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Serbo-croato.

Relativo ai Serbi e ai Croati, alla loro lingua e letteratura. • Ling. - Lingua s.: fino alla dissoluzione della ex Federazione jugoslava, il termine s. (o croatoserbo) designava l'insieme dei dialetti parlati in Serbia, Croazia, e più limitatamente in Istria, Slovenia, Montenegro e Macedonia, facenti parte del gruppo linguistico dello slavo meridionale (come il bulgaro e lo sloveno): addirittura, fino ad allora era espressamente vietato ritenere il serbo e il croato due lingue diverse. Per contro, con la disgregazione della Jugoslavia, si è iniziato a rimarcare le differenze fra l'una e l'altra lingua, e a considerarle perciò due entità separate. Di fatto, la divergenza più vistosa consiste nell'utilizzo dell'alfabeto cirillico da parte del serbo e di quello latino, integrato da segni diacritici, da parte del croato: tale difformità ha radici di natura religiosa, essendo i Serbi in prevalenza ortodossi e i Croati in maggioranza cattolici. Altre rilevanti differenze riguardano la sintassi, il lessico, la fonetica e in misura minore la morfologia: la lingua letteraria serba fu codificata nel XIX sec. da V.S. Karadžić, quella croata venne fissata nello stesso periodo da L. Gaj. L'area linguistica comune s. si presenta distinta in tre grandi gruppi dialettali, la cui designazione si fonda sulla differente resa del pronome interrogativo “che cosa?” (što? ča? kaj?), da cui sono derivati i nomi di stocavo, ciacavo e caicavo. Il serbo è prevalentemente stocavo; il croato, anch'esso fondamentalmente stocavo, si articola anche nei dialetti ciacavo (in Istria e sulla costa) e caicavo (nell'area di Zagabria). All'interno di questa suddivisione è presente un'altra distinzione, fondata sulla resa di un'antica vocale (jat), la cui diversa pronuncia (e, je e i) dà luogo all'ecavo, allo iecavo e all'icavo. Attualmente, a causa dei mutamenti provocati dal conflitto degli anni 1991-95, è assai difficile delimitare con precisione i confini delle varie aree linguistiche. • Lett. - Letteratura s.: fondamentale importanza, nel patrimonio letterario comune di Croati e Serbi, rivestono le rispettive letterature popolari. Infatti, a causa del sorgere tardivo della società urbana (sviluppatasi a partire dal XVIII sec.) e della persistenza del modello familiare patriarcale, presso Serbi e Croati ebbe funzione primaria la letteratura orale, la cui nascita pare risalire all'arrivo degli Slavi nei Balcani (VI sec.): il maggior vanto di tali letterature è costituito dai canti epici, suddivisi in vari cicli (di Kosovo, degli uscocchi, di Marko Kraljević). Nel XVIII sec. la ballata La moglie di Hasan aga divenne popolare in Europa grazie alle versioni di Fortis, Herder e Goethe. A testimonianza della persistenza di tale tradizione letteraria orale si ricorda che canti epici sono stati composti anche durante l'ultimo conflitto in Bosnia (1991-95). I primi documenti s. risalgono all'operato degli apostoli slavi Cirillo e Metodio (IX sec.) e dei loro discepoli. La differenziazione tra Croati (legati a Roma) e Serbi (fedeli a Bisanzio) si manifesta dapprima nell'adozione, da parte dei Serbi, dell'alfabeto cirillico, mentre si conservava, presso i Croati, quello ecclesiastico slavo (detto glagolitico); quindi, nell'affermazione presso i Croati del volgare, di fronte alla persistenza presso i Serbi del paleoslavo come lingua ufficiale. ║ La letteratura serba: nata e sviluppatasi nell'ambito della civiltà slava influenzata da Bisanzio, la letteratura serba si distinse inizialmente per una forte carica politico-religiosa, evidente nella produzione agiografica; si ricordano, fra le altre, la Vita di San Simeone, opera di san Saba in onore del primo sovrano serbo, che rinunciò al trono e si fece monaco, e la raccolta Vite di re e di arcivescovi serbi dell'arcivescovo Danilo (XV sec.). Tuttavia, le potenzialità della cultura serba medioevale furono presto soffocate dalla dominazione ottomana (1459-1804) e le lettere conobbero un lungo periodo di decadenza, nonostante alcuni monasteri continuassero a mantenere vive le tradizioni. Alla fine del XVII sec., con la imponente migrazione serba in Ungheria, il centro culturale dei Serbi si trasferì nell'Impero asburgico, dove essi cercarono di preservare la propria identità, soprattutto attraverso l'apertura alla tradizione della Russia, Paese con cui condividevano etnia e lingua: i generi letterari più importanti del periodo divennero, sotto l'influenza russa, la poesia didascalica e quella barocca. Durante l'Illuminismo, soprattutto in virtù dell'opera di D. Obradović (1739-1811), filosofo e iniziatore della letteratura serba moderna, e dei