(dal greco
sophistiké
téchne: arte della sapienza). Movimento filosofico affermatosi nella
Grecia dei secc. V-IV a.C., e in particolare ad Atene. • Filos. -
Anticamente il termine
sophistés (sapiente) era sinonimo di
sophós (saggio) e veniva utilizzato in riferimento a un uomo
dotato di vasta cultura e conoscitore di varie tecniche. Nel V sec., invece, si
chiamò sofista l'intellettuale che faceva professione di sapienza e la
insegnava dietro compenso. I sofisti inaugurarono una vera e propria rivoluzione
filosofica, facendo dell'uomo l'oggetto privilegiato della speculazione; invece
di indagare sul principio del cosmo, essi si interessarono di politica, leggi,
religione, lingua, ecc., guadagnandosi in tal modo l'appellativo di
filosofi
dell'uomo e della città. Questo spostamento dell'interesse filosofico
si spiega in relazione ai mutamenti socio-politici dell'Atene del V sec.: il
contrasto fra l'aristocrazia, ormai in crisi, e la nascente democrazia
determinò il fiorire di problemi nuovi, primo fra tutti la
necessità per i futuri governanti di dotarsi di una cultura appropriata.
A tale necessità sopperirono i sofisti, che divennero i maestri delle
classi abbienti di Atene; materia privilegiata di insegnamento fu l'eloquenza,
un'abilità essenziale al ceto dirigente e tale da garantire il successo
nella vita politica. I sofisti non costituirono una scuola, in quanto non erano
accomunati da identici principi o dottrine, ma soltanto da un'affinità di
interessi culturali. Il primo e più importante esponente della
S.
fu Protagora, la cui tesi fondamentale si riassume nel principio “L'uomo
è la misura di tutte le cose, delle cose che sono in quanto sono, delle
cose che non sono in quanto non sono”. Di questa tesi sono state date nel
corso del tempo tre diverse interpretazioni, a seconda del significato che si
attribuisce alle nozioni di
uomo e di
cose. Una prima
interpretazione intende per uomo l'individuo singolo e per cose gli oggetti del
mondo esterno, così come vengono percepiti mediante i sensi; in questo
senso, la tesi di Protagora significherebbe che le cose appaiono in modo diverso
a ciascun individuo. Una seconda interpretazione attribuisce alle parole uomo e
cose il significato più vasto di umanità o natura umana e
realtà in generale; da questo punto di vista, Protagora vorrebbe dire che
gli appartenenti alla specie umana sono dotati di parametri comuni mediante i
quali giudicano la realtà. In base a una terza interpretazione, infine,
l'uomo del frammento protagoreo coincide con la comunità in cui
l'individuo vive, mentre le cose si identificano con i valori o gli ideali che
ne stanno alla base; in altre parole, la tesi di Protagora alluderebbe al fatto
che ciascuno, nel giudizio che dà della realtà, è
influenzato dalla mentalità del gruppo sociale di appartenenza.
Considerata nel suo insieme, la posizione di Protagora appare una forma di
umanismo (in quanto l'uomo è sempre il punto di riferimento di
qualsiasi discorso sulla realtà), di
fenomenismo (in quanto
all'uomo non è dato accostarsi alla realtà in sé, ma solo
al fenomeno, ossia alla realtà quale appare all'uomo stesso),
nonché di
relativismo conoscitivo e morale (in quanto non esiste
una verità assoluta, ma sempre relativa a chi giudica). In campo
linguistico, la teoria protagorea dell'uomo-misura fondò il metodo
dell'antilogia o del discorso doppio, cioè l'arte di costruire su ogni
questione due discorsi fra loro contrastanti. Un'altra grande figura della
S. fu quella di Gorgia, ricordato in genere per le sue tre tesi
fondamentali: “Nulla c'è. Se anche qualcosa c'è, non
è conoscibile all'uomo. Se anche è conoscibile, non è
comunicabile agli altri”. Va detto che quando Gorgia afferma che nulla
esiste, non intende con ciò negare la realtà esperita dall'uomo
mediante i sensi, bensì la Realtà assoluta che i filosofi
presofisti elevarono a oggetto privilegiato della loro ricerca. Inoltre, se
anche questa Realtà esistesse, gli uomini non la potrebbero conoscere
poiché la loro mente non è uno specchio fedele della
realtà: lo dimostra il fatto che la mente umana può pensare
l'inesistente. Il messaggio più caratteristico di Gorgia, dunque,
è rappresentato dallo scetticismo metafisico, ovvero la convinzione
dell'impotenza umana a parlare dell'essere in sé e della struttura del
reale. Inoltre, la rottura del legame essere-pensiero-linguaggio svincola la
parola dalla realtà, riducendo il linguaggio a pura arte della
suggestione e della persuasione. La critica dell'oggettivismo tipico della
scienza delle età anteriori si accentuò con i successori di
Protagora e Gorgia: Ippia, Prodico, Polo, Callicle, Trasimaco, Licofrone,
Crizia, Antifonte, Antimero, Eveno, Polisseno. È ad essi che si deve un
ampliamento della critica dal campo gnoseologico a quello etico, politico e
giuridico. In ambito religioso, in particolare, Crizia affermò che gli
dei altro non sono che un'invenzione dei governanti finalizzata a vigilare sui
sudditi: non potendo controllare direttamente i loro sottoposti, i potenti li
inducono a credere nell'esistenza di divinità in grado di conoscere e
punire i comportamenti vietati dalla legge. Interessanti sviluppi moderni
avranno inoltre le tesi di Prodico che, per primo, ipotizzò l'origine
umana del fenomeno religioso, riducendo gli dei a mere proiezioni dei desideri
umani. Analoga considerazione ebbero la giustizia e le leggi, da Trasimaco
ridotte all'“utile del più forte”, ossia a strumento di cui
si servono i gruppi al potere per tutelare i propri interessi. La seconda
generazione dei sofisti (I sec. d.C.) inaugurò la crisi e la dissoluzione
del movimento: portando alle estreme conseguenze il metodo antilogico di
Protagora e la teoria gorgiana dell'autonomia del linguaggio dalla
realtà, la filosofia approdò all'eristica, ossia all'arte di
battere l'avversario nelle discussioni, indipendentemente dalla verità o
falsità delle proprie affermazioni. La filosofia, così,
finì per identificarsi con la retorica. Il terreno di più larga
diffusione fu l'Asia Minore. I massimi rappresentanti, sia greci sia romani, di
questo movimento furono: Dione Crisostomo, Nicostrato, Polemone, Erode Attico,
Flavio Filostrato, Elio Aristide e probabilmente Libanio, Temistio, Imerio,
Eunapio.