(o
silvicoltura). Branca delle
scienze forestali che si occupa dell'impianto e della tutela delle aree
boschive. Essa si interessa della coltivazione delle piante da bosco o da
foresta ed è finalizzata a trarre il maggior utile possibile dal terreno
in rapporto ai prodotti forestali primari (legname) e secondari (frutti, erbe,
selvaggina, ecc.). ║ La
s. viene
distinta in
s. generale e in
s. speciale. La
s. generale ha
come obiettivi lo studio dei caratteri generali comprendenti le esigenze
nutritive, di umidità, di luce, di produttività dei terreni e il
comportamento delle varie specie forestali; l'accrescimento degli alberi e la
loro longevità; la propagazione delle varie specie; il governo dei
boschi, con lo studio dei vari metodi di rigenerazione e di riproduzione; i
sistemi da seguire nei tagli sia per l'utilizzazione delle piante sia per le
forme da dare alle piante stesse. La
s. speciale, invece, si occupa di
interventi specifici volti a risolvere particolari problemi. Particolare
attenzione deve essere dedicata alla salvaguardia delle aree boschive, anche in
considerazione degli enormi benefici apportati all'uomo, sia diretti (legname da
costruzione, da opera o da ardere; frutti; foglie; corteccia; sughero; resine;
piante medicinali) sia indiretti (riduzione della quantità di anidride
carbonica esistente nell'aria; aumento dell'ossigenazione; regolazione della
temperatura ambientale; controllo della circolazione sotterranea delle acque;
produzione di
humus;
rassodamento dei terreni franosi). •
Encicl. - Se nell'antichità classica la
s. era prevalentemente
volta alla conservazione del patrimonio boschivo, anche in considerazione della
sacralità riconosciuta ai boschi, a partire dall'Impero romano si
passò a un approccio più razionale alle aree boschive, tanto che
si sviluppò la prima forma di demanio forestale. La storia della
s., intesa come governo delle foreste e dei boschi, è tuttavia
più recente e si può far risalire al tardo Medioevo. Prima di
allora nessun popolo si era mai curato di coltivare alberi che non fossero
alberi da frutto. Durante il Medioevo, boschi naturali e spesso molto estesi
furono disboscati per provvedere al rifornimento di legna e di legname da
lavoro. Soltanto nell'XI sec. in Inghilterra, Guglielmo il Conquistatore e, dopo
di lui, gli altri re normanni, emisero le prime leggi a difesa dei boschi, non
per motivi ecologici, ma per preservare i loro terreni di caccia dove daini,
cervi e altri animali stavano a poco a poco scomparendo. Grazie soprattutto agli
ordini religiosi (in particolare ai Certosini) vennero effettuati numerosi
innesti di piante e alberi. Nonostante ciò, tra il XII e il XV sec.
grandi estensioni boschive furono eliminate, lasciando il posto a terreni
coltivabili e a pascoli; questa distruzione ebbe luogo in quasi tutta l'Europa,
Inghilterra compresa, dove tuttavia Edoardo IV nel 1483 emanò una legge
(
enclosure movement) che ordinava la recinzione di tutti i boschi
superstiti. L'esempio fu seguito da Giacomo IV di Scozia (1504) e, via via, in
quasi tutti gli altri Paesi europei. Durante il Settecento lo studio del
patrimonio boschivo portò alla nascita di trattati specifici dedicati
alla
s. Con lo sviluppo delle attività industriali e il sempre
più largo utilizzo di materiali provenienti dai boschi, alla crescente
deforestazione si aggiunse la sostituzione dei boschi naturali con quelli
artificiali. Verso la fine del XIX sec. in molte Nazioni furono costituiti corpi
speciali per la difesa e lo sviluppo delle foreste, dipendenti di norma dai
rispettivi ministeri dell'Agricoltura. Questi corpi di guardie forestali hanno
oggi il compito, oltre che di proteggere i boschi dalla distruzione ad opera
dell'uomo, di curarne la coltivazione, l'impianto, la sistemazione, ricorrendo
all'allevamento di piante in appositi vivai, nonché procedendo alla
costruzione di opere d'ingegneria applicata.