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Senato.

(dal latino senatus, der. di senex: vecchio). Negli Stati con sistema politico bicamerale, la seconda delle assemblee legislative che compongono il Parlamento. ║ Edificio, luogo dove i senatori tengono le loro riunioni. ║ Per estens. - Consiglio di anziani. ║ S. accademico: all'interno di ogni università, organo collegiale preposto all'organizzazione della didattica dell'università stessa; esso è composto dal rettore, dai presidi di facoltà, dai direttori delle scuole e dal direttore amministrativo. • St. - Sebbene nell'antica Grecia esistessero già alcune assemblee o consigli di persone anziane con carattere consultivo, fu solo a Roma che si formò un vero e proprio S., inizialmente inteso come supremo consiglio dello Stato, per lo più composto da persone anziane. In un primo tempo potevano far parte del S. soltanto membri di famiglie patrizie che avessero superato un'età stabilita; successivamente l'ammissione dei membri venne estesa a tutti coloro che, provenendo sempre da famiglie patrizie, avessero ricoperto una magistratura: l'età minima per l'ammissione al S. venne allora a coincidere con quella necessaria per poter accedere alla questura, cioè alla prima delle magistrature; in età repubblicana, infine, anche i plebei vennero ammessi in S., ma si mantenne comunque una distinzione fra i senatori patrizi (patres) e quelli plebei (conscripti, senatori aggiunti). Pare che, con Romolo, il numero dei senatori fosse di 100; essi aumentarono gradualmente fino a 300, diventando 600 sotto la dominazione di Silla e 900 con Giulio Cesare; Augusto riportò il numero dei senatori a 600, escludendo di fatto dal S. le persone non ritenute degne. Anticamente venivano ammessi in S. solo i capi delle gentes; successivamente l'elezione dei senatori fu di competenza del console o del sovrano. Dal 312 a.C., infine, la lex Ovinia fissò a questo riguardo norme precise: la scelta dei senatori spettava ai censori che, ogni cinque anni, provvedevano alla cosiddetta lectio senatus, cioè alla chiamata dei senatori; di norma venivano riconfermati i senatori già eletti (fatta salva la facoltà del censore di escludere coloro che fossero stati giudicati indegni di tale compito), e i posti vacanti erano ricoperti dagli ex curuli, dagli ex magistrati non curuli e, infine, da cittadini particolarmente meritevoli. Il S. poteva essere riunito solo dietro convocazione del magistrato che poi l'avrebbe presieduto, al quale spettava il compito di determinare ora e luogo della riunione; solo quest'ultimo, inoltre, poteva avanzare proposte davanti all'assemblea. Funzione principale del S. era infatti quella consultiva: l'assemblea in linea teorica si limitava a dare al magistrato il proprio parere circa la questione proposta anche se, di fatto, tale parere si rivelava fortemente vincolante. I lavori del S., che potevano protrarsi dall'alba fino al calar del sole, e che erano sempre preceduti dalla presa degli auspici, potevano concludersi o con l'auctoritas patrum, cioè con la ratifica di quanto era stato deliberato dall'assemblea popolare, o con il senatusconsultum, cioè con l'espressione del proprio parere circa la questione presentata dal magistrato competente. L'auctoritas patrum restò sempre riservata alla parte patrizia del S., come l'interregnum, cioè la facoltà di nominare degli interrè quando si fosse resa vacante la magistratura suprema. Eventuali votazioni venivano fatte spostandosi da una parte dell'aula a quella opposta a seconda che si fosse favorevoli o contrari alla proposta messa ai voti (pedibus in sententiam ire). Se durante il Regno l'attività principale del S. fu quella di emanare senatoconsulti, in periodo repubblicano esso assunse via via crescente potere, fino a diventare il vero responsabile della politica interna ed estera di Roma. Il S. controllava e approvava le spese, sovrintendeva alla vita sociale e a quella religiosa, aveva il controllo su ogni forma di riunione assembleare, si incaricava di organizzare i giuochi; esso inoltre riceveva gli ambasciatori dei Paesi stranieri, manteneva i contatti con gli altri popoli e, in ultima analisi, aveva potere decisionale sulla pace e sulla guerra. Al termine del periodo repubblicano il S. cercò di mantenere il suo potere di fronte alla crescente autorità del principe, ma, anche grazie alla consuetudine del principe di presentare personalmente proposte di legge, che il S. sempre più spesso si limitava a ratificare, esso perse via via autorità, e la vera fonte di diritto passò dalla sua attività a quella