(dal francese
pétrole: petrolio, der. del latino
petrae
oleum: olio di sasso). Liquido oleoso, di colore dal giallo al bruno scuro e
al nero, con fluorescenze verdi o azzurre e odore caratteristico. È
costituito prevalentemente da idrocarburi liquidi, nei quali sono disciolti
idrocarburi naturali solidi o gassosi, uniti a piccole percentuali di composti
ossigenati, solforati, azotati. Si rinviene all'interno di falde o sacche in
prossimità di rocce porose, a profondità comprese variamente tra
le poche decine di metri e qualche chilometro. La composizione elementare dei
p. è compresa tra le seguenti proporzioni: carbonio 79÷89%;
idrogeno 9,5÷15%; azoto 0,2÷2%; ossigeno 0,1÷7%; zolfo
0,01÷6%. In base ai principali costituenti, si distinguono:
p.
paraffinici; p. naftenici; p. paraffinico-naftenici; p.
paraffinico-naftenico-aromatici. ║
Origine del p.: sebbene sia
teoricamente possibile che la formazione degli idrocarburi si verifichi anche
attraverso processi inorganici, è ormai ampiamente accettata la loro
natura organica, indicata come
naftogenesi. Nell'ambito del processo di
naftogenesi un ruolo fondamentale spetta al carbonio, che attraverso il processo
della fotosintesi entra a far parte della sostanza organica. La formazione del
p. è dovuta alla decomposizione di sostanze organiche, provenienti
da organismi acquatici del regno animale e del regno vegetale (microrganismi,
alghe, ecc.), ad opera di batteri aerobi e soprattutto anaerobi, cioè in
ambiente privo di ossigeno. In seguito alla morte degli organismi, la materia
organica viene degradata, per l'azione dei batteri e il carbonio organico
può subire due differenti sorti: in parte viene ossidato in
CO
2, in parte viene invece riutilizzato dagli organismi per
sintetizzare nuova materia vivente. Il carbonio, che nel corso del tempo non ha
preso parte a questi due processi, si è accumulato in ingenti
quantità nei bacini sedimentari e in alcune rocce è giunto a
concentrazioni maggiori dello 0,3-0,5%, così da renderle materiali
potenzialmente capaci di generare
p. (
rocce madri). Numerosi sono
i litotipi che costituiscono le rocce madri, tra i quali, in ordine di
importanza: le
rocce madri argillose, calcaree e
dolomitiche,
silicee e, infine,
carboniose. Dal fango formatosi in seguito alla
decomposizione delle sostanze organiche, dopo processi della durata di secoli,
in condizioni di temperatura e pressione elevate, si origina il
p. Per
formarsi, il
p. ha bisogno anche della presenza di rocce impermeabili
(marne, argille, scisti argillosi, ecc.) che impediscano la dispersione dei
fluidi. Un
giacimento completo è costituito, nell'ordine, da uno
strato gassoso, da uno strato di
p. e da uno strato di acqua salata,
sovrapposti l'uno all'altro in questa successione; a volte, come nel caso di
giacimenti di metano, manca proprio lo strato di
p. ║
Giacimenti: dal punto di vista tettonico, giacimenti di
p. possono
costituirsi in presenza di anticlinali o, in terreni a strati monoclinati, in
corrispondenza di faglie o di ripiani che ne interrompono l'andamento. Di
importanza fondamentale per la localizzazione del giacimento sono lo studio
geologico e stratigrafico del terreno, le analisi indicate nel loro insieme con
il nome di
prospezione geofisica (comprendente, ad esempio, il metodo
gravimetrico, o quello sismico, o quello magnetico); se questi studi non sono
consentiti si può ricorrere, sempre che vi siano indizi della presenza di
idrocarburi, al metodo del carotaggio, in cui si prelevano, attraverso apposite
sonde, campioni di roccia che consentono di accertare la presenza del
giacimento, determinarne l'area, lo spessore e la produttività. ║
Perforazione dei pozzi ed estrazione del p.: individuato il giacimento,
si procede alla perforazione e alla realizzazione di pozzi per estrarre il
p. Il metodo di perforazione dei pozzi (scavati con trivellazioni a
