(dal latino
servitus, der. di
servus: schiavo). Condizione, stato di chi serve, è schiavo,
soggetto ad altri:
vivere in s. ║
L'insieme dei servitori, delle persone di servizio:
la loro casa richiede
numerosa s. ║ In riferimento a cose,
sinonimo di
ausiliario (V); ciò che ha funzione di supporto
rispetto ad altro:
nave di s. ║ In
riferimento a Stati o popolazioni, condizione di sudditanza, esplicita o
dissimulata, a potenze straniere, mancanza di libertà, indipendenza e
autonomia:
la s. del colonialismo e del neocolonialismo.
║ Con riferimento ad animali, sinonimo di
cattività:
cane nato in s.
║ Fig. - Ciò che per essere eseguito
richiede un'applicazione intensa e continua, limitando la libertà di
azione dell'individuo:
non riesce a sottrarsi alla s. del suo lavoro.
• Dir. rom. -
S. prediale: diritto
reale, di contenuto limitato, o onere di utilizzazione parziale che grava su un
fondo (detto
servente) a favore di un altro fondo (detto
dominante). La giurisprudenza classica definisce questi casi
iura
prediorum o
servitutes (rispettivamente dal punto di vista di chi
gode il diritto o di chi è gravato dall'onere), mentre il diritto
giustinianeo
servitutes praediorum. Le
s. più antiche erano
le
s. rustiche, nate dalle esigenze delle attività agricole, e
rientravano nella categoria delle
res mancipi, in quanto in origine erano
concepite come una sorta di comproprietà su una parte di fondo tra il
proprietario di tutto il fondo e colui che su quella parte aveva diritto di
passaggio. In seguito si venne a configurare il regime vero e proprio di
s.
non più come comproprietà ma come godimento di diritti
limitati su una proprietà altrui. Sulla base del medesimo principio si
costituì un altro tipo di
s., detta
urbana, in risposta
alle esigenze dell'edilizia civile. La distinzione tra questi due tipi di
s. non è sempre netta nel diritto di età classica, mentre
in quello giustinianeo si definiscono più semplicemente rustiche le
s. inerenti a un fondo agricolo e urbane quelle inerenti a un fondo
urbano. L'attivazione dei diritti di
s. soggiaceva tuttavia a precise
condizioni. La prima impone che il fondo servente e quello dominante
appartengano a persone diverse (
nemini res sua servit). La seconda che la
s. non consista in un obbligo di azione (
servitus in faciendo
consistere non potuit); essa può solo imporre al proprietario del
fondo servente o di tollerare (
pati) un utilizzo parziale del proprio
fondo da parte di altri (
s. positive, come ad esempio le
s. di
transito) o di astenersi (
non facere) da alcune azioni (
s.
negative, come il divieto di costruire davanti alle finestre del vicino).
Unica eccezione a questa regola riguarda la
s. urbana
oneris
ferendi, che obbliga alla conservazione in buono stato di opere murarie
che sostengano il peso di edifici o pareti di edifici di proprietà altrui
(primi piani di case, muri di contenimento, pilastri, colonne, ecc.). La terza
condizione stabilisce che
servitus fundi utilis esse debet, cioè
che il contenuto della
s. sia strumentale all'utilizzo del fondo e
sortisca apprezzabile utilità per il fondo dominante (facilitandone la
lavorazione o la produttività se si tratta di fondo agricolo o la
stabilità e abitabilità se si tratta di fondo edificato, ecc.) e
non per la persona del proprietario (caso questo di
s. irregolare che
venne in parte accolta dal diritto giustinianeo). Da ciò discende che
titolarità del fondo dominante e titolarità della
s. non
possono andare disgiunte, ma la seconda è accessoria alla prima e da essa
inseparabile, così come la
s. medesima grava sul fondo servente in
permanenza, trasmettendosi automaticamente ai successivi proprietari.
Perciò la
s. non può mai costituire un diritto autonomo di
usufrutto, in quanto non si tratta di diritto personale su beni altrui, ma
rimane sempre legata al fondo che ne deve godere. Inoltre, ogni genere di
s. deve ottemperare a una necessità perenne del fondo dominante e
i fondi interessati devono essere confinanti fra loro. Infine: non si dà
il caso di
s. costituita a carico di un'altra
s. (
servitus
servitutis esse non potest) e la titolarità o l'obbligo di
s.
