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Secentismo.

Termine coniato dalla critica e dalla storiografia letteraria dell'Ottocento per indicare in modo spregiativo l'indirizzo del gusto, la maniera tipica della letteratura e dell'arte del periodo compreso tra la fine del XVI sec. e l'inizio del XVIII sec. Intorno alla metà del Settecento era già stato utilizzato con lo stesso intento il termine Barocco (V.), inizialmente in relazione alla sola architettura e in seguito esteso da B. Croce a tutti i campi artistici. Il S. fu caratterizzato dal gusto del grandioso, del fantastico, del sorprendente, ovvero di una letteratura e di un'arte che fossero il più possibile slegate da ogni rapporto con la realtà e che in tal modo costituivano una via di fuga dalla realtà; si trattava di un atteggiamento che rifiutava i canoni di regolarità, compostezza, equilibrio, misura, dignità e decoro che avevano contraddistinto la letteratura, l'arte e più in generale lo stesso atteggiamento nei confronti della vita da parte degli uomini del Rinascimento. D'altra parte, già G. Bruno, T. Tasso e il commediografo napoletano G. della Porta avevano anticipato nelle loro opere atteggiamenti e modi tipici del gusto secentesco. Piuttosto tarde e decisamente posteriori alle concrete realizzazioni nelle quali il nuovo gusto si espresse furono le sistemazioni teoriche e le codificazioni della nuova poetica ed estetica secentistica. Il Trattato delle acutezze di Matteo Pellegrini fu pubblicato, infatti, nel 1639 e il Cannocchiale aristotelico del conte Tesauro nel 1669, quando ormai la poesia di Marino aveva fatto scuola ed era stato pubblicato da tempo il suo Adone (1623), che rimane il documento più importante e significativo del Barocco e del S. italiano; analogamente in Spagna l'opera poetica di Gongora anticipò la codificazione fatta da B. Graciàn, nel 1642, con il celebre trattato Acutezza e arte dell'ingegno. • Lett. - Al di là della varietà delle interpretazioni, ciò che in campo letterario contraddistinse la nuova poetica fu l'affermazione che a fondamento dell'arte è l'ingegno il quale, a differenza della disciplina dell'estetica classicista, assunse il significato precipuo di libera creatività, per nulla sottoposta all'impaccio di regole vincolanti. Strettamente collegate a tale impostazione furono le nozioni di acutezza, o argutezza, e di concetto, fondati sulla rarità e la novità con cui si intendeva produrre meraviglia nell'animo del lettore. Tra il poeta, concepito come abile giocoliere, e il destinatario si instaurò così un rapporto essenzialmente fondato sullo sforzo di comprensione, su una “comunione di intellettualistici sensi”: la poesia e la letteratura secentistiche ebbero un carattere prezioso, arguto, ermetico e talvolta perfino oscuro, che rispondeva a una finalità puramente edonistica. I testi secentistici si distinsero per l'estremo sfoggio stilistico, per l'uso, talvolta fine a se stesso, di figure retoriche, per l'abuso dei concetti più lambiccanti e contorti, più inusitati ed eccessivi. Basti pensare alla ricorrenza della metafora, di gran lunga l'artificio prediletto dai secentisti, mediante la quale venivano associati e scambiati elementi fra loro lontani, aspetti strani e inconsueti della realtà; oltre alla metafora ricorrevano frequentemente anche similitudini, chiasmi, parallelismi, antitesi, iperboli, personificazioni, assonanze, allitterazioni, ecc. Tra i temi più ricorrenti della letteratura secentistica si distinse quello del paesaggio, motivato dalla predilezione da parte degli autori per l'osservazione della realtà; l'oggetto di gran lunga preferito fu il giardino, poiché meglio di altri si prestava alla proliferazione di immagini argute e concettose. La poetica letteraria del S. trovò ampie rispondenze in campo artistico, dove predominarono linee ondeggianti, spezzate e convulse, figure gigantesche e ardite, atteggiamenti esasperati e drammatici, un'ornamentazione sovrabbondante e sovraccarica. Le produzioni artistiche risultarono dominate da un senso nuovo dello spazio che divenne simbolo del rapporto sofferto e drammatico tra l'individuo e la società, incapace di appagare le più profonde esigenze e aspirazioni dei suoi membri. ║ Il S. fu un fenomeno europeo che tuttavia si manifestò con caratteri propri e peculiari nelle varie Nazioni europee: in Italia si identificò con il Marinismo (V.), in Francia con il Preziosismo (V.), in Inghilterra con l'Eufuismo (V.) e in Spagna, infine, con il Gongorismo. In ambito italiano, i giudizi critici sul Barocco e sul S. furono discordi. Inizialmente prevalse una valutazione negativa globale, che vedeva nel Seicento un'epoca di decadenza e individuava nei suoi prodotti artistici, frutto del cattivo gusto, il simbolo della superficialità spirituale, e quindi artistica, del tempo. Soltanto verso la fine del XIX sec. si smorzò l'atteggiamento polemico nei confronti del S., fino ad allora predominante, e si manifestò con forza sempre maggiore la chiara volontà di accostarsi al fenomeno barocco con la volontà di conoscerlo e comprenderlo nelle sue peculiarità. Il S. venne interpretato come espressione tipica di un'età di crisi, quale fu quella in cui si passò da una vecchia gnoseologia (la tolemaica) a una nuova gnoseologia (la copernicana), di un'epoca che vide sconvolto un equilibrio secolare e assistette a una vera e propria rivoluzione nei rapporti fra l'uomo e il mondo. Allo stesso tempo si mise in rilievo come il Seicento non possa essere identificato esclusivamente con il Barocco e il S., poiché in esso operarono anche istanze profondamente diverse e talvolta opposte.