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Segno.

(dal latino signum: segno visibile o sensibile di qualcosa). Fatto o fenomeno da cui si può dedurre o venire a conoscenza di qualcosa: s. premonitori. ║ S. di: è un fatto che dimostra che (non pagare le tasse è s. di uno scarso senso civico). ║ S. che: significare (il suo grande appetito è s. che sta guarendo). ║ Fig. - S. dei tempi: i guasti e i danni determinati dal trascorrere degli anni. ║ Manifestazione di una particolare condizione fisica: questo mal di stomaco è s. che non ho digerito. ║ Gesto, atto o parola con cui si esprime uno stato d'animo o un'intenzione: mostrare s. di impazienza. ║ In s. di: per dimostrare (le ho fatto questo dono in s. di riconoscenza). ║ Gesto con cui si sostituisce la comunicazione verbale: restammo sulla soglia di casa finché non ci fu fatto s. di entrare. ║ Oggetto o figura convenzionalmente impiegata per rappresentarne un'altra più astratta. In questo senso, sono s. le lettere dell'alfabeto, i numeri, le note musicali, i simboli chimici, ecc. ║ Impronta, traccia: ho ancora sulle gambe i s. dell'incidente dell'anno scorso. ║ Fig. - Lasciare il s.: avere effetti duraturi, rimanere impresso nella memoria. ║ Testimonianza: in piazza erano ancora evidenti i s. degli scontri. ║ Qualunque elemento che consente il riconoscimento di una persona o di una cosa: indosserò una cravatta gialla come s. di riconoscimento. ║ Linea che si traccia per indicare il punto dove si è arrivati o dove si vuole arrivare: ho fatto un s. sulla riga su cui devi firmare. ║ Fig. - Con particolare riferimento alla lettura, il punto dove si è arrivati, anche se non materialmente segnato: chiudere il libro tenendo il s. ║ Fig. - Limite: oltrepassare il s. ║ Bersaglio: tiro a s. ║ Fig. - Colpire, cogliere nel s.: indovinare o ottenere l'effetto voluto. ║ Fig. - Sotto il s.: in nome di (la sua è stata una vita condotta sotto il s. dell'onestà). ║ Fig. - Per filo e per s.: minuziosamente, con ordine (raccontare qualcosa per filo e per s.). • Astrol. - S. dello zodiaco: ognuna delle dodici parti in cui è suddiviso lo zodiaco. • Diplom. - Grafismi posti in calce ai documenti ufficiali medioevali per garantirne l'autenticità. • Dir. - S. distintivi: mezzi di individuazione dell'azienda o dei suoi prodotti, aventi da un punto di vista giuridico valore di beni immateriali la cui titolarità viene acquisita in ragione di un uso fattone prima di altri. • Econ. - Moneta-s.: moneta il cui valore viene garantito dall'attribuzione da parte dell'autorità competente di un potere d'acquisto superiore rispetto al valore di mercato del metallo prezioso in essa contenuto. • Filos. - La più antica teoria del s. risale alla medicina ippocratica, che distingue tra s. e tekmerion e afferma che il primo, a differenza del secondo, è capace di stabilire un collegamento necessario con la malattia di cui è segnale. In Aristotele il s. è strumento di una conoscenza che si realizza in un procedimento entimematico, in cui il s. viene connesso in modo o necessario o solo probabile con il fatto che rappresenta. Anche presso gli stoici il s. svolge funzione conoscitiva: l'uomo, anzi, si differenzia dagli altri animali proprio perché è in grado di cogliere il nesso tra due eventi diversi e, dunque, derivare dalla rappresentazione di un fatto la rappresentazione di un altro fatto di cui il primo è s.; in questo senso, si hanno due tipi di s., quelli memorativi (in grado di richiamare cose al momento non evidenti) e quelli indicativi (in grado di rendere manifesta una cosa non evidente per natura). Anche la teoria del s. come riflessione sul linguaggio ricevette nella filosofia antica una notevole attenzione e, in particolare, emerse l'idea secondo la quale il linguaggio è composto di sequenze foniche su cui l'uomo ha imposto determinati significati: così in Aristotele le voci sono symbola dei concetti dell'anima, mentre presso gli stoici opera la distinzione tra significante e il significato, i quali, presi assieme, formano la parola (a sua volta distinta dal suo referente, ovvero l'oggetto materiale). La teoria del s. acquista in sant'Agostino una tensione etico-religiosa: l'intero creato è s. della realtà invisibile, nel senso che rinvia a esso e ne permette una seppur imperfetta conoscenza. La speculazione agostiniana influì notevolmente sulle successive dottrine medioevali del s., determinando l'affermazione dell'idea del mondo sensibile come simbolo del mondo trascendente; nel contempo e anche più avanti in epoca rinascimentale, i contatti con la cultura araba (XII sec.) favorirono lo sviluppo di pratiche magico-astrologiche quali l'oroscopo e, dunque, delle relative teorie del s. La riflessione intorno al linguaggio nel Medioevo si muove, al contrario, su una linea di continuità con la teoria aristotelica, arricchendosi in età rinascimentale di feconde discussioni sulle lingue artificiali e sui sistemi di comunicazione non linguistici. Una prima organica sistematizzazione delle dottrine linguistiche si ha con la Grammatica e con la Logica di Port-Royal, ove viene difesa una concezione del s. come cosa la cui immagine sensibile suscita l'immagine sensibile di un'altra cosa e viene elaborata una celebre categorizzazione dei s. in certi, congiunti con altre cose e naturali. Con Th. Hobbes ritorna, invece, la questione del rapporto tra significazione e inferenza: un s. è l'antecedente evidente del conseguente oppure, qualora conseguenze simili siano state osservate in