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Nàpoli.

Città della Campania, capoluogo di regione e della provincia omonima. La città si è espansa lungo la costa nord-orientale del golfo omonimo, tra il Vesuvio e i Campi Flegrei e sulle colline che le fanno da corona. Per sviluppo demografico, tradizioni culturali e patrimonio monumentale e museale, N. è il più importante centro del Mezzogiorno. La sua posizione centrale nel Mar Tirreno e la presenza di un golfo su cui si apre un riparato porto naturale sono altre cause di natura geografica che possono contribuire a spiegare la fortuna di N. e il suo ruolo storico di capitale del maggiore Stato italiano precedente all'unificazione. 1.045.870 ab. CAP 80100. ● Econ. - Le attività lavorative più diffuse sono in gran parte connesse al settore terziario, anche se N. rappresenta tuttora il maggior polo industriale del Mezzogiorno. Sono sviluppate le industrie siderurgiche e metallurgiche (la produzione di acciaio a Bagnoli è però cessata nel 1990), automobilistiche, aeronautiche, navali, del cemento, alimentari (pastifici, fabbriche di conserve, ecc.) e molte piccole aziende che riforniscono il vasto mercato di consumo delle regioni meridionali (abbigliamento, pelli, tessili, mobili). Il settore industriale è comunque del tutto insufficiente a soddisfare la richiesta di lavoro della popolazione. Da qui l'abnorme sviluppo del settore terziario, sia nella pubblica amministrazione sia nel commercio, con una miriade di attività legate al turismo e al commercio all'ingrosso e al dettaglio, esercitato spesso da ambulanti, fino ad includere il lavoro precario e occasionale, non di rado abusivo, e tutta quell'economia "sommersa" costituita dal lavoro nero e minorile. Numerosi sono poi gli addetti del trasporto pubblico (porto, ferrovia e metropolitana) e privato. Con i suoi centri di ricerca universitari e del CNR, N. presenta uno dei più notevoli settori del Paese. Per quantità di merci imbarcate e sbarcate, il porto di N. è il maggiore del Mezzogiorno e il primo scalo italiano per numero di passeggeri, anche se tale primato è dovuto esclusivamente al traffico locale per le isole del Golfo. L'aeroporto internazionale di N. Capodichino è il terzo del Paese per volume di traffico, dopo Roma-Fiumicino e Milano-Linate. ● St. - Fondata, secondo alcuni, da coloni eubei nel V sec. a.C. accanto a una precedente fondazione rodiota o cumana del VI sec. a.C., detta Partenope, o Palepoli, di origine comunque greca, la città entrò nel IV sec. nell'orbita romana. Nel 326 a.C., durante la seconda guerra sannitica, Neapoli - così viene nominata nelle fonti, scomparendo la vecchia distinzione con Palepoli - si alleò con Roma, che con un accordo si impegnò a rispettarne cultura e lingua. Decadde man mano che cresceva il ruolo strategico e commerciale di Pozzuoli come porto di Roma, finché nel 90 a.C. diventò un semplice municipio romano, pur conservando il greco come lingua ufficiale. Nell'82 a.C., come punizione per aver parteggiato per Mario, fu saccheggiata dalle truppe di Silla. Sotto l'imperatore Claudio fu ridotta al rango di colonia, ma venne scelta come località di svago e divertimento dai patrizi romani, che costruirono ville lungo tutta la costa, raccogliendovi vestigia dell'arte e della cultura greca. La città era tagliata da tre decumani, intersecati da cardines; alla metà del decumano maggiore si allargava la piazza e nei dintorni sorgevano la basilica, il tempio di Cerere, dei Dioscuri, di Giove. Le catacombe rimaste indicano che il Cristianesimo era probabilmente professato fin dal I sec. Tra i martiri della persecuzione di Diocleziano la tradizione annovera Gennaro, vescovo di Benevento, che divenne poi santo protettore della città. Alla caduta