suoi seguaci, fu attuato un vasto programma di riforma della cultura: i temi dominanti divennero l'esaltazione dei sentimenti e l'idealizzazione del popolo, i quali furono espressi dagli scrittori soprattutto nelle forme del dramma e del romanzo. Nello stesso periodo, L. Musički (1777-1837) creò un modello poetico di ispirazione classica che influenzò notevolmente la produzione dei contemporanei. Nel XIX sec. la svolta culturale e letteraria fondamentale fu operata da V.S. Karadžić (1787-1864), che si ispirò ai moti popolari contro la dominazione turca per teorizzare la necessità di una letteratura su base nazionale, fondata su una nuova codificazione della lingua e sulla valorizzazione del patrimonio culturale popolare, costituito principalmente da canti epici e lirici. Allora per la prima volta furono composti poemi epici d'autore, come quelli di P. Petrović-Njegoš (1813-51), e si cercò di coniugare l'esperienza della lirica occidentale con quella della tradizione locale, per merito soprattutto di B. Radičević (1824-53). Con l'avvento del Romanticismo in Europa, diffusosi anche fra i Serbi, si sviluppò un ampio movimento di pensiero e di cultura, che ebbe il centro nella città di Novi Sad e che mirava alla liberazione dal dominio asburgico e all'unione di tutto il popolo serbo: gli autori più noti del periodo furono i poeti J. Jovanović Zmaj (1833-1894) e L. Kostić (1841-1910). Nell'ultima parte del XIX sec., divenuta la Serbia Stato indipendente con capitale Belgrado, conobbe un importante sviluppo il Realismo, che si fondava sull'osservazione del quotidiano e sull'attenzione per le realtà locali e regionali: esso trovò espressione soprattutto in romanzi e racconti, come quelli di S. Marković (1846-1875), di J. Ignjatović (1822-1889) e di L. Lazarević (1851-1891), mentre negli anni immediatamente successivi al primo conflitto mondiale i narratori di maggiore rilevanza furono il bosniaco M. Crnjanski (1893-1977) e il serbo B. Stanković (1876-1927). Gli avvenimenti storici e politici del XX sec. hanno inciso in modo determinante sulla storia culturale e letteraria serba, in quanto con la creazione della Federazione jugoslava (1929-1991) venne meno la distinzione fra Serbi, Croati e Sloveni e si impose il concetto di letteratura s. In questa fase gli eventi storici (la resistenza all'aggressione di Tedeschi e Italiani, l'instaurazione di un regime comunista e la successiva rottura con l'Unione Sovietica) influirono non poco sulla produzione letteraria s., come dimostrano i temi patriottici presenti nelle opere dei poeti partigiani come I.G. Kovačić (1913-1943) e l'insistenza sull'argomento bellico che permea i lavori di autori quali O. Davičo (1935-1989), D. Čosić (n. 1921) e D. Kiš (1936-1989). Del resto, il romanzo, di cui si sperimentarono varie forme, appare il genere letterario privilegiato del periodo s.: fra gli autori più rappresentativi si ricordano i serbi I. Andrić (1872-1975), insignito del premio Nobel nel 1961; M. Selimović (1910-1982); M. Bulatović (1930-1991); M. Kovač (n. 1938) e i croati N. Simić (1906-1981); I. Dončević (1909-1982); I. Raos (1921-1987). Anche la poesia s. conosce una rilevante fioritura, testimoniata dall'opera dei poeti serbi V. Popa (n. 1922), S. Raičković (n. 1928), D. Trifunović (n. 1933) e dei lirici croati J. Kastelan (1919-1990), V. Parun (n. 1922), I. Slamnig (n. 1930). Nell'ultimo decennio, a seguito della dissoluzione della Jugoslavia e, soprattutto, del conflitto in Croazia e in Bosnia (1991-95) si è tornati alla separazione delle letterature serba e croata: l'attuale produzione degli scrittori serbi è orientata verso una ripresa della tradizione nazionale, ma non mancano solide testimonianze della drammatica cronaca bellica - come i romanzi Neve ad Atene (1992) di V. Stevanović, Manoscritto di Sarajevo (1993) di S. Tontić e Delitto premeditato (1993) di S. Selenić - e posizioni critiche nei confronti della linea politica panserba del leader S. Miloševič, la cui prosecuzione ha indotto alcuni poeti e scrittori all'esilio in Croazia. ║ La letteratura croata: sorta nell'ambito dell'operato culturale degli apostoli Cirillo e Metodio e dei loro discepoli, la letteratura croata si caratterizza nella sua fase più antica per l'adozione di lingua e alfabeto slavi ecclesiastici, per i temi religiosi, per la tendenza all'universalismo e per l'opera di mediazione fra le due opposte culture occidentale e orientale. Di fondamentale rilevanza per lo sviluppo letterario fu l'influsso, a partire dal XV sec., di Venezia sulle coste della Dalmazia: infatti, sotto lo stimolo della cultura umanistico-rinascimentale di lingua latina e italiana, sorse e si diffuse largamente un movimento