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Piemonte.

Regione (25.399 kmq; 4.341.733 ab.) dell'Italia settentrionale. Confina a Nord con la Svizzera, a Est con la Lombardia, a Sud-Est con l'Emilia-Romagna, a Sud con la Liguria, a Ovest con la Francia, a Nord-Ovest con la Valle d'Aosta. Il P. è situato ai margini della catena alpina occidentale. Capoluogo: Torino. Amministrativamente è diviso in 8 province: Alessandria, Asti, Biella, Cuneo, Novara, Torino, Verbania, Vercelli. Biella e Verbania sono stati istituiti capoluoghi di provincia in seguito alla legge n. 142 del 1991 sull'ordinamento delle autonomie locali. In precedenza, la città di Biella era compresa nella provincia di Vercelli, mentre la città di Verbania faceva parte della provincia di Novara. • Geogr. - Morfologia: montuoso per circa la metà del territorio, il P. comprende il versante padano dell'Appennino ligure e il versante interno delle Alpi Occidentali e di parte delle Alpi Centrali, dal Colle di Tenda al passo di San Giacomo, eccettuati il bacino superiore della Dora Baltea, che costituisce la regione autonoma della Valle d'Aosta, e l'alta valle della Roia (nelle Alpi Marittime), ceduta alla Francia nel 1947 insieme alla testata della Dora Riparia e al Colle del Moncenisio. La zona montuosa è caratterizzata dalla presenza di alcune fra le maggiori vette dell'arco alpino (Monte Rosa, 4.634 m; Gran Paradiso, 4.061 m), che presenta qui le minime profondità, data la mancanza di una vera e propria zona prealpina. Il territorio si apre a Est verso la pianura padana, verso cui digrada attraverso i sistemi collinari delle Langhe, del Monferrato (suddiviso in Alto e Basso Monferrato, ciascuno con caratteristiche morfologiche ben distinte) e del Po. La parte pianeggiante occupa il 20% del territorio regionale, prevalentemente nelle province di Vercelli e Novara, ed è contraddistinta da una zona settentrionale ciottolosa e impermeabile, e da una meridionale impermeabile e fertile. ║ Idrografia: il grande collettore del P. è il Po, verso cui affluiscono tutti i corsi d'acqua che scendono dalle vallate montane. Tra questi il Sesia, la Dora Baltea, la Dora Riparia, il Tanaro, lo Scrivia e la Bormida. L'unico bacino lacustre di una certa vastità è il Lago d'Orta, mentre il Lago Maggiore interessa la regione solo con la sua sponda occidentale. ║ Clima: il clima ha carattere prevalentemente continentale, con escursioni termiche assai ampie nel corso dell'anno, soprattutto nella zona pianeggiante; nell'area montana prevalgono condizioni climatiche tipiche delle aree alpine. In generale, persistono inverni lunghi e rigidi (contraddistinti da fitte nebbie in pianura) ed estati relativamente brevi. • Econ. - Il processo di deruralizzazione, cominciato intorno agli anni Sessanta, ha portato all'abbandono di diverse zone (soprattutto dell'area montana e collinare), favorendone il degrado anche paesistico. Di contro, altre aree si sono caratterizzate per lo sviluppo e la accentuazione di colture specialistiche. Così la fascia alpina e appenninica solo in parte risultano oggi legate a un'economia di tipo silvo-pastorale, mentre negli ultimi anni hanno preso forte slancio le attività legate al turismo, sia invernale (grazie alle attrezzate stazioni sciistiche), sia culturale (i castelli e le residenze nobiliari), sia eno-gastronomico. Da un punto di vista prettamente agricolo tanto la regione collinare quanto la pianura, quest'ultima percorsa da una fittissima rete di canali a uso irriguo (Cavour, Elena, ecc.), si presentano assai produttive; oltre a riso (nel Vercellese), alberi da frutto, grano, mais e foraggio, vengono coltivati patate, barbabietole e ortaggi in genere. Assai sviluppata la viticoltura nel distretto dell'Astigiano e dell'Alessandrino, dove sono concentrate anche la maggior parte delle industrie di trasformazione dell'uva, che forniscono ottimi vini. Estese le piantagioni di pioppi per la produzione di carta e cellulosa. Florido è l'allevamento bovino. Il settore industriale rimane il più importante nel panorama economico piemontese. Risultano presenti tutti i maggiori comparti industriali, da quello metalmeccanico, a quello automobilistico, a quello tessile, centrati su realtà produttive di grandi