Regione (24.090 kmq; 1.662.955 ab.) dell'Italia
insulare, costituita dall'isola omonima e dalle isole minori di Sant'Antioco e
San Pietro, poste a Sud-Ovest, dell'Asinara e di Caprera, a Nord-Ovest,
dell'arcipelago della Maddalena e di Tavolara, a Nord-Est. Situata al centro del
bacino occidentale del Mediterraneo, a una distanza minima di 180 km dalla
penisola italiana, è la seconda isola del Mediterraneo per estensione.
È bagnata a Est dal Mar Tirreno, a Ovest dal Mar di Sardegna e a Sud dal
Mar Mediterraneo; le Bocche di Bonifacio la separano a Nord dalla Corsica.
Capoluogo: Cagliari. Amministrativamente è divisa in otto province:
Cagliari, Carbonia-Iglesias, Medio Campidano, Nuoro, Ogliastra, Olbia-Tempio,
Oristano e Sassari. È una regione autonoma regolata da
uno statuto speciale. Centri principali: Alghero, Olbia, Porto Torres, Quartu
Sant'Elena. • Geogr. -
Morfologia: di forma rettangolare, residuo di una massa già emersa
nel Paleozoico, l'isola è costituita in prevalenza da rocce granitiche
che presentano, a tratti, un'intensa mineralizzazione e da rocce sedimentarie e
vulcaniche posteriori. Il territorio, prevalentemente montuoso nella zona
orientale, è caratterizzato da una serie di gruppi montuosi (Limbara a
Nord, Gennargentu al centro e Sàrrabus a Sud-Est), che culminano nella
Punta La Marmora (1.834 m), nel massiccio del Gennargentu. La zona occidentale
dell'isola è invece occupata in prevalenza da altopiani e pianure, la
più vasta delle quali è la fossa tettonica del Campidano (2.350
kmq) che si estende nella parte sud-occidentale; essa collega il Golfo di
Oristano con il Golfo di Cagliari e separa il distretto formato dal Sulcis e
dall'Iglesiente, particolarmente ricchi di giacimenti minerari, dalla zona
montuosa. Nel settore nord-occidentale, tra Porto Torres e Alghero, si apre la
penisola collinare della Nurra. Le coste si presentano rettilinee lungo il
versante tirrenico, mentre sono frastagliate nella zona nord-orientale e
settentrionale. Di natura prevalentemente rocciosa, sono alte e ricche di
insenature (Golfi di Cagliari, di Palmas, di Oristano, dell'Asinara, di Olbia,
di Orosei); lungo le zone pianeggianti si presentano invece basse e sabbiose,
corredate di piccoli stagni costieri utilizzati come peschiere o come saline.
║
Clima:
è di tipo mediterraneo con estati lunghe e
calde e inverni brevi e piovosi ma non freddi. Lungo le coste le temperature
raggiungono una media di 18 °C e di 14-15 °C verso l'interno, e si
aggirano intorno ai 12 °C nella zona montuosa del Gennargentu. Le
precipitazioni sono presenti soprattutto durante l'inverno con una media annua
di 780 mm, ma sono distribuite in maniera assai irregolare: le pianure ricevono
quantità molto basse di acqua, mentre sui rilievi le piogge raggiungono
anche i 1.400-1.500 mm annui. ║
Idrografia: i principali corsi
d'acqua sono il Flumendosa, il Coghinas, il Tirso, il Flumini Mannu, il Cedrino,
il Cixerri, il Posada e il Temo e hanno tutti per lo più un regime
torrentizio a causa della spiccata impermeabilità del suolo. La
discontinuità delle precipitazioni influenza la portata dei fiumi che
sono in piena durante l'inverno e tendono a seccarsi in estate. La maggior parte
dei corsi d'acqua sardi è sbarrato da dighe e serbatoi che formano
numerosi stagni e veri e propri laghi artificiali (Lago del Coghinas, del
Flumendosa, del Muralgia, del Cuga, Omodeo) che, oltre ad arginare le piene,
vengono utilizzati per la produzione di energia elettrica, per l'irrigazione e
per alimentare gli acquedotti. L'unico lago naturale dell'isola è il
Baratz, posto nella penisola della Nurra. ║
Flora: la vegetazione
è quella tipica della macchia mediterranea, costituita da oleandro,
olivastro, lauro, corbezzolo, ginepro, a cui si affiancano boschi di leccio,
querce da sughero, roveri, tassi, agrifogli, castagni, olmi, noci, salici e
pini. Lungo le coste si trovano palme nane, graminacee, asfodelo, lentisco e
rosmarino. ║
Fauna:
la fauna sarda è ricca di specie
caratteristiche dell'isola, come il muflone (
Ovis musimon), specie di
pecora selvatica che non ha riscontro nel resto del continente, la foca monaca
(
Monachus monachus) e la passera sarda (
Passer hispaniolensis).
