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Sciòpero.

Astensione organizzata dal lavoro di un gruppo più o meno ampio di lavoratori dipendenti, allo scopo di tutelare interessi comuni o particolari diritti politici e/o sindacali. Con riferimento ai fini dello s., si usa distinguere: s. economico, attuato per motivi di ordine economico; s. politico, messo in opera come mezzo di pressione per la soluzione di un problema che riguarda la vita nazionale; s. di protesta, proclamato contro misure reputate lesive di determinati diritti; s. di solidarietà, indetto a sostegno di altri lavoratori. In relazione, invece, al modo di attuazione si può avere: s. generale, cui partecipano tutti i lavoratori di una determinata zona geografica; s. di categoria, che coinvolge solo una specifica categoria di lavoratori; s. articolato, che interessa i lavoratori di una medesima azienda o di aziende differenti ma appartenenti allo stesso settore o area geografica; s. a singhiozzo, che si verifica a intervalli irregolari; s. bianco, che consiste in un'applicazione letterale dei regolamenti tale da rallentare sensibilmente la produzione e/o i servizi; s. a braccia incrociate, nel corso del quale i lavoratori sospendono la propria attività senza, però, abbandonare il luogo di lavoro; s. a fischietto, fissato da un'organizzazione sindacale e di durata prestabilita, il cui momento di inizio viene proclamato dai singoli responsabili sindacali; s. a scacchiera, nel quale i diversi reparti o le diverse aziende scioperano non contemporaneamente ma secondo turni predeterminati. ║ Per estens. - Interruzione volontaria da parte di liberi professionisti o commercianti della propria attività lavorativa in segno di protesta o per esercitare una qualche forma di pressione sul potere politico o sull'opinione pubblica. ║ Per estens. - S. della fame: astensione prolungata dal cibo da parte di singoli o di gruppi praticata quale forma di protesta o di lotta. Da questa espressione ne derivano altre, utilizzate con tono serio o scherzoso: s. della sete, del sesso, ecc. • Dir. - Solo alla fine del XIX sec., con l'entrata in vigore del Codice Penale elaborato da G. Zanardelli (1889), fu abrogato in Italia il divieto di coalizione e lo s., se attuato secondo metodi non violenti, cessò di essere perseguito penalmente. Passata l'epoca fascista, nel corso della quale a partire dal 1930 lo s. veniva considerato delitto contro l'economia pubblica e, in quanto tale, veniva severamente punito, con l'approvazione della Costituzione nel 1948 fu sancito il diritto di s. (art. 40). A ciò non fecero immediato seguito gli interventi legislativi in materia cui la stessa Costituzione espressamente rinviava, al punto che fino all'inizio degli anni Novanta la disciplina in concreto del diritto di s. è stata delineata da numerose decisioni della Corte Costituzionale. Con la L. 12-6-1990, n. 146 venne, infine, introdotta la regolamentazione degli s. nel pubblico impiego, con particolare riferimento ai servizi pubblici essenziali; in questo modo, il diritto di s. risulta vincolato ai limiti preordinati alla salvaguardia dei diritti costituzionalmente garantiti e rimane, comunque, vincolato all'obbligo di preavviso, di indicazione della durata e di fornitura dei servizi indispensabili. Per casi di fondato pericolo di pregiudizio grave e imminente ai diritti personali costituzionalmente garantiti, il presidente del Consiglio dei ministri, se lo s. ha rilievo nazionale, o il prefetto negli altri casi, hanno facoltà di disporre la precettazione degli addetti ai servizi pubblici essenziali.