dimensioni e fortemente radicate nel territorio (FIAT, su tutte). Lo sviluppo tecnologico ha contribuito in maniera notevole alla concentrazione di attività ad alto valore aggiunto nel triangolo Ivrea-Novara-Torino (elettronica, computer). Una sostanziale crescita hanno fatto registrare le attività meccano-tessili (della lana, delle fibre artificiali, del cotone, soprattutto nel Biellese), chimiche (gomma), cartarie, dell'abbigliamento, grafiche, alimentari e quelle legate all'utensileria da cucina. Poco sviluppato risulta il settore terziario (ad eccezione del capoluogo). • St. - La regione venne abitata nella preistoria già durante il periodo paleolitico, per quanto le condizioni ambientali non fossero particolarmente favorevoli all'insediamento umano a causa dei frequenti fenomeni di glaciazione. Maggiori sono le testimonianze del periodo neolitico (cultura del vaso a bocca quadrata di Aisone; sepolcreti di Montjovet; sculture del monte Bego), del Bronzo (ritrovamenti di Avigliana, abitati del Lago di Viverone) e del Ferro (cultura di Golasecca, nell'area fra Sesia e Ticino). Già a partire dalla seconda Età del Ferro si registra una crescente presenza celtica, confermata, nel corso del IV sec. a.C., dalle incursioni di Protocelti, Galli e Lingani, che iniziarono a insediarsi nella regione sottomettendo le popolazioni locali. La battaglia di Talamone, nel 225 a.C., segnò il primo momento di contatto tra le popolazioni celtiche e Roma. Il P. passò definitivamente sotto la dominazione romana nel 173 a.C. Dotata di numerose strade militari e via via munita di colonie piazzate nei punti nevralgici del territorio (la fondazione di Augusta Praetoria, l'odierna Aosta, e di Augusta Taurinorum, Torino, risale al I sec. a.C.), la regione conobbe un poderoso sviluppo economico fino a tutto il periodo imperiale. Soggetto a incursioni sempre più frequenti da parte delle popolazioni barbariche, il P. venne ripetutamente saccheggiato e sottomesso prima dagli Ostrogoti, quindi dai Borgognoni. Intorno alla metà del VI sec. d.C., ebbe inizio il dominio longobardo, che si protrasse fino alla seconda metà dell'VIII sec. e che si caratterizzò per la suddivisione del territorio in Ducati. Tanto il dominio franco (774-888) che il successivo periodo del Regno italico indipendente (888-951) furono caratterizzati dalla diffusione del feudalesimo, che vide l'affermazione delle Marche anscarica, ligure e obertenga. Facendo seguito alle lotte che opposero i comuni piemontesi alle truppe imperiali, Olderido Manfredi, marchese di Torino e d'Ivrea, riuscì a unire i propri domini a quelli sabaudi (concentrati prevalentemente nella Valle d'Aosta), dando in sposa la figlia Adelaide a Oddone, figlio di Umberto Biancamano, e ponendo in tal modo le basi per la futura dominazione sabauda sulla regione. Il frazionamento politico successivo alla morte di Adelaide (1091) oppresse a lungo il P.: mentre i Marchesati di Saluzzo e del Monferrato venivano acquisendo nuova forza grazie alle concessioni di Federico Barbarossa, preoccupato di contrastare la diffusione delle istituzioni comunali, i Comuni, arricchiti dall'espansione commerciale, lottavano per l'ottenimento dell'indipendenza. La dinastia sabauda, inoltre, non nascondeva le sue ambizioni egemoniche, scontrandosi con le pretese territoriali del Ducato di Milano, che a più riprese aveva cercato di stabilirsi nell'area compresa tra Vercelli, Alba, Tortona e Alessandria. Alla morte di Tommaso I di Savoia, il casato entrò in crisi e la dinastia si scisse in tre rami: Savoia, principi di Acaia e baroni di Vaud. Il ramo dei Vaud si estinse nel 1350, quello degli Acaia nel 1418. L'opera di ingrandimento territoriale, perseguita per via diplomatica e attraverso annessioni, iniziata da Amedeo VII (conquista di Nizza, 1388) venne proseguita con successo dal figlio Amedeo VIII, che riuscì ad accentuare ulteriormente l'influenza sabauda nella regione. Negli anni successivi l'uscita di scena di Amedeo (che nel 1434 si ritirò in un monastero), i Savoia riuscirono a rafforzare il proprio ruolo dominante, arrivando a inglobare dapprima Asti (1529), quindi il Marchesato di Saluzzo (Pace di Lione, 1601) e alcuni territori del Monferrato (Pace di Cherasco, 1631). Il Trattato di Utrecht (1713) costituì una tappa fondamentale nel processo di unificazione del P. nelle mani dei Savoia. In quella occasione, infatti, Vittorio Amedeo II ottenne il titolo regio e iniziò una approfondita opera di riammodernamento dell'amministrazione statale, favorendone lo sviluppo e l'accesso alla nuova borghesia imprenditoriale e intellettuale. Carlo Emanuele III portò i confini dello Stato al Ticino, incorporando il Novarese e il territorio di Voghera (Trattato di Vienna, 1735). Il Trattato di Aquisgrana (1748) consentì alla dinastia sabauda di estendere i propri domini anche all'attuale Lombardia. Vittorio Amedeo III cercò di rafforzare nuovamente il prestigio della nobiltà, introducendola a corte, alla stregua di quanto accadeva nel vicino Regno francese. Durante la Rivoluzione francese e il periodo napoleonico i successori di Vittorio Amedeo III si rifugiarono in Sardegna e il P. passò sotto il dominio francese. A seguito del Congresso di Vienna (1815) i Savoia rientrarono in possesso dei loro domini, ottenendo anche la Liguria. Dopo i moti del 1821, repressi con l'aiuto austriaco, Carlo Felice mise in atto un regime estremamente repressivo. Nel 1848 Carlo Alberto guidò le forze italiane coalizzate contro l'Austria nella prima guerra d'indipendenza. Nel 1849 la sconfitta subita a Novara dalle truppe piemontesi provocò l'abdicazione del sovrano, al quale succedette Vittorio Emanuele II. Gli anni successivi, caratterizzati dall'opera di Cavour e dalla proclamazione del Regno d'Italia (7 marzo 1861), videro da un lato la fine di una esperienza di vita politica per molti versi unica nella penisola, dall'altro l'inizio di quello sviluppo economico che avrebbe portato il P. a divenire una delle principali aree produttive del nuovo Stato. • Arte - I più importanti complessi monumentali d'epoca romana sono localizzati nei pressi di Pollenzo, nel comune di Bra e nel territorio dell'odierna Serravalle Scrivia, ove sorgeva un tempo Libarna, stazione militare romana sulla via Postumia. Qui gli scavi archeologici hanno riportato alla luce bronzetti artistici, mosaici pavimentali e numerose pitture parietali, mentre a Pollenzo sono state rinvenute le fondamenta di un anfiteatro capace di contenere circa 17.000 spettatori. Resti cospicui di mura e di porte fortificate sono conservate a Torino (porta Palatina) e ad Alba; vanno inoltre ricordati l'acquedotto di Acqui, l'arco onorario (d'epoca augustea) di Susa e il teatro di Torino. Del periodo che va dal crollo dell'Impero romano fino al X sec. rimangono testimonianze piuttosto scarse: il battistero di Biella, rovine di cripte, di absidi e di fondamenta in chiese ricostruite in epoca romanica (battistero di Novara), frammenti di affreschi e di sculture, i manoscritti miniati del duomo di Vercelli, i reperti di alcune necropoli di età barbarica. Al primo periodo romanico, di impronta nettamente lombarda, risalgono il duomo di Ivrea, la chiesa di Oleggio, di Spigno Monferrato e numerosi campanili. Una delle zone più ricche di monumenti romanici è il Monferrato: Casale possiede un duomo, e sui colli fra Casale, Asti e Chivasso si trovano molte chiese ben conservate (abbazia di Santa Feda a Cavagnolo Po, abbazia di Vezzolano presso Albugnano, sacra di San Michele, che domina l'imbocco della valle di Susa). La basilica dell'isola di San Giulio conserva un ambone scolpito dell'XI sec. Anche nel periodo gotico si assiste a una notevole attività costruttiva. Va tuttavia ricordato che il Gotico piemontese mantenne sempre un'impronta romanica, senza mai raggiungere una fisionomia di stile originale; esso si caratterizza per l'impiego del laterizio in luogo della pietra. I principali monumenti di quest'epoca sono l'abbazia di Sant'Antonio di Ranverso, i duomi di Chieri e di Saluzzo, le cattedrali di Asti, Pinerolo, Alba, la chiesa dell'Assunta a Vignale, di Santa Caterina di Trino e di San Giovanni a Saluzzo. Numerosi gli esempi di architettura gotica civile, soprattutto in castelli e in case fortificate, ma anche in rifugi. Tra i castelli spiccano quelli di Rivarolo, di Montalto Dora e d'Ivrea nel Canavese; di Tagliolo e di Lerma nel territorio d'Ovada; di Serralunga d'Alba, di Montiglio e di Barolo nel Monferrato e nelle Langhe. Espressione