Chim. - Elemento chimico di numero atomico 14 e
peso atomico 28,06; simbolo:
Si. Nel sistema periodico degli elementi si
colloca nel VI gruppo, sottogruppo A, per cui è omologo superiore del
carbonio e omologo inferiore del germanio, stagno e piombo. Si presenta in
lamelle splendenti di colore grigio; fonde a 1.410 °C, bolle a 2.350
°C, ha densità 2,32 g/cm
3. La sua scoperta risale al 1810
ad opera di J.J. Berzelius, che lo produsse trattando il fluosilicato di sodio
con sodio metallico. Alcuni suoi composti, come l'acido fluosilicico e il
fluoruro di
s., erano già noti a E.W. Scheele nel 1789. Un altro
composto, l'ossido di SiO
2, presente in natura in diverse forme
cristalline, era invece noto fin dall'antichità e veniva impiegato nella
fabbricazione del vetro. Il
s. presenta tre isotopi stabili (tra
parentesi le abbondanze relative): il
28/14Si (92,2%), il
29/14Si (4,7%) e il
30/14Si (3,1%). ║
Stato
naturale: il
s. è, dopo l'ossigeno, l'elemento più
diffuso in natura; è l'elemento costitutivo principale di tutte le rocce,
eccetto quelle a base di carbonati. Anche nell'universo esso abbonda, superato
solo da idrogeno, elio, carbonio, azoto, ossigeno e neon. È abitudine
esprimere l'abbondanza relativa degli elementi nell'universo proprio in funzione
della quantità di
s., precisamente come numero di atomi per ogni
milione di atomi di questo elemento. Per la sua affinità chimica il
s. non esiste allo stato libero se non in quantità minima, in lega
in certe meteoriti metalliche; comunemente è combinato come composto
ossidato, l'
anidride silicica o
silice SiO
2 o come
silicato. La silice è presente in diverse forme cristalline (agata,
calcedonio, opale, quarzo) sia anidra sia idrata; silicati sono invece i
feldspati, le miche, gli anfiboli, i pirosseni. ║
Metallurgia
estrattiva: la più semplice preparazione del
s. elementare (o
metallico, come talvolta si dice, anche se il
s. è un
semi-metallo) è la stessa condotta da Berzelius per isolare l'elemento:
si tratta un fluosilicato, ad esempio il sodio, con sodio
metallico:
Na
2SiF
6 + 4Na → 6NaF +
Si
Il fluoruro di sodio NaF si può eliminare facilmente
perché solubile in acqua anche se in misura molto limitata. Un metodo
simile parte da tetrafluoruro di
s. SiF
4 che, trattato con
sodio metallico, dà:
SiF
4 + 4Na → 4NaF +
Si
La preparazione di questi composti di
s. è descritta in
seguito. Un metodo che è stato anche utilizzato su scala industriale per
produrre quantitativamente del
s. elementare ricorre al trattamento della
silice in polvere fine con polvere di magnesio (più raramente alluminio)
secondo la reazione:
SiO
2 + 2Mg → 2MgO + Si
che
avviene al calore rosso; il tenore di magnesio aggiunto alla miscela deve essere
limitato, altrimenti in luogo di
s. libero si produce il siliciuro di
magnesio Mg
2Si. Industrialmente si opera invece una riduzione della
silice, il più possibile pura, con carbone in forno elettrico; la
reazione fondamentale è la seguente:
SiO
2 + 2C →
2CO + Si
Il
s. si ottiene allo stato fuso ma contiene la maggior
parte delle impurezze metalliche presenti nella carica (principalmente ferro,
alluminio, titanio), perché quasi tutti gli ossidi metallici sono
più facilmente riducibili del carbone della silice. Il prodotto ottenuto
ha quindi una purezza limitata o, se si vuole, un titolo del 98% circa. La
purificazione può essere fatta macinando finemente il
s. e
attaccandolo con reagenti chimici che sciolgono gli altri elementi ma non il
s.; la polvere purificata viene poi rifusa in ambiente riducente. Ben
diversa è la produzione del
s. raffinato che, con opportuni
attacchi, viene trasformato in tetracloruro di
s. SiCl
4, un
composto molto volatile (bolle a 57,6 °C) che può venire purificato
per distillazione frazionata. A parte si prepara dello zinco puro. La reazione
di produzione del
s. è la seguente:
SiCl
4 + 2Zn
→ 2ZnCl
2 + Si
La massa reagita viene distillata; lo
ZnCl
2, pure volatile, distilla lasciando una massa di spugna e
polvere di
s. puro che viene rifusa. Si passa quindi alla purificazione
finale che viene condotta con il metodo della
raffinazione a zona. Questo
processo è indispensabile perché nel campo dei semiconduttori la
