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Sensazione.

Stato di coscienza prodotto da uno stimolo interno o esterno al soggetto: s. olfattiva. ║ Avvertimento di uno stato fisico o psichico determinato da stimoli non immediatamente riconducibili a cause di natura organica: provare una s. di vuoto. ║ Sinonimo di impressione: in quel momento, ebbi la s. di morire. ║ Fig. - Fare s.: provocare un effetto di sorpresa, ammirazione, stupore (quello che stai per dire farà s.). • Filos. - Il termine s. sorge con la filosofia moderna per indicare il dato elementare avvertito dalla coscienza in connessione con lo stimolo corporeo; in questo senso, la s. è distinta, oltre che naturalmente dall'atto intellettuale o concettuale, dalla percezione, essendo questa un atto di conoscenza che si riferisce immediatamente a un oggetto reale, sia esso mentale o fisico, e che unifica una molteplicità di s. Nella filosofia antica il concetto di s. veniva ricompreso in quello di àisthesis, che veniva utilizzato per denotare la conoscenza sensibile nel suo complesso; alla luce di questo fatto, pertanto, vanno lette non solo le prime indagini filosofiche della s., quali quella di Democrito, che ipotizzò che la s. fosse provocata dall'urto degli atomi esterni con quelli dell'anima vegetativa e sensitiva, o quella dei sofisti, che situarono nella s. il criterio per discernere il vero dal falso, ma anche quella dello stesso Aristotele, che pure elaborò quella che sarebbe stata la prima analisi sistematica del fenomeno del sentire. Tale analisi, in contrapposizione a quella di Platone che svalutava la funzione conoscitiva della s., giungeva ad affermare che ogni conoscenza si origina nei sensi e che, dunque, il sentire è condizione necessaria, benché non sufficiente, del pensare; su queste basi, Aristotele delineò anche la distinzione tra sensibile proprio (ovvero il contenuto specifico di ciascuno dei cinque sensi) e sensibile comune (cioè quello che tutti avvertono, come, ad esempio, il moto o il numero) e introdusse un sesto senso cui attribuì il compito di unificare i dati dei cinque sensi. La distinzione tra s. e percezione risale, dunque, alla filosofia moderna: suggerita già da B. Telesio e da T. Campanella, essa fu compiutamente elaborata con R. Cartesio, il quale reimpostò il problema della s. alla luce del problema dell'evidenza soggettiva e in questo mutato orizzonte concettuale lo consegnò all'indagine filosofica successiva. Nel quadro concettuale del Razionalismo cartesiano la s. è, però, posta in una posizione decisamente subordinata all'interno del processo conoscitivo e lo stesso accade presso un altro pensatore razionalista, G. Leibniz, per il quale essa costituisce un grado oscuro e confuso della conoscenza. Diverso fu, invece, il ruolo attribuito alla s. dagli empiristi inglesi: dapprima J. Locke ricondusse la conoscenza razionale alla conoscenza sensibile; successivamente, sulla scia di questi, G. Berkeley sostenne che la realtà si riduce al suo essere percepita, infine D. Hume arrivò ad affermare che la conoscenza va ricondotta alle operazioni psicologiche dell'associazione tra idee derivanti dalla s. Prima che I. Kant e G.W. Hegel sottoponessero la s. alla legislazione, rispettivamente, delle forme a priori del Soggetto conoscente e della Ragione dialettica, esiti radicali si ebbero anche in ambito francese, con l'affermarsi delle teorie sensiste (V. SENSISMO). Nel XX sec., uno snodo fondamentale è, invece, rappresentato dai lavori di E. Mach, il quale sostenne che le s. sono entità ontologiche costituenti della realtà; su posizioni fenomenistiche si assestarono anche B. Russell e i neopositivisti del Circolo di Vienna. Filosofi come N. Goodman, W. Sellars, N.R. Hanson misero, al contrario, in luce l'inscindibilità di dati sensoriali e categorie linguistiche e concettuali. Di assoluto rilievo filosofico fu, poi, la riflessione di W. Quine, il quale sostituì alle s. tradizionali il processo fisico determinato dall'attivazione delle terminazioni nervose dei soggetti umani ad opera di stimoli esterni; in questo modo scopo della teoria della conoscenza diveniva quello di spiegare come da questo processo causale si possa originare ciò che chiamiamo conoscenza. • Fis. - S. sonora, luminosa: effetti prodotti da segnali acustici o luminosi su un ascoltatore o su un osservatore. • Psicol. - La psicologia sperimentale (W. Wundt, E.B. Titchener) intendeva col termine s. il costituente psichico fondamentale e lo distingueva in s. visiva, gustativa, olfattiva, acustica, cutanea e cenestetica. Dopo che già la scuola funzionalista aveva spostato l'attenzione sulle basi anatomiche dell'attività sensoriale, l'affermarsi del Behaviorismo di J.B. Watson segnò l'abbandono definitivo della prospettiva inaugurata da Wundt; da allora, lo studio della s. rientrò nell'ambito della psicofisiologia degli organi di senso.