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Scelta.

Libero atto della volontà che consiste nell'indicare, tra più persone, cose o soluzioni, quella che, in accordo a un determinato criterio oggettivo o di giudizio personale oppure a un determinato fine, si ritiene la migliore. Spesso il termine è accompagnato dall'aggettivo libera, usato semplicemente come rafforzativo. ║ Il termine viene usato anche in riferimento a importanti decisioni di comportamento, orientamento della propria esistenza, ecc.: fare una s. di vita. ║ A s.: come si preferisce, liberamente. ║ Contrattazione a s.: nei rapporti commerciali, quella in cui l'acquirente ha la possibilità di scegliere liberamente la merce più pregiata rifiutando quella difettosa. ║ Promozione a s.: nel linguaggio burocratico, quella decisa non sulla base di criteri di anzianità, ma in base al merito. ║ S. del tempo: la ricerca e lo sfruttamento del momento più favorevole per dare avvio a un'azione. ║ Selezione che, in un insieme di oggetti, separa quelli migliori, di maggior qualità e valore da quelli meno buoni: la s. della carne. ║ Di prima s.: di prima qualità. ║ Di seconda s.: di qualità piuttosto scadente. • Sport - S. del campo: quella effettuata dal capitano di una delle due squadre antagoniste, cui la sorte, determinata dal lancio di una moneta da parte dell'arbitro, conferisca il diritto di scegliere la metà campo in cui far schierare la propria squadra; la s., in genere, viene valutata sulla base di diversi fattori, quali il vento, la posizione del sole, ecc. • Econ. pol. - Il problema della s. venne affrontato parallelamente alla critica al Naturalismo economico, ossia alla convinzione che esista una società economica regolata da leggi naturali, opinione espressa storicamente dalla politica del laissez faire. Grazie a questa critica, la teoria economica si affinò, acquistò consapevolezza dei suoi metodi e del suo valore conoscitivo e si trasformò in scienza pura formale, basata su un calcolo di s. di mezzi per fini alternativi, secondo criteri di convenienza. Di qui la definizione dell'economia politica come teoria delle s. Le s. possono essere individuali (o del singolo) oppure sociali. Quanto alle prime, risultano determinanti al processo di s. gli obiettivi che con la s. si intende raggiungere e i vincoli cui deve sottostare la s. medesima. Ad esempio, un consumatore che deve decidere che cosa comperare tra più beni tutti potenzialmente acquistabili terrà conto del reddito di cui dispone, dei prezzi dei vari beni e dell'utilità di ognuno di essi, preferendo infine quello che risponde ad una maggiore utilità senza superare le risorse disponibili. La descrizione del processo di s. è molto più complessa qualora coinvolga un'impresa che debba tener conto della combinazione ottimale di fattori produttivi, della quantità di produzione o del prezzo di vendita. In questo caso, il numero dei vincoli effettivi o potenziali aumenta in relazione al crescere delle possibili reazioni da parte di altre imprese concorrenti; la situazione, inoltre, si complica ulteriormente all'aumentare del numero dei decisori, come avviene ad esempio se, all'interno dell'impresa, le decisioni competono non a una persona singola (il proprietario), ma a un gruppo di amministratori. Ne consegue l'estrema difficoltà delle analisi che hanno a oggetto le s. pubbliche, ovvero quelle s. che interessano il benessere dell'intera società e che implicano lo studio degli incentivi cui si trovano di fronte i protagonisti delle s. sociali. Già il francese Condorcet (XVIII sec.) e, successivamente, l'americano K. Arrow (metà del XX sec.) rilevarono i limiti di questo tipo di approccio, sottolineando come un qualunque procedimento democratico di s. collettiva, fondato sul principio della vittoria della maggioranza, non possa condurre a una s. indiscutibilmente fatta propria dalla collettività. Un ulteriore campo di indagine dell'economia politica riguarda le s. in condizioni di incertezza, ovvero i casi in cui non sia possibile stabilire con assoluta precisione l'esito di una s. Per superare questa difficoltà, la teoria economica ricorre a un modello fondato sull'utilità attesa dalla s.: assegnando una certa probabilità a ognuno dei possibili eventi, l'individuo prenderà una decisione tentando di privilegiare l'utilità dipendente dagli esiti delle decisioni prese. L'attuale impegno dell'economia politica consiste nel sostituire agli assiomi, che descrivono in modo approssimativo i processi decisionali degli individui, con una serie di ipotesi più fedeli ai criteri empiricamente adottati dai decisori. • Log. - Assioma di s.: assioma in base al quale, data una classe Q di insiemi non vuoti, si può costruire un insieme F, detto insieme selettivo in Q, costituito da uno e un solo elemento preso da ogni insieme di Q. Benché sia stato compiutamente formulato soltanto nel 1904 a opera di E. Zermelo, l'assioma di s. era stato già adottato in precedenza (tra il 1880 e il 1890 da G. Cantor, nel 