dell'Impero romano d'Occidente fu occupata dai Goti, poi espugnata da Belisario nel 536, quindi da Totila nel 542 e infine, dopo una battaglia alle pendici del Vesuvio, fu ricondotta di nuovo sotto il dominio bizantino (553) sino a diventare parte integrante dell'Impero d'Oriente, sottoposta al potere civile e militare di un duca. Di fronte alla minaccia dei Longobardi beneventani, il Ducato (V. NAPOLI, DUCATO DI) sviluppò la propria autonomia da Bisanzio, fino a rendersi di fatto indipendente con il vescovo-duca Stefano II (755). N. mantenne la sua indipendenza dagli attacchi longobardi, franchi e arabi fino al 1139, quando il Ducato dovette cedere allo strapotere di Ruggero il Normanno, re di Sicilia. Persa la libertà, la città si adattò alla nuova condizione di capoluogo retto da un governatore normanno (compalazzo: conte di palazzo) e sottoposto a Palermo capitale, e tornò a dedicarsi a una fiorente attività commerciale. Nel corso della lotta sostenuta contro Enrico VI di Svevia per la successione al trono, la città ottenne dal re Tancredi come premio della sua fedeltà un privilegio che includeva, fra l'altro, la dipendenza diretta dalla corona e il diritto di batter moneta. Nel 1191 Enrico VI assediò la città una prima volta e, respinto, ritentò, occupandola definitivamente nel 1194, dopo la morte di Tancredi, facendone per vendetta demolire le mura. Federico II, figlio ed erede di Enrico VI, diede impulso alla vita economica e civile della città e fondò nel 1224 il celebre Studio. Ma aver abolito il privilegio di Tancredi e aumentato la pressione fiscale gli guadagnò l'ostilità dei Napoletani che, dopo la sua morte, si ribellarono al successore Corrado IV. Nel 1251 N. si costituì Comune libero, ponendosi sotto la protezione del papa Innocenzo IV. Nel 1253, la città dovette arrendersi all'assedio di Manfredi, stremata dalla pestilenza e dalla fame. Per vendicarsi dell'accanita resistenza, Corrado fece diroccare parte delle mura, trasferì lo Studio a Salerno e istituì un'onerosa gabella. Dopo la morte del re la città si ripose sotto la tutela di Innocenzo IV, che fissò la sua sede a N., ma morì dopo poco (1254). Il suo successore, Alessandro V, si ritirò all'avvicinarsi dell'esercito di Manfredi. Dopo essersi a questo sottomessa, N., con il cambiare delle fortune del Regno, si affrettò ad aprire le porte al nuovo re Carlo I d'Angiò (1266), che vi fissò la sua residenza. N. diventò, dopo i Vespri Siciliani e la perdita della Sicilia (1282), la capitale del Regno. Il ritrovato ruolo di capitale accrebbe il prestigio di N. che però, pur godendo di fama internazionale, era oppressa da un fiscalismo gravoso e caratterizzata da un profondo squilibrio sociale tra una minoranza privilegiata e una maggioranza della popolazione di livello economico bassissimo. La classe media era pressoché inesistente o costituita da forestieri. Nei seggi il proletariato miserabile aveva un solo rappresentante contro cinque dei nobili. Nel 1441 N. passò dagli Angioini agli Aragonesi, dinastia che conservò il Regno, eccezion fatta per due brevi periodi di occupazione francese, sino al 1503. Il periodo aragonese fu culturalmente e artisticamente splendido, soprattutto sotto i Regni di Alfonso I e di suo figlio Ferdinando I. Delusi dagli ultimi sovrani aragonesi, dopo una seconda, breve, apparizione di Carlo VIII di Francia, i Napoletani accolsero con favore l'ingresso dei viceré spagnoli. Diventata capoluogo di una provincia, la città vide quasi del tutto sparire l'antica floridezza. Registrò un grande incremento demografico a causa dei continui flussi di miserabili dalla provincia, fino a toccare nel giro di pochi decenni le 200.000 unità. I viceré cercarono di porre rimedio al problema del sovraffollamento di N., in