(da
Simone Mago). Commercio di
beni spirituali o cariche religiose acquisiti con denaro. ║ Peccato nel
quale incorre chi si presta a tale commercio. • Dir. can. - Delitto che
consiste nel traffico delle cose spirituali, comprate, vendute o permutate con
beni materiali, con l'intenzione precisa, almeno da parte di uno dei contraenti,
di aggiudicarsi un diritto sul bene spirituale stimandone un prezzo venale. La
s. può essere di due specie:
s. di diritto divino e
naturale e
s. di diritto positivo ecclesiastico. La prima si verifica
quando l'oggetto del mercato è un bene spirituale (sacramenti,
consacrazione, indulgenze) o un bene temporale legato alla spiritualità
(beneficio ecclesiastico); la seconda quando il patto non è empio di per
sé, ma risulta tale per una proibizione positiva della Chiesa. Sono
previste sanzioni canoniche (sospensione e interdetto) contro chi conferisce o
riceve sacramenti in comprovata
s. • Encicl. - Rara nei primi
secoli del Cristianesimo, la
s. si diffuse a partire dai secc. V-VI, con
la progressiva assunzione di cariche civili da parte di alti esponenti del
clero, in particolare i vescovi. Legata al potere economico e politico della
Chiesa interessata ai benefici ecclesiastici, la
s. dilagò
diventando elemento decisivo nella lotta per le investiture in età
feudale quando le dignità ecclesiastiche furono apertamente oggetto di
compravendita. La lotta alla
s. fu un tema estremamente sentito da tutti
i movimenti spirituali, oggetto di campagne di denuncia di vari pontefici, tra i
quali Leone IX e soprattutto Gregorio VII, che ne fece una delle basi della sua
riforma gregoriana, e fu una delle accuse principali mosse alla Chiesa dai
movimenti protestanti. Riforma e Controriforma affrontarono da vari punti di
vista (morale, canonico, politico) la
s., che venne apertamente
condannata dal Concilio di Trento (1543-63) cui spettò anche il compito
di definire la legislazione prevista contro tale pratica.