originale della scultura gotica piemontese fu l'intaglio in legno, che produsse numerosi crocifissi, icone e cori lignei (abbazia di Staffarda, duomi di Susa e di Chieri). Tra i tanti affreschi del XV sec. meritano di essere menzionati quelli del castello della Manta, presso Saluzzo, e quelli del presbiterio e della sagrestia di Sant'Antonio, a Ranverso. Per circa un secolo, in piena epoca rinascimentale, fiorì la scuola pittorica vercellese, dominata da Gaudenzio Ferrari. I centri principali della sua attività furono Varallo (non poche le cappelle del Sacro Monte da lui decorate con affreschi, oltre che con sculture policrome), Vercelli e Milano. In epoca barocca ebbero notevole parte nel rinnovamento architettonico di Torino, voluto dai principi di casa Savoia, Ascanio Vittozzi, autore del primo progetto di piazza San Carlo e di quello del santuario di Vicoforte (Mondovì), Carlo Castellamonte, che edificò il castello del Valentino, e suo figlio Amedeo, costruttore del palazzo reale. È a questo fervore urbanistico che Torino deve la sua tipica pianta a scacchiera regolare; l'impronta stilistica è invece opera del modenese Guarino Guarini e del messinese Filippo Juvara. Il primo è autore della cappella della Santa Sindone, del palazzo Carignano e del santuario della Consolata; il secondo, di gusto più sobrio, è artefice della chiesa di Santa Cristina, della facciata con l'atrio e lo scalone monumentale di palazzo Madama, della basilica di Superga, del castello di Stupinigi. Intorno a questi due personaggi ruotò una schiera di architetti locali quali Francesco Gallo di Mondovì (chiesa della Misericordia e collegio dei Gesuiti a Mondovì; chiesa della Santissima Trinità a Fossano; cupola ellittica del santuario di Vicoforte), Benedetto Alfieri di Asti (palazzo Ghillini ad Alessandria; chiesa di San Giovanni Battista a Carignano) e Gian Giacomo Planteri (palazzi Cavour e Fontana a Torino; palazzo Paesana a Saluzzo). Allo stesso, fervido periodo creativo risalgono numerosi castelli (Racconigi e Agliè) e palazzi (palazzo dell'università di Torino). Nel Seicento e nel Settecento anche la pittura venne stimolata dalla corte sabauda, pur rimanendo complementare alle costruzioni architettoniche. Ritrattisti e pittori di quel periodo esaltarono le proprietà scenografiche di volte, saloni e gallerie delle residenze nobiliari (come nel caso dei soffitti del castello di Stupinigi). Furono molti i forestieri attivi in quel tempo in P., specie nella capitale: francesi (Miel, Dufour, Dauphin, Pécheux) e fiamminghi (Vanloo, Verdussen, Huchtemburg); tra i pochi piemontesi, l'unico di chiara fama europea fu Claudio Beaumont. In periodo barocco e rococò la scultura non toccò vertici altissimi; si mostrarono particolarmente vive, al contrario, alcune arti minori, come quella della ceramica, dell'arazzo, del ferro battuto, e soprattutto del legno. In epoca neoclassica fu attivo a Torino il Bonsignore, autore della chiesa della Gran Madre. La più ricca di costruzioni neoclassiche, tra le città piemontesi, è Novara, ove lavorò a lungo Alessandro Antonelli, che riedificò la cattedrale di San Lorenzo e le impose una cupola che richiamava la sua Mole Antonelliana di Torino, famosa per l'arditezza costruttiva. Nell'Ottocento le piazze di Torino si arricchirono di monumenti scultorei (statua equestre a Emanuele Filiberto, capolavoro del Marocchetti). Quanto alla pittura, spiccano, nella seconda metà del XIX sec., le opere di un nutrito gruppo di paesisti di ispirazione più o meno impressionistica: Avondo, Delleani, Pasini e Fontanesi. Fra gli esponenti più importanti del XX sec. in campo pittorico vanno citati F. Carena e F. Casorati. In ambito architettonico, sono rilevanti le opere dell'architetto P.L. Nervi (palazzo delle Esposizioni, 1948-50; stabilimenti Fiat, 1955; palazzo del Lavoro, in elementi prefabbricati, per l'Esposizione "Italia '61") e la riconversione dell'ex complesso industriale del Lingotto ad opera dell'architetto Renzo Piano, iniziata nel 1985 e completata nel 1993.
Cartina del Piemonte

Panorama di Torino

La Mole Antonelliana a Torino (1863-89)

Asti: la facciata della cattedrale

Biella: il Duomo

Il centro di Cuneo

Vercelli: piazza Cavour

Il castello di Cavour

Veduta del Monte Rosa