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Sceneggiata.

Genere di spettacolo teatrale, parlato e cantato, di origine napoletana, ispirato a una canzone popolare dalla quale trae il titolo e il tema. ║ Per estens. - Messinscena con cui si cerca di muovere a pietà, impressionare o attirare l'attenzione, facendo credere ad altri ciò che in realtà non è: sono stanco delle tue s. • Teat. - La s. è caratterizzata da un'azione scenica vivace ed elementare e dalla presenza di pochi personaggi-maschere fissi e stilizzati, privi di una seppur minima definizione psicologica e imprigionati in un rigido sistema di ruoli e di situazioni topiche. La figura della donna-madre costituisce il polo positivo, cui si contrappone il personaggio del guappo, simbolo di disonestà ed elemento disgregatore del nucleo familiare. Gli altri personaggi, maschili e femminili, si collocano all'interno del campo di forze tracciato dai due protagonisti e, dando vita a uno sfondo comico che contrasta con le vicende tragiche rappresentate, sottolineano il contrasto tra presenze umane minori e grandi ideali. La s. portò sul palcoscenico la vita e i valori della più tipica società napoletana, concedendo agli spettatori di rivivere ciò che normalmente vivevano. • Encicl. - Influenzata da vari filoni della cultura partenopea (la canzone a contenuto sociale, il romanzo popolare, gli spettacoli di marionette incentrati su storie di camorra, i café chantant), la s. conobbe il successo negli anni Venti e Trenta del XX sec. La prima s. (Surriento gentile) venne rappresentata nel 1921 al teatro San Ferdinando a opera del comico di varietà Salvatore Cafiero e dell'attore drammatico Eugenio Fumo. Classici del genere furono 'O zappatore e Lacreme napulitane, musicati da Libero Bovio. Dopo un lungo periodo di crisi, che cominciò nel secondo dopoguerra, negli anni Settanta la s. venne non solo rivalutata dalla critica, ma anche reinterpretata da attori di rilievo (quali Mario Merola e Pino Mauro) che, mantenendone immutati schemi e convenzioni, proposero il genere anche al cinema.