è indivisibile, cioè non può essere ripartito secondo quote
di proprietà dei fondi (
s. per partes costituit non potest)
ma è sempre esercitato interamente. Più nel dettaglio, le
s. rustiche comprendevano i diritti di passaggio (
iura itinerum) e
quelli relativi all'uso delle acque (
iura aquarum) in fondi altrui.
Questi ultimi si distinguevano in: 1)
servitus aquaeductus,
diritto di derivare acqua; 2)
servitus aquae haustus, diritto di
attingere acqua; 3)
servitus pecoris ad aquam appellendi, diritto di
abbeverare il bestiame. Altri tipi di
s. rustiche si aggiunsero nel
tempo, relative al diritto di pascolo o di estrazione e cotture di terre da
vasellame, ecc. Le
s. urbane si dividevano invece in tre gruppi
principali: gli
iura stillicidiorum, che regolavano il diritto di
scaricare le acque piovane o gli scarichi fognari nei canali siti in fondi
limitrofi; gli
iura parietum, relativi ai diritti di costruzione a
contatto con opere murarie già esistenti (diritto di appoggiare un
edificio al muro di un edificio già esistente, diritto di sporgere sopra
un muro altrui, di sporgere sopra uno spazio coperto, di inserire una trave
portante nel muro vicino, ecc.); gli
iura luminum, inerenti alla garanzia
di condizioni di luminosità adeguate (diritto che l'edificio limitrofo
non si elevi tanto da impedire il passaggio della luce, diritto di aprire
finestre nei muri comuni o altrui, ecc.). Oltre alle
s. prediali, il
diritto giustinianeo riconobbe anche
s. personali, che sono definibili
come diritti reali su cosa altrui (come l'usufrutto, l'uso, l'abitazione, le
opere degli schiavi e degli animali altrui) in quanto sono attivi a favore di
una persona e come tali sono inalienabili e non trasmissibili. La
s.
poteva essere instaurata tramite accordo (
negotium) tra i proprietari dei
fondi, per aggiudicazione, per usucapione o per destinazione da parte del
pater familias. L'estinzione di una
s. poteva essere
determinata da più cause: 1) mancanza di oggetto, ossia la scomparsa, per
distruzione o sottrazione, della cosa servente; 2) distruzione del fondo
dominante; 3) rinuncia da parte del titolare della
s.; 4) non godimento
da parte del titolare della
s. stessa, se prolungato per un certo numero
di anni (10 o 20 anni a seconda dei casi); 5) confusione, quando proprietario
del fondo servente e titolare della
s. sono la medesima persona. In epoca
medioevale la confusione diffusa fra diritti reali e diritti feudali
offuscò il concetto di
s., che finì per riferirsi
indifferentemente a diverse categorie di diritti: come
s. personale, ad
esempio, si definiva anche la sottomissione di una persona a un'altra. Inoltre,
si affermarono anche le
s. miste, che includevano tanto le
s.
personali quanto gli obblighi di una persona verso una cosa.
• Dir. civ. - L'art. 1.027 del Cod. Civ.
definisce la
s. quale asservimento di un fondo per l'utilità di un
altro fondo. Il diritto di
s. implica: l'
unilateralità, nel
senso che il vantaggio e lo svantaggio derivanti dall'istituto della
s.
competono rispettivamente al fondo dominante e a quello servente; la
predialità, ossia l'inerenza del diritto, che sia passivo o
attivo, al fondo dominante (definibile anche come inseparabilità); la
indivisibilità, dal momento che la
s. riguarda sia
attivamente sia passivamente ogni parte, anche la più piccola, dei fondi.
