Scrittore ateniese. Diogene Laerzio lo definì
il primo filosofo che scrisse opere storiche: dalle pagine di quest'ultimo,
oltre che da quelle dello stesso
S., si ricavano la maggior parte delle
notizie che lo riguardano. Di famiglia benestante e membro dell'aristocrazia
cittadina ostile ai democratici di Trasibulo,
S. partecipò
personalmente ad alcuni fra gli avvenimenti più importanti del tempo, di
cui trattò poi nelle sue opere. Per qualche anno fu discepolo di Socrate,
per la biografia del quale rappresenta con Platone la fonte diretta più
importante; nel 401 a.C. si unì all'esercito mercenario greco assoldato
dal principe persiano Ciro il Giovane, ribelle contro il fratello Artaserse II.
Dopo la sconfitta subita a Cunassa e la morte di Ciro,
S. fu tra coloro
che nel 399 a.C. guidarono i diecimila soldati greci nella celebre ritirata
verso le coste del Mar Nero, da lui narrata nell'
Anabasi. In quanto
oligarchico, si legò in amicizia con il re spartano Agesilao:
combatté al suo comando, con le truppe di Sparta, in Asia Minore contro i
Persiani, a Coronea, nel 394 a.C., contro i suoi concittadini, avendolo Atene
esiliato (forse nel 399a.C. o forse qualche anno più tardi). Gli Spartani
destinarono a
S. una tenuta a Scillunte, nei pressi di Olimpia, dove
egli
visse fino al 371 a.C. quando, dopo la battaglia di Leuttra, Sparta
perse la regione. In seguito, si trasferì, forse a Corinto, dove rimase
nonostante la revoca dell'esilio, probabilmente nel 365 a.C.; il suo
riavvicinamento alla patria fu parallelo a quello tra Atene e Sparta, dovuto
alla necessità di un fronte comune contro le velleità egemoniche
di Tebe. Sembra attendibile il fatto che
S., morto forse nel 355 a.C.,
non sia mai rientrato in Atene; tuttavia i suoi due figli servirono nella
cavalleria ateniese e uno di essi morì nella battaglia di Mantinea del
362 a.C. ║
Opere: non sempre è
stata raggiunta sufficiente chiarezza in merito alla cronologia, alle
modalità di composizione e ai rapporti interni delle diverse opere di
S. In genere, l'
Anabasi è considerata come opera di
esordio, benché sia probabile che la redazione in sette libri che ci
è pervenuta sia in realtà l'ampliamento e rifacimento di una prima
stesura, anteriore al 380 a.C. La spedizione di Ciro, la battaglia di Cunassa e
la ritirata verso il Mar Nero dei Greci, vissute direttamente dall'autore, sono
narrate da
S. (sotto lo pseudonimo di
Temistogene Siracusano) in
terza persona, espediente mediante il quale egli riuscì a rendere conto
con apparente obiettività del suo ruolo e delle sue azioni.
L'A
nabasi andrebbe ascritta al genere della memorialistica, ma
S.
la considerò sempre un'opera storica, al punto che nelle
Elleniche
egli omise di raccontare nuovamente questi fatti, rimandando il lettore
all'
Anabasi. È evidente come essa sia stata dettata da intenti non
puramente storiografici ma autobiografici (sottolineare il ruolo importante da
lui svolto per il felice esito della vicenda) e apologetici (nobilitare con
ideali panellenici un'impresa che era stata mal giudicata in Grecia
perché mercenaria e, per di più, al servizio di un persiano!);
ciò nonostante, il suo valore letterario è assai elevato sia per
l'efficacia descrittiva tanto degli uomini quanto degli eventi, sia per
l'accuratezza geo-topografica: la precisione è tale da rendere probabile
l'esistenza di una sorta di diario di viaggio che lo scrittore utilizzò
poi al momento della stesura definitiva dell'opera. Le
Elleniche,
anch'esse in sette libri, narrano, secondo un impianto annalistico, la storia
greca dal 411 a.C. al 362 a.C., cioè dalla fine dell'egemonia ateniese,
alla battaglia di Mantinea.
