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Sestina.

Lett. - Particolare tipo di canzone lirica che si definisce su basi non tematiche, bensì esclusivamente formali e metriche. Si tratta di un componimento poetico costituito da sei stanze indivisibili di sei endecasillabi ciascuna, con un commiato di tre versi della stessa misura. Le stanze sono legate fra loro dalla ripetizione, in luogo della rima, delle sei parole con le quali terminano i sei versi della prima stanza, che non sono fra loro soggette a vincoli di rima, ma che vengono ripetute nelle stanze successive secondo il sistema detto della “retrogradazione incrociata”. Tale regolare alternanza d'inversione e progressione dà luogo al seguente schema fisso: ABCDEF; FAEBDC; CFDABE; ECBFAD; DEACFB; BDFECA. Nel commiato di tre endecasillabi vengono ripetute, a metà e alla fine di ogni verso, tutte e sei le parole-rima in ordine vario. La più antica s. conosciuta (Lo ferm voler qu'el cor m'intra) appartiene al trovatore provenzale Arnaldo Daniello (fine XII sec.), il quale è tradizionalmente ritenuto l'inventore di tale ricercata forma poetica, poi imitata da altri trovatori in lingua d'oc. Nella poesia italiana, la s. fu ripresa da Dante, il quale rese canonico l'uso esclusivo del verso endecasillabo, e da Petrarca, il quale ne compose nove, di cui una doppia (la Canzone CCCXXXII). Nel XV sec. il Rinascimento e nel XVI sec. il fenomeno del Petrarchismo contribuirono in modo determinante al successo e alla diffusione della s. in tutta l'Europa: se ne hanno esempi nella poesia ispano-portoghese (M. Cervantes, G. de Cetina, L. Camões), francese (Pontus de Thiard), inglese (E. Spencer, Ph. Sidney) e tedesca (G.R. Weckherlin, M. Opitz). Fu quindi rivalutata dal Romanticismo europeo e, nei secc. XIX-XX, ha trovato estimatori in Italia (G. Carducci, G. D'Annunzio, G. Ungaretti, F. Fortini), in Germania (R. Borchardt), in Russia (L.A. Mej, M.A. Kuzmin) e nell'area anglosassone (E. Pound, W. Auden). ║ Strofa di sei versi, detta pure sesta rima o s. narrativa, costituita da sei versi endecasillabi, a rima alternata i primi quattro, a rima baciata e indipendente dalle altre i due ultimi. È derivata dal serventese incrociato seguito da un distico o dallo strambotto di sei versi. Diffusa soprattutto nella letteratura italiana dei secc. XIX-XX, fu ritenuta adatta alla poesia leggera e giocosa; venne impiegata da G.B Casti nei suoi Poemi, da G. Leopardi nella versione della Batracomiomachia, da G. Giusti in molte poesie e da Guido Gozzano, che l'adoperò in alcune liriche dei Colloqui, modificandone lo schema delle rime. • Mus. - Insieme di sei note di uguale durata che costituisce un'unità di tempo. Internamente, può accentarsi in gruppi binari (vera s.: 2+2+2), nel qual caso viene indicata dal numero 6 sovrascritto, che ne altera la durata, riducendola in genere a quella di 4 note normali di uguale figura, o in due gruppi ternari (doppia terzina: 3+3); in quest'ultima occorrenza è contraddistinta dal numero 3 sovrascritto. • Giochi - Nel gioco della roulette, sequenza di sei numeri che occupa due linee orizzontali del tableau.