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Sacro.

(dal latino sacer: sacro). Che appartiene, riguarda, è connesso alla divinità, alla religione e ai suoi culti e, in quanto tale, esige rispetto e venerazione. ║ Tutto ciò che è relativo alla sfera del divino, della religione e del rito, in opposizione a quanto è detto profano. ║ Per estens. - Ciò che, pur senza appartenere propriamente alla sfera religiosa, è oggettivamente o soggettivamente considerato degno del massimo rispetto. ║ Fuoco s.: nell'antica Roma, il fuoco alimentato perennemente dalle vestali. ║ S. Scrittura: la Bibbia, costituita dai libri dell'Antico e del Nuovo Testamento. ║ S. Specie: il pane e il vino una volta consacrati durante la celebrazione eucaristica. ║ S. fonte: il fonte battesimale. ║ S. collegio: il consesso costituito dai cardinali della Chiesa cattolica. ║ Il poema s.: la Divina Commedia, così chiamata da Dante stesso per la materia religiosa che affronta. ║ Male o morbo s.: nome dato anticamente all'epilessia, a causa delle sue manifestazioni convulsive attribuite a possessioni divine. ║ S. Romano Impero: V. SACRO ROMANO IMPERO. ║ S. Rota: V. ROTA. ║ S. Corona Unita: V. SACRA CORONA UNITA. • St. delle rel. - Lo studio disciplinare delle manifestazioni religiose nelle varie culture umane ha tra i suoi principali oggetti di ricerca la definizione del contenuto che il concetto di s. ha assunto in esse. Un primo sistematico approccio al problema, che riguarda nientemeno che il dato costitutivo delle religioni stesse, fu proposto da R. Otto (V.), iniziatore della scuola cosiddetta fenomenologica o irrazionalistica. Egli sottrasse il fenomeno del s. alle categorie della razionalità o della moralità, affermandone la sostanziale autonomia rispetto a tutte le altre attività dello spirito e riconducendolo invece ad una sorta di percezione emotiva (sentimento del numinoso) in base alla quale l'uomo percepì fin dalle origini l'esistenza oggettiva di entità a lui superiori e generò dentro di sé, appunto, il senso del s. Secondo gli studiosi di questa scuola, l'oggetto di tale sentimento, vale a dire ciò che in definitiva emana la sacralità, in quanto metastorico (esterno alla storia) non è indagabile dallo studioso, mentre sono pienamente soggetti all'indagine conoscitiva le manifestazioni fenomenologiche del sentimento stesso (le religioni storiche). Secondo la scuola sociologica francese, invece, il concetto di s. non può essere definito in sé, ma solo in contrapposizione a quello di profano, in quanto ogni religione storicamente attuata si fonderebbe sulla distinzione dialettica di queste due dimensioni. Elemento costitutivo delle religioni strutturate non sarebbe altro, infatti, se non la delimitazione del campo del s. da quello del profano: entrambi i termini tuttavia assumono valenza e contenuti differenti in relazione alla realtà culturale di cui sono il prodotto, ragione per cui non esiste una definizione univoca né dell'uno né dell'altro. Uno dei caratteri ricorrenti del s. nelle differenti religioni, è quello di rappresentare una qualità che viene attribuita ad una serie di oggetti: a luoghi (templi, boschi o polle d'acqua, ecc.), ad unità di tempo (giorni o periodi festivi, ecc.), a persone (re, sacerdoti, indovini, ecc.), ad azioni (riti, espressioni profetiche, ecc.) o ad oggetti (strumenti rituali, feticci, ecc.). Ciò o chi sia dotato della qualità del s. si distingue dalle altre cose o persone del suo stesso genere, imponendo all'uomo un comportamento particolare nei loro confronti: gli obblighi e i divieti ad essi relativi originano dalla credenza che la sacralità conferisca una speciale potenza che, se le prescrizioni sono rispettate, si manifesta come positiva, nel caso contrario come negativa (esempio massimo di tale ambivalenza è il tabù, la cui infrazione anche involontaria comporta impurità e morte; (V. TABÙ). Ciò che è s. è dunque venerato ma anche temuto, è considerato benefico, ma anche pericoloso e per questa ragione, in alcune lingue, un medesimo vocabolo assume il doppio significato di s. e maledetto (si veda il latino sacer). Poste tali premesse, è evidente l'impossibilità per lo storico delle religioni di giungere ad una definizione di s. che sia universale e valida per ogni contesto culturale. Entro limiti convenzionali e non rigidi, tuttavia, è lecito individuare la funzione del s. nel senso di un'attribuzione che qualifica nelle varie culture ciò che è ritenuto immutabile e