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Scànderbeg.

(o Skànderbeg). Forma italianizzata del nome turco Iskander beg (Bey Alessandro) con cui fu chiamato Giorgio Castriota. Condottiero albanese. Figlio di un principe albanese, signore di Croia e della Mirdizia (Albania settentrionale), caduto sotto la sovranità ottomana, venne consegnato in ostaggio al sultano Murad II e fu educato a Costantinopoli. Alla corte del sultano si mise presto in luce per le sue eccezionali doti e ottenne, ancora giovanissimo, importanti cariche civili e militari. Gli fu affidato il governo di un sangiaccato, ma per evitare il suo ritorno in Albania, alla morte del padre nel 1431 non ottenne dal sultano il riconoscimento dell'eredità. Dopo la sconfitta turca di Nos contro Giovanni Hunyady (1443) si impadronì con un raggiro del centro albanese di Croia e abbracciò il Cattolicesimo, mettendosi a capo di una insurrezione contro il dominio turco. Il grande prestigio goduto gli consentì di assoggettare numerosi piccoli capi locali albanesi. Ottenne appoggi dagli Stati cristiani, soprattutto da Napoli e Venezia, oltre che dal papa, ma tali aiuti non furono determinanti per decretare il suo successo. Stratega geniale, seppe opporsi ai sempre più massicci invii di forze turche, impostando un'intensa attività di guerriglia, favorito dalla personale conoscenza dei luoghi e dall'appoggio della popolazione albanese. Riconosciuto come capo nazionale, seppe però valutare le antiche divisioni locali e non cercò di imporre l'unificazione politica del Paese sotto la propria sovranità. Nel 1459 intervenne nella guerra civile scoppiata nel Regno di Napoli, appoggiando Ferdinando d'Aragona contro Giovanni d'Angiò, e guadagnando possedimenti territoriali in Puglia. Nel 1461 concluse una pace decennale col sultano Maometto II che lo riconobbe principe dell'Albania e dell'Epiro. La pace non fu rispettata e, dietro sollecitazione di papa Pio II, che intendeva promuovere una crociata, due anni dopo riprese la guerra contro i Turchi. Morto il papa, egli dovette fronteggiare l'immensa armata turca, guidata da Maometto II, al quale seppe tener testa con un'abile strategia basata prevalentemente sulla guerriglia. Nonostante il lungo assedio, i Turchi dovettero ritirarsi; S. approfittò di questa pausa invernale, per recarsi a Roma (dicembre 1466) e chiedere aiuti, che ottenne sia dal papa sia da Napoli e Venezia. Morì mentre la lotta era ancora in corso. Privata del suo capo, la resistenza albanese si frantumò (Croia 1403 circa - Lezhë, od. Alessio 1468).