Alcune specie come il daino, il cervo, il cinghiale e la volpe hanno
caratteristiche morfologiche diverse da quelle presenti nella penisola, tanto
che possono essere ascritte a specifiche razze sarde. Sono invece del tutto
assenti alcune specie comunemente diffuse nelle regioni continentali come il
tasso, il lupo, la talpa, l'orso, il passero italico e la vipera. • Econ.
-
Agricoltura: l'agricoltura ha avuto un considerevole sviluppo nel
periodo tra le due guerre mondiali ed è stata fortemente incrementata a
partire dai primi anni Cinquanta grazie alle bonifiche delle pianure e alle
riforme fondiarie realizzate dall'Ente per la trasformazione fondiaria e agraria
della
S. Vengono prodotti cereali (grano, riso, avena), ortaggi
(carciofi, pomodori, cavolfiori), uva da vino, olive, frutta (pesche, pere,
agrumi, mandorle), barbabietole da zucchero, patate, tabacco, sughero; in
espansione anche la coltivazione di fiori in serra. ║
Allevamento:
l'allevamento di ovini, caprini e, in minor misura, di bovini costituisce una
delle attività principali della regione: la
S. infatti possiede
circa un terzo del patrimonio ovino nazionale ed è al primo posto per
l'allevamento dei caprini. Praticata la pesca e la coltivazione dei mitili;
lungo le coste occidentali si trovano numerose tonnare. ║
Risorse del
sottosuolo: particolarmente abbondanti le risorse minerarie, soprattutto
nella zona del Sulcis e dell'Iglesiente, dove la concentrazione di bacini
carboniferi (lignite, litantrace) ha permesso lo sviluppo di numerosi centri di
estrazione su cui si basa interamente l'economia di alcune città come
Carbonia. L'industria estrattiva è alimentata inoltre dai numerosi
giacimenti di zinco, piombo, rame, minerali di ferro, nichel, cobalto, barite,
pirite, caolino, fluorite; dalle saline di Sant'Antioco e di Carloforte viene
inoltre estratto il cloruro di sodio. ║
Industrie: la grande
ricchezza del sottosuolo dà vita a numerose industrie di trasformazione e
di lavorazione (metallurgiche, elettrometallurgiche, elettrochimiche); ad esse
si aggiungono gli impianti petrolchimici (Porto Torres), quelli della
raffinazione del petrolio (Cagliari), l'industria della lavorazione delle fibre
chimiche, della carta, gli stabilimenti tessili, alimentari (pastifici,
zuccherifici, caseifici, birrifici, liquorifici), conservieri, della lavorazione
del legno, del sughero e del vetro, della manifattura del tabacco, della
lavorazione del tonno e delle sardine. Una voce importante per l'economia della
regione è costituita dall'industria turistica che, a partire dagli anni
Sessanta, ha subito un forte impulso soprattutto grazie ai numerosi centri
balneari sorti in Costa Smeralda. Il movimento turistico è favorito da
un'efficiente rete di collegamenti con il continente, garantiti da linee
marittime regolari che coprono le tratte Olbia-Civitavecchia, Cagliari-Palermo,
Porto Torres-Genova, e dal traffico degli aeroporti di Cagliari, Olbia e
Alghero. ║
Artigianato: è un settore molto attivo
dell'economia sarda, grazie alla produzione di arazzi e tappeti di lana con
decorazioni che rappresentano figure umane o animali; merletti, tra cui
particolarmente famosi sono quelli di Bosa (Nuoro); oggetti di oreficeria in
filigrana d'oro e d'argento, impiegati per rifinire rosari, bottoni, cinture,
collane, bracciali e amuleti in genere; manufatti in legno; ceramiche e
terrecotte che riprendono le forme e lo stile di quelle antiche. • Preist.
