Scienza che studia la sessualità
umana nei suoi aspetti medici, psicologici e comportamentali.
• Encicl. - La
s. si originò
dall'incontro di medicina e psicoanalisi. Riguardo a quest'ultima, in
particolare, si può osservare come essa sin dagli albori (con i lavori
pionieristici di S. Freud alla fine del XIX sec.) abbia attribuito un'assoluta
centralità alle dinamiche sessuali; più specificamente, le
scoperte freudiane della sessualità infantile e del
complesso di
Edipo determinarono una classificazione delle patologie sessuali o come
permanenze a stadi psichici precedenti o come mancato superamento del complesso
di Edipo. Pur avendo indubbiamente rivoluzionato l'approccio ai problemi
sessuali e permesso di ricondurre la
s. entro i confini della scienza,
già verso la metà del XX sec. la psicoanalisi finì per
manifestare limiti tutt'altro che trascurabili: infatti, da un punto di vista
teorico, essa conduceva a privare il corpo della sua autonomia biologica e a
trascurare la dimensione relazionale della sessualità, mentre, sul
versante terapeutico, essa mostrava una scarsa efficacia su specifici problemi
sessuologici (eiaculazione precoce, vaginismo), a dispetto dell'abbondanza di
modelli esplicativi elaborati al riguardo. Fu così che verso la fine
degli anni Cinquanta vennero a mutare da un lato l'approccio psicoterapico (che
fece propri i modelli epistemologici cognitivo-comportamentali e
contemporaneamente introdusse nuovi tipi di pratiche terapeutiche), dall'altro
le conoscenze mediche (con lo sviluppo dell'endocrinologia, della genetica
molecolare e delle neuroscienze). Negli anni Sessanta, poi, W.H. Masters e V.E.
Johnson accentuarono l'elemento sperimentalista, fondando di fatto la
s.
clinica: all'interno di questo nuovo orizzonte di lavoro, la terapia
è affidata alla coppia, mentre il terapeuta assume il ruolo di
supervisore. Nel contempo, si venne sviluppando una rete di società,
associazioni e istituti di ricerca che permise l'elaborazione di sistemi di
classificazione diagnostica e di protocolli terapeutici tra loro confrontabili.
Per quel che attiene i sistemi di classificazione, in particolare, tre sono i
raggruppamenti pressoché universalmente riconosciuti: il primo riguarda
le identità di genere e i processi attraverso i quali tali
identità si vanno a definire; il secondo concerne le parafilie o
deviazioni sessuali, ovvero quei disturbi che indirizzano lo stimolo sessuale
verso oggetti incongrui; il terzo comprende le disfunzioni sessuali vere e
proprie ed è l'oggetto della
s. clinica. Ai lavori di H. Kaplan si
deve, invece, la definizione della risposta sessuale secondo un modello
trifasico: fase appetitiva, ove si verifica l'attivazione del desiderio, che si
concretizza nell'erezione presso l'uomo e nella lubrificazione vaginale presso
la donna; fase dell'attività sessuale, che si realizza con la
penetrazione e che culmina nell'orgasmo; fase di quiescenza, che svolge un ruolo
di rilievo per la vita affettiva della coppia. Tale modello consentì di
classificare le disfunzioni sessuali come un'alterazione psicofisiologica lungo
le tre fasi: nello specifico, si poté distinguere tra disturbi del
desiderio (anafrodisia), disturbi dell'eccitamento (frigidità nella
donna, impotenza nell'uomo) e disturbi nell'orgasmo (anorgasmia stabile nella
donna, eiaculazione precoce nell'uomo).