particolare Don Pietro di Toledo (1532-53), sotto il quale la città si espanse nell'area compresa fra le antiche mura aragonesi e le pendici di S. Elmo. Il divieto, però, di fabbricare fuori le mura e la continua occupazione di suolo da parte di chiese e monasteri favorirono quel progressivo addensamento di abitazioni che rese N. tristemente famosa per le cattive condizioni ambientali e di vita; la terribile pestilenza del 1656, dimezzando la popolazione, tolse momentaneamente urgenza al problema. Acuti furono i conflitti sociali. Popolo e nobiltà seppero essere solidali nell'impedire l'introduzione a N. dell'Inquisizione spagnola, ma altrimenti il contrasto fra le due classi fu continuo, fomentato dai viceré che manovravano le due fazioni l'una contro l'altra a proprio vantaggio. Nel 1522 entrarono in vigore i "23 capitoli di reggimento popolare" con i quali il popolo otteneva il diritto di eleggere i propri capi, ma una disposizione del 1547 attribuì al viceré il diritto di selezionare l'eletto del popolo. Nel 1622 il viceré duca di Ossuna nominò eletto del popolo Giulio Genoino, nemico acerrimo dei nobili. Da allora la situazione si inasprì al punto da sfociare nella rivoluzione (1647) detta di Masaniello, ma capeggiata, finché non degenerò in aperta anarchia, da Genoino. Nella seconda metà del XVII sec. iniziò un periodo di ripresa della cultura, ispirata dal cartesianesimo, invano contrastato dal clero, e si formò una classe borghese più sensibile ai reali bisogni della città. Vagheggiando l'idea di un Regno autonomo, una parte della nobiltà progettò senza successo di offrire la corona a Carlo, secondogenito dell'imperatore Leopoldo (congiura di Macchia, 1701), anche se N. passò effettivamente, in seguito alla guerra di Successione spagnola, sotto l'Impero asburgico (1707-24). Le sorti della guerra per la successione di Polonia fecero nuovamente della città la capitale di uno Stato indipendente, ponendo sul trono Carlo di Borbone, figlio di Filippo V di Spagna e di Elisabetta Farnese (1734). Sotto il Governo di Carlo II (1734-59) la città ritrovò il suo splendore. Fiorirono le arti e le lettere, vennero fondate l'università, l'accademia ercolanese, quella delle scienze. Ma con lo scoppio della Rivoluzione francese l'accordo che si era instaurato tra intellettuali e Monarchia si ruppe: il 24 gennaio 1799, entrate le truppe francesi di Championnet a N., Ferdinando IV fuggì con la corte e fu proclamata la Repubblica. Rientrati il 13 giugno dello stesso anno, i Borboni sancirono la sconfitta della Repubblica Partenopea con orribili repressioni, esecuzioni e confische. Nel 1806 ritornarono i Francesi e la corte borbonica si dette nuovamente alla fuga. Il Regno fu assegnato prima a Giuseppe Bonaparte, poi a G. Murat, che vi introdusse indispensabili riforme quali l'abolizione della feudalità e l'adozione dei codici napoleonici. Detronizzato Murat (1815), il Regno di N. tornò ai Borboni, che a partire dal 1816 assunsero la denominazione di "re del Regno delle Due Sicilie". La città fu scossa dai moti liberali del 1820 e presidiata da reparti austriaci fino al 1827. Gli avvenimenti del 1848 produssero una crisi che si risolse solo nel 1860, quando Garibaldi entrò a N. unendola all'Italia. Nei primi decenni del Regno d'Italia si ebbe un periodo di intensa ripresa culturale per merito di studiosi napoletani del valore di B. Spaventa, F. De Sanctis, L. Settembrini. Ad essi e ad altri insigni rappresentanti della cultura, al fervore che seppero infondere al pensiero e agli studi si dovette il prestigio europeo cui assurse l'università di N. È di questo periodo anche l'affermarsi di un vigoroso giornalismo politico, di nuove tendenze artistiche, il sorgere ovunque di circoli di cultura. La fondazione