- I primi sicuri indizi di popolamento preistorico in
S. sono del periodo
neolitico, epoca alla quale risalgono alcuni manufatti di ossidiana rinvenuti
nell'arcipelago della Maddalena. Ben più numerose sono le tracce
riferibili all'Eneolitico, in cui fiorirono specialmente tre cicli culturali:
quello di Arzachena, detto anche dei circoli megalitici, quello del vaso
campaniforme con forme vascolari di tradizione iberica, e quello di San Michele
di Ozieri, che presenta prodotti di più schietta fisionomia isolana.
Tipiche di questo periodo sono le grotte sepolcrali, tra cui si distingue il
complesso ipogeo di Anghelu Ruju, e i monumenti dolmenici. Gran parte
dell'Età del Bronzo coincide infine con il fiorire della civiltà
nuragica, di cui restano numerosissime testimonianze, protrattasi fino alla
seconda Età del Ferro. • St. - Colonizzata verso il VII sec. a.C.
dai Fenici che vi fondarono Cagliari, passò ai Romani verso il 241 a.C.
Numerosissime furono le rivolte dell'elemento indigeno, sia sotto i Cartaginesi
sia sotto i Romani. Provincia imperiale, fu occupata nel 455 dai Vandali, cui la
strapparono nel 534 i Bizantini. Dal VII al X sec. fu tormentata dalle scorrerie
dei Mori, che resero necessaria la costituzione di una forte autorità
centralizzata, il
dux, capo militare e civile chiamato più tardi
iudex. Dopo il 1000 fu divisa nei quattro giudicati di Cagliari, Arborea,
Logudoro e Gallura. Nei secc. XI-XII sull'isola si esercitò l'influenza
dei Pisani, poi quella dei Genovesi. Attribuita da Bonifacio VIII e Clemente V a
Giacomo II d'Aragona, la
S. passò sotto il dominio aragonese, che
la privò delle autonomie conquistate durante il periodo comunale,
suscitando continue rivolte. Solo nel 1420 Alfonso d'Aragona riuscì a
unificare tutta l'isola sotto il suo dominio. Dopo la guerra di Successione
spagnola la
S. fu assegnata col Trattato di Utrecht all'imperatore (1713)
e nel 1718 passò a Vittorio Amedeo II di Savoia in virtù del
Trattato di Londra. L'attività riformatrice svolta dai viceré
sabaudi riuscì parzialmente a migliorare le condizioni disastrose in cui
il dominio spagnolo aveva ridotto l'isola. Nel 1793 i Piemontesi furono
però cacciati dalla
S. da un moto popolare capeggiato da Gian
Maria Angioj, ma riuscirono a riprendere il controllo dell'isola nel 1795. Le
rivolte continuarono tuttavia fino al 1816 e si placarono solo in seguito alle
riforme di Carlo Felice, culminate nella concessione dello Statuto. Nella
seconda metà del XIX sec. cominciò lo sfruttamento delle risorse
minerarie sarde con la costituzione di numerose società, lo sviluppo
della rete stradale e ferroviaria e la bonifica di numerosi terreni. L'economia
della regione stentò però a decollare nonostante i progetti di
sviluppo avviati dal Governo e il malcontento della popolazione andò via
via acuendosi fino a sfociare in un vero e proprio desiderio di separatismo e
autonomia. In particolare, dopo la prima guerra mondiale, durante la quale il
contributo militare dei sardi ebbe un peso determinante soprattutto grazie alla
brigata Sassari, le spinte autonomistiche divennero sempre più forti e
nel 1919 venne fondato il Partito Sardo d'Azione. Le aspirazioni autonomiste dei
sardi trovarono però un forte ostacolo nell'ascesa al potere del Partito
Fascista, sotto il quale peraltro vennero portati avanti i lavori di bonifica
del territorio. Nel secondo dopoguerra il Partito Sardo d'Azione tornò a
riproporre le istanze autonomiste del popolo sardo e nel 1948 venne varato un
progetto di autonomia amministrativa in base al quale la
S. divenne una
regione a statuto speciale; l'8 maggio 1949 si svolsero le prime elezioni
regionali. Il successivo sviluppo economico e sociale della regione, basato
soprattutto sugli investimenti della grande industria e sul turismo, ha
determinato con gli anni un forte squilibrio tra città e campagna,
contribuendo alla formazione e alla diffusione del fenomeno del banditismo.