Scopo del diritto di
s. è la realizzazione di un'utilità a
vantaggio del fondo dominante, e tale diritto può essere istituito anche
in prospettiva non attuale, ma a favore di fondi ancora in attesa di acquirente
o di edifici in via di costruzione. A differenza del diritto romano (che
distingueva tra
s. prediali e
personali), il diritto moderno
classifica le
s. in:
apparenti e
non apparenti (le prime
sono relative a elementi visibili, come l'apertura di una porta, le seconde non
constano invece di segni di visibilità, come il divieto di costruire a
una certa altezza);
s. negative e
positive (le prime obbligano il
proprietario del fondo gravato di
s. a non fare alcune cose - non
costruire, non chiudere un passaggio, ecc. -, le seconde autorizzano il
proprietario del fondo dominante ad agire nel fondo servente - pascolare,
transitare, ecc.);
s. legali (o
coattive) e
volontarie, nel
senso che le prime sono statuite per legge, mentre le seconde discendono dalla
volontà dei singoli. Quest'ultima partizione indica anche le
modalità di costituzione delle
s.: quando deriva da una precisa
disposizione di legge (titolo astratto), la
s. necessita per la sua
istituzione anche di un titolo concreto, cioè di uno specifico atto
giuridico firmato dai diretti interessati oppure, in mancanza di accordo, da una
sentenza
ad hoc del giudice. La legge italiana, al riguardo, prevede:
l'acquedotto coattivo, lo scarico coattivo, l'appoggio e l'infissione coattivi
di chiusa per derivazione di acque, la somministrazione coattiva di acque, il
passaggio coattivo, l'elettrodotto coattivo, il passaggio coattivo di linee
teleferiche, oltre a tutte le
s. che l'autorità amministrativa ha
la facoltà di porre in essere. Per quanto concerne, invece, la
costituzione volontaria, la
s. può procedere da un contratto o da
un testamento. Ciò a due condizioni: che il contratto venga stipulato fra
i proprietari dei fondi servente e dominante e che il testamento venga redatto
dal proprietario del fondo servente a vantaggio del proprietario del fondo
dominante. La
s., inoltre, può essere stabilita per usucapione o
per destinazione del capofamiglia; quest'ultimo caso si verifica quando il
proprietario di due fondi decida di trarre un'utilità a favore di uno dei
due fondi a carico dell'altro e quando i due fondi vengano destinati a
proprietari diversi. Rientra nel diritto di
s. tutto quanto si rende
necessario al suo esercizio. Inoltre, dal momento che le necessità del
fondo dominante devono essere soddisfatte con il minor aggravio possibile per il
fondo servente, ne deriva che l'estensione della
s. può mutare
quando questa risulti eccessivamente onerosa o sia di ostacolo a lavori,
riparazioni o miglioramenti sul fondo servente o, ancora, quando il proprietario
del fondo dominante, nell'eseguire sul fondo servente determinate opere, si
rifiuti di scegliere il tempo e il modo che arrechino minor disturbo al
proprietario del fondo servente. L'estinzione dei diritti di
s. si
verifica nel caso di confusione, dato dall'unificazione nella medesima persona
della proprietà dei fondi dominante e servente; prescrizione, imputabile
al mancato uso della
s. per 20 anni indipendentemente
dall'impossibilità pratica o dal venir meno dell'utilità; rinuncia
da parte del titolare del diritto e proprietario del fondo dominante;
riordinamento fondiario in corso. La legge tutela inoltre, mediante apposite
procedure giudiziarie, il diritto di
s. quando ne sia contestata
l'esistenza o ne sia impedito il godimento. Anche il diritto pubblico prevede
s. pubbliche e
demaniali gravanti su enti pubblici o
privati, che obbediscono al regime giuridico del demanio pubblico e soggiacciono
a due condizioni: che siano costituite per l'utilità di un bene demaniale
e che siano volte al conseguimento di fini analoghi a quelli cui sono destinati
i beni demaniali. Rientrano in questa tipologia le
s. pubbliche prediali,
che stabiliscono la facoltà di occupazione o di uso di proprietà
private contigue a quelle demaniali, purché ciò sortisca
un'utilità per la collettività. Ne sono esempio la
s. della
via alzaia, riguardante i beni laterali ai fiumi per il libero transito di
persone o animali diretti al fiume medesimo; la
s. di scolo, stabilita a
favore del demanio stradale al fine di consentire il libero deflusso delle acque
dalle strade verso terreni più bassi; la
s. di passo, di cui sono
gravati i terreni privati per l'accesso a qualunque bene demaniale. Alla figura
della
s. si sostituisce la limitazione al diritto di proprietà
quando si impedisce al privato di disporre liberamente dei suoi beni: ciò
capita ad esempio a favore del demanio marittimo (necessità di ottenere
un'autorizzazione per costruire in prossimità di esso), del demanio
idrico (divieto di sradicamento di alberi, di escavazione, di dissodamenti entro
determinate distanze), del demanio stradale o del demanio ferroviario. Alla
categoria appartengono anche le
s. militari, disciplinate dalla L.
