(dal greco
schízo:
divido e
phrenós:
mente). Med. - In psichiatria, termine
con il quale si indica un gruppo di psicosi endogene funzionali, caratterizzate
dalla dissociazione della vita psichica del soggetto e che si manifestano con
gravi disturbi a livello cognitivo, affettivo e sociale. Il termine fu coniato
da E. Bleuler nel 1911 per indicare quelle affezioni della vita psichica in
precedenza osservate dallo psichiatra tedesco E. Kraepelin, e da quest'ultimo
classificate come
demenza precoce. Il concetto di Kraepelin, formulato
sul modello delle malattie somatiche, era basato sui due criteri fondamentali
dell'insorgenza in età giovanile e del sicuro esito in demenza. Bleuler,
considerando inadeguati i parametri proposti da Kraepelin, denominò
s. un insieme di psicosi che possono insorgere anche dopo il quarto
decennio di vita, aventi in comune l'orientamento del decorso (lento e
progressivo) e una certa ereditarietà; egli confutò inoltre
l'inevitabile esito in demenza, sottolineando come ciò si verifichi solo
nel caso che la
s. non si arresti a livelli intermedi e come negli
schizofrenici, accanto a comportamenti sconnessi, si manifestino anche
prestazioni valide, che non si registrano negli stati demenziali derivanti da
encefalopatia organica. Spetta inoltre a Bleuler il merito di aver studiato la
sintomatologia non dal punto di vista statico, ma da quello dinamico,
considerando le varie manifestazioni della malattia, distinte in sintomi
principali e accessori, primari e secondari, come interdipendenti: per esempio,
la dissociazione, pur manifestandosi in tre sfere distinte (pensiero,
affettività, Io), venne considerata da Bleuler come un unico disturbo e
non come un disturbo di funzioni separate. ║ L'elemento principale della
s., il sintomo primario, è costituito dalla dissociazione che
colpisce innanzitutto l'ambito concettuale, modificando il normale corso delle
associazioni mentali. Mancando di un orientamento direttivo, il pensiero risulta
strutturato in maniera vaga e caratterizzato da simboli estranei alla logica
abituale: ciò appare anche a livello linguistico, sia nel lessico
(metafore, simboli, neologismi, paralogie), sia nella sintassi (schizofasia e
incomprensibilità, paragrammatismo, linguaggio telegrafico). Il
comportamento del soggetto schizofrenico è caratterizzato dalla mancanza
di equilibrio fra stimoli e reazioni, essendo queste ultime del tutto
sproporzionate rispetto alle prime. Il rapporto fra Io e mondo appare turbato e
caratterizzato da disturbi della coscienza dell'Io: esperienze di origine
endogena sono vissute come derivanti da azioni esterne, oppure, per il
cosiddetto fenomeno di
transitivitismo, si ripercuotono su elementi
esterni. Manifestazioni di questi disturbi sono l'ambivalenza generalizzata
verso persone, situazioni e cose, ovvero la compresenza di tendenze affettive,
volitive e istintuali fra di loro opposte verso lo stesso oggetto, e la perdita
del contatto con la realtà, che si riassume nell'
autismo
(V.). Questa sintomatologia principale è
accompagnata da una serie variabile di sintomi secondari, come l'alterazione
dell'attenzione e in particolare della capacità di concentrazione,
fenomeni catatonici, manierismi, negativismo, flessibilità cerea, deliri,
allucinazioni percettive e psichiche (in cui il malato in stato di
lucidità percepisce in maniera quasi telepatica idee, ordini relativi
alla sua condotta), ecc. ║ Dopo gli studi condotti da Bleuler si suole
distinguere le sindromi schizoidi in acute e croniche e, all'interno di queste
ultime, a seconda del tipo di sintomi e della gravità degli stessi, si
prospettano quattro diversi quadri clinici. Nella
s. semplice sono
presenti pressoché esclusivamente i disturbi primari; la
s.
ebefrenica è caratterizzata da una forte alterazione del tono
dell'umore (aridità affettiva, stolidità comportamentale) e si
manifesta generalmente in età postpuberale; nella
s. paranoide
prevalgono deliri e allucinazioni; infine, nella
s. catatonica si
ha una forte compromissione delle capacità motorie. Nello stesso paziente
è possibile che queste diverse tipologie di
s. si succedano a fasi
alterne. ║ Il decorso della malattia è vario, pur tendendo sempre
verso uno stato di deficit o di profondo disordine psichico. Generalmente la
comparsa dei primi sintomi si ha fra i 20 e i 30 anni e, dopo una fase acuta, si
verifica una remissione dei sintomi con
difetto residuo che si manifesta
in prestazioni intellettuali ridotte, accompagnate dalla diminuzione
dell'affettività e delle capacità di relazione. Tale fase, che
può durare anche anni, è intervallata da periodi di
riacutizzazione della sintomatologia. In alcuni casi la
s. ha un percorso
lineare, senza remissioni, che conduce, più o meno velocemente, alla fase
finale detta
demenziale. ║ L'eziologia della
s. non è
stata ancora completamente chiarita; studi epidemiologici e genetici sembrano
tuttavia confermare la familiarità della malattia, già
sottolineata da Bleuler. L'ipotesi più accreditata è che la
predisposizione alla malattia (che consisterebbe nella suscettibilità a
una lesione funzionale biochimica) sia legata a un meccanismo di trasmissione
ereditaria, operante nel 40% dei casi, condizionato dall'azione di un gene di
tipo dominante con penetranza ridotta al 25%. L'esordio della malattia potrebbe
però essere anche legato a una situazione psicoaffettiva traumatica.
Nell'ambito della psicanalisi l'eziologia della
s. è ancora
ampiamente da indagare, nonostante gli importanti contributi di S. Freud e di M.
Klein. Secondo Freud la
s. sarebbe caratterizzata, come l'isteria, da un
predominio del meccanismo della rimozione, mentre la fissazione predisponente
sarebbe da individuare nella fase di passaggio dall'autoerotismo all'amore
oggettuale. ║ Per quanto riguarda la terapia della
s., la
psicoterapia è utilizzata solo in associazione alla farmacoterapia;
quest'ultima si basa sull'uso di psicofarmaci, in particolare neurolettici
maggiori, che portano alla sospensione di deliri e allucinazioni e a un discreto
controllo degli squilibri affettivi, permettendo un miglioramento del rapporto
fra malato e ambiente. Un ruolo importante svolgono anche le terapie di
comunità e di riabilitazione psicosociale.