• Arte - Le prime testimonianze di arte cristiana conservate in
S.
sono rappresentate dalle catacombe di Sant'Antioco e, soprattutto, dalla chiesa
dei Santi Cosma e Damiano eretta presso Cagliari nel V sec. e originariamente
dedicata a san Saturnino. Del periodo preromanico sono giunti fino a noi solo
alcuni edifici risalenti ai secc. X-XI, tra cui l'oratorio di San Giovanni ad
Assemini (Cagliari), la chiesa di San Giovanni in Sinis (Oristano) e il
santuario di Santa Maria a Bonarcado (Oristano). Assai più consistenti
sono invece i resti riguardanti l'arte romanica, che trovano la loro più
tipica espressione nelle chiese di Santa Sabina a Silanus (Nuoro) e di San
Pietro a Bosa (Nuoro). Riscontri dell'influenza dell'arte provenzale portata in
S. dai frati benedettini di Marsiglia si hanno nelle chiese di San Efisio
a Nora, di Santa Maria di Sibiola e di San Platano a Villaspeciosa. Accanto
all'influsso francese si sviluppò anche quello pisano e lucchese, che si
può ancora ammirare nella basilica di San Gavino (secc. XI-XII) a Porto
Torres. La particolarità di questa chiesa, progettata da un architetto
toscano, consiste nell'ampiezza della navata centrale e la presenza di due
absidi contrapposte. Sulla base del suo modello stilistico vennero in seguito
erette numerose altre chiese, tra cui quella di Santa Gusta a Oristano (1140
circa). Lo stile toscano si diffuse anche nella parte meridionale dell'isola,
come testimoniano alcuni particolari della chiesa di Santa Maria (1170) a Uta
(Cagliari). Tra il XII e il XIII sec. l'arte sarda fu influenzata da diversi
stili che si affiancarono a quello francese e toscano sebbene a partire dal
1147, con l'arrivo dei primi monaci cistercensi, lo stile francese tornò
a essere predominante come testimoniano le chiese di Santa Maria in Corte e di
San Paolo a Sindia e quella di San Lorenzo a Silanus (Nuoro). L'architettura
romanica si diffuse e predominò per tutto il XIII sec.; è
testimoniata da numerose chiese erette a Cagliari e a Iglesias e in particolare
dalla chiesa di San Pietro a Zuri (1291). La produzione pittorica trovò
la sua massima espressione negli affreschi che decorano la chiesa della
Santissima Trinità di Saccarigia risalenti al XIII sec. e nel
Crocifisso esposto nella chiesa di San Francesco a Oristano,
testimonianza della crescente influenza dell'arte spagnola sull'isola. Nel XV
sec. l'architettura sarda riprese vigore anche grazie all'apporto delle
maestranze aragonesi, che diedero una forte impronta spagnola allo stile delle
nuove costruzioni come testimoniano numerose fortificazioni giunte sino a noi,
insieme alle cattedrali di Alghero e di Sassari e alla chiesa di San Giorgio a
Perfugas. Anche la scultura e la pittura recano evidenti influssi dell'arte
catalana che predominò almeno fino alla fine del secolo, quando emersero
artisti locali tra cui G. Barcelo, il maestro di Ozieri e L. Cavaro, che diede
vita alla scuola di Stampace. L'arte gotica caratterizzò tutto il XVI
sec. e concesse pochi spazi allo stile rinascimentale. I secc. XVII-XVIII furono
dominati dal Barocco, che risentì sia degli influssi spagnoli sia di
quelli italiani che si possono ancora ammirare rispettivamente nella facciata
della cattedrale di Sassari (1660) e nella chiesa di San Michele a Cagliari. In
epoca neoclassica le opere più degne di nota sono quelle dell'architetto
G. Cima, che progettò la parrocchiale di Guasila (1839), la chiesa di San
Francesco (1841) e l'ospedale di Cagliari (1842), e quelle dello scultore A.