precedenza, il conseguente dell'antecedente (che è tanto più certo quanto più spesso queste conseguenze siano state osservate). Egualmente per C. Wolff il s. consiste in un ente dal quale è possibile derivare l'esistenza passata o futura di un altro ente. L'indagine di J. Locke si sofferma, invece, sul rapporto tra cose e idee: egli considera le idee come s. delle parole e le parole come s. delle idee e attribuisce ai s. i caratteri dell'arbitrarietà e della generalità. G. W. Leibniz sottopone a critica il nominalismo lockiano, argomentando che, pur non essendo necessaria la somiglianza tra s. e cosa, permane, comunque, una corrispondenza tra l'insieme dei significanti e l'insieme delle cose significate. Bisogna, però, attendere il XIX sec. e l'opera di Ch.S. Peirce per avere una completa e articolata teoria del s. Secondo Peirce, la relazione semiotica consiste in una relazione triadica tra s. (il qualcosa che sta a qualcuno per qualcosa d'altro sotto qualche rispetto o per qualche sua capacità), oggetto e interpretante (sostanzialmente un altro s. che permette la traduzione del primo s.). Ne deriva che un s. può essere considerato da tre diverse prospettive, ovvero in rapporto a se stesso, in rapporto all'oggetto e in rapporto all'interpretante. Seguendo la minuziosa classificazione peirciana si ha che un s. in rapporto a se stesso può essere qualisegno, sinsegno o legisegno; in rapporto all'oggetto può essere un indice, un'icona o un simbolo; in rapporto all'interpretante può essere un rema, un dicisegno o un argomento. Va da sé che un medesimo s. può appartenere a differenti categorie a seconda del punto di vista da cui viene considerato. Dalla combinazione di queste nove categorie, Peirce ha, poi ricavato dieci classi di s., a loro volta strutturate in sottoclassi. Con Ch. Morris la semiotica acquista, invece, connotati decisamente scientifici; per Morris i s. sono oggetti (e non, dunque, entità mentali) raggruppabili in due categorie: s. complessi e s. semplici. Questi ultimi possono essere di identificazione, di designazione, di valutazione o di prescrizione. Morris propone anche una ridefinizione della relazione semiotica introducendo un possibile quarto elemento (l'interprete) e connotando con una nuova terminologia gli altri elementi (che egli chiama veicolo segnico, designatum e interpretante). In base a ciò egli, poi, distingue la semiotica in semantica (che studia le relazioni dei s. con gli oggetti cui sono applicabili), sintattica (che esamina i s. e le combinazioni segniche in quanto soggetti alle regole sintattiche) e pragmatica (che si occupa della relazione dei s. con gli interpreti) e giunge a definire una lingua come una qualsiasi collezione intersoggettiva di veicoli segnici, l'impiego dei quali sia determinato da regole sintattiche, semantiche e pragmatiche. Negli anni Sessanta e Settanta l'interazione della teoria dei s. con l'ermeneutica e con la linguistica strutturalista aprì nuovi spazi di indagine; tra questi si ricordano i contributi di P. Ricoeur nell'ambito dell'analisi del linguaggio religioso e poetico e quelli di U. Eco nel campo dell'arte e della comunicazione sociale. • Mat. - Simbolo delle operazioni e delle relazioni tra i numeri. • Med. - Sinonimo di sintomo obiettivo. • Numism. - S. di zecca: marchio convenzionale solitamente collocato nel rovescio delle monete per indicare la zecca di conio. • Rel. - S. della croce: gesto di devozione compiuto in vari momenti della liturgia o della vita quotidiana del cristiano riproducente la croce su cui morì Gesù. ║ S. dei tempi: traduzione dell'espressione latina temporum signa utilizzata nel Vangelo di Matteo (16, 4) per connotare le manifestazioni che preludono al realizzarsi dei tempi vaticinati dai profeti. • Fon. - S. demarcativo o delimitativo: elemento fonico attraverso il quale è possibile identificare i vari elementi significativi del discorso. • Ling. - Unità comunicative che compongono un messaggio e che rinviano a qualcos'altro in ragione di un processo logico, di una codificazione o di una connessione naturale. Comunemente si distinguono due ambiti di appartenenza per i s.: quello dei linguaggi in generale, che è oggetto di studio della semiotica (o semiologia), e quello delle lingue storico-naturali, che è materia di indagine della linguistica. La principale caratteristica di un s. consiste nella relazione di rinvio che si instaura tra un signans (il supporto espressivo del s.) e un signatum (ciò a cui il s. si riferisce). A F. de Saussure e al suo Corso di linguistica generale (testo ricavato dagli appunti degli allievi, 1906-11) risale una fondamentale analisi del s. linguistico. Secondo de Saussure, un s. è un'associazione psichica, logicamente arbitraria ma ratificata dalle convenzioni sociali, tra un concetto (significato) e un'immagine acustica (significante); in questo senso esso si configura come un processo che va da un segnale (in quanto realizzazione di un significante) a un senso (in quanto realizzazione di un significato). Con E. Buyssens è stata successivamente approfondita la relazione tra s. linguistico e altri tipi di s.; in particolare, egli distingue i s. veri e propri, che richiedono l'esistenza di legami intersoggettivi e di un codice condiviso e svolgono, dunque, una funzione di comunicazione, e i non-s. o indizi, che sono eventi naturali in grado di attribuire un senso solo in quanto si fondano su un processo di inferenza logico-statistica e che, quindi, hanno una funzione di mera significazione.