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Salmo.

(dal greco psállos, der. di psállo: cantare con accompagnamento, calco dell'ebraico mizmor). Componimento poetico a carattere lirico e contenuto religioso. Rappresenta l'espressione poetica originale più alta della tradizione ebraica, i cui prodotti sono conservati nel canone biblico ebraico e tramite esso sono confluiti nella tradizione cristiana (V. SALTERIO e SALMODIA). • Lett. - Libro dei S.: libro della Bibbia che raccoglie un vasto numero di composizioni poetiche a carattere religioso, chiamato in ebraico Sefer tehillim o semplicemente Tehillim (Canti di lode). Il Libro conta 150 s. nella Bibbia ebraica e nella Vulgata latina, mentre ne presenta 151 nella versione greca dei Settanta e addirittura cinque in più in alcuni manoscritti siriaci, a loro volta derivati da quelli di Qumran. La diversità di numerazione interna ai componimenti che si rileva nelle tre redazioni principali (ebraica, latina e greca) sono dovute ai casi di fusione di uno o più s. o al contrario di partizione di alcuni di essi: le attuali traduzioni nelle lingue moderne seguono di norma la numerazione ebraica. ║ Formazione e divisione del Libro dei S.: la raccolta biblica dei s. non esaurisce, ovviamente, tutta la produzione ebraica antica, ma rappresenta l'esito di un lungo processo non solo compositivo ma anche di sistemazione letteraria che, secondo gli studiosi, si protrasse, dai suoi albori fino alla sua conclusione, per circa un millennio. Molti s. riportano annotazioni iniziali inerenti il genere del componimento, l'occasione della sua composizione e della sua recita, il modo e il tempo opportuno per la sua esecuzione ed, infine, il nome dell'autore. Grazie a tali notizie, supportate ove mancanti dai risultati del metodo comparativo, l'esegesi biblica ha potuto confermare che all'origine del Libro stanno, con ogni probabilità, una serie di raccolte più antiche, così individuabili: 1) raccolta costituita dai s. 3 fino al 41, caratterizzati dalla titolatura a Davide o di Davide, con la sola eccezione del s. 10, esito di una divisione del s. precedente, e del s. 33, che è un'aggiunta posteriore. 2) Raccolta costituita dai s. 51 fino al 72, con medesima titolatura, ad eccezione dei s. 71 e 72, al cui termine è posta la formula hanno fine le preghiere di Davide figlio di Jesse. 3) Raccolta costituita da gruppi distinti per autore (Corah, s. 42-49; Asaf, s. 50, 73-83; Heman ed Etan, s. 88-89). 4) Raccolta detta alleluiatica, perché ogni s. ha carattere liturgico e inizia con l'esortazione lodate Yahwé o alleluia: si tratta dei s. 105-107; 111-118; 135-136; 146-150. 5) Raccolta detta, dall'intestazione dei singoli componimenti, dei Canti di Sion, comprendente i s. dal 120 fino al 134. Oltre a tali gruppi principali, se ne evidenziano anche altri minori, come quello detto della regalità di Yahwé (s. 93-99), i s.dello Hallel (113-118), i s. del piccolo Hallel (146-150) o i s. del grande Hallel (135-136). Inoltre, mentre nei s. 1-43, ricorre esclusivamente il nome proprio di Dio, Yahwé, nei s. dal 43 all'83 è utilizzato il termine, comune a tutti popoli semitici, Elohim; in tutti gli altri componimenti torna, invece, il nome mosaico Yahwé. Pur avendo identificato questi nuclei di composizioni tra loro omogenee, sfugge agli studiosi moderni il criterio mediante il quale il Libro nel suo complesso assunse la forma attuale e secondo il quale un gruppo fu accostato all'altro. I s., comunque, furono ripartiti in cinque libretti, a richiamo della partizione della Legge (Pentateuco) in cinque libri; la divisione venne indicata mediante l'uso di una formula dossologica (V. DOSSOLOGIA) che funge da divisiorio: 1) s. 1-41, con dossologia Lodate Yahwé Dio di Israele; 2) s. 42-72, con dossologia Sia benedetto il suo nome glorioso in eterno; 3) s. 73-89, con dossologia Benedetto Yahwé per tutta l'eternità. Amen, Amen!; 4) s. 90-106, con dossologia Benedetto Yahwé Dio d'Israele, tutto il popolo dica Amen, Alleluia; 5) s. 107-150, con dossologia Tutto ciò che respira lodi Yahwé. Risulta evidente, in base a quanto esposto, che