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Sigfrido.

Mit. - Eroe della tradizione mitologica ed epica dei popoli germanici. Esistono due diversi gruppi di fonti letterarie che hanno tramandato le gesta di S., distinte per appartenenza etnica e culturale, nonché per ciò che conservano del mito. Infatti, le fonti nordiche, in particolare l'Edda e la Völsungasaga, si dilungano ampiamente sulle vicende e le gesta giovanili di S., mentre le fonti tedesche, soprattutto i Nibelunghi (V.), vi accennano soltanto, raccontando per esteso le ultime imprese dell'eroe. D'altro canto entrambe le fonti deriverebbero, con tutta probabilità, da una remota tradizione orale, originariamente comune a tutti i popoli germanici, che si è andata poi diversificando nelle varie civiltà. Tra i Paesi di origine germanica soltanto in Inghilterra non si registrano attestazioni del mito dell'eroe. S. è figlio di Sigmundo e diretto discendente della stirpe divina dei Volsunghi fondata da Odino (Wotan). Allevato da un fabbro nano (Regin o Mimir), per istigazione di costui ammazza il potente drago Fafnir nel cui sangue si immerge, divenendo così interamente invulnerabile tranne che in un punto tra le spalle su cui si era posata una foglia. S. acquisisce inoltre la capacità di comprendere il linguaggio degli uccelli che gli svelano i propositi proditori del nano e gli raccontano della valchiria Brunilde che S. riesce a raggiungere e a far sua. Secondo la fonte tedesca Brunilde sarebbe una principessa d'Islanda, pronta a cedersi in moglie solo a colui che fosse stato in grado di superare determinate prove. Di lei è innamorato il re Gunther, alla cui corte, a Worms, S. si ferma per chiedere la mano di Crimilde, sorella del re. S., grazie all'elmo che rende invisibili, conquistato ai Nibelunghi, riesce a superare le prove, fingendosi Gunther. Brunilde acconsente dunque a sposare il re che, a sua volta, permette a S. di prendere in moglie Crimilde. La versione nordica si discosta per il fatto che S. solo dopo aver ingerito un filtro magico riesce ad abbandonare Brunilde e a sposare la sorella di Gunther, Gudrun. L'epilogo è analogo: Brunilde, per vendicarsi dell'oltraggio subito, tesse una congiura contro S. ottenendo la complicità di Crimilde che le svela il punto vulnerabile nel corpo dell'eroe e lo fa assassinare da un fratello o da uno zio del re. L'epopea ha il suo fondamento storico nella strage dei Burgundi a opera degli Unni (V sec.), a cui sono stati aggiunti episodi leggendari riguardanti le imprese di S., vincitore del drago e conquistatore del meraviglioso tesoro dei Nibelunghi, popolo misterioso di spiriti sotterranei. Pur presentando tracce della letteratura cortese cavalleresca, il poema se ne distacca decisamente, in quanto rappresenta un mondo ancora privo di componenti cristiane in cui prevale un'etica guerriera e barbarica basata sull'eroismo, l'onore e la lealtà.