La coscienza, la consapevolezza di sé, della
propria esistenza e delle proprie azioni. ║
Perdere il s. di sé: perdere la propria dignità.
║
Perdere i s.: svenire.
║ Per estens. -
Perdere i s.: entrare
in agonia. ║
Uscire di s.: perdere il
senno, la ragione. ║ Per estens. -
Uscire
di s.: essere fuori di sé per la rabbia, l'ira.
║
Mettere tutto il s. nel fare
qualcosa: farla con ogni cura. ║
Coscienza, consapevolezza dell'esistenza di qualcosa di distinto da sé;
anche il modo di sentirlo, considerarlo, accettarlo dentro di sé:
il
s. di Dio è vivo in tutti gli uomini.
║ Ogni moto dell'animo, sia che resti chiuso
dentro di sé, sia che venga manifestato agli altri; in questa accezione
è sempre determinato da un complemento di specificazione o da un
aggettivo:
s. di vendetta. ║ Per lo
più al plurale, modo di pensare, di sentire, di comportarsi moralmente:
non è che una persona di bassi s.
║ La sfera dei
s., delle emozioni,
ricorre frequentemente in contrapposizione a ragione.
║
Toccare la corda del s.: ricorrere
ad argomenti capaci di commuovere gli altri.
║ Sensibilità, disposizione a sentire
vivamente:
cantare con s. ║ Senno,
giudizio:
è una ragazza con poco s. per la sua età.
║ Stima, opinione:
ha un alto s. di
sé. • Filos. - La nozione di
s., unitamente alla distinzione delle facoltà spirituali nelle tre
categorie della ragione, della volontà e del
s., si è
andata sviluppando in un'epoca relativamente recente ed è caratteristica
del pensiero moderno. Infatti, né la distinzione platonica tra anima
razionale, concupiscibile e irascibile, né quella aristotelica tra
principio vegetativo, sensitivo e intelletto possono considerarsi comprensive di
quella facoltà spirituale che viene indicata come
s. Tale
facoltà affonda le proprie radici nel pensiero di Pascal e, più
precisamente, nella distinzione da lui elaborata tra
ésprit de
finesse ed
ésprit de géometrie. Secondo Pascal, la
ragione scientifica (
ésprit de géometrie) si trova del
tutto impotente di fronte alle tematiche esistenziali; per questo, come
strumento per la comprensione dell'uomo, il filosofo contrappone alla ragione la
comprensione istintiva (
ésprit de finesse) o, come egli la chiama
per lo più, il
cuore. Scrive Pascal: “Il cuore ha le sue
ragioni, che la ragione non conosce”; detto altrimenti, il cuore, a
differenza della scienza, ha per oggetto l'uomo (non le cose esteriori) e
procede intuitivamente e immediatamente (non dimostrativamente e per gradi),
cogliendo l'essenza di una cosa con un solo sguardo. Le
cose di finezza
si sentono ed è difficile, se non impossibile, farle sentire a chi non le
sente da sé: “[Quelli] che sono avvezzi a ragionare mediante
principi non capiscono niente nelle cose di
s. perché ricercano i
principi e non possono coglierli con un sol colpo d'occhio”. Secondo
Pascal, tuttavia, un certo grado di intuizione e immaginazione è
indispensabile anche all'origine della scienza, poiché i principi primi
del sapere si sentono (si intuisce, ad esempio, che le dimensioni sono tre, ma
non lo si può dimostrare). L'elaborazione della filosofia del
s.
venne proseguita dai moralisti francesi e inglesi dei secc. XVII-XVIII, da La
Rochefoucauld a Shaftesbury, al quale si deve l'elaborazione della teoria del
“
s. morale”
. Notevole fu anche il contributo di
Rousseau, che espresse l'esigenza dell'assoluta libertà e autonomia della
volontà etica, nonché di un “ritorno alla natura” e a
un “
s. naturale”, quale tendenza originaria al bene. Kant si
inserì in questa tradizione, collocando il
s., quale terzo
principio autonomo, tra il principio conoscitivo e quello pratico. Il
“
s. del piacere e del dolore” venne denominato dal filosofo
“facoltà del giudizio”, la cui prima e precipua funzione
è il giudizio estetico. Nella speculazione kantiana confluirono, in
seguito, le esigenze fondamentali dell'Empirismo, del Razionalismo e del
Sentimentalismo inglese, da Hutcheson a Shaftesbury, nonché
l'eredità di Rousseau. La filosofia del
s. toccò il punto
culminante nel Romanticismo, che esaltò il
s. come forma
spirituale privilegiata: opponendosi all'intelletto e alle sue astrazioni, i
romantici indicarono nel
s. la più alta espressione della
filosofia, della religione e dell'arte. Erede del Romanticismo, il Positivismo
ottocentesco accolse parte dell'esaltazione del
s. Il “principio
affettivo” è anche alla base della costruzione sociocratica di A.
Comte. • Psicol. - Secondo la definizione
datane da W. Mc Dougal (1908), il
s. è “un sistema
organizzato di disposizioni emozionali, accentrate attorno all'idea di qualche
oggetto”.
S. è tutto ciò che nella nostra vita
psichica e spirituale non può assumere la forma astratta e chiara del
concetto, né può essere analizzato razionalmente. I
s.,
infatti, una volta frantumati in una serie di moventi che istituiscono una sorta
di diagramma logico, non si presentano più nella loro essenza,
poiché l'insieme analitico dei fattori non è in grado di offrire
la chiave interpretativa del mondo dell'emozione. Per quanto esista una logica
dei
s., essa sfugge alla rigida interpretazione intellettualistica e
concettuale che, al contrario, trova un fertile campo di applicazione nelle
scienze esatte. La caratterizzazione dei
s. come contenuti della
coscienza viene fatta sulla base delle modificazioni somatiche che investono
l'organismo quando si scatenano emozioni violente: pianto, accelerazione del
battito cardiaco, rossore o pallore, sudorazione, ecc. Si tratta di funzioni
controllate dal sistema nervoso vegetativo o autonomo, che sfuggono in quanto
tali alla volontà del soggetto.