profondità talvolta superiori ai 4.000 m) impiegato più
frequentemente è quello a rotazione (
rotary), che ha sostituito
quasi completamente quello a percussione. Per sostenere gli apparecchi di
trivellazione, si usano incastellature metalliche chiamate
derricks. Gli
utensili perforatori, che girano a velocità molto sostenuta, sono
costituiti di acciaio speciale e formati da corone munite di lame a coltello,
con un cilindro interno (
carota), che resta pieno di roccia (la quale
viene in seguito analizzata). Le differenti profondità vengono raggiunte
collegando successivamente più aste, costituenti la cosiddetta
batteria di perforazione. I pozzi vengono rivestiti con tubi di acciaio,
avvitati fra loro, di diametro decrescente verso il fondo; mentre si procede
alla perforazione in profondità, generalmente si provvede a inviare acqua
sotto pressione, che ha la funzione di portare in superficie i detriti prodotti
durante la trivellazione. Nella fase di perforazione si procede inoltre
all'immissione nel pozzo del cosiddetto
fango di circolazione (acqua,
argilla e sostanze pesanti), che torna poi in superficie passando tra la parete
del pozzo e il treno di perforazione stesso. La funzione del fango è
molteplice: sostiene le pareti del pozzo, rende più scorrevole e
raffredda la testa dello scalpello di perforazione, evita la fuoriuscita di
p. nel caso in cui si incontri il giacimento prima che siano state
disposte in superficie le saracinesche di sicurezza, impedisce franamenti che
potrebbero causare ostruzioni del pozzo e, fattore importantissimo, equilibra
con il peso della colonna di fango la pressione di fuoriuscita del gas e del
p., che potrebbe provocare eruzioni violente. Molto spesso, infatti, il
p. viene alla superficie spontaneamente, spinto dalla pressione del gas,
non appena la perforazione raggiunge lo strato produttivo. Durante la
trivellazione occorre comunque procedere al pompaggio, utilizzando gli stessi
gas di
p. (metano, azoto e idrocarburi gassosi), ripresi e compressi alla
base del pozzo mediante tubazioni. Il
p. estratto dai pozzi, misto a
terra e ad altre impurità ed emulsionato con l'acqua salata del
giacimento, viene raccolto in grandi vasche o serbatoi, dove, per decantazione,
si verifica una prima separazione dell'acqua e dei sedimenti argillosi. L'olio
grezzo viene quindi inviato alle raffinerie attraverso tubazioni dette
pipelines, o, se le raffinerie sono oltremare, viene trasportato mediante
petroliere o, in casi particolari, con oleodotti sottomarini. Prima del
trasporto si procede all'eliminazione e al recupero delle frazioni troppo
leggere e volatili (operazioni di stabilizzazione). ║
Lavorazione del
grezzo: il
p. allo stato grezzo non può essere impiegato in
alcun modo; deve essere sottoposto a specifici trattamenti che consentano di
estrarne prodotti utilizzabili. Il primo trattamento che il
p. subisce
è generalmente la
distillazione frazionata, operazione con cui
viene suddiviso in un certo numero di frazioni caratterizzate ciascuna da un
particolare intervallo (crescente) di temperatura di ebollizione. Tali frazioni
comprendono, oltre a quella gassosa, altri quattro gruppi principali: gli oli
minerali leggeri; gli oli medi; gli oli pesanti; i residui solidi. La
distillazione frazionata, oggi attuata quasi esclusivamente in forma continua,
si esegue attraverso il ricorso ad impianti complessi, costituiti essenzialmente
da un forno o caldaia a tubi (
pipestill) e da una torre di frazionamento
a piatti (
bubble-tower), riscaldata a vapore. Completano l'impianto le
pompe di circolazione, i condensatori e i refrigeranti delle varie frazioni di
distillazione, i separatori d'acqua, i regolatori di portata, ecc. Questa
distillazione permette di ottenere: dalla testa della torre, le frazioni
più leggere (benzine leggere, eteri di
p., benzine medie, benzine
pesanti); da punti intermedi della colonna le frazioni medie (
p.