della Società Napoletana di Storia Patria (1875) incrementò gli studi storici e l'opera di Spaventa, A. Labriola e B. Croce diede nuovo impulso a quelli filosofici. In contrasto con quelle culturali, le condizioni economico-sociali di N. restavano però quelle borboniche: quartieri malsani, sporcizia, analfabetismo, delinquenza, camorra. Nel 1884 scoppiò l'epidemia di colera che mieté decine di migliaia di vittime. Gli anni fino al 1888 segnarono un periodo di svolta nella storia di N.; fu costituita la Società per il Risanamento, con un contributo da parte dello Stato di 100 milioni: N. ebbe un nuovo acquedotto e si iniziarono imponenti lavori di risistemazione edilizia, continuati poi anche nella prima metà del XX sec. Successivamente si registrò un incoraggiante risveglio industriale, favorito dalla presenza del porto. Durante la seconda guerra mondiale, N. subì gravissimi danni dalle incursioni aeree e dall'occupazione tedesca (durante la quale andò fra l'altro distrutto parte del ricchissimo Archivio di Stato). Nel settembre del 1943, dopo quattro giorni di aspri combattimenti (le quattro giornate di N.), N. costrinse il presidio tedesco alla resa. Il 1° ottobre 1943 gli Alleati anglo-americani entrarono in città. ● Urban. - Il primo nucleo di N. si insediò probabilmente sull'isolotto di Megaride, dove oggi sorge Castel dell'Ovo, e alla base di Pizzofalcone. Questo primo insediamento di origine forse rodiota, o cumana, detto Partenope (poi Pelopoli: città antica, in opposizione alla città nuova) fu nel V sec. a.C. ampliato da coloni eubei, che costruirono nuovi quartieri chiamati Neapoli (città nuova). In epoca romana N. si estese in direzione Nord-Est secondo la tipica pianta ortogonale. Tre decumani, corrispondenti alle attuali vie Anticaglia, Tribunali e B. Croce, ne costituivano l'ossatura e intersecavano un gran numero di vie secondarie (cardines). Il decumano mediano (decumanus maximus) attraversava il foro (l'agorà dell'insediamento greco) corrispondente all'attuale piazza S. Gaetano, dove sorgevano i principali edifici pubblici della città (tracce del tempio dei Dioscuri sono riconoscibili sulla facciata della chiesa di S. Paolo Maggiore). La vocazione commerciale di N., dovuta soprattutto al porto, fu repressa da Silla (82 d.C.) che volle punire la città, rea di aver sostenuto Mario; da allora N. fu luogo privilegiato di otia, con presenza di numerose ville e di terme. Successivamente, l'espansione oltre le cerchia delle mura, sia in epoca tardo-romana che in quella medioevale, determinò la perdita dell'impostazione viaria romana, anche per la necessità di adattarsi alla conformazione geografica del territorio. L'area urbanizzata non subì ampliamenti di rilievo durante il periodo bizantino e ducale. La murazione, ricostruita alla metà del V sec. dall'imperatore Valentiniano III su quella greca e romana e di cui restano alcune tracce, fu mantenuta fino all'epoca normanno-sveva, quando fu costruito Castel Capuano. Sotto gli Angioini (secc. XIII e XIV) N. ebbe uno sviluppo demografico e urbano conseguente alla sua elevazione a capitale; il Maschio Angioino (Castel Nuovo) divenne il centro della vita cittadina. In età aragonese (XV sec.) N. si espanse secondo un vero e proprio piano che tracciò un nuovo vasto circuito di mura; verso la fine del XV sec. N. aveva già superato i 100.000 ab. Nei due secoli di dominazione spagnola (secc. XVI-XVII), severe misure di sicurezza proibirono ogni ampliamento fuori le mura. Per la forza d'attrazione esercitata sulle popolazioni delle campagne, N. continuò a sovrappopolarsi e presto si giunse a un completo deterioramento delle condizioni abitative e igieniche, dovuto all'ammassamento del popolo sulla porzione di superficie urbana lasciata libera