presenza di impurezze non volute dell'ordine di un atomo ogni milione di atomi
di
s. può cambiare completamente le caratteristiche del materiale
dal punto di vista della semiconduzione. Ancora diversa è la produzione
industriale del
s. da utilizzarsi nelle leghe ferrose (acciai per molle,
acciai adatti per impieghi a caldo in aria, ferro per trasformatori, ecc.). In
questo caso si compie sempre la riduzione al forno elettrico ma si impiega una
miscela di silice e minerali ossidati di ferro, per cui alla fine si ottiene una
lega
ferro-s. con un contenuto di
s. del 50-80% che può
essere usata per addizione all'acciaio o ferro da legare allorché fuso
durante l'affinazione. Il prezzo del
s. è molto diverso secondo il
suo grado di purezza, perché il costo di produzione e di raffinazione
supera di molto il costo della materia prima. Particolarmente costose sono le
barrette monocristalline già drogate, pronte per essere tagliate e pulite
onde ricavare i
wafer utilizzati per la fabbricazione dei diodi,
transistori e circuiti integrati con la tecnica planare. ║
Proprietà fisiche: il
s. è un semi-metallo che si
presenta allo stato amorfo come una polvere scura e allo stato policristallino
grigio-ghiaccio scuro, dotato di riflessi metallici. A dispetto della sua
lucentezza, della buona conducibilità termica e di altre caratteristiche
che lo accomunano ai metalli, presenta una elevata fragilità, una
conducibilità elettrica ridotta e fortemente crescente con la temperatura
e altre caratteristiche non metalliche. Deve quindi essere classificato fra i
non metalli o metalloidi o semimetalli;
dal punto di vista elettrico
è un semiconduttore. È uno dei pochissimi elementi che
solidificando aumenta il volume, per cui il solido galleggia sul fuso. Le
principali caratteristiche fisiche sono raccolte nella seguente
tabella:
Peso specifico a 25 °C
|
2,33
|
Punto di fusione (°C)
|
1.410
|
Punto di ebollizione (°C)
|
2.680
|
Calore di fusione (cal/g)
|
432
|
Calore di vaporizzazione (cal/g)
|
2.535
|
Calore specifico a 0°C (cal/g °C)
|
0,162
|
Conducibilità termica (cal/cm · sec · °C)
|
0,20
|
Resistività elettrica a 0°C (microohm · cm)
|
1 · 105
|
Elettronegatività di Pauling
|
1,8
|
Raggio covalente (Å)
|
1,11
|
Raggio atomico (Å)
|
1,32
|
Raggio ionico (Å): valenza -1 valenza +4
|
2,71 0,41
|
La struttura cristallina merita di essere considerata attentamente:
come molti altri semiconduttori, anche il
s. presenta la struttura
cubica, con un reticolo tipo diamante nel quale ogni atomo può essere
considerato il centro di un tetraedro ai vertici del quale sono posti i quattro
atomi più vicini, fra loro equidistanti. Il lato della cella del
s. è di 5,417 Å. Le impurezze eventualmente presenti nel
s. si collocano sia al bordo dei grani (nel materiale policristallino)
sia nei nodi reticolari, in sostituzione di atomi di
s., creando dei
portatori di corrente secondo il meccanismo tipico dei semiconduttori drogati.
Il comportamento elettrico del materiale è influenzato da queste
impurezze in misura notevolissima, per cui il
s. di
purezza
elettronica, come viene detto il materiale destinato all'industria dei
semiconduttori, ha delle caratteristiche che possono differire da quelle del
materiale comune anche se di buona purezza. Alcune di queste sono riassunte
nella seguente tabella:
Peso specifico
|
2,328
|
Densità atomica (atomi/cm3 a 25 °C)
|
4,96 · 1022
|
Coefficiente di espansione termica (mm/mm · °C)
|
2,33 · 10-6
|
Conducibilità termica (cal/cm · sec · °C)
|
0,35
|
Calore specifico (cal/g · °C)
|
0,190
|
Resistività elettrica intrinseca a 300 °K (ohm ·
cm)
|
2,3 · 105
|
Mobilità degli elettroni (cm2/Volt · sec)
|
1.350
|
Mobilità dei portatori positivi (cm2/Volt ·
sec)
|
480
|
Lato della cella cristallina (Å)
|
5,4307
|
Il
s. può essere semiconduttore sia intrinseco sia
estrinseco. Nel primo caso i portatori di corrente sono generati a coppie, uno
positivo e uno negativo, per effetto dell'agitazione termica degli elettroni e
dei residui atomici, per effetto di radiazioni luminose e così via. La
generazione per effetto dell'agitazione termica porta a una concentrazione di
elettroni, detta
n, e di vacanze elettroniche o buche, detta