illuminante, solventi, oli per motori Diesel, gasoli); dai punti più
bassi le frazioni pesanti (oli lubrificanti, oli combustibili); dal fondo della
torre, i residui solidi (paraffina, vasellina, bitume, pece e coke di
p.). Quasi tutti i composti ricavati con questa prima distillazione
devono essere sottoposti a ulteriori procedimenti prima di poter giungere a
prodotti di larga utilizzazione. Gli oli leggeri, con una seconda distillazione,
possono subire tre generi di trattamento: stabilizzazione,
reforming,
raffinazione. Con la
stabilizzazione (riscaldamento sotto pressione per
abbassare la tensione di vapore) si ottengono gas, utilizzabili nei bruciatori
delle raffinerie o sottoponibili, per ricavarne benzine, a processo di
polimerizzazione. Il
reforming, procedimento simile al
cracking,
viene eseguito a pressioni elevate e serve a rendere le benzine più
antidetonanti, e quindi più adatte all'utilizzazione nei motori ad
elevata compressione. La
raffinazione, eseguita mediante impiego di acido
solforico cui segue un lavaggio con soda e acqua, ha lo scopo di eliminare dalle
benzine le impurità costituite da prodotti organici instabili e dai
prodotti solforati, che conferirebbero odore sgradevole e causerebbero
corrosione alle parti metalliche delle apparecchiature. Un processo di
raffinazione abbastanza simile è impiegato anche per i prodotti di
distillazione degli oli medi, ad eccezione del gasolio, che viene soltanto
lavato con soluzioni alcaline. Un procedimento di eccezionale importanza nella
lavorazione del
p. è il
cracking
(V.). Gli oli pesanti e i residui possono essere
immessi direttamente sul mercato o servire per dare ulteriori prodotti. I
derivati del
p. sono impiegati nella produzione di materie plastiche,
campo in cui, insieme ai componenti del
p. (composti aromatici e
paraffine a catena non ramificata), trovano vasta utilizzazione i derivati dei
gas petroliferi, fra cui l'etilene e l'acetilene. ║
P. agricolo:
prodotto della lavorazione del
p. grezzo, impiegato nell'alimentazione
dei motori adibiti all'agricoltura, come trattori, trebbiatrici, ecc.
Poiché è esentato dall'imposta di fabbricazione, viene colorato in
rosso al fine di impedirne usi diversi da quello previsto. ║
P.
illuminante: prodotto della lavorazione del
p. grezzo, comprende
frazioni che distillano tra 200 e 270°C. Utilizzato per l'illuminazione,
è limpido, di colore leggermente paglierino, e, perché la fiamma
sia luminosa, deve essere costituito in prevalenza da idrocarburi della serie
satura. • St. - Il
p., impiegato per usi diversi da quelli attuali
(fuochi sacri di Baku, imbalsamazione delle mummie, ecc.), era noto fin dalla
più remota antichità. È noto, che intorno al 1800, estratto
con mezzi rudimentali da manifestazioni superficiali, veniva adoperato come
mezzo d'illuminazione in alternativa all'olio vegetale. Nel 1829 venne scoperto
casualmente nel Kentucky, ma solo verso il 1850 si cominciò a distillarlo
per ottenerne un prodotto usato come olio minerale da ardere (
cherosene),
in sostituzione dell'olio di balena. La data di inizio dell'estrazione
artificiale del
p. è il 28 agosto 1859, giorno in cui il pioniere
nord-americano Tedwin Laurancine Drake a Titusville (Pennsylvania),
riuscì, con un pozzo tubolare profondo 20 m, a raggiungere una vena
petrolifera e a ricavarne un getto di
p. della portata di 4 t al giorno.