Galassi, allievo di A. Canova, cui si devono il mausoleo di Giuseppa Maria
Aloisia di Savoia, eretto nella cattedrale di Cagliari, e numerose statue che
adornano la cattedrale di Oristano. Verso la fine del XIX sec. si
sviluppò in
S. una scuola pittorica che attingeva alla tradizione
locale folcloristica, avviata dai pittori G. Biasi e F. Figari. • Ling. -
I numerosi dialetti della
S. vengono raggruppati sotto l'unica
denominazione di “sardo” e presentano in parte caratteristiche
peculiari, che li avvicinano molto a una vera e propria lingua. Non è
infatti improprio parlare di una “lingua sarda” all'interno delle
lingue romanze. Alcuni dialetti sardi hanno conservato un'affinità con
l'italiano, come il gallurese e il sassarese; altri invece hanno assunto
caratteristiche che li differenziano molto dalla lingua continentale, come il
logudurese e il campidanese. • Folcl. - Le manifestazioni popolari sarde
sono oggi il risultato dei numerosi apporti delle civiltà che nei secoli
hanno abitato l'isola, lasciando ampie tracce nella cultura popolare; per
questo, accanto ai carri agricoli con ruote piene di antica foggia etrusca,
tipici della zona lagunare di Oristano, troviamo le
naccaras,
zattere realizzate con canne legate da un giunco ricurvo, che riprendono la
foggia delle imbarcazioni di papiro dell'antico Egitto. Molto sentite anche le
tradizioni religiose, che si tramandano sin dall'epoca precristiana come per
esempio quella del
nenniri, grano fatto germogliare al buio che si
sviluppa in lunghi steli chiari; durante la Settimana Santa gli steli vengono
raccolti e confezionati con nastri colorati e usati per decorare i sepolcri
allestiti in tutte le chiese. Risale all'epoca bizantina la celebrazione
dell'inizio dell'anno fatta coincidere con il 1° settembre, il culto di San
Giorgio e quello San Costantino, festeggiato il 5 luglio con una
rappresentazione a cavallo detta
àrdia; vi sono inoltre numerose
sagre legate alle feste religiose alle quali prendono parte migliaia di persone.
Il canto popolare sardo rivela caratteristiche che lo avvicinano molto alla
tradizione spagnola, come dimostra il canto di Alghero che presenta forti legami
con la forma catalana. Alcuni tipi di canti sardi hanno una struttura vicina a
quella dei canti popolari turchi, soprattutto quelli lirici a una sola strofa.
La poesia popolare dell'isola è simile a quella medioevale ed è
particolarmente vicina ad alcune forme della poesia spagnola (
coplas). I
canti vengono accompagnati da strumenti musicali tra i quali le
luneddas,
di cui si hanno testimonianze che risalgano a più di 2.000 anni fa; le
luneddas accompagnano inoltre il ballo in tondo, la danza tipica sarda.
Molti momenti del ciclo della vita vengono ancor oggi scanditi da alcuni riti o
manifestazioni che appartengono alla cultura popolare; tra questi vi è la
pricunta, ovvero la domanda di matrimonio formulata attraverso la ricerca
fittizia di un'agnella smarrita che il pretendente trova dopo averla cercata tra
un gruppo di ragazze; molto sentita è anche l'usanza di accompagnare i
funerali con il lamento, affidato alle prefiche (
attittadoras) le quali,
oltre alle preghiere e ai pianti, offrono al morto del cibo che si trova sulla
tavola di ogni giorno. Animate sono le celebrazioni e le manifestazioni
folcloristiche del carnevale, durante il quale vengono indossati i
mamutones, maschere in legno di antica tradizione che rappresentano il
demonio; in Barbagia sono indossate delle maschere molto simili ai
mamutones, ma che riprendono le sembianze dei bovini. Assai diffuso
è il rito della morte del Carnevale, rappresentato da un fantoccio che,
prima di essere arso su un rogo, denuncia tutte le cattive azioni compiute
durante l'anno dagli abitanti del paese o del quartiere.
Cartina della Sardegna
Scorcio di Capo Bellavista ad Arbatax
Sassari: il duomo di San Nicola
Veduta di Castelsardo (Sassari)
Nuoro: veduta dal monte Ortobene
La spiaggia di Stintino (Sassari)