dagli innumerevoli edifici di culto e conventi. Dal XVI sec. al 1750 il numero degli abitanti di N. si mantenne tra 200 e 300.000, salvo dopo la terribile pestilenza del 1656, quando si ridusse a 160.000. Alla fine del XVIII sec. era la quarta città europea per popolazione, dopo Londra, Parigi e Costantinopoli. Alle condizioni di degrado urbano non sfuggivano neanche i pochi quartieri patrizi, situati prima nel centro antico, poi presso la riviera di Chiaia lungo la quale, in età borbonica, fu sistemata una passeggiata a mare alberata, nucleo dell'attuale villa comunale. Nel periodo spagnolo si consolidò anche un'altra caratteristica della N. storica: la contiguità spaziale tra le residenze dei nobili e i tuguri del popolo. Risalgono a questo periodo l'apertura di una nuova arteria, via Toledo, e l'impianto degli accampamenti dei soldati spagnoli, che diede origine a un piano a scacchiera (i "quartieri spagnoli"), ancora oggi conservato. Rioni con ben definita specializzazione funzionale sorgevano a ridosso del porto, dove si concentravano le attività artigianali (orefici, armaioli, conciatori) e le rappresentanze commerciali "straniere" - catalani, pisani, francesi, fiorentini, genovesi, ebrei - di cui si conserva il ricordo nella toponomastica. Con l'avvento del Regno borbonico (1734), N. ebbe un'ulteriore espansione oltre i limiti delle mura spagnole, verso la collina di Capodimonte e sulle pendici del colle di Capodichino, con la costruzione delle regge di Capodimonte e di Portici, dell'Albergo dei Poveri (1751) e delle grandi dimore patrizie, che dalla riviera di Chiaia si spostano verso le pendici di Posillipo. Vennero aperte tre nuove direttrici, verso Capodimonte, Capodichino e il litorale vesuviano. Con l'Unità d'Italia, la crescita demografica conseguente ai nuovi flussi di immigrazione dalle campagne determinò un ulteriore peggioramento delle condizioni igieniche delle classi più misere. L'epidemia di colera del 1884 fu un fattore decisivo per dare inizio all'opera di risanamento: alcuni quartieri vennero abbattuti, determinando la creazione di nuove arterie come l'ampio corso Umberto I e le diramazioni della via Sanfelice e Depretis, e fu iniziata la costruzione dei quartieri del Vomero e del Vasto, dove andò ad abitare la nuova borghesia. Così N. assunse la fisionomia umbertina che ancora oggi caratterizza, oltre i quartieri citati, l'elegante asse di via Filangieri e via dei Mille. L'allontanamento dal centro storico verso i nuovi quartieri non servì tuttavia ad alleviare il sovraffollamento dei bassi, sia per l'alto tasso di natalità sia per il persistere delle correnti immigratorie. Agli inizi del Novecento fu istituito a Bagnoli l'insediamento siderurgico dell'Ilva (poi Italsider) e fu predisposta una superficie, tra Poggioreale e la costa, da adibire a zona industriale. Durante il Fascismo si pose mano al progetto della "grande N.": il comune incorporò una serie di altri piccoli comuni soppressi (quali S. Pietro a Patieno, Barra, Ponticelli, S. Giovanni a Teduccio, Secondigliano, Chiaiano e Uniti); nuovi quartieri sorsero sulla collina del Vomero e a Fuorigrotta. Negli anni Cinquanta e Sessanta si produsse una frenetica cementificazione: nacquero i quartieri popolari a Miano e a Rione Traiano. Nel 1972 venne adottato un nuovo piano regolatore per N.; si registrò, inoltre, un allentamento della speculazione edilizia, grazie anche a una progressiva diminuzione del numero degli abitanti. Un tumultuoso sviluppo urbano ebbero i centri della cintura urbana sud-orientale, da Fuorigrotta a Bagnoli e Pozzuoli, e settentrionale, verso Pianura, Chiaiano e Guantai. Dopo i dissesti conseguenti al terremoto del 1980, nuovi investimenti permisero il recupero di alcune parti del centro