sottratto al divenire storico e all'instabilità delle contingenze: questo spiegherebbe la precoce sacralizzazione sia di realtà naturali (il fulmine, il vento, il vulcano, la foresta, il fiume, ecc.) sia di antiche istituzioni umane (il tempio, il re, ecc.) accomunate dalla funzione di dare forma conoscibile e ordine al mondo in cui vive la comunità. Secondo una definizione più disciplinare, l'attribuzione di s. concerne ciò che consente l'ordine cosmico a fronte del caos iniziale. Funzione secondaria del s., e derivata da quella esposta sopra, è quella dedicatoria-liberatoria: la sacralizzazione di determinate persone, atti, tempi, luoghi, oggetti, infatti, sancisce contemporaneamente la non sacralità di tutto il resto, che può essere destinato senza tema alla vita ordinaria, in una precisa struttura universale che indica ciò che è s., profano e sacrilego. • Mus. - Musica s.: genere musicale cui appartengono le composizioni musicali destinate alle funzioni del culto, che il regolamento promulgato da Pio X nel 1903 volle distinguere dalle composizioni più genericamente ispirate da sentimenti religiosi, definite come musica religiosa. Per quanto riguarda la Chiesa cattolica di rito latino, la storia della musica s. si identificò a lungo con quella del canto gregoriano (V. GREGORIANO, CANTO) e con la sua evoluzione verso il canto polifonico (V. POLIFONIA). Fino al XV sec., tuttavia, la musica s. fu di regola vocale (a cappella), e il solo accompagnamento consentito era quello dell'organo; in seguito si aggiunsero altri strumenti (Monteverdi nel 1610 ne inserì alcuni in una Messa) e, nel corso dei secoli, si registrò una sempre maggior influenza della musica profana su quella s. Il già citato regolamento di Pio X ribadì la preferenza della musica a cappella e d'organo, pur ammettendo forme più moderne, purché adatte alla funzione. Il Concilio Vaticano II raccomandò una congruenza tra testi e musica per un accompagnamento dignitoso della liturgia. • Arte - Arte s.: si definisce tale in base alla finalità cui è destinata. In quanto tale, nella cultura occidentale, essa riguarda le opere figurative e architettoniche relative agli edifici di culto della Chiesa. L'istituzione ecclesiale, soprattutto a partire dal Concilio di Trento, volle disciplinare, in base alle esigenze dottrinali e del culto, l'iconografia e l'edilizia s.: ciò ha comportato talvolta la sanzione ai danni di opere di notevole pregio artistico che, sebbene ispirate da autentico sentimento religioso (basti pensare a certe tele di Caravaggio), non erano rispondenti alla sorvegliata ortodossia, richiesta nelle raffigurazioni destinate ai fedeli. Dal 1924 a salvaguardia del patrimonio artistico della Chiesa è sorta in Italia una Pontificia commissione per l'arte s., cui è subentrata nel 1989 la diretta responsabilità della Conferenza episcopale italiana, mentre su un piano più generale è attiva dal 1993 la Pontificia commissione per i beni culturali della Chiesa. • Teat. - S. rappresentazione: genere teatrale di argomento religioso, nato in Italia intorno al XIV sec. e coltivato fino al XVI sec. Pur non essendo ancora chiarite le modalità della sua derivazione dal dramma liturgico, è comunque certa la sua genesi dalla lauda (V.) dialogata. Nel Trecento, l'introduzione di più personaggi e la cura dell'elemento scenico ne fecero una forma letteraria compiutamente drammatica, autonoma e svincolata dalle cerimonie liturgiche. Gli argomenti, tratti dalla Bibbia, da testi agiografi, dalle vite dei santi, ecc., furono ben presto contaminati con temi avventurosi e fiabeschi o leggende profane. Il metro, in origine vario, si fissò sul tipo dell'ottava cavalleresca (rimata in coppia, ABABABCC), che per la sua ampiezza consentiva una comoda conduzione dei dialoghi drammatici. L'azione vera e propria era preceduta da un prologo (detto anche annunciazione perché recitato da un attore in veste d'angelo), una sorta di riassunto della vicenda e di captatio benevolentiae del pubblico. Il finale consisteva nella licenza, recitata dallo stesso attore, che ringraziava l'uditorio. I testi più antichi sono trecenteschi, tutti anonimi, e ci sono giunti in una sorta di compilazione intitolata Creazione del mondo che porta la data del 1405. Il genere ebbe grande fioritura: dall'Abruzzo ci è nota una Legenda de sancto Tomascio, da Sulmona una Passione (in 388 stanze), da Roma un'altra ampia Passione, dal Veneto alcune Devozioni e una Festa dell'Assunzione, mentre