S. intendeva porsi come continuatore
dell'opera di Tucidide (di cui egli presupponeva la lettura), ma la sua storia
pecca di parzialità in favore di Sparta e a detrimento di Atene e Tebe,
al punto da influenzare non solo la presentazione dei fatti ma anche la scelta
degli stessi, inducendo
S. a trascurare eventi rilevanti in base alle
proprie personali inclinazioni politiche. Egli non fu in grado di chiarire il
corso degli eventi, di indicarne con meticolosità di studioso le cause e
le conseguenze: tuttavia trovò la sua maggiore efficacia nella
descrizione minuta, nel singolo episodio o personaggio. Anche per le
Elleniche non si conosce con certezza la data di composizione, comunque
situata nell'ultimo decennio di vita: alcuni studiosi indicano un nucleo
iniziale nei libri centrali (III, IV e V), cui si sarebbero aggiunti in un
secondo momento i due iniziali di collegamento a Tucidide e i due finali; altri
attribuiscono a un unico sforzo la composizione dei libri III-VII, poi
completati con i primi due; altri ancora, invece, ritengono che la successione
numerica rispecchi anche quella compositiva, in quanto le
Elleniche fin
dall'inizio furono concepite a partire dall'incompiutezza della storia
tucididea. L'operetta
Agesilao, elogio del re spartano, è
certamente collegata ai libri III e IV delle
Elleniche, in cui hanno
larga parte le sue imprese, e fu composta nel 360 a.C., anno della sua morte.
Costituisce un notevole esempio del genere biografico in quanto, come affermato
dallo stesso autore, non fu concepita come lamento funebre
(
thrénos) ma con intento celebrativo. Tra le altre opere di
S., la
Ciropedia (un romanzo storico che idealizza la figura di
Ciro il Grande come esempio del sovrano illuminato) ha carattere pedagogico,
realizzando una sorta di compendio a fine educativo di concezioni etiche,
politiche e religiose, cui si aggiungono descrizioni di usi e istituzioni del
mondo greco e spartano in particolare. La
Costituzione degli Spartani, la
cui autenticità è stata a torto messa in forse, metteva in stretto
rapporto l'egemonia e la potenza lacedemone con l'adozione e il rispetto
dell'antica Costituzione di Licurgo: i segni di decadenza che
S. diceva
di scorgere nella città erano secondo lui frutto di un'infedeltà
più o meno latente nei confronti di quella legge originaria. La
Costituzione degli Ateniesi (di tono antidemocratico e spiccatamente
conservatore) è stata a lungo considerata parte del
corpus di
S., ma è oggi unanimemente espunta dal novero delle sue opere e
attribuita a un anonimo ateniese a lui contemporaneo. Frutto della riflessione
politica è anche il dialogo
Ierone (colloquio immaginario fra il
tiranno siracusano e il poeta Simonide, in cui si afferma che i reggitori di
città possono essere felici solo provvedendo al bene dei propri
concittadini), mentre sono scritti a carattere tecnico-militare il trattato
Sulla cavalleria e l'
Ipparchico, relativi rispettivamente
alla guerra a cavallo e ai compiti dei comandanti di cavalleria, e il
Cinegetico, dedicato alla caccia coi cani. Di particolare interesse, in
quanto rappresenta la sola fonte per la ricostruzione della vita di Socrate
alternativa a quella platonica, è il gruppo delle opere cosiddette
socratiche: i
Memorabili (4 libri), raccolta di dialoghi, aforismi ed
episodi attribuiti a Socrate che mirano a difenderlo dalle accuse in base alle
quali era stato condannato a morte; l'
Apologia, costituita dai discorsi
che il filosofo avrebbe pronunciato in merito al suo processo e alla sua morte;
il
Simposio, descrizione di un banchetto in cui Socrate discute di temi
quali l'amore, la bellezza, la povertà e l'amicizia, composto
probabilmente a imitazione dell'omonimo dialogo platonico, l'
Economico,
un trattato incentrato sul tema dell'amministrazione della proprietà
terriera, cioè dell'
oikos (casa) intesa come abitazione, persone,
terre, schiavi, in cui però Socrate ha un ruolo minore. La figura del
filosofo, così come si evince da questi scritti (un uomo semplice, ben
diverso dalla personalità che conosciamo attraverso i dialoghi di
Platone) pone il problema irrisolto di quale sia l'immagine più aderente
all'identità storica di Socrate. Infine, il trattato
Le entrate
costituisce la prima opera organica in greco di economia: in esso si tenta di
individuare una soluzione ai problemi finanziari ateniesi dopo la guerra, quando
la città, già esaurita dalle spese belliche, non poteva più
contare sui tributi pagati dalle città alleate:
S. proponeva lo
sfruttamento intensivo delle risorse dell'Attica delle miniere d'argento del
Laurio e sanciva così la sua pacificazione con la patria.
S. ebbe
larga fortuna già nell'antichità anche per la bella lingua attica
con la quale compose le sue opere, lungamente presa a modello. La scarsa
importanza che invece la critica moderna gli ha tributato sul piano filosofico e
storiografico è stata imputata all'inevitabile paragone che egli pativa
da un lato con Platone e dall'altro con Tucidide; la cifra della sua prosa va
invece ricercata nella grande capacità di narrare con vivacità ed
efficacia, nella limpidezza dello stile e nella precisione delle descrizioni
(Atene 430 a.C. circa - ? 355 a.C.).