Libro della Bibbia. È uno dei libri
deuterocanonici dell'Antico Testamento, accolti dalla Chiesa cattolica e
ritenuti apocrifi dagli Ebrei. Scritto originariamente in ebraico ne vennero poi
redatte versioni in greco e in siriaco. Due terzi del testo ebraico furono
ritrovati nel 1896 all'interno di alcuni manoscritti d'epoca medioevale
rinvenuti in una sinagoga del Cairo; altri frammenti furono ritrovati più
tardi in una grotta di Qumran. La Chiesa cattolica riconosce come valido il
testo greco sulla base del quale sono state realizzate le traduzione inserite
nella Bibbia di Gerusalemme e nei manoscritti dei Codici sinaitico, alessandrino
e vaticano. Per i Latini il libro si chiamò
Ecclesiastico, per i
Greci si intitolò
Sapienza (o
Sentenze)
di Gesù
figlio di Sira (o
Sirach); oggi viene indicato semplicemente col
titolo di
Ben Sira o
S. L'autore è uno scriba di nome
Gesù, figlio di Sirac, che scrisse tra il 200 e il 180 a.C. come si
evince da alcune citazioni interne al testo nel quale si menziona il sommo
sacerdote Simone II. Il testo è preceduto da un prologo scritto dal
nipote dell'autore che lo tradusse nel 132 a.C. Formalmente il libro si pone
sulla stessa linea dei libri sapienziali della Bibbia, affronta temi diversi, in
ordine sparso e incorrendo in alcune ripetizioni; si conclude con un inno di
ringraziamento al Signore e un poema sulla ricerca della sapienza. Dal punto di
vista della dottrina il
S. afferma che la Sapienza viene dal Signore,
è originata dal timore di Dio ed è fonte di felicità.
L'autore afferma di credere nella ricompensa divina secondo i meriti, anche se
non formula ipotesi sui criteri con cui Dio assegnerà i premi e i
castighi e attribuisce un'importanza fondamentale all'esperienza e al momento
della morte. Riguardo alla sapienza divina condivide le tesi espresse nel libro
dei Proverbi. L'originalità del
S. rispetto agli altri libri
sapienziali è l'identificazione della Sapienza con la legge di
Mosè, l'osservanza della quale coincide con il culto esercitato secondo
riti precisi.