Dottrina, sorta nella seconda metà
del XX sec., che si propone di dare una spiegazione biologica al comportamento
sociale di tutti gli organismi, compreso l'essere umano, alla luce della teoria
dell'evoluzione e della genetica. • Encicl. - La
s. si configura
come continuazione del cosiddetto socialdarwinismo, ossia dell'applicazione
delle teorie evoluzionistiche di C. Darwin in campo sociale. Le teorie
socialdarwinistiche della fine del XIX sec. affermavano che la lotta per
l'esistenza fosse a fondamento dell'evoluzione sociale, oltre che della
selezione naturale. Tuttavia, mentre secondo i socialdarwinisti la selezione
naturale opera sugli individui, secondo i sociobiologi oggetto della selezione
non sono gli individui, poiché questi non servono che a garantire la
riproduzione della specie, ma sono i geni, che consentono agli individui e alle
specie di evolversi in modo tale da eliminare gli esseri più deboli e
valorizzare quelli più forti. Tutti i comportamenti degli esseri viventi
sono determinati dai geni e da essi gestiti in relazione alla sopravvivenza
dell'individuo o dell'intero gruppo sociale cui l'individuo appartiene:
esisterebbero pertanto i geni del conformismo, quelli dell'omosessualità,
dell'aggressività, dell'egoismo, ecc. Con E.O. Wilson, in particolare, la
s. si sostituì alla psicologia, alla sociologia o alla storia e
divenne l'unica scienza in grado di spiegare in modo oggettivo e rigoroso
l'agire umano, compresi fenomeni psico-comportamentali complessi quali
l'entusiasmo, la competitività, l'assunzione di certi ruoli sociali. Il
discorso sociobiologico subì poi una radicalizzazione o estremizzazione
quando Wilson affermò che le valutazioni in genere, i principi morali e
persino le credenze religiose vengono condizionate geneticamente (
Sulla
natura umana, 1978;
Genes,
mind and culture, 1981).
L'approccio sociobiologico è stato oggetto di dure critiche da parte
della biogenetica contemporanea, che sostiene che la validità delle leggi
dell'evoluzione a livello genetico non è scientificamente dimostrata; che
non tutti, ma soltanto alcuni comportamenti umani possono essere spiegati in
base a dati biologico-naturali; che la dimensione biologico-naturale dell'uomo
va riconosciuta, ma non assolutizzata a scapito della dimensione storica,
sociale e simbolica. Alla
s. va tuttavia attribuito il merito di aver
favorito un'apertura delle scienze sociali verso le determinanti biologiche dei
comportamenti sociali.