p,
tale che:
n · p = 1,5 · 10
33 · T
3
·
e(-1,21/kT)ove T è la
temperatura assoluta (in °K),
e la base dei logaritmi naturali e
k la costante di Boltzmann, pari a 1,38 · 10
23
Joule/°K. Dato il valore del gap di energia proibita (1,106 elettron-volt)
che separa la banda di valenza da quella di conduzione, si può vedere
dall'espressione ora riportata che anche a temperatura ambiente (T = 300 °K
circa) un certo numero di elettroni si trova nella banda di valenza per cui il
s. anche perfettamente puro presenta una discreta conducibilità
elettronica e che questa aumenta fortemente con la temperatura. Per questa
ragione il
s. è un semiconduttore intrinseco. Infatti se le
impurezze sono del V gruppo della tavola periodica (fosforo, arsenico, ecc.) si
sostituiscono al
s. nel suo reticolo ma, avendo cinque elettroni nello
strato di valenza, ne hanno uno eccedente rispetto ai quattro legami che devono
stabilire con gli atomi vicini. Questo elettrone può essere facilmente
staccato dal residuo atomico (che resta come una carica fissa positiva) e
diventare libero di muoversi sotto l'effetto di un campo elettrico, cioè
un portatore di corrente. In modo simile se l'impurezza è del III gruppo
(boro, alluminio, ecc.) si ha sempre la sostituzione del
s. nel suo
reticolo, ma l'atomo estraneo è deficitario di elettroni perché ne
ha solo tre nel suo strato di valenza. Di conseguenza si trasforma in una carica
fissa negativa per cattura di un elettrone, generando un portatore di corrente,
stavolta positivo. Il
s. nei dispositivi a semiconduttore può
essere impiegato fino a 200 °C circa, a differenza del germanio che arriva
solo ai 100 °C circa; inoltre, date le proprietà dell'ossido
SiO
2, può essere impiegato con la tecnologia planare, che
è il metodo più economico per la produzione di transistori sia
bipolari sia a effetto di campo e di circuiti integrati. ║
Proprietà chimiche: il
s. è un elemento poco
reattivo se in forma massiccia, ma assai attivo se finemente suddiviso. All'aria
a freddo si passiva semplicemente ma non si ossida. Infatti la
reazione
Si + O
2 → SiO
2 è
molto favorita (il calore di ossidazione è 203 kcal/mole) ma per ragioni
cinetiche avviene talmente lentamente da non essere apprezzabile. A caldo invece
avviene più velocemente, ma per condurre una ossidazione in tempi
ragionevoli si deve giungere ai 1.200 °C circa. L'elevato calore di
ossidazione costituisce la ragione principale per cui in natura il
s. non
si trova mai allo stato libero. A freddo invece si combina velocemente col
fluoro, dando SiF
4; la reazione è tanto esotermica che il
s. si scalda al calore rosso. Se è in polvere può avere
decorso esplosivo. Con il cloro invece non si combina a freddo perché
è sempre passivato dall'aria; la reazione avviene invece se si macina del
s. in atmosfera di cloro. Con l'azoto si combina ad alta temperatura a
formare nitruro di
s. Si
3N
4; tale reazione è
sfruttata anche nella fabbricazione di certi transistori a effetto di campo. Per
quanto riguarda la resistenza del
s. massiccio agli agenti chimici in
soluzione, si può dire che esso è inattaccabile dalla maggior
parte, inclusi acido cloridrico, acido fluoridrico, acido solforico, acido
nitrico, ammoniaca. Viene invece attaccato, seppure lentamente, dalle basi forti
(NaOH e KOH) in soluzione concentrata e da una miscela di acido nitrico e acido
fluoridrico concentrati. Se attaccato dalle basi si scioglie con formazione di
silicati e liberazione di idrogeno, secondo la reazione:
Si + 4KOH
→ K
4SiO
4 + 2H
2 mentre se è
attaccato dalla miscela acida sopra detta si trasforma essenzialmente in
fluoruro SiF
4. Viene attaccato ad alta temperatura anche dall'acido
cloridrico gassoso, con formazione di tetracloruro SiCl
4 o
silicocloroformio SiHCl
3. Dal punto di vista chimico il
s.
è simile al germanio, che è suo omologo superiore, ma anche al
boro e all'arsenico, che sono i due elementi che stanno sulla stessa diagonale
nella tavola periodica. Per certi aspetti somiglia anche al carbonio: la sua
forma cristallina è la stessa del diamante e la disposizione degli
orbitali nello spazio è quella presentata dal carbonio nelle paraffine.