del principe stesso. In periodo altomedioevale il S. romano continuò nella sua lenta decadenza, mentre si mantenne politicamente vitale a Costantinopoli. Durante il Basso Medioevo il nome di S. venne dato a riunioni assembleari che, a esclusione di quello romano, erano di fatto del tutto estranee all'antico S. di Roma e si distinguevano l'una dall'altra per caratteristiche proprie. Il S. romano si ricostituì intorno alla metà dell'XI sec. come magistratura collettiva in opposizione al dominio dell'alta nobiltà. Esso, dotato di potere amministrativo, finanziario e giudiziario, era composto da circa 50 membri, che venivano eletti annualmente, e aveva autorità decisionale molto ampia, anche se, per le questioni più gravi, necessitava del consenso dell'assemblea popolare. Sul finire del XII sec. il S. andò gradualmente perdendo potere: nel 1204 il papa nominò un suo senatore, dando l'avvio alla pratica della nomina papale di uno o due senatori che, regolata da Niccolò III nel 1278, restò in uso fino al XIX sec. Il S. veneto si costituì nel 1172 come assemblea formata dai pregadi, cioè da un insieme di persone che, su preghiera del doge, avevano dato il loro consenso all'ingresso nell'Assemblea. Dal 1230 il numero dei suoi componenti venne fissato a 60, mentre il S. assumeva la funzione di un'assemblea ristretta in grado di discutere con maggiore celerità questioni che il Maggior Consiglio, a causa dell'alto numero dei suoi membri, si dimostrava incapace di trattare. Ben presto però il S. si allargò, andando a comprendere numerosi membri delle quarantie, il Consiglio dei Dieci, i tre ordini di Savi e molti altri magistrati. Dotato inizialmente di potere giudiziario e politico, estese in seguito la sua azione al campo amministrativo, finanziario, commerciale e militare, fino a divenire il vero organo di governo della città; esso si mantenne in vita fino alla soppressione della Repubblica veneta nel 1797. Il S. milanese, che traeva origine dai Consigli ducali viscontei, ottenne ratifica ufficiale solo nel 1499, grazie a un editto di Luigi XII. Esso si caratterizzò principalmente per la grande competenza in campo giudiziario e per la sua attività di registrazione degli atti emanati dal sovrano. Il S. fu soppresso in seguito alla riforma dell'ordinamento giudiziario voluta da Giuseppe II nel 1786. Il S. sabaudo, strettamente legato, quanto alle sue origini, ai Parlamenti francesi, fu dotato di ampie funzioni di carattere amministrativo e giudiziario. Particolarmente importante fu il suo diritto all'interinazione, cioè all'esame e all'approvazione degli atti sovrani. Il S. sabaudo fu soppresso nel 1848. • Dir. pubbl. - Camera alta del Parlamento, in cui i membri possono essere in tutto o in parte nominati direttamente dal presidente della Repubblica, oppure eletti dal popolo. L'elezione dei senatori prevede di norma votazione in collegi elettorali più ampi rispetto alle elezioni dei deputati della Camera; l'elettorato, inoltre, ha di solito età superiore, mentre la durata dell'ufficio è più lunga. Negli Stati federali il numero dei senatori è lo stesso per ogni Stato, indipendentemente dal numero dei suoi abitanti. Particolarmente importante è la Camera dei Lord in Gran Bretagna, in quanto unico esempio di Camera alta ereditaria. In Italia dal 1848 al 1947, il S. fu di nomina regia; potevano essere nominati senatori solo coloro che appartenessero a categorie specifiche (21), definite dall'art. 33 dello Statuto. Il S. aveva potere legislativo e giudiziario; in particolare, esso poteva giudicare i crimini di alto tradimento e gli attentati contro la sicurezza dello Stato. Il S. attuale si compone di 315 senatori, contro i 630 deputati della Camera. Esso è quasi interamente elettivo, dato che il presidente della Repubblica può nominare solo cinque senatori a vita, scegliendoli fra persone che si siano particolarmente distinte per i loro meriti personali; ogni presidente della Repubblica, inoltre, è di diritto senatore a vita. Gli elettori hanno età superiore ai 25 anni. La ripartizione dei seggi elettorali nelle varie regioni è regolata dal D.P.R. 16-1-1994, n. 28; ogni regione non può comunque avere meno di sette senatori, ad esclusione della Valle d'Aosta (uno) e del Molise (due). I senatori, inoltre, sono eletti in parte con il sistema maggioritario uninominale (232), in parte con quello proporzionale (83); essi devono avere età superiore ai 40 anni e restano in carica per cinque anni. Le attribuzioni del S. sono uguali a quelle della Camera. Per l'organizzazione interna e le funzioni del S.: V. PARLAMENTO.