storico, sempre meno densamente abitato, mentre il carico demografico continua a distribuirsi sui comuni di cintura, ormai saldati a N. in un'unica, popolosissima conurbazione. ● Arte - Dell'impianto originario romano della città si trova ancora traccia nella struttura del centro storico organizzato lungo la via dei Tribunali, anche se pochi sono i resti della N. romana (il tempio dei Disocuri sotto S. Paolo maggiore, la Curia con l'Erario sotto S. Lorenzo Maggiore, le Terme). Numerose le ville romane: gli orti luculliani a Pizzofalcone, la villa di Asinio Pollione a Posillipo. Maggiori e importanti sono le testimonianze artistiche dell'epoca paleocristiana: le pitture delle catacombe di S. Gennaro (II sec.); la chiesa di S. Gennaro extra moenia (V sec.); l'abside della basilica di S. Giorgio Maggiore (IV sec.); la basilica di S. Restituta (IV sec.), rimaneggiata nel XVIII sec. Dell'epoca altomedioevale rimane solo Castel dell'Ovo. Nel periodo angioino, quando N. divenne il più cospicuo centro del Mezzogiorno, sorsero le chiese più importanti, di impronta gotico-francese, rimaneggiate in tempi successivi: il duomo di N., dedicato a S. Gennaro (1249-99); S. Lorenzo Maggiore (1267); S. Maria Donnaregina (1314-20); la chiesa di S. Pietro a Maiella (1313-16, ampliata fra il 1498 e il 1503), il cui convento è oggi sede dell'omonimo conservatorio di musica. Il duomo è un edificio molto stratificato, della cui primitiva costruzione angioina è conservata in vista la prima campata della navata sinistra, coperta da una volta a crociera. Nella navata destra è l'accesso alla cappella di S. Gennaro (architetto F. Grimaldi, 1608-37) a croce greca sormontata da un'alta cupola affrescata da Domenichino e Lanfranco. Sotto l'abside del duomo è la cappella Carafa, di T. Malvito (1497-1506), a tre navate scandite da eleganti colonne, una fra le maggiori realizzazioni dell'architettura religiosa rinascimentale a N. La chiesa di S. Lorenzo Maggiore, a croce latina con navata unica, risolta all'esterno con slanciati archi rampanti, è ricca di memorie storiche legate alla vita di Boccaccio e Petrarca, e il convento, rifatto in età barocca, contiene una bella sala capitolare e un grande refettorio (1230), dove dal 1442 si tennero le riunioni del Parlamento del Regno di N. Notevole è, soprattutto, la basilica di S. Chiara (1310-24), ad aula, di gusto gotico-provenzale, restaurata nelle forme originarie dopo i bombardamenti del 1943 che ne distrussero la decorazione barocca; contiene numerosi sepolcri di sovrani e principi angioini e durazzeschi (notevoli i resti del monumento funebre di Roberto I D'Angiò, 1343-45); di grande interesse artistico sono i chiostri, dei quali il maggiore è celebre per le decorazioni in maiolica di D.A. Vaccaro (1742). Nel Trecento, la scuola pittorica toscana si diffuse ad opera di artisti quali Cavallini, S. Martini e Giotto (affreschi perduti in S. Chiara e in Castel Nuovo). Nel Quattrocento, l'arrivo di artisti in prevalenza toscani e lombardi produsse opere tuttora ben conservate, come la reggia aragonese a Castel Nuovo, con portale ad arco, forse di F. Laurana; Porta Capuana, disegnata da G. da Maiano; la tomba del cardinale Brancaccio di Donatello e Michelozzo (1426-28). Da rilevare l'influenza fiamminga in pittura, visibile nell'opera di Colantonio, maestro di A. da Messina. Il XVI sec. vide il diffondersi del modello toscano in numerosi edifici civili (Palazzo Gravina, 1519) e religiosi (S. Caterina a Formello) e il fiorire di una scuola locale di scultura, di cui fanno parte Giovanni da Nola, (sculture in S. Anna dei Lombardi), G. Santacroce, A. Caccavello. Nel tardo Cinquecento fino al 1620 si diffuse lo stile tardo-manieristico con G.A. Dosio (certosa di S. Martino, 1580-1623, e chiesa