Questa affinità ha stimolato i chimici alla ricerca di composti
s.-idrogeno simili agli idrocarburi; in effetti sono stati preparati
molti idruri di
s., detti
silani, che costituiscono una serie di
omologhi del tutto analoga agli alcani. Questi composti però non hanno
alcuna utilità pratica mentre i
siliconi, che sono composti
polimeri
s.-ossigeno-idrogeno (con eventualmente del carbonio), sono
delle resine dotate di ottime caratteristiche e ormai diffusamente impiegati in
vari campi. ║
Principali composti: il
s. forma un'ampia
gamma di composti con numerosi elementi della tavola periodica; ci si
limiterà qui a citare solo i principali. 1)
Siliciuri: sono
composti
s.-metallo ottenibili per sintesi diretta degli elementi, a
caldo, oppure fondendo SiO
2 con eccesso di metallo, secondo una
reazione del tipo:
SiO
2 + 4Mg → 2MgO +
Mg
2Si
Sono composti chimicamente simili ai carburi ma che, dal
punto di vista metallurgico, presentano più caratteristiche di composti
intermetallici, tanto che talvolta vengono inclusi fra questi. Fra i principali
siliciuri, quali Mg
2Si, Mg
5Si
3, FeSi,
CaSi
2, CaSi, Ca
2Si, ecc., alcuni hanno grande importanza
perché sono determinati al fine delle caratteristiche delle leghe
metalliche nelle quali sono presenti. In particolare certe leghe come il
duralluminio induriscono, per trattamento termico o per invecchiamento naturale
proprio per la formazione di composti di questo tipo. La maggior parte dei
siliciuri è stabile sia all'acqua sia agli acidi diluiti, per cui la loro
presenza, sempre contenuta in tenori assai bassi, non provoca effetti dannosi
dal punto di vista del comportamento alla corrosione. Alcuni siliciuri, come il
CaSi
2, vengono impiegati in metallurgia come diossidanti, cioè
come composti che, aggiunti al bagno di metallo fuso in affinazione, sequestrano
l'ossigeno disciolto e si trasformano in composti che passano alle scorie. 2)
Silani: sono così detti i composti
s.-idrogeno; il nome
è derivato per analogia da quello degli alcani, cioè i composti
carbonio-idrogeno saturi. Si possono preparare in miscela trattando il siliciuro
di magnesio con acido cloridrico e fosforico in miscela diluita oppure dai
cloruri di
s. per riduzione con litioalluminioidruro in soluzione di
etere etilico. Questi composti sono frazionabili a bassa temperatura e
costituiscono una serie che formalmente è analoga agli alcani. A
differenza di questi sono però poco stabili: si decompongono anche in
presenza di tracce di acqua, formando silice anidra o idrata e idrogeno. In
presenza di aria si ossidano rapidamente e possono anche formare miscele che
esplodono spontaneamente, soprattutto se in presenza di impurezze. A temperature
elevate si decompongono velocemente, tanto che non è possibile condurre
su di essi tutte le reazioni degli alcani, coi quali presentano però
certe affinità (addizione al doppio legame delle olefine). I primi
termini della serie sono i più importanti e i meglio noti. Il primo
è il
silicometano o
monosilano o
silano
SiH
4 (formalmente simile al metano CH
4). È un gas
incoercibile (fonde a -185 °C e bolle a -112 °C), incolore, di odore
sgradevole, tossico. È insolubile in acqua dalla quale viene decomposto
rapidamente, in etere etilico e in alcool etilico, trasformandolo in
metasilicato secondo una reazione del tipo:
SiH
4 + 2KOH +
H
2O → K
2SiO
3 + 4 H
2In
aria brucia con formazione di acqua e SiO
2:
SiH
4 +
2O
2 → SiO
2 + 2H
2O
Questa reazione
è del tutto simile alla combustione del metano in aria:
CH
4
+ 2O
2 → CO
2 + 2H
2O
ma a
differenza del metano, il silano, se impuro, si accende anche spontaneamente.
