Geol. - Roccia sedimentaria organogena,
appartenente alla classe delle rocce silicee. Le
s. sono formate quasi
esclusivamente da quarzo microcristallino e da calcedonio e contengono tracce di
impurità, rappresentate generalmente da minerali argillosi, calcite,
ematite, vari ossidi di ferro, sostanze bituminose o carboniose, gesso.
Estremamente dure, compatte e molto tenaci, hanno una grana molto fine,
presentano una frattura concoide o scagliosa lucente e si trovano solitamente
all'interno di rocce carbonatiche e di rocce calcaree compatte. Il colore delle
s., molto vario, va dal giallo chiaro al rosso-bruno, al nero. Le
s.
stratificate, che possono essere variamente denominate (radiolariti,
diaspri, ftaniti, spongiliti, novaculiti, ecc.), sono sostanzialmente di origine
organogena e devono la loro formazione all'accumulo di gusci silicei di
organismi quali i radiolari, le spugne silicee e le diatomee. Le
s.
nodulari sembrano avere origine diagenetica, formandosi in seguito a
processi di silicizzazione all'interno di rocce carbonatiche. Sebbene l'origine
della
s. sia essenzialmente biogenica, in natura si può verificare
la precipitazione inorganica della silice in presenza di forti escursioni di pH,
come nel caso dei laghi effimeri dell'Australia e dei laghi alcalini dell'Africa
orientale, oppure in prossimità di geyser e di sorgenti termali e in
corrispondenza dei condotti vulcanici sottomarini delle dorsali oceaniche; i
depositi inorganici sono tuttavia quantitativamente molto limitati e privi di
importanza dal punto di vista geologico. Tra i vari tipi di
s.
ricordiamo: la
s. piromaca, varietà di calcedonio in grado di
formare concrezioni in calcari silicei, un tempo utilizzata negli acciarini a
pietra per la sua proprietà di produrre scintille, se percossa, e per
questo motivo denominata pietra focaia; la
s. molare, roccia silicea a
struttura cavernosa o vacuolare, costituita da quarzo e calcedonio, formatasi
per decalcificazione di calcari lacustri siliciferi e utilizzata per produrre
mole e come pietra da costruzione. Data la sua frattura concoide, la
s.
fu impiegata dall'uomo fin dalla Preistoria per la fabbricazione di manufatti e
utensili, dapprima mediante la lavorazione di ciottoli di fiume e poi, una volta
fiorito un vero e proprio commercio, mediante estrazione da veri e propri pozzi
scavati appositamente. La tecnica della scheggiatura fu notevolmente
perfezionata con il passare del tempo, soprattutto grazie allo sfruttamento
della proprietà intrinseca della
s. di spaccarsi secondo linee di
frattura concoidi; così dalla semplice asportazione dal nucleo originario
di qualche scheggia marginale, l'uomo preistorico passò presto alla
lavorazione degli utensili su entrambe le facce e quindi, nel Paleolitico medio,
alla produzione di schegge che costituivano esse stesse veri e propri strumenti,
sempre più differenziati a seconda del loro utilizzo. ║ Termine con
il quale si suole indicare un tipo di blocchetti di roccia tagliati a forma
prismatica o tronco-piramidale, ottenuti generalmente da rocce eruttive, in
particolare da basalti o leucititi; grossolanamente sbozzati a martello, tali
blocchetti vengono disposti in file a secco o uniti con malta e utilizzati per
le pavimentazioni stradali e come rivestimento di scarpate
(V.anche
SELCIO).