica. La Terra veniva collocata al centro di un numero variabile di sfere concentriche in moto di rotazione rispetto ad essa: alla sfera più esterna si collegavano le stelle fisse e, in relazione ai singoli periodi orbitali, a quelle via via più interne gli altri pianeti e il Sole (con diverse opzioni per la collocazione di Sole, Mercurio e Venere che avevano periodi praticamente uguali). Tuttavia, le irregolarità osservate nel moto dei pianeti, per essere spiegate, costrinsero i pensatori antichi a continui aggiustamenti teorici sulle modalità di rotazione e sul numero stesso delle sfere (nel IV sec. a.C., Eudosso ne postulò 27, Aristotele 56). La macchinosità del modello delle sfere concentriche spinse altri scienziati a proporre sistemi diversi rispetto al modello geocentrico: Eraclide (IV sec. a.C.) aveva notato che Mercurio e Venere rimanevano sempre vicini al Sole e immaginò che questi due pianeti ruotassero intorno a quest'ultimo e non intorno alla Terra come tutti gli altri. Aristarco (III sec. a.C.) si spinse oltre, fino a un modello compiutamente eliocentrico: ipotizzò che tutti i pianeti, compreso la Terra, ruotassero intorno al Sole (spiegando in tal modo, con il variare della distanza dalla Terra, anche le variazioni di luminosità apparente dei pianeti). Aristarco affermò inoltre che solo la Luna orbitava intorno alla Terra e che due erano i movimenti di quest'ultima nello spazio: la rotazione su un proprio asse e la rivoluzione intorno al Sole. La sua teoria però non ebbe successo, mentre il modello geocentrico prosperò e fu perfezionato prima da Ipparco (II sec. a.C.) e poi da Tolomeo (II sec. d.C.). Per molti secoli successivi, non si ebbe alcun progresso conoscitivo (anzi, la teoria tolemaica fu riscoperta in Occidente solo grazie alle traduzioni arabe). Con il Rinascimento, però, gli studi astronomici ebbero nuovo impulso grazie a sistematiche osservazioni e a nuove interpretazioni teoriche: N. Copernico riportò alla luce la dottrina di Aristarco, riuscendo inoltre a calcolare le dimensioni relative delle orbite planetarie. Benché la nuova teoria non fosse condivisa dal mondo scientifico e accademico del tempo, tuttavia stimolò osservazioni sistematiche e precise del moto dei pianeti, che costituirono un eccellente materiale di base per gli studi di scienziati più aperti a nuove soluzioni. J. Keplero accolse il modello eliocentrico e stabilì che le orbite dei pianeti non erano circolari bensì ellittiche e formulò le sue tre importantissime leggi, mentre Galileo, grazie all'invenzione del telescopio, raccoglieva nuovi dati a sostegno della tesi eliocentrica. La definitiva conferma dell'eliocentrismo viene fatta di norma risalire all'osservazione diretta del transito di Mercurio sul disco del Sole effettuata da P. Gassendi in base alle previsioni teoriche di Keplero e all'elaborazione della legge di gravitazione universale di Newton, in base alla quale si poteva dare una spiegazione a ciò che le leggi di Keplero avevano solo potuto descrivere. Il progredire delle osservazioni scientifiche ebbe come esito non solo l'evolversi delle teorie ma anche l'incremento delle informazioni e delle conoscenze positive. Nel 1781 F.W. Herschel scoprì il pianeta Urano, mentre nel 1846, in base a una previsione effettuata a partire dalle perturbazioni rilevate nel moto di Urano che potevano essere spiegate con l'esistenza di un altro pianeta, J.G. Galle osservò per la prima volta Nettuno, esattamente nella posizione che era stata prevista dai calcoli dei due astronomi Adams e Le Verrier. Infine, nel 1930, fu scoperto Plutone, dall'astronomo C. Tombaugh che ne notò lo spostamento tra le stelle su lastre fotografiche impressionate in notti successive. ║ Caratteri generali del sistema s.: per essere attendibili, le più moderne teorie cosmologiche sulla formazione del sistema s. devono fornire una spiegazione plausibile o quantomeno non contraddire un certo numero di dati positivi scientificamente acquisiti. Gli studi astronomici, infatti, hanno fin qui stabilito che: 1) la massa del Sole è in rapporto di circa 1.000 : 1 rispetto a quella complessiva di tutti gli altri corpi del sistema stesso; tra questi ultimi, i grandi pianeti esterni (Giove, Saturno, Urano e Nettuno) concentrano la maggior parte della massa residua. 