Per riscaldamento si decompone in
s. e idrogeno; la reazione si attiva
sui 500 °C ma in presenza di catalizzatori (silice, allumina attiva)
avviene anche a 250 °C. Il secondo termine della serie è il
silicoetano o
disilano Si
2H
6 (formalmente
analogo all'etano C
2H
6), un gas incolore che bolle a -15
°C (a pressione ridotta) e solidifica a -132,5 °C. È poco
solubile in acqua, che lo decompone; è invece ben solubile in solfuro di
carbonio, alcool etilico e benzene. All'aria si accende spontaneamente e brucia
dando SiO
2 e acqua. Il terzo termine è il
silicopropano
o
trisilano Si
3H
8, un liquido avente peso specifico
0,743 a 0 °C che bolle a 53 °C e solidifica a -117 °C. È
decomposto dall'acqua e si infiamma spontaneamente in aria. Caratteristiche
simili sono presentate dal
silicobutano o
tetrasilano
Si
4H
10, un liquido incolore (peso specifico 0,825 a 0
°C) che solidifica a -90 °C e bolle a 109 °C. Sono stati
preparati anche diversi altri termini della serie, omologhi superiori dei
precedenti, aventi tutti formula Si
nH
2n+2,
con
n intero. La caratteristica più saliente della serie è
che la stabilità dei termini diminuisce all'aumentare di
n, in
quanto il legame Si―Si non è molto
stabile, a differenza del legame C―C degli
idrocarburi. 3)
Carburo di s.: con il carbonio il
s. mostra il
comportamento tipico dei metalli, cioè la formazione di un carburo avente
formula SiC. Questo composto si ottiene scaldando a temperatura elevata la
silice con un eccesso di carbone secondo la reazione:
SiO
2 +
3C → SiC + 2CO
che avviene sopra i 1.600 °C, ma di solito si
conduce in forno elettrico a 2.000-2.200 °C per ottenere il SiC in buona
forma cristallina. Una temperatura maggiore di quelle indicate porta alla
decomposizione del SiC, con formazione di grafite in forma compatta; questa
reazione viene sfruttata per produrre grafite per filamenti o altri usi a
partire dal SiC (processo Acheson). Il carburo di
s. è comunemente
cristallizzato nel sistema trigonale o nel sistema cubico con un reticolo tipo
diamante. Se purissimo è incolore, ma bastano anche tracce di impurezze
per impartirgli un colore che va dall'azzurro al nero, secondo la
quantità di impurezze. Il prodotto commerciale, denominato
carborundo o
carborundum, è sempre nero, in polvere con una
granulometria adatta all'uso. Le sue applicazioni sono numerose sia come
abrasivo (ha una durezza prossima a quella del diamante) per mole, tele
smeriglio, ecc., sia come refrattario infusibile (eventualmente mescolato a
grafite per facilitarne la compattazione) per crogioli di qualità,
rivestimenti refrattari per alte temperature, piatti di colonne di distillazione
per metalli liquidi elettrodi di forni di forni elettrici. Col nome di
silundum se ne indica una varietà compatta, adatta per la
fabbricazione di resistenze elettriche anche destinate a lavorare ad alta
temperatura e in atmosfera ossidante: il SiC infatti inizia a ossidarsi solo
sopra i 1.000 °C. Per forte riscaldamento non fonde ma si decompone a 2.200
°C; sotto pressione fonde a circa 2.700 °C. Fra gli agenti che lo
attaccano rapidamente ricordiamo gli alcali fusi, nei quali è solubile, e
il cloro gassoso a caldo, che lo trasforma in una miscela di CCl
4 e
SiCl
4, entrambi volatili. 4)
Composti alogenati: i composti
alogenati più importanti sono quelli in cui il
s. manifesta
valenza + 4, precisamente il tetrafloruro SiF
4, il tetracloruro
SiCl
4, il tetrabromuro SiBr
4 e il tetraioduro
SiI
4. Il tetrafluoruro SiF
4 che bolle a -65 °C sotto
pressione, si prepara per azione di acido fluoridrico sulla silice
SiO
2 anche a freddo. La reazione:
SiO
2 + 4HF
→ SiF
4 + 2H
2O
è evidentemente favorita
dalla presenza di disidratanti, ma avviene anche con l'acido in soluzione
acquosa. Ad essa è dovuto l'attaccamento che l'acido fluoridrico esercita
sui vetri (che sono una miscela di silicati alcalini con eccesso di silice) per
cui esso non può essere conservato in recipienti di vetro, a differenza
di quasi tutte le altre sostanze chimiche, anche fortemente aggressive.
L'elevata volatilità dello SiF
4 (a pressione ordinaria sublima
a -95 °C) fa sì che in ogni lavorazione dove questo gas può
svilupparsi debbano essere prese le opportune precauzioni per impedirne la
respirazione, essendo esso fortemente irritante e, in quantitativi maggiori,
anche tossico. È questo il caso di molte fabbricazioni che partono da
minerali che contengono fluoruro di calce CaF
2 (fluorite) e come
sempre avviene, anche della silice. A caldo questi composti reagiscono liberando
SiF
4 che passerebbe nei fumi e inquinerebbe l'atmosfera se non si
provvedesse a un abbattimento. Il tetrafluoruro di
s., a contatto con
l'acqua, idrolizza dando acido metasilicico H
2SiO
3 e acido
fluosilicico H
2SiF
6:
3SiF
4 +
3H
2O → H
2SiO
3 +
H
2SiF
4L'acido fluosilicico si può ottenere
anche per addizione di HF al SiF
4. Il tetracloruro di
s.
