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Senatoconsulto.

Nell'antica Roma, parere espresso dal Senato su una questione presentata dal magistrato competente, che convocava e presiedeva il Senato stesso; esso, in forma scritta, era depositato presso l'erario. In periodo repubblicano il s. aveva solo funzione consultiva, anche se, di fatto, il magistrato si riteneva obbligato a seguire le indicazioni del Senato. Fu solo con il principato che, esautorata la funzione legislativa dei comizi, il s. venne riconosciuto come provvedimento legislativo dotato di reale efficacia. A partire dal II sec., tuttavia, prevalse l'uso che fosse direttamente l'imperatore a presentare la proposta, che veniva successivamente discussa e ratificata dal Senato (oratio principis in senatu habita); con il passare del tempo, la proposta dell'imperatore assunse maggior valore, tanto che il Senato si limitava ad accoglierla e ratificarla. Per questo motivo, dopo la dinastia dei Severi, la fonte di diritto venne riconosciuta non più nel s., ma nella proposta stessa; cessò quindi l'emanazione di s. in qualsiasi campo. ║ S. ultimo: provvedimento che il Senato romano adottava nei casi di estremo pericolo e che dava facoltà ai magistrati di ricorrere a misure repressive grazie alla sospensione delle garanzie costituzionali di inviolabilità dei tribuni della plebe e di provocatio da parte dei cittadini.