24-12-1976, n. 898 (integrata dalla L. 2-5-1990, n. 104), in base alla quale
sono stabilite le limitazioni alla proprietà privata che
l'autorità militare ha facoltà di imporre; il carattere e la
durata temporale delle limitazioni stesse; la quantificazione di congrui
indennizzi spettanti ai privati sottoposti a
s. militari. Per quanto
concerne le
s. pubbliche personali, esse comportano la
s. di uso
di beni privati che svolgano la medesima funzione di determinati beni demaniali:
tale è, ad esempio, l'uso pubblico sulle vie vicinali, come pure sulle
gallerie d'arte, sui musei e sulle biblioteche di proprietà di privati.
Le
s. suddette possono derivare da atti di liberalità, da
convenzioni o da usucapione, ossia da un prolungato uso del bene da parte del
pubblico. • Dir. internaz. - Le
s.
internazionali si definiscono come limitazione della sovranità di uno
Stato su un determinato territorio, il cui godimento viene concesso a un altro
Stato per assicurare il godimento di un determinato vantaggio. Le
s.
internazionali differiscono da limitazioni derivanti dall'applicazione dei
principi generali di convivenza territoriale tra Stati (obblighi di buon
vicinato, diritto di transito pacifico nelle acque territoriali, ecc.) note come
servitutes iuris gentium naturales. Esse al contrario si caratterizzano
per il riferimento del diritto di
s. a un preciso e definito ambito
territoriale, nonché per la fonte convenzionale del diritto, che risiede
in un accordo riguardante due soli Stati o comunque un numero limitato. Rispetto
al contenuto, le
s. internazionali si distinguono in
positive e
negative a seconda che impongano a uno Stato di permettere a un altro
Stato di fare uso di parte del suo territorio (ad esempio, una concessione per
la costruzione di una ferrovia) o che impongano allo Stato di sospendere la
propria sovranità nell'uso di un preciso territorio (ad esempio la
creazione di zone neutre militarmente). In relazione alla natura del vantaggio
che la
s. apporta allo Stato beneficiario, le
s. si distinguono in
s. economiche, quando siano volte a scopi commerciali, industriali, ecc.
(diritto di pesca, uso di porti, ecc.);
s. militari, quando siano
finalizzate a garantire la sicurezza e la difesa di uno Stato (concessione di
passaggio nella zona servente di truppe militari di un altro Stato, divieto di
fortificare, ecc.). In quanto hanno natura di diritti reali, indivisibili dal
territorio per il quale sono stati stabiliti, la validità delle
s.
internazionali sussiste
erga omnes e si mantiene indipendentemente dagli
eventuali trapassi di sovranità del territorio cui si riferiscono.
• St. -
S. della gleba: espressione
con la quale si è soliti definire tanto la condizione socio-giuridica dei
contadini dipendenti del Basso Impero romano quanto quella dei loro omologhi
dell'Alto e Basso Medioevo. L'origine dell'istituto risale infatti agli ultimi
secoli dell'Impero romano, periodo in cui venne a costituirsi un ceto di
coltivatori che, sebbene tecnicamente liberi, erano però vincolati ai
fondi che lavoravano e soggetti alle leggi particolari della
villa
padronale cui questi fondi appartenevano (
coloni). Nel corso
dell'Alto Medioevo, il ceto contadino fu costretto a svariate forme di
dipendenza, tutte ugualmente caratterizzate dall'obbligo di residenza sul fondo
padronale. Questi contadini, unitamente ai discendenti degli antichi schiavi
rustici, confluirono nell'unico
status di servi. Nell'Italia
dell'età comunale (secc. XII-XIII), sull'obbligo di residenza prevalsero
gli obblighi di tipo signorile, quali la soggezione all'autorità
coercitiva e giudiziaria del padrone, l'albergaria o la guardia dei castelli. A
partire dalla metà del XIII sec. l'Italia divenne teatro di un movimento
per l'affrancamento dei servi della gleba, al fine di garantire la supremazia
dei Comuni sulla gestione del contado (terre e uomini) rispetto alle permanenti
giurisdizioni signorili. Nel resto d'Europa gli oneri servili scomparvero
gradatamente, fino alla loro totale eliminazione. Nei Paesi orientali, tuttavia,
la sua scomparsa fu assai più tarda che in Occidente, anche perché
soprattutto nelle regioni slave (Polonia, Lituania e Russia) la
s. della
gleba fu un istituto invalso nella sua pienezza solo intorno al Cinquecento.
Ungheria e Russia furono le Nazioni che ne sancirono più tardi
l'abolizione ufficiale: l'Ungheria con la Rivoluzione del 1848-49 e gli zar solo
nel 1861.