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Saggezza.

Virtù propria di chi sa agire con equilibrio assumendo il comportamento più opportuno, moderando i propri desideri e valutando situazioni, parole e atti secondo ragione. In quanto virtù prevalentemente pratica, basata sull'esperienza, la s. viene spesso fatta coincidere con il buon senso o senso comune (s. popolare, s. proverbiale, s. contadina, ecc.), sulla base di una millenaria esperienza morale, religiosa, filosofica, che trova espressione in sentenze e proverbi. • Filos. - Secondo i primi pensatori greci, la s. è filosofia attiva e operante, e contiene in sé il principio e la sua attuazione pratica. Nel pensiero greco, il saggio-sapiente viene identificato con lo scienziato-filosofo, come avvenne per Pitagora. Il saggio è dunque l'uomo completo che sa unire in sé teoria e pratica in tutte le discipline e le arti. Per la filosofia stoica, la s. consiste nel rapporto armonico dell'individuo con il mondo, che si traduce in azioni disinteressate che rifiutano ogni compromesso con le passioni. Lo Stoicismo esalta infatti la dignità del saggio, che, libero e imperturbabile, si pone di fronte alla realtà e sopporta serenamente i colpi avversi della sorte. Con Aristotele si comincia a distinguere tra sapienza, legata all'attività teoretica, e s., legata all'attività pratica. L'ideale antico di una s. intesa come vittoria sulle passioni, come raggiungimento della quiete interiore e della serenità spirituale si presenta ancora vivo in età medioevale. Esso, anzi, si fa ancora più intenso quando si coniuga agli ideali cristiani di salvezza e di purificazione morale. La s. contenuta nella dottrina cristiana afferma i valori della vita e della personalità. Vera s. per il cristiano è la rinascita dello spirito e la prassi della redenzione, non la pura conoscenza teorica del bene. Nel pensiero scolastico medioevale l'idea di sapienza si presenta sotto il duplice aspetto teorico e pratico, quest'ultimo rappresentato dal misticismo. In San Tommaso d'Aquino la s. si presenta come unità di conoscenza e di amore, di sintesi tra astratto e concreto. Non molto diversa è la posizione dei pensatori successivi sino a Cartesio, che considera la s. come scienza per la vita. Nel pensiero di Leibniz la s. si presenta come il riconoscimento che tutto ha una sua ragion d'essere, mentre con Spinoza si ha un ritorno alla concezione stoica. A questa si richiamano anche Montaigne e Pascal, contrari a ogni forma di astrattezza filosofica. Alla concezione cinica si richiama Schopenhauer, per il quale il saggio è colui che giunge a riconoscere che nella vita non esiste la gioia ma soltanto l'assenza di dolore. Nell'ambito del pensiero contemporaneo, il tema della s. si ritrova nell'Esistenzialismo, che insiste su una concezione della vita come precarietà, regno dell'incertezza e del rischio. A differenza dell'etica antica che faceva coincidere la s. con la liberazione dai turbamenti delle passioni, l'etica contemporanea considera con benevolenza le passioni, nelle quali ravvisa la condizione preliminare per ogni progresso spirituale.