Da quel momento incominciò a diffondersi la
febbre del p., che
dalla Pennsylvania si diffuse nell'America Settentrionale e in seguito nel resto
del mondo. Il passaggio da una fase primitiva di estrazione del
p. alla
fase industriale e commerciale è testimoniato dai dati riguardanti il
salto produttivo del grezzo in Pennsylvania, negli anni immediatamente
successivi alla realizzazione del primo pozzo petrolifero: dai 2.000 barili del
1859 si giunse, in soli dieci anni, a 4.800.000 barili e, nel 1871, a 5.205.000
barili. Intorno al 1870 alcune società impegnate nell'estrazione di
p. decisero di entrare in contatto e di legarsi tra loro al fine di
limitare il più possibile i rischi di questo tipo di attività e di
avere un più vasto controllo sul mercato. J.D. Rockfeller fondò la
Standard Oil Company, associazione di azionisti di varie compagnie che nel 1882
contava quattro fondamentali gruppi (Standard Oil of Ohio, of New York, of
Pennsylvania, of New Jersey), diventati 70 nel 1911. Sotto la guida di
Rockfeller, la compagnia, che si occupava di tutte le fasi successive alla
produzione del
p. (dalla raffinazione al commercio) in breve tempo ebbe
il totale controllo dei 9/10 della produzione mondiale. Il vasto monopolio
raggiunto dalla Standard Oil suscitò ben presto la reazione del Governo
di Washington che, preoccupato di fronte alla presenza di una compagnia dotata
di tale potere nell'ambito petrolifero, stabilì lo scioglimento della
Standard Oil, con sentenza del 1911. In seguito all'azione legale governativa,
dalle 33 compagnie uscite dall'unico gruppo iniziarono ad emergere e a prendere
spazio crescente tre principali nuclei, che estesero le loro attività
all'estero: la Standard Oil of New Jersey (poi Exon o Esso), la Mobil Oil e,
infine, la Standard Oil of California. Il monopolio di Rockfeller, del resto,
aveva già iniziato a vacillare intorno al 1901, con il sorgere in Texas
delle potenti Texas Oil Co. (Texaco) e Gulf Oil. Alla presenza di queste ultime
si era oltretutto aggiunta la pericolosa concorrenza della Royal Dutch Oil Co.
(fondata all'Aja nel 1890), costituita per lo sfruttamento del
p.
dell'arcipelago malese e interessata alla conquista del mercato europeo, in cui
riuscì progressivamente ad imporsi con l'aiuto dei Rothschild. Nel
frattempo Marcus Samuel, commerciante di conchiglie, convertì la propria
attività nel trasporto e nel commercio del
p. asiatico in Europa,
fondando la compagnia Shell Transport and Trading Co. Questa società si
fuse (1902) con la Royal Dutch e, in seguito, con l'inglese Anglo-Saxon
Petroleum Co. e l'olandese Baataafsche Petroleum Maatschappij, portando alla
creazione, nel 1907, della Royal Dutch Shell, perfettamente in grado di fare
concorrenza alla Standard Oil. Durante il periodo 1895-1930 l'industria
petrolifera venne sorgendo in vari Paesi; nel 1910 in Messico si scoprì
la serie di campi Golden Lane e dal 1918 questo Paese fu il secondo produttore
mondiale di
p. Nel 1917 si ebbero importanti ritrovamenti in Venezuela,
che, dal 1930, assunse il ruolo di secondo produttore mondiale. Nel 1901,
William D'Arcy, australiano, aveva ottenuto una concessione sulla maggior parte
dell'Iran e aveva fondato la compagnia della Anglo-Persian Oil Co., primo nucleo
della futura British Petroleum Company. L'interesse nella penisola arabica
crebbe lentamente e la prima concessione non fu garantita fino al 1925; nel 1932
lo scavo del primo pozzo sperimentale rivelò la presenza di
p. e
stimolò l'interesse per la penisola; nel 1936 iniziò la produzione
nell'Arabia Saudita. Nello stesso anno iniziarono le trivellazioni nel Kuwait e
nel 1938 fu rinvenuto
p. nella celebre arca Burgan. La seconda guerra
mondiale causò la momentanea sospensione delle operazioni di ricerca ed
estrazione; tuttavia, nel dopoguerra, si assistette ad una vigorosa ripresa di
tali attività, soprattutto con lo sfruttamento delle risorse dell'America
Meridionale (in particolare del Venezuela) e del Vicino e Medio Oriente.