dall'area piemontese, benché più tarde, provengono due s. rappresentazioni che si collegano, per struttura e per rigore dell'impianto teologico sotteso al dramma, ai mystères francesi: la Passione di Revello (1490), che narra in circa 13.000 versi l'intera vita di Cristo, e Gelindo (inizi del XVI sec.), appartenente ad un ciclo natalizio e che introdusse la figura profana di un personaggio schiettamente popolare, il contadino Gelindo (cui forse si ricollegò la maschera di Gianduia). La più fruttuosa elaborazione letteraria delle s. rappresentazioni si svolse però a Firenze, dove il genere perse il suo carattere religioso-popolare e ne acquisì uno più colto e letterario. Tra gli autori ricordiamo F. Balcari (Abram e Isaac, 1449; Annunciazione, 1471); Lorenzo il Magnifico (Rappresentazione di San Giovanni e Paolo, 1491), B. Pulci (Barlaam e Josafat, fine del XV sec.), ecc. Successivamente cominciarono ad individuarsi i processi di saldatura tra il teatro s. e quello profano di derivazione classica: un primo esempio è offerto dall'Orfeo (1480) di Poliziano, che adattò lo schema della s. rappresentazione ad un soggetto mitologico. Nel 1547 Vasari poteva già affermare che il genere era ormai dismesso a vantaggio del teatro classicistico, fatto salvo il perdurare della sua fortuna a livello popolare. ║ In Europa, il genere assunse forme analoghe nelle diverse letterature nazionali. Citiamo qui i miracles (V. MIRACOLO), che ebbero grande diffusione nei secc. XII-XIV, e i mystères (V. MISTERO) francesi, di carattere più grandioso e spettacolare; l'autó sacramental (V. AUTO) spagnolo, in cui Calderon de la Barca realizzò la fusione dell'ispirazione medioevale con la cultura umanistica ed infine i miracle plays inglesi. • St. - Guerre s.: presso i Greci erano dette s. tutte le guerre intraprese allo scopo di difendere l'incolumità di un santuario o di vendicarne la violazione. In particolare, tuttavia, gli storici intendono per guerre s. quelle indette dal concilio dei membri dell'anfizionia (V.) delfico-pilaica, che includeva 12 città-Stato; esse furono combattute ufficialmente per la tutela dell'integrità e neutralità del santuario di Apollo a Delfi, ma in realtà per ottenere su di esso un controllo che non era solo religioso o onorifico, ma comportava un'egemonia politica della città che lo detenesse. ║ Prima guerra s. o guerra di Crisa (592-582 a.C.): scatenata dalla ribellione degli abitanti di Delfi contro la dominazione di Crisa, capoluogo della Focide, sul santuario. Vi parteciparono in particolare Ateniesi, Tessali e Sicionii, che distrussero la stessa Crisa. Delfi fu dichiarata indipendente e in memoria della vittoria furono istituiti giochi pitici. ║ Seconda guerra s. (448 circa a.C.): contrappose gli Spartani ai Focesi, che, alleati di Atene, erano stati insigniti di autorità sul santuario delfico. Sparta invase la Focide, intimando il ripristino dell'autonomia di Delfi; l'intervento di Pericle liberò la Focide e impose a Delfi una nuova alleanza con Atene. ║ Terza guerra s. (356-346 a.C.): scoppiò mentre era egemone nell'anfizionia la città di Tebe. I Focesi occuparono militarmente il santuario, impossessandosi anche del tesoro di Apollo, trovando alleati in Sparta e Atene, che miravano a piegare la supremazia tebana. Gli si contrappose una lega tra Tebe e la Tessaglia, allora guidata da Filippo II di Macedonia, in difesa dell'anfizionia. Dopo alterne vicende e la grave sconfitta subita a Croco (352 a.C.), i Focesi dovettero capitolare, anche perché Atene aveva patteggiato la propria resa nel 346 a.C., con la pace di Filocrate. L'anfizionia escluse la Focide dal consiglio e assegnò i due voti cui aveva diritto a Filippo, fatto gravido di conseguenze perché inserì la Macedonia nello scacchiere greco. ║ Quarta guerra s. (340-338 a.C.): originata da una denuncia contro Anfissa, che aveva contravvenuto al divieto dell'anfizionia di coltivare la piana di Crisa. Diede l'occasione a Filippo di penetrare in territorio greco per affermarvi la propria egemonia. Gli si contrapposero Ateniesi e Tebani, che furono sconfitti a Cheronea nel 338 a.C., anno cui risale la signoria macedone su tutta la Grecia. ║ Lega s.: alleanza promossa da Pio V: fu stipulata nel 1571 tra Stato pontificio, Spagna e Repubblica di Venezia per fronteggiare l'espansione turca verso l'Europa e mirava anche alla conquista del Santo Sepolcro. Ottenuta la vittoria di Lepanto, la lega si sciolse nel 1573 per dissidi interni.