SiCl
4 si ottiene per azione del cloro sul SiC, per azione del cloro a
caldo sul
s. elementare, o per riscaldamento di silice e carbone in
presenza di cloro. Anche esso è volatile; si presenta come un liquido
incolore, fumante, pesante (peso specifico 1,50), molto reattivo, che solidifica
a -70 °C e bolle a 57,6 °C. Con acqua idrolizza velocemente a dare
silice e acido cloridrico; in presenza di molta acqua dà anche dell'acido
ortosilicico. All'aria fuma perché idrolizza parzialmente in fase gassosa
per reazione con l'umidità atmosferica; in presenza di ammoniaca si forma
una densa nebbia di acido silicico e cloruro di ammonio: questo artificio
può servire per produrre nebbie artificiali che, essendo pesanti devono
occultare zone di terreno o di mare anche a scopo bellico. Data la sua
reattività è anche impiegato come materia di partenza per sintesi
di prodotti organici derivati dal
s. Il tetrabromuro SiBr
4 e
il tetraioduro SiI
4 hanno minore importanza. Sempre con gli alogeni
il
s. forma anche composti con valenze +2 e +3, precisamente
Si
2Cl
6, Si
2Br
6, SiI
2 e
Si
2I
6. Inoltre forma numerosi composti misti con due
alogeni quali SiBr
3Cl e SiBr
2Cl
2. In questi
composti gli alogeni possono essere in parte sostituiti da zolfo, originando
composti come SiSCl
2, SiSBr
2, SiS
2. In modo
analogo gli alogeni possono essere sostituiti in parte da idrogeno, dando dei
composti che possono essere considerati dei derivati alogenati del monosilano,
come ad esempio SiH
3Cl, SiH
3Br, SiHF
3,
SiHCl
3. Fra tutti questi composti il più noto e importante
è il
triclorosilano o
silicocloroformio, così detto
per analogia di formula con il cloroformio, avente formula SiHCl
3.
È un liquido incolore che si ottiene in miscela con SiCl
4 per
reazione fra
s. e cloro a caldo; ha peso specifico 1,34; solidifica a
-134 °C e bolle a 33 °C sotto pressione leggermente ridotta (758
mmHg). Viene decomposto dall'acqua e, più lentamente, dall'umidità
dell'aria. Dalla decomposizione termica del silicocloroformio in ambiente
riducente di idrogeno si ottiene
s. purissimo; questa reazione è
talvolta utilizzata nella fabbricazione dei semiconduttori per accrescere in
misura controllata una lamina di
s. monocristallino, proseguendo sul
reticolo cristallino del substrato (accrescimento
epitassiale). In questa
operazione il silicocloroformio può contenere quantità controllate
di impurezze, per cui lo stato accresciuto è drogato in quantità
nota. 5)
Siliconi: sono composti a base di
s. molto conosciuti e
diffusamente impiegati come grassi e oli lubrificanti, come isolanti, gomme,
agenti idrorepellenti, agenti antistik (evitano l'adesione di sporcizia o di
qualsiasi altro materiale). Essi contengono dei legami Si―C, Si―H e Si―O―Si; questi ultimi
costituiscono la catena principale. Nella fabbricazione si parte da
SiCl
4 che per reazione con dei composti di Grignard
(magnesio-alchili), in presenza di catalizzatori, dà una miscela di
clorosilani, precisamente:

essendo R― un radicale alchilico
o arilico. Per idrolisi di questi composti, che comporta la sostituzione dei
gruppi ―Cl con altrettanti gruppi ―OH, si ottengono rispettivamente i silanoli, i
silandioli e i silantrioli, che hanno formula rispettivamente R
3SiOH,
R
2Si(OH)
2 e RSi(OH)
3. Per condensazione di
questi composti si ottengono i siliconi, che hanno una struttura di questo
tipo:

ove R― e R'―, che possono
anche essere uguali fra loro, possono essere vari sostituenti quali ―H, ―CH
3,
―F. Una nuova classe di materiali di questo
genere è stata ottenuta per analogia con i siliconi, sostituendo il
legame Si―O―Si
della catena principale con un legame Si―N―Si, più resistente al calore. 6)
Ossidi di
s.: l'ossido per eccellenza del
s. è il
biossido di s.
o
anidride silicica o
silice SiO
2, le cui
proprietà sono descritte a parte. È stata però anche
dimostrata la presenza di monossido di
s. SiO in una miscela di
SiO
2 + Si scaldata a temperatura elevata. Lo SiO trova qualche
applicazione particolare come il rivestimento antiriflettente di particolari
lenti e specchi. 7)
Solfuri: il monosolfuro SiS è stato ottenuto
ad alta temperatura; in condizioni ambiente può essere ottenuto in aghi
gialli che per riscaldamento sublimano a 940 °C a pressione molto ridotta.
Per sintesi dagli elementi si ottiene invece comunemente il
solfuro di s.
SiS
2 in forma di cristalli di leggero color grigio a bruno, fibrosi,
facilmente decomposti dall'acqua secondo la reazione:
SiS
2 +
2H
2O → SiO
2 + 2H
2S
La struttura
cristallina di questo composto è particolare: esso appare costituito di
lunghe catene di atomi di
s. collegati fra loro da due punti di zolfo.