a prescindere dalla sistemazione finale del Libro, la data di composizione varia al variare dei gruppi e delle raccolte: se in un primo tempo gli studiosi ritenevano che la maggior parte dei s. fosse stata composta dopo l'esilio babilonese, oggi si ritiene più corretto situare il termine ante quem per buona parte di essi al 587 a.C., cioè in epoca anteriore all'esilio. Ciò ovviamente non esclude che un certo numero di s. siano più tardi, come il celeberrimo s. 137 “Lungo i fiumi di Babilonia un popolo versa il suo pianto...”, ovviamente postesilico, o come altri riconducibili al tempo dei Maccabei (s. 44, 73, ecc.). In ogni caso, il Libro dei S. assunse la sua forma definitiva, per composizione e sistemazione, intorno al III sec. a.C. ║ Classificazione dei s.: il criterio classificatorio più utilizzato e più adeguato risulta essere quello basato sulla forma e sul genere letterario delle singole composizioni, caratterizzate per struttura e scelta tematica. La critica ha identificato alcuni tipi, tra cui: 1) i cosiddetti s. regi, che riflettono momenti del rapporto tra il re e Dio, suppliche, voti, ringraziamenti, ecc. In essi si evidenzia la particolare concezione della regalità del popolo di Israele, per il quale il re, pur beneficato da una sorta di adozione divina (significata dall'unzione con l'olio sacro), rimaneva ben poca cosa di fronte a Dio, cui doveva rendere conto delle proprie azioni. Questi s. (2, 18, 20, 21, 72, ecc.) furono spesso interpretati in chiave messianica anche prima dell'inizio dell'era cristiana. 2) Il tipo dell'inno, tra i più antichi della letteratura ebraica, era un genere condiviso non solo con quella semitica ma anche con quella mesopotamica. Di norma iniziano con l'esortazione alla lode del Signore e proseguono con l'esposizione del perché Egli meriti tale lode (s. 8, 19, 29, 33, 84, 100, ecc.). 3) I s. di ringraziamento hanno struttura simile a quella degli inni, anche se mirati ad uno specifico motivo di lode rappresentato dalla preghiera esaudita. Si distinguono in canti di ringraziamento collettivi (quando l'autore invita altri ad unirsi a lui, ricordando le prove che il popolo ha superato con l'aiuto del Signore: s. 33, 65-68, 118, ecc.) o individuali (s. 30,34, 40, ecc.). 4) Al genere della lamentazione, anch'esso condiviso con le letterature delle popolazioni vicine, appartengono forse i s. di maggior valore artistico universale, che esprimono sentimenti di grande umanità di fronte ai dolori e alle tragedie della vita. Si distinguono le lamentazioni collettive, composte in occasione di pubbliche calamità e recitate nei giorni di penitenza (s. 44, 60, 74, 79, ecc.) e quelle private, in cui l'orante si immerge in un dialogo con Dio, implorando la liberazione dalla sofferenza, confessando la propria colpa e domandando il perdono (s. 3, 5-7, 22, ecc.): tutte queste preghiere esprimono anche la certezza di essere esauditi. Tra le lamentazioni sono inclusi i cosiddetti s. penitenziali (6, 32, 38, 102, 143), tra cui i più celebri (perché utilizzati nella liturgia cristiana) sono il De profundis (51) e il Miserere (130). 6) L'ultimo tipo, è quello delle maledizioni e benedizioni. I testi imprecatori includono le composizioni in cui, dopo aver descritto un male subito, l'orante scaglia delle maledizioni e chiede a Dio di lasciar loro corso (s. 35, 40, 15, 55, ecc.); quelli di invocazione consistono invece nella descrizione che l'orante fa del bene compiuto e nella richiesta a Dio perché esso sortisca in cambio una sorte benevola (s. 91, 115, ecc.). Tutti i s. erano, per origine e struttura, destinati al canto: hanno forma strofica (da tre a cinque versetti ciascuna) e metrica ritmico-accentuativa. Ogni verso presenta di regola da due a quattro accenti, fatto che valorizza al massimo l'accento tonico delle parole anche grazie alla partizione del verso in due emistichi. Pur se improntata alla massima semplicità e naturalezza, la poesia dei s. non manca di utilizzare raffinati moduli retorici, quali il ritornello, l'assonanza, il parallelismo (l'espressione cioè di un concetto mediante ripetizioni, analogie o antitesi).