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Sacrestìa.

(o sagrestìa). Locale o complesso di locali separato ma limitrofo alla chiesa, di norma attiguo all'altare maggiore, in cui sono custoditi gli arredi e i paramenti sacri necessari alla celebrazione del culto e dove i sacerdoti indossano i paramenti e le vesti liturgiche per le funzioni. Nella maggior parte dei casi consiste di un'ampia sala, le cui pareti sono occupate da armadi per riporre le suppellettili e i paramenti sacri, al cui centro è posto un altare. ║ Per estens. - Archivio e settore dell'archivio in cui erano conservati gli atti più importanti o che dovevano rimanere segreti. ║ Per estens. - Poco usato, per indicare, negli edifici bancari, le camere blindate sotterranee per la custodia dei valori, più comunemente dette caveaux. ║ Fig. - In odore di s.: detto di gruppi o ambienti improntati ad atteggiamenti bigotti. • Arch. - Da un punto di vista architettonico, la s. derivò dagli absidi minori delle basiliche paleocristiane (prótesis e diacónicon), acquistando autonomia funzionale soprattutto durante il Medioevo. A partire dal Rinascimento le s. furono dotate di forme sempre più raffinate e grandi dimensioni, fino a diventare edifici del tutto autonomi rispetto alla struttura della chiesa, talvolta concepiti come grandiose cappelle a sé stanti. Esempi notevoli, da un punto di vista artistico, sono le celeberrime s. fiorentine (S. Vecchia di San Lorenzo, di Brunelleschi; S. Nuova, di Michelangelo; S. di Santo Spirito, di Sangallo, ecc.). Talvolta, nelle chiese maggiori, accanto alla s. destinata alle funzioni quotidiane, è presente un'altra s., destinata al capitolo o ai canonici, utilizzata anche per custodire reliquie sacre e le suppellettili che costituiscono il tesoro della chiesa stessa. Un caso unico è quello della basilica di Loreto, che comprende quattro s., collocate ai quattro angoli della pianta a crociera, dedicate ai quattro Evangelisti.