2) In base alle misurazioni di massa, densità, raggio e periodo di rotazione, i pianeti possono essere divisi in due gruppi secondo caratteri comuni: i quattro più vicini al Sole (Mercurio, Venere, Terra e Marte), detti di tipo terrestre o interni, hanno raggio e massa ridotti, alta densità, composizione chimica con prevalenza di silicati e metalli e periodo di rotazione non troppo breve; i quattro successivi (Giove, Saturno, Urano e Nettuno), detti di tipo s. o esterni, hanno un raggio assai più lungo, una notevole massa, scarsa densità, composizione chimica con prevalenza di ghiaccio e di elementi leggeri (elio e idrogeno), un periodo di rotazione molto ridotto e, per effetto dalla forza centrifuga dovuta alla velocità di rotazione, sono molto schiacciati ai poli; Plutone è considerato un pianeta di tipo s., pur presentando anomalie rispetto al gruppo, in quanto sia il suo raggio sia la sua massa sono assai ridotti. 3) Le orbite planetarie sono approssimativamente complanari, giacciono cioè su un unico piano che coincide con quello dell'eclittica (cerchio massimo percorso dal Sole sulla sfera celeste). Le deviazioni più consistenti sono quelle dell'orbita di Mercurio e di Plutone, che risultano inclinate sul piano dell'eclittica rispettivamente di 17° e di 7°. 4) Le orbite dei pianeti sono sì ellittiche, ma si discostano poco dalla circolarità: le ellissi più accentuate sono quelle disegnate da Mercurio e Plutone. 5) Il moto di rivoluzione intorno al Sole di tutti i pianeti avviene in senso diretto (cioè antiorario, assumendo come punto di vista il Polo Nord dell'eclittica). 6) Gli assi di rotazione sia dei pianeti sia del Sole sono quasi perpendicolari al piano dell'eclittica: fa eccezione Urano che forma con esso un angolo di circa 8°. 7) Il moto di rotazione dei pianeti e del Sole sul proprio asse è anch'esso diretto: fanno eccezione Venere e Urano che hanno rotazione retrograda (cioè in senso orario). 8) Il moto di rotazione del Sole, come si ricava dal suo momento angolare che rappresenta solo l'1% di quello complessivo del sistema s., è piuttosto lento e si compie in circa 25-28 giorni. 9) Le distanze dei pianeti dal Sole, così come sono state effettivamente rilevate, rispondono con buona approssimazione alle previsioni empiricamente calcolate in base a una legge, detta di Titius e Bode dai nomi degli astronomi che la formularono. Questa enuncia che: data una serie geometrica 0 ... 0,3 ... 0,6 ... 1,2 ... 2,4 ..., ecc. (in cui i termini cioè sono uno il doppio del precedente e la metà del seguente), aggiungendo a ogni termine la quantità fissa 0,4 si ottengono i raggi delle orbite di rivoluzione dei pianeti intorno al Sole misurate in UA. È particolarmente interessante notare che, secondo la legge di Bode, a 2,8 UA dal Sole è previsto un pianeta: in effetti, tra le orbite di Marte e Giove, esattamente a tale distanza dal Sole si situa Cerere, il più grande degli asteroidi. L'accordo tra le previsioni e la realtà è dunque nel complesso assai elevato, se si escludono le attese sui due pianeti più lontani - Urano e Plutone - rivelatesi errate. ║ Origini del sistema s.: la prima teoria non creazionista sulla nascita del sistema s. si deve a R. Descartes. Rifiutando un'interpretazione letterale del racconto biblico, secondo la quale l'universo sarebbe nato così com'è, il filosofo elaborò un'ipotesi genetica, per la quale una massa di materia primitiva produsse con il suo movimento dei vortici ruotanti intorno a un proprio centro, da ciascuno dei quali nacquero per condensazione i pianeti e il Sole stesso. La concezione evolutiva del sistema s. andò via via affinandosi: vi lavorò I. Kant ma soprattutto P.S. Laplace, lo scienziato del XVIII sec. cui si deve il modello capostipite della teoria nebulare. Secondo Laplace, una nube di gas e polveri dotata di movimento rotatorio cominciò a raffreddarsi e contrarsi per effetto dell'attrazione gravitazionale; riducendosi la massa della nebulosa in rotazione, ne risultò accelerata la velocità del suo moto. In un effetto a catena, la forza centrifuga dovuta all'incremento della velocità provocò il distacco successivo degli anelli di materia nebulare più esterni, con ulteriore riduzione della massa e, di conseguenza, aumento della velocità: processo che continuò fino a quando, dopo il distacco dell'ultimo anello corrispondente all'orbita di Mercurio, l'attrazione gravitazionale interna di quello che divenne poi il Sole bilanciò la spinta centrifuga interrompendo la fuga della materia più esterna. Secondo gli studi di Laplace, gli anelli rilasciati dalla nebulosa primitiva erano instabili e si frazionarono in più sezioni che continuarono a muoversi lungo le stesse orbite: si verificarono dunque collisioni e avvicinamenti che, per forza di