Ciò equivale a dire che ogni atomo di
s. si trova al centro di un
tetraedro ai vertici del quale si trovano quattro atomi di zolfo: i vari
tetraedri formano poi una catena collegandosi fra loro per uno spigolo. Nel
piano la struttura può essere raffigurata nel seguente
modo:

Questa
conformazione rende ragione dell'aspetto fibroso dei cristalli di
SiS
2: ogni fibra (a livello ultramicroscopico) può essere
considerata una catena, cioè una singola molecola. In realtà
questo composto dovrebbe essere ritenuto un polimero naturale. 8)
Acido
fluosilicico: l'acido fluosilicico o esafluosilicico
H
2SiF
6 si ottiene da SiF
4 per idrolisi acquosa.
È un acido che è stabile in soluzione acquosa diluita; a
concentrazioni superiori al 40% si decompone in SiF
4 e HF. Può
invece essere isolato come idrato H
2SiF
6 ·
2H
2O, un solido che fonde a 19 °C. Il fluosilicico si comporta
in soluzione come un acido forte; con le basi può dare sali detti
fluosilicati, facilmente cristallizzabili; la maggior parte di questi
è ben solubile ma quello di potassio è poco e quello di bario
è virtualmente insolubile in acqua. Per riscaldamento a secco i
fluosilicati si decompongono in fluoruri e tetrafluoruro di
s. secondo
una reazione del tipo:
CaSiF
6 → CaF
2 +
SiF
4Fra i più importanti di questi sali ricordiamo il
fluosilicato sodico Na
2SiF
6, usato per fluorare le acque o
come opacizzante per la fabbricazione di smalti; il fluosilicato di piombo
PbSiF
6, impiegato in agricoltura come anticrittogamico e per la
raffinazione del piombo o per piombature elettrolitiche; i fluosilicati di
calcio e di magnesio CaSiF
6 e MgSiF
6, usati per otturare
la porosità del gesso e di altri materiali da costruzione e il
fluosilicato di ammonio (NH
4)
2SiF
6, usato per
rendere ininfiammabile il legno. 9)
Acidi silicici: la silice reagisce
lentamente a caldo con le basi forti, formando una soluzione di sali delle basi
stesse che sono detti genericamente
silicati. Queste soluzioni,
acidificate con acido forte, quale il cloridrico, danno un precipitato
gelatinoso avente formula H
2SiO
3 ·
nH
2O che può venire filtrato e disidratato con
precauzione fino a produrre una polvere bianca amorfa avente formula
approssimativa H
2SiO
3, detta
acido silicico o
metasilicico. In natura esiste in soluzione nelle acque di mare un acido
silicico di formula SiO
2 ·
nH
2O che, come
quello sopra citato, è assai debole. Le diverse combinazioni della silice
SiO
2 (vista come una anidride) con acqua possono dar luogo a diversi
acidi; è da notare però che fra questi solo un numero limitato
può essere effettivamente prodotto da SiO
2 + H
2O,
mentre per la maggior parte la derivazione è solo formale. In natura
comunque si trovano molti derivati di acidi del
s., corrispondenti a
diversi acidi silicici dei quali solo qualcuno può essere isolato come
tale. Questi acidi si distinguono non solo per la formula, ma anche per la
struttura dei loro composti. Lo ione fondamentale è lo
[SiO
4]
4-, che ha un'organizzazione tetraedrica: il
s. si trova al centro di un tetraedro ai vertici del quale si trovano i
quattro atomi di ossigeno che, per saturare lo strato più esterno,
catturano un elettrone e sono quindi dotati di una carica negativa ciascuno. Nel
piano questa struttura si può rappresentare nel seguente
modo:

I diversi
tetraedri si possono combinare fra loro in diversi modi, stabilendo dei legami
Si―O―Si, per cui
un atomo (o più atomi) di un tetraedro è comune a due (o
più) tetraedri. Ad esempio lo ione
[Si
2O
7]
6- si può interpretare come due
tetraedri aventi un vertice in comune, che nella rappresentazione piana si
traduce nel seguente schema:

È evidente che l'atomo del ponte Si―O―Si, avendo due
legami col
s., non ha carica negativa alcuna. In questa visione lo ione
[SiO
3]
2- è da interpretare formalmente come
è scritto, ma in realtà come
[Si
3O
9]
6-, che avrà quindi
struttura:

Ovviamente
questa figura è deformata nella rappresentazione piana; nella
realtà i tre tetraedri (SiO
4) sono fra loro del tutto
equivalenti anche come posizioni relative. Per comprendere il significato delle
formule degli acidi silicici, occorre dare non solo la formula ma anche la
struttura dei composti, come appare nella seguente tabella:
Formula stechiometrica
|
Acido
|
Struttura
|
H2SiO3
|
metasilicico
|
catene di tetraedri
|
H4SiO4
|
ortosilicico
|
tetraedri semplici
|
H2Si2O5
|
metadisilicico
|
lamelle stratificate
|