letterario locale, denominato letteratura dalmato-ragusea, i cui centri più importanti furono Spalato, Lesina, Ragusa. Caratteri essenziali di tale fioritura letteraria furono il plurilinguismo (opere redatte in italiano, latino e croato), nonché la ripresa dei modelli classici e petrarcheschi integrati però nel contesto della tradizione popolare slava. Fra gli autori che con le loro opere diedero l'impulso a tale cultura (che contraddistinse la produzione della regione costiera fino al XVIII sec.) sono da annoverare M. Marulić ([M. Marulo], 1450-1524), H. Lučić ([A. Lucio], 1485-1553), P. Hektorević ([P. Ettoreo], 1485-1572) e M. Držić ([M. Darsa], 1508-1567). Il secolo d'oro della letteratura dalmato-ragusea fu però il XVII sec., con l'avvento della civiltà barocca: a questo periodo appartengono le opere di D. Gundulić ([D. Gondola], 1589 circa - 1638), I. Bučić Vučić ([G. Bona], 1591-1658) e J. Palmotić ([G. Palmotta], 1606-1657). In ambito culturale, considerevole fu poi l'apporto della Controriforma, la quale ebbe conseguenze rilevanti sia sul piano religioso, sia sul piano della formazione di una lingua letteraria comune: promotori di tale sviluppo furono soprattutto scrittori ecclesiastici, quali i francescani M. Divković (1563-1631) e P. Posilović (m. 1651), e i gesuiti B. Kašić (1565-1650), J. Križanić (1618-1683) e soprattutto I. Durdević (1675-1737), l'opera del quale rimase a lungo un modello indiscusso di lingua letteraria. Una menzione a parte merita P. Vitezović-Ritter (1652-1713), considerato un anticipatore del risorgimento croato per il suo progetto di unificazione linguistica e culturale. Di fatto, fra la fine del XVIII sec. e l'inizio del XIX sec., le spinte verso un programma di recupero di identità nazionale, che si esprimeva anche attraverso l'unità linguistica e culturale, furono favorite dalle vicende storiche, con le riforme asburgiche e l'unione della Croazia all'Ungheria (1822): in opposizione a tali provvedimenti nel 1830 fu varato, da parte di L. Gaj (1809-1872), un piano di riforme linguistiche destinate a conferire unitarietà ai vari dialetti e a creare una letteratura nazionale croata. Da tali premesse ebbe origine il movimento culturale detto Illirismo il quale, fondandosi sul principio dell'autoctonia dei Croati in quanto discendenti dagli antichi Illiri, propugnava con vigore la necessità di un'unificazione croata nel proprio territorio e la nascita di una letteratura nazionale. Tale corrente risentì inoltre dell'influsso del Romanticismo europeo, del quale privilegiò la tendenza al recupero dei valori della tradizione popolare nazionale: l'idea della fratellanza dei popoli slavi, che si ribellano ai dominatori e riconquistano l'indipendenza, è centrale nelle opere dei maggiori autori romantici, quali i poeti I. Mažuranić (1814-1890) e P. Preradović (1818-1872). Un ulteriore sviluppo letterario si ebbe con il passaggio al Realismo, visibile soprattutto nelle opere del romanziere A. Šenoa (1838-1881), e con la vigorosa polemica politica in senso antiungherese sottesa alla produzione artistica di scrittori come E. Kumičić (1850-1904) e K.S. Gjalski (1854-1935). Sul finire del XIX sec., ancor più viva divenne fra gli autori croati la denuncia del disagio sociale, oltreché politico: ciò provocò il sorgere di una corrente modernista che, in sintonia con il Modernismo europeo, privilegiava moduli simbolisti e decadentistici: l'autore più rappresentativo del movimento fu il drammaturgo I. Vojnović (1857-1929), la cui produzione artistica ritrae il decadimento dei valori spirituali della società a lui contemporanea. Ma la figura più rilevante della letteratura croata del XX sec. è senza dubbio quella di M. Krleža (1893-1981), poeta, drammaturgo, prosatore, saggista, il quale ha esercitato un'influenza determinante sulla vita culturale dell'intera Jugoslavia. Con la fine del secondo conflitto mondiale, il nuovo ordine politico determinò la nascita della concezione di letteratura s., le cui principali tendenze sono state già evidenziate; in seguito, dopo la dissoluzione della Jugoslavia e soprattutto in occasione del recente conflitto (1991-95), gli scrittori croati, oltre a descrivere gli orrori della guerra, hanno denunciato con vigore l'isolamento degli intellettuali, come nel romanzo Lettera dal sottosuolo (1991) di Z. Čorak. Fra gli autori più rappresentativi del panorama croato attuale sono da annoverare i romanzieri I. Aralica e N. Fabrio, i poeti Z. Mrkonjić, V. Parun, A. Stamac e i drammaturghi L. Nola e P. Marinković, le opere dei quali testimoniano da un lato la ripresa di temi e moduli tradizionali, dall'altro la condizione di solitudine e di disagio delle nuove generazioni.