Nome dato, nell'antichità classica, a donne
veggenti e indovine. Il termine
S., di etimologia ignota, stava a
indicare, fin dal periodo arcaico della Grecia, un particolare tipo di donne che
profetizzavano ispirate da un dio (di solito Dioniso o Apollo). Secondo la
leggenda esse scrivevano i responsi su foglie che ammucchiavano a caso,
cosicché l'interpretazione del verdetto risultava alquanto ambigua e
complicata. Le fonti letterarie non concordano sul numero e l'identificazione
delle
S.: Eraclito e Platone parlavano di una
S., al singolare ma
senza specificazioni riguardo al luogo della sua attività; a partire da
Aristotele si riconobbero più
S., che si distinguevano a seconda
della località in cui operavano; Varrone elencava 10
S. (cimmeria,
cumana, delfica, ellespontica, eritrea, frigia, libica, persiana, samia,
tiburtina). La
S. non era legata a un culto oracolare fisso, ma profetava
in qualsivoglia tempo e luogo ricevesse l'ispirazione divina, concepita come
possessione della donna, necessariamente vergine, da parte del dio. Il culto
della
S. si mantenne sempre estraneo, se non in opposizione, alla
religione pubblica, ragion per cui le
S. divennero personaggi leggendari,
che riuscivano a mettere in comunicazione l'uomo col dio, considerate figlie di
divinità o esse stesse dee, non immortali ma comunque dotate di notevole
longevità. La più famosa e antica, secondo la tradizione, sarebbe
la
S. eritrea dalla quale sarebbero derivate tutte le altre
S.
• Icon. - Remote raffigurazioni di
S. si trovano su monete
greche in argento o bronzo (secc. IV-III a.C.) dove sono rappresentate con un
velo in testa e la destra sulla bocca. Particolare importanza, col
Cristianesimo, ebbe l'identificazione delle
S. con profetesse che, in
modo simile ai profeti biblici, avrebbero annunciato l'avvento di Cristo. In
periodo medioevale furono spesso rappresentate la
S. eritrea (affreschi
dell'XI sec. in Sant'Angelo in Formis, presso Capua) e quella tiburtina, la cui
figura era legata alla fondazione della chiesa dell'Aracoeli a Roma. A partire
dal XIV sec. comparvero numerose raffigurazioni di
S. che accanto a
profeti leggono o tengono nelle mani i libri sibillini
(V. SIBILLINO). Tale tema attecchì in tutta
Europa, trovando particolare fortuna nell'arte del Rinascimento italiano a cui
appartengono le raffigurazioni di L. Ghiberti (porta del Paradiso nel battistero
di Firenze), del Ghirlandaio (affreschi in Santa Trinita di Firenze), di
Michelangelo (affreschi sulla volta della cappella Sistina in Vaticano) e di
Raffaello (affresco in Santa Maria della Pace a Roma).