gravità, diedero vita ai pianeti e ai loro satelliti. La teoria ha dei punti deboli, dal momento che non fornisce una risposta soddisfacente al perché, se effettivamente il Sole continuò ad aumentare la sua velocità di rotazione fino al raggiungimento delle dimensioni attuali, la sua velocità attuale di rotazione sia di 25-28 giorni e non di poche ore (a partire dalla somma dei momenti angolari dell'intera massa del sistema, di cui il Sole rappresenta la maggior parte, si ricaverebbe un valore indicativo di 12 ore). Infatti, in un sistema chiuso, il momento angolare (il vettore del prodotto della massa per la velocità di un corpo) tende a conservarsi. Anche per questa carenza esplicativa, altri studiosi cercarono di formulare modelli totalmente alternativi: nacquero le teorie dette dualistiche o mareali. Alla fine del XVIII sec. G. Buffon ipotizzò che il sistema s. si fosse formato in seguito a uno scontro tra il Sole e una cometa. Al principio del XX sec., H. Jeffreys e J. Jeans, ritenendo che la massa di una cometa non potesse indurre fenomeni significativi su quella del Sole, cercarono di stabilire quali effetti avrebbe potuto avere l'avvicinamento di un'altra stella alla nostra. Le forze mareali sulla massa s. ne avrebbero distaccato una porzione che, allungandosi e assottigliandosi, per l'allontanamento della stella stessa, si sarebbe poi scissa in diverse sezioni. Tali aggregati di materia, prima di consolidarsi per raffreddamento e dare origine ai pianeti, subirono a loro volta attrazioni mareali esercitate dal Sole (che esercitava di nuovo la maggiore attrazione gravitazionale essendosi allontanata la stella antagonista) per le quali si formarono i satelliti. Questa teoria, che riesce a spiegare la complanarità delle orbite e il comune senso di rotazione, non dà però ragione della diversa conformazione dei due gruppi di pianeti - esterni e interni - sia per quanto riguarda massa e dimensioni sia per quanto riguarda la composizione chimica. Inoltre, anche senza contare l'estrema improbabilità di un evento come l'avvicinamento di due stelle nella Via Lattea, è difficile spiegare perché il materiale strappato al Sole non sia stato trascinato e disperso nello spazio dalla stella ormai in allontanamento o perché non sia ricaduto sul Sole se l'attrazione gravitazionale della stella in questione non era tanto forte da tenerlo agganciato al proprio moto. Le teorie più recenti, perciò, si rifanno al modello nebulare, se pur assai modificato e perfezionato, anche alla luce di nuovi dati sperimentali acquisiti soprattutto durante il XX sec. Tali dati hanno infatti confermato l'ipotesi che le stelle abbiano origine da nubi di gas e polveri: a partire dagli anni Sessanta, sono state osservate stelle in formazione all'interno di nebulose. Anche se non direttamente visibili, esse sono state individuate grazie alla radiazione infrarossa emessa dalle polveri della nebulosa riscaldate dalla sua attività. Dunque è plausibile che il Sole origini da una nube, lentamente ruotante e costituita in maggioranza da idrogeno ed elio e, in piccola parte, circa il 2%, da elementi più pesanti. A un certo punto (forse a partire da una fortuita aggregazione interna di piccole quantità di materia, che attirando altre particelle andò via via ingrossandosi, o forse per l'innesco dato da un ancora ignoto evento esterno) si determinò un processo di collasso gravitazionale, causa della graduale contrazione della nebulosa stessa nel suo centro. Guadagnare navigando! Acquisti prodotti e servizi. Guadagnare acquistando online. Comunque sia, la contrazione della massa della nube generò tre fenomeni: 1) aumentò la velocità di rotazione, per effetto della legge di conservazione del momento angolare (cioè del momento della quantità di moto) in un sistema isolato. 2) In relazione a tale incremento di velocità e per la forza centrifuga da esso generata, si verificò l'appiattirsi della materia nebulare in una forma piatta e discoidale. 