1890 da G. Peano, nel 1902 da B. Levi). Si deve a B. Russell (1906) una nuova formulazione dell'assioma suddetto, definito principio moltiplicativo; in base ad esso, se A è un insieme di insiemi non vuoti a due a due disgiunti, esiste almeno un insieme S tale da contenere un unico elemento per ciascuno degli elementi di A. Nel 1908 lo stesso Zermelo considerò il postulato della s. come parte integrante della teoria assiomatica degli insiemi, dando di esso un'ulteriore formulazione: considerata una classe costituita da infiniti insiemi Ei non vuoti, esiste almeno una legge (detta funzione di s.) che a ogni Ei associa un elemento di Ei medesimo. Nel 1910 l'algebrista E. Steinitz sottolineò come non si possa prescindere dall'uso di questo assioma per la risoluzione di numerosi problemi matematici. Un'altra formulazione equivalente dell'assioma di s. (oltre a quelle di G. Hausdoreff nel 1914, di A. Tarski nel 1924 e nel 1938) fu quella di C. Kuratowski, definita lemma di Zorn-Kuratowski o principio dell'insieme massimale: un insieme parzialmente ordinato, di cui ogni sottoinsieme completamente ordinato ammette un elemento maggiorante, è caratterizzato da almeno un elemento massimale. Si deve a K. Gödel (1938) la dimostrazione dell'assoluta compatibilità dell'assioma di s. con gli altri assiomi delle teorie assiomatiche degli insiemi dell'epoca. Nel 1922 A.A. Fraenkel provò che, date certe condizioni, l'assioma di s. è indipendente dagli altri assiomi della teoria assiomatica, mentre nel 1936 P.J. Cohen effettuò la stessa dimostrazione senza più alcuna ipotesi restrittiva. Attualmente si ricorre all'assioma di s. in diversi rami della matematica (in algebra, in aritmetica dei cardinali, degli ordinali e degli ordinali transfiniti, in topologia e in analisi). • Filos. - Atto con cui la volontà esprime la propria preferenza tra più cose o azioni possibili, pronunciandosi a favore di una di esse. L'assunzione del concetto di s. si basa su un'opzione metafisica fondamentale a favore della libertà di determinazione, riconosciuta quale attributo imprescindibile dello spirito umano. Nella teoria socratica della virtù come forma di sapere era implicito uno stretto legame tra s. e questioni teoretiche: una volta identificato il vero bene nel bene per l'anima, Socrate affermò che, posto che ogni uomo agisce mirando al bene per sé, chi si comporta male è colui che ignora quale sia il vero bene. Ne derivano i celebri paradossi secondo cui “nessuno pecca volontariamente” e “chi fa il male lo fa per ignoranza del bene”, nonché l'accusa di intellettualismo mossa all'etica socratica, colpevole di sopravvalutare la funzione dell'intelletto e dimenticare l'influenza esercitata sull'uomo dalla volontà e dalla parte istintivo-affettiva. Nella filosofia platonica, il problema della libertà del destino umano venne affrontato nel mito di Er, che svelò agli uomini la sorte che li attende dopo la morte: al momento della reincarnazione, ogni anima ha la possibilità di scegliere il modello di vita che lo accompagnerà nella sua prossima esistenza e la s., generalmente, viene determinata dalle esperienze che l'anima ha fatto proprie nella sua vita anteriore. L'uomo, dunque, è libero poiché vivere significa decidere e scegliere il proprio destino. Nell'Etica nicomachea Aristotele chiamò libero ciò che ha in sé il principio dei suoi atti o è “principio di se stesso”, affermando che l'uomo è libero proprio in questo senso. Una volta identificata la virtù nella vita secondo ragione, secondo Aristotele la s. tra virtù e malvagità dipende esclusivamente dall'uomo, essendo manifestazione della sua libertà. Analogamente, sant'Agostino avrebbe rilevato come la libertà umana non risieda nella possibilità di scegliere il bene o il male, ma nel riconoscimento del valore di verità del bene e nella libera adesione ad esso. Nella filosofia di Epicuro, il rigido meccanicismo del mondo fisico, che esclude dalla spiegazione del reale qualunque altra causa al di fuori delle leggi deputate a regolare il movimento dei corpi, vi è un unico elemento, non sottoposto a necessità, in grado di salvaguardare la libertà di s. dell'uomo: la deviazione casuale degli atomi dalla loro traiettoria rettilinea. Analogamente, nello Stoicismo la libertà umana risiede nell'autodeterminazione, cioè nella capacità da parte dell'uomo di conformarsi all'ordine razionale, necessario e perfetto del mondo e, in ultima analisi, a Dio medesimo, quale natura intrinseca, presente e operante in tutte le cose. A queste filosofie della necessità si ispirò la più moderna concezione spinoziana, secondo la quale la possibilità per l'uomo di scegliere liberamente riposa sulla conoscenza del Dio-Natura, laddove quest'ultimo non è semplicemente l'insieme o la somma delle cose, ma la struttura globale delle leggi e delle relazioni necessarie fra le cose, il sistema o l'ordine geometrico che regola il tutto in accordo a precise e immutabili concatenazioni. La posizione di Lutero sulla