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Sacrifìcio.

(dal latino sacrificium, composto di sacrum: sacro e facio: fare). Termine generico, applicato nelle varie religioni a riti diversi per modalità e funzione, ma tutti caratterizzati dall'offerta solenne di qualcosa ad un'entità extraumana. ║ Ciò che costituisce l'offerta stessa. ║ Per estens. - Qualunque offerta, concreta o simbolica fatta alla divinità. ║ Fig. - Grave perdita o rinuncia, assunta volontariamente per realizzare un ideale o raggiungere un obiettivo. ║ Estremo s.: offerta spontanea della propria vita per un ideale (la patria, la collettività o altro). ║ S. della Croce: l'atto volontario per il quale Gesù offrì se stesso come vittima sacrificale in espiazione dei peccati degli uomini. ║ Santo s.: nella religione cattolica, la celebrazione della liturgia eucaristica, memoriale incruento del s. di Cristo sulla Croce. • St. delle rel. - Il s. è un gesto rituale, comune pressoché a tutte le religioni, che si carica di volta in volta di differenti connotazioni per natura e finalità. In base ad un'analisi generale, il s. appare costituito da alcuni elementi fondamentali: la credenza in una o più entità potenti, superiori e sovraumane, destinatarie del s.; una persona o un gruppo sacrificante; un oggetto o un essere animato sacrificato; un rituale (consacrazione) che comporta il trasferimento dell'offerta o della vittima dalla sfera del profano a quella del sacro, che si attua mediante immolazione, consumazione o abbandono dell'offerta o della vittima che diventano in tal modo proprietà dei destinatari. ║ Significato e tipologia del s.: le opinioni degli studiosi in merito alla genesi dell'istituto del s. e in merito all'ideologia ad esso connessa non sono univoci. Secondo E.B. Tylor (V.), iniziatore della comparazione etnologica nella storia delle religioni, il s. nacque dalla concezione antropomorfica della divinità, come tentativo, propiziatorio e apotropaico o espiatorio, di assicurarsi la sua benevolenza. Secondo la teoria di Tylor, la funzione contrattuale del s., che agiva in base al principio del do ut des (faccio un'offerta per riceverne qualcosa in cambio), sarebbe stata superata, nel corso dell'evoluzione spirituale delle culture umane, dalla tipologia del s. come omaggio o come rinuncia volontaria. Altre scuole, tuttavia, come quella preanimista, non ritengono vincolante l'esistenza di un'idea antropomorfica della divinità per la nascita del s.: in quest'ottica il rito, infatti, non si configura come offerta che attende una ricompensa, ma piuttosto come atto magico mirante ad agire su potenze impersonali (secondo il principio analogico, oppositivo, del parallelismo tra macrocosmo e microcosmo, ecc.). Diversa ancora è l'interpretazione del s. data dai seguaci della scuola totemica, che vedono nel rito non già il trasferimento dell'offerta a vantaggio della divinità, ma l'assorbimento da parte del sacrificante della forza della divinità stessa, che passa all'uomo grazie alla mediazione della vittima dedicata, di cui ci si deve cibare. Nonostante la molteplicità degli indirizzi di studio che la disciplina offre in merito all'argomento, è possibile sostenere una minimale partizione dei riti sacrificali noti: un primo gruppo - propiziatorio - intende stabilire, grazie alla mediazione dell'offerta/vittima, un rapporto diretto con una divinità benevola e positiva (dono e pasto sacrificale); un secondo gruppo - apotropaico - intende scindere e annullare ogni possibile rapporto con una divinità pericolosa o di cui si teme una vendetta (offerta primiziale, s. sostitutivo). Nel primo caso, l'aspetto caratterizzante è quello della comunione e della commensalità: il sacrificante si ciba di ciò che è stato reso sacro mediante il rito e di cui la divinità stessa si ciba (atto simbolizzato, ad esempio, dalla completa combustione dell'offerta), istituendo così un rapporto solido e duraturo con essa. Nel secondo caso, l'offerta vuole simboleggiare uno scioglimento, una risoluzione del rapporto, tramite la donazione di qualcosa che funga da sostituto della persona sacrificante o che, parte di un'unità, ne simboleggi il tutto. Ad esempio, l'offerta primiziale, rappresentando ideologicamente l'intero raccolto, viene consacrata e offerta al dio come ciò che gli è dovuto, desacralizzando il resto del cibo che diventa così fruibile senza conseguenze negative per l'uomo: la dedicazione di una parte di prodotto riscatta tutto il resto per l'uso umano. ║ S. umano: il s. con vittima umana è stato un fenomeno di larga diffusione, praticato in passato dai popoli di ascendenza indoeuropea e semitica come da quelli dell'America precolombiana, dagli indigeni dell'Africa e dell'Oceania. Il concetto principale sotteso ad esso è quello del riscatto, cioè della morte di uno in cambio della salvezza della collettività. Esso può essere letto come una forma particolare di s. primiziale: il s. dei primogeniti assicurava la vita di tutti i figli successivi (il rito ebraico della circoncisione ne è un residuo più tardo), l'offerta al dio della vita di elementi preziosi della società (fanciulle, giovani, ecc.) tutela la collettività dalla possibilità che la divinità stessa prenda la vita di tutti o di molti. Il s. umano appartiene, per altri versi, anche al tipo del s. di sostituzione: i suicidi rituali miravano infatti al riscatto, per sostituzione, della comunità (nell'antica religione romana era attestata la pratica della devotio, in cui il capo di un esercito offriva la propria vita per la vittoria; analogamente sono note in altre culture tipologie di autoimmolazione, come l'harakiri giapponese). Un esempio classico, infine, di s. umano a carattere lustrale (purificatorio) era quello dei pharmakói greci: le vittime prescelte, vagavano simbolicamente per la città a raccogliere su di sé tutti i peccati degli abitanti: in tal modo la morte dei sacrificati avrebbe comportato anche l'eliminazione delle colpe di tutta la città (in un secondo tempo l'uccisione rituale fu sostituita dall'espulsione dalle mura urbane). ║ Nella religione ebraica, il s. fu originariamente un evento privato, un momento di ringraziamento e dedicazione nel rapporto del singolo con la divinità. Nel momento in cui gli Ebrei connotarono se stessi e si identificarono come il popolo dell'Alleanza, anche il s. divenne parte del culto ufficiale e fu governato da un complesso rituale pubblico. Accanto a s. di ringraziamento o di adorazione, vi erano quelli a carattere espiatorio: essi potevano essere celebrati in riparazione di colpe o di infrazioni alla Legge dei singoli, e dunque si svolgevano con rito privato, oppure per la purificazione di tutto il popolo. Grandi s. espiatori pubblici venivano celebrati ad esempio per Yom Kippur (Giorno dell'espiazione), Pesah (Pasqua). Nel Cristianesimo la pratica sacrificale perse ogni efficacia, dal momento che la morte sulla croce di Gesù aveva celebrato una volta per tutte il s. perfetto, riscattando per sempre l'uomo dalla morte e dal peccato. Non c'è dunque ragione di celebrare nessun altro s., se non il memoriale incruento di quell'unico, cioè la Messa. • Econ. - S. del contribuente: concorso del cittadino alle spese pubbliche. • Giochi - Negli scacchi, la mossa che permette la cattura di un proprio pezzo senza vantaggio immediato, ma ottenendo in tal modo un miglioramento della propria posizione, una forte base d'attacco, ecc. • Sport - Nel judo, mossa che comporta anche la caduta dell'attaccante al fine di immobilizzare, in un secondo tempo, l'avversario.