H6Si2O7
|
pirosilicico
|
doppi tetraedri
|
H6Si3O9
|
trisilicico
|
anelli di tre tetraedri
|
H6Si4O11
|
metatetrasilicico
|
nastri di tetraedri
|
H8Si4O12
|
tetrasilicico
|
anelli di quattro tetraedri
|
H12Si6O18
|
esasilicico
|
anelli di sei tetraedri
|
È interessante notare che il
s. negli acidi silicici
può talvolta essere sostituito da altri elementi, quali tungsteno o
molibdeno, con formazione di acidi silicotungstici, silicomolibdici, ecc. aventi
struttura anche molto complessa. ║
Usi: il principale uso del
s. elementare è come elemento di alligazione per la fabbricazione
di leghe. In metallurgia viene anche impiegato come disossidante delle leghe, in
quanto ha la proprietà di formare silice, sottraendo ossigeno agli altri
ossidi metallici eventualmente presenti, che passa poi nella scoria e si combina
a dare silicati che, galleggiando sul metallo fuso, vengono facilmente
eliminati. Questa funzione, nel caso delle leghe ferrose, viene esplicata dal
s. presente nella ghisa, in quanto la carica dell'altoforno contiene
sempre della silice, una parte della quale viene ridotta a
s. ad opera
del coke caricato insieme con i minerali di ferro. Nel processo di affinazione
al convertitore Bessmer il
s. presente si ossida quantitativamente a
silice, anzi questa reazione è una di quelle che più contribuisce
a innalzare la temperatura nel convertitore stesso. Sempre con riferimento agli
acciai è interessante notare che il
s. in essi è sempre
presente, anche se in tenori limitati (1% al massimo). L'aggiunta di
s. a
un acciaio al carbonio provoca una diminuzione del peso specifico, un aumento
notevole della resistività elettrica e un aumento della
permeabilità magnetica. Inoltre ha una nettissima azione sulle
caratteristiche meccaniche: aumenta la resistenza a trazione e compressione,
eleva il carico di snervamento, aumenta la durezza, diminuisce l'allungamento;
tenori limitati aumentano anche la resilienza ma all'aumentare della percentuale
di
s. questa diminuisce bruscamente tanto che al 5% di
s. ha un
valore minimo. In tempra il
s. favorisce la penetrazione della tempra e
riduce la velocità critica di raffreddamento. Dannosa è invece la
presenza del
s. negli acciai destinati alla cementazione e alla
lavorazione a caldo: se la percentuale di questo elemento supera il 6%, la
fucinatura diventa impossibile; l'imbottitura è possibile anche col 3% di
s., ma a temperature superiori all'ambiente (300 °C circa). Anche la
saldabilità è compromessa dalla presenza di
s.,
perché nella zona di fusione si formano silicati di difficile
asportazione che sovente sono causa di soffiature o altre imperfezioni. Ottimo
è invece il comportamento degli acciai al
s. sia alla corrosione a
umido, anche da parte di agenti molto aggressivi, sia alla corrosione a secco
(ad esempio ad opera di aria o altri gas ossidanti ad alta temperatura). Acciai
al
s. sono magneticamente dolci, cioè presentano un ciclo di
interessi avente un'area minima, e quindi sono adatti per nuclei di
trasformatori, espansione di dinamo, ecc. Si impiegano in questi casi acciai al
4% di
s. per i lamierini dei trasformatori e all'1,5 ÷ 2,5 di
s. per parti di marmo. Negli acciai per molle si sfrutta invece
l'influenza che il
s. presenta sulle caratteristiche meccaniche degli
acciai: questo elemento è presente in un tenore dell'1,5% circa.
L'impiego qualitativamente più importante del
s. è la
fabbricazione di semiconduttori mediante la tecnologia planare. Senza il
s. e le ottime caratteristiche del suo ossido (la silice) non sarebbe
possibile la costruzione di dispositivi ad altissima integrazione e di basso
costo. Anche se i quantitativi sono insignificanti rispetto a quelli adoperati
in siderurgia, la differenza di prezzo è tale per cui dal punto di vista
economico questo impiego è importante. Il
s. metallo viene poi
utilizzato nella fabbricazione di alcuni dei suoi composti, le maggiori
applicazioni dei quali sono già state evidenziate. ║
Leghe:
il
s. è presente in leghe ferrose e non ferrose, sia di alluminio
(lega 2.014, all'0,8% di
s., lega 4.032, al 12,5% di
s., leghe
6.061 e 6.151, all'0,6% di
s., leghe per getti A13, 43, 108, A132, D132,
F132, 319, 355, con tenori di
s. dal 3 al 12%), sia di rame (bronzi al
s. e al
s.-alluminio, con l'1,5-4% di
s.), sia di nichel
(nichel per getti, all'1,5 di
s., Monel, all'1,5-4% di
s.,
Hastelloy-D, al 10% di
s., ecc.) e sia di altri metalli non ferrosi.