L'estendersi dell'industria petrolifera europea andava di pari passo con
l'aumento della domanda di idrocarburi e con la crescente richiesta di prodotti
sostitutivi del carbone. Grazie alla consistenza dei giacimenti trovati, nuove
compagnie fecero il loro ingresso nell'industria petrolifera, favorite, in
particolare, dalla nuova ripartizione delle concessioni, soprattutto nei Caraibi
e nel Vicino Oriente. Il dominio delle maggiori compagnie petrolifere, dette le
"sette sorelle" (Exon, Mobil Oil e Socal; Texaco e Gulf Oil; Royal Dutch Shell;
British Petroleum), e delle nuove arrivate restò incontrastato fino agli
anni Settanta, quando si verificarono due importanti cambiamenti: una fase di
necessario aumento dei costi e, soprattutto, il capovolgimento dei rapporti con
i Paesi produttori. Una svolta fondamentale e decisiva, in direzione di un
ribaltamento dei rapporti in favore dei Paesi sfruttati, si ebbe nel 1960, con
la creazione dell'OPEC (Organizzazione dei Paesi esportatori di
p.), che
riuniva inizialmente cinque Paesi produttori (Arabia Saudita, Iraq, Iran, Kuwait
e Venezuela), e che in seguito si ampliò fino ad includerne dodici
(1995), con l'adesione di Qatar, Indonesia, Libia, Emirati Arabi Uniti, Algeria,
Nigeria e Gabon (l'Ecuador, entratovi nel 1973, ne era uscito nel 1993).
L'organizzazione nasceva proponendosi l'unificazione delle politiche petrolifere
e la salvaguardia degli interessi dei suoi membri, ponendosi come obiettivi
concreti, da un lato quello di regolare la produzione, dall'altro quello di
contrastare la politica di bassi prezzi del grezzo seguita dalle compagnie
petrolifere. Di fatto l'OPEC riuscì ad ottenere importanti successi:
oltre, infatti, ad impedire ulteriori ribassi dei prezzi di riferimento,
riuscì anche a modificare i termini dei contratti di concessione a
vantaggio dei Paesi produttori. Parallelamente a questi risultati, l'OPEC si
diede da fare anche perché i Paesi petroliferi potessero prendere parte
direttamente all'attività di produzione e giunse, da un lato ad accordi
di partecipazione con le compagnie internazionali operanti sui territori
produttori di
p., dall'altro alla progressiva nazionalizzazione delle
concessioni delle grandi compagnie petrolifere occidentali. Notevole, in seguito
a questi fatti, divenne il ruolo geopolitico dei Paesi produttori, divenuti ora
proprietari a tutti gli effetti dei giacimenti posti sui loro territori. Ecco
allora, da questo momento, il delinearsi di una connessione sempre più
stretta tra vicende politiche dei Paesi esportatori e conseguenti modificazioni
dei loro rapporti con i Paesi consumatori. Tra i nodi storici fondamentali in
questo senso spiccano alcuni principali eventi considerati causa di veri e
propri "shock petroliferi": il conflitto arabo-israeliano del 1967, con la
conseguente politica di prezzi crescenti e un radicale mutamento del mercato
mondiale del
p.; la riapertura di questo conflitto nel 1973, con un
ulteriore inasprimento delle condizioni poste dai Paesi produttori; lo scoppio,
dopo un periodo di relativa stabilità e di crescita della domanda del
grezzo, di un nuovo conflitto, la rivoluzione islamica iraniana alla fine degli
anni Settanta, con un nuovo aumento dei prezzi. Anche l'invasione del Kuwait da
parte dell'Iraq, nel 1990, provocò una momentanea impennata dei prezzi
del
p., che non ebbe però seguito in quanto verificatasi in un
periodo in cui l'attenzione dei Paesi consumatori stava rivolgendosi a nuove
terre ricche di
p. (Mare del Nord, Alaska), non facenti parte dell'OPEC.
Notevoli le difficoltà sorte all'interno dell'OPEC in seguito a questi
fatti, soprattutto per l'ulteriore problema dell'opposizione, nell'ambito
dell'organizzazione, dell'Arabia Saudita alla proposta di una politica di
riduzione concertata delle quote di produzione. I Paesi consumatori, da parte
loro, dopo le grandi crisi degli anni 1970-90 si sono indirizzati verso una
politica di contenimento e di razionalizzazione dei consumi, introducendo
provvedimenti, quali misure di risparmio energetico, la sostituzione del
p. con altre fonti, l'intensificazione della ricerca di fonti
rinnovabili.