3) La zona centrale del disco continuò a contrarsi per effetto della propria gravità, condensandosi in un nucleo che catturò la maggior parte della materia della nebulosa. La fisica insegna che in presenza di un gas che si contrae si produce un incremento termico; ad esso si aggiunse il fatto che la porzione più interna della nebulosa in contrazione, essendo maggiormente schermata dalla massa di polveri più esterne, non poteva irradiare l'energia termica risultante dalla conversione dell'energia gravitazionale in calore. Questi due fattori concomitanti fecero sì che il calore del nucleo stellare raggiungesse la temperatura di almeno un milione di gradi, quanto basta per innescare le prime reazioni termonucleari, che diedero origine al Sole. Mentre il nucleo della nebulosa, ormai evoluto in stella, manteneva la sua temperatura, il disco residuo della nebulosa stessa si raffreddava: più rapidamente all'esterno, più lentamente all'interno. Attorno ai granuli di polvere della nube andarono condensandosi dapprima i composti chimici con la più alta temperatura di fusione o ebollizione (ossidi di calcio e alluminio, leghe di ferro e nichel e silicati, soprattutto di magnesio). Nella parte più esterna del disco nebulare, il rapido decrescere della temperatura consentì anche la sublimazione in granuli ghiacciati di acqua, metano e ammoniaca. Nel frattempo cominciavano a formarsi incoerenti agglomerati di materia dal diametro iniziale di qualche decina di chilometri, che andarono via via solidificandosi in corpi più definiti e coesi detti planetesimi o pianeti primordiali. Gli aggregati planetari più esterni risultarono dal deposito, intorno al nucleo denso e roccioso, dei ghiacci di sublimazione e di un esteso e spesso mantello di gas nobili (elio, neon, argon) ma soprattutto di idrogeno e dei suoi composti, metano e ammoniaca. Al contrario i pianeti interni furono prodotti dal consolidamento di materiali primitivi ancora troppo caldi, fatto che impedì l'aggregarsi di elementi volatili: questi pianeti risultano perciò costituiti dalla sola parte rocciosa. Essi, benché condensati, si trovavano ancora allo stato di fusione a causa delle temperature elevate, che si mantenevano per la continua trasformazione in energia termica sia dell'energia nucleare, prodotta dal decadimento di elementi chimici instabili, sia dell'energia cinetica dei meteoriti in continua collisione con questi pianeti (che hanno lasciato traccia nei crateri presenti sulla superficie di tutti i pianeti interni). Lo stato di fusione della materia planetaria provocò nei corpi interni del sistema s. un processo di differenziazione gravitativa, per cui i materiali sedimentarono in base al loro peso specifico: gli elementi più pesanti (come ferro e nichel) si concentrarono nella parte interna del pianeta (nucleo), mentre le rocce più leggere (come i silicati), si accumularono sulla crosta superficiale. Questa teoria generale fornisce spiegazioni abbastanza soddisfacenti, benché bisognose di compimento, anche ad altre questioni fondamentali: il rallentamento della velocità di rotazione del Sole, che lo portò all'attuale periodo di rotazione di 25-28 giorni, è dovuto al fenomeno del vento s., un flusso continuo di ioni di idrogeno e di elio, permeato del campo magnetico s.; il senso omogeneo nel moto di rivoluzione e di rotazione dei pianeti si spiega con il movimento rotatorio della nebulosa allo stato discoidale, da cui discende anche il carattere complanare e di modestissima ellitticità delle orbite. L'unico dato davvero senza spiegazione resta ancora la legge di Bode, probabilmente dovuta a fattori dinamici a noi ignoti, che determinarono il costituirsi di fasce di ampiezza regolare, in cui era attiva la forza gravitazionale di un solo aggregato planetario. Infine, per quanto riguarda l'età del sistema s. (cioè quando ebbe origine) e il suo periodo di formazione (cioè in quanto tempo si formò), grazie all'analisi chimico-fisica di rocce terrestri, lunari e meteoritiche e al metodo della datazione radioattiva (V. DATAZIONE) si è potuto dedurre che i corpi del sistema s. dovevano essersi già aggregati o in parte consolidati intorno a 4,6 miliardi di anni fa. Inoltre, mediante l'analisi degli isotopi in decadimento, si ritiene che i vari corpi si siano formati in un intervallo di tempo piuttosto breve, lungo circa 100 milioni di anni. Enciclopedia termini lemmi con iniziale a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z Storia Antica dizionario lemmi a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z Dizionario di Storia Moderna e Contemporanea a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w y z Lemmi Storia Antica Lemmi Storia Moderna e Contemporanea Dizionario Egizio Dizionario di storia antica e medievale Prima Seconda Terza Parte Storia Antica e Medievale Storia Moderna e Contemporanea Dizionario di matematica iniziale: a b c d e f g i k l m n o p q r s t u v z Dizionario faunistico df1 df2 df3 df4 df5 df6 df7 df8 df9 Dizionario di botanica a b c d e f g h i l m n o p q r s t u v z |
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