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Sirventese.

(o serventese). Componimento poetico di origine provenzale. Il nome, che si esplica in quanto canto composto dal sirvent, o cortigiano, in lode del suo signore, venne erroneamente spiegato con il fatto che il testo del s. veniva adattato, dunque “serviva”, alla musica di una canzone d'amore, identica per struttura formale. Nella tradizione provenzale il s. espresse contenuti politici, guerreschi, didattici, civili e, dal XIV sec., religiosi (mentre l'argomento amoroso rimase pertinenza della canzone) ed ebbe i suoi maggiori interpreti in Bertrando dal Bornio e Marcabruno. Il s. si colorò pure di motivi personali, satirici e parodistici e i confini con altri generi, la tenzone, l'insegnamento e il pianto, furono spesso confusi. Le forme metriche del s., contraddistinte dalle rime concatenate, sono principalmente quattro: s. duato, costituito da serie di distici monorimati; s. incatenato, costituito da serie di terzine con rima incatenata ogni due terzine (ABA BCB DED EFE); s. alternato o incrociato, costituito da serie di quartine di endecasillabi a rima alternata (ABAB CDCD); e il s. caudato, costituito da strofe tetrastiche, ciascuna formata da tre versi monorimati, detti copula, e da un verso più breve, detto coda, in rima con i tre versi lunghi della successiva strofa (AAAb BBBc). Da quest'ultima forma deriva il capitolo quadernario (ABbC CDdE, ecc.), in cui il verso più breve è il settenario. In Italia, dove si diffuse tra i secc. XIII e XV, il s. ebbe forme metriche differenti, quasi narrative, e comunque distinte da quelle della canzone, mantenendo con il modello provenzale una continuità solo tematica. I più noti sono il Sirventese dei Geremei e Lambertazzi, composto intorno al 1280, quelli di Chiaro Davanzati, di Guittone d'Arezzo e il Sirventese di tutte le arti, di Uggieri Apugliese.