libertà di s. è dichiarato nel De servo arbitrio; l'onnipotenza e la prescienza divina escludono il libero arbitrio, poiché non è possibile ammettere contemporaneamente la libertà divina e quella umana. Dio, dunque, opera ugualmente negli uomini il bene e il male e perciò la salvezza, come la dannazione, dell'uomo è soltanto opera sua. All'obiezione che in tal caso Dio è anche autore del male, Lutero rispose affermando che Dio non è tenuto al rispetto di alcuna regola: Dio non sceglie una cosa perché è giusta, ma ciò che egli sceglie è per ciò stesso giusto. A G. Buridano si deve la concezione secondo cui la volontà, nel caso di una eguale valutazione da parte dell'intelletto di due oggetti, non sarebbe in grado di decidere per l'uno o per l'altro. Nella filosofia di Kant la libertà non è da intendersi come possibilità di scegliere fra due contrari, ma come autonomia del principio pratico che determina la volontà. Il risvolto etico della rivoluzione attuata da Kant risiedeva nel fatto che la legge morale è a priori, ossia ha origine nel soggetto indipendentemente da ogni contributo esterno. La legge morale, dunque, è autonoma nei confronti delle posizioni empiristiche e razionalistiche che implicavano etiche eteronome; inoltre, non solo essa è a priori, ma è assolutamente a priori: infatti, se l'a priori della ragione teoretica informava i dati dell'esperienza, la ragione pratica determina non un oggetto, ma i motivi razionali che guidano il volere perché sia morale (quindi, in ultima analisi, se stessa). Nell'ambito dell'Esistenzialismo, il problema della s. acquistò una rilevanza peculiare poiché si identificò in essa il tratto fondamentale e distintivo dell'esistenza umana. Kierkegaard, in particolare, fece del singolo l'oggetto privilegiato della propria speculazione, affermando che chiunque può diventare un singolo se si assume il rischio e la responsabilità di scegliere in prima persona fra tre possibilità fondamentali o modelli di vita: lo stadio estetico, lo stadio etico e quello religioso. In Heidegger, invece, la dimensione della possibilità conduce l'uomo alla consapevolezza dello scacco. L'esistenza umana, secondo il filosofo, è costituita da possibilità, cioè da s.: scegliere significa trascendere il mondo, come di fatto si presenta, per costituirlo secondo significati che fanno capo all'uomo stesso (la strada per camminare, il fuoco per riscaldarsi). In ciò, tuttavia, non c'è s. autentica: ogni s. rigetta infatti l'uomo nella fatticità del mondo che egli credeva di aver trasceso e oltrepassato. Solo la morte, secondo Heidegger, costituisce “la possibilità dell'esserci più propriamente incondizionata, certa e come tale indeterminata e insuperabile”, cioè l'unica che possa sottrarsi al comune destino delle altre di ricadere al livello di un fatto. Nella speculazione di Sartre, infine, la libertà di s. è da intendersi come incondizionata e illimitata possibilità da parte dell'uomo di modificare, e dunque nullificare, in ogni istante il suo fondamentale progetto di vita. All'angoscia derivante da questa concezione della s. va associata la negazione di un valore oggettivo in riferimento alla s. medesima: tutte le possibilità si equivalgono fra loro, essendo tutte in sé differenti. Sartre, inoltre, mise in luce il principio della responsabilità morale della s., rilevando come negli eventi del mondo vi sia sempre per l'uomo una s. da compiere, una responsabilità da assumere. L'uomo, in definitiva, è condannato a essere libero: anche scegliendo di non scegliere, egli non può in realtà sottrarsi alla s., poiché in tal modo sceglie semplicemente di essere cosa, oggetto, entità passiva, anziché attiva e responsabile. • Psicol. - S. d'oggetto: espressione adottata per la prima volta da Freud nei Tre saggi sulla teoria sessuale (1905) a indicare l'elezione di una persona a oggetto d'amore. Secondo lo studioso sono due le modalità di s.: quella per appoggio e quella narcisistica, entrambe determinate dalle pulsioni vissute dall'individuo nella prima infanzia. Nella s. d'appoggio la ricerca dell'oggetto d'amore si ispira alle figure dei genitori in quanto persone in grado di dispensare nutrimento, cure e sicurezza. Nella s. narcisistica, prevalendo la libido che il soggetto indirizza verso il Sé, l'oggetto d'amore viene ricercato il più possibile simile alla propria persona: Freud ipotizzò che tale meccanismo fosse alla base dell'omosessualità. La psicoanalisi contemporanea ha esteso il concetto freudiano in quello, più ampio, di relazione d'oggetto, in cui sono implicati tutti i rapporti emotivamente importanti nella vita di una persona, non più solo quelli amorosi. ║ S. della nevrosi: l'insieme dei diversi processi psichici che conducono una persona a sviluppare un particolare tipo di nevrosi e non un altro, sulla base di elementi comuni simili (quali l'ereditarietà, i traumi infantili, ecc.) e di processi psichici generali pure simili (quali la difesa contro l'angoscia, la gestione dei conflitti, ecc.).