dei Girolamini, 1592-1619), D. Fontana (palazzo reale, ampliato nella prima metà dell'800 da G. Genovese), il figlio G.C. Fontana (il palazzo che ospita il Museo archeologico nazionale) e F. Grimaldi (S. Paolo Maggiore, 1591-1603). Nei secc. XVII e XVIII l'arte barocca trovò a N. un fertile terreno di sviluppo. Testimonianze della pittura barocca - che risentì notevolmente della breve presenza a N. di Caravaggio - restano nei grandiosi cicli pittorici che ornano chiese e palazzi napoletani. Esponenti particolarmente significativi del periodo sono L. Giordano, S. Rosa, J. de Ribera. Il Seicento architettonico fu dominato dal bergamasco Cosimo Fanzago, autore del chiostro di S. Martino, di S. Domenico Soriano (1698), del Palazzo Firrao, della chiesa di S. Maria della Sapienza (che con l'ariosa facciata a tarsie di marmi policromi rappresenta il suo capolavoro). Nella vasta congerie dell'architettura barocca napoletana vanno citati il palazzo e la chiesa del Pio Monte della Misericordia (architetto F.A. Picchiatti, 1658-78), con importanti dipinti del Caravaggio e del De Mura. Fra le oltre 300 chiese e conventi di N., è rilevante la grande struttura controriformistica della chiesa dei Girolamini (1592-1619), con prospetto settecentesco di F. Fuga e grandioso chiostro, con pinacoteca e biblioteca musicale. Inoltre, una tipica manifestazione del Barocco napoletano fu il presepio, cui si dedicarono i maggiori scultori dell'epoca. Il passaggio allo stile rococò del XVIII sec. avvenne con F. Solimena (S. Nicola della Carità), F. Sanfelice (palazzi Sanfelice e Serra, chiesa di S. Maria a Monte Calvario) e D.A. Vaccaro (chiostro di S. Chiara). Sotto Carlo di Borbone (1734-59) vennero realizzate numerose opere pubbliche: la reggia di Capodimonte (1739), di G.A. Medrano; l'Albergo dei poveri (1751), di F. Fuga; il Foro carolino (1757), di L. Vanvitelli, forse la più illustre personalità dell'architettura del tempo. Per volere del re furono fondate la celebre fabbrica di porcellana di Capodimonte e la fabbrica di arazzi, attiva fino al 1798. Esempi insigni di architettura neoclassica si ebbero con la Villa Floridiana, la cappella reale di San Francesco di Paola, costruita fra il 1817 e il 1846 su progetto di P. Bianchi, e il Teatro S. Carlo, fondato nel 1737, ma oggi visibile nella ricostruzione di A. Niccolini. Nel 1810-12 vi fu aggiunto l'atrio con la loggia superiore e il salone dell'accademia dei Cavalieri; dopo l'incendio del 1816, la decorazione della sala venne rifatta a sei ordini di palchi, con dipinti di Mancinelli e Cammarano. Cuore della città storica è il centro monumentale, costituito dalle due piazze del Plebiscito e di S. Ferdinando. Vi si affacciano il palazzo reale, la già citata chiesa di S. Francesco di Paola, inserita in un colonnato circolare di P. Valente, architetto cui si deve la sistemazione generale della piazza del Plebiscito con le statue equestri in bronzo di Carlo di Borbone, di Canova e di Ferdinando I. Il palazzo della prefettura (1815) ospita al piano terreno il caffè Gambrinus, con sale decorate da artisti napoletani del primo Novecento. Nelle immediate adiacenze si trova la galleria Umberto I, costruita fra il 1887 e il 1890 da E. di Mauro, coperta da volte in ferro e vetro; sotto la grande cupola a crociera centrale si trova la sala circolare del teatro Margherita, caffè-concerto molto in voga nella belle-époque. Nella piazza S. Ferdinando si innestano via Chiaia e via Toledo, le due tradizionali arterie commerciali cittadine, fiancheggiate da edifici dei secc. XVII-XIX tra cui, in via Chiaia, il teatro Sannazzaro (F. Niccolini, 1875). Via Toledo termina nell'emiciclo vanvitelliano (1757-65) di piazza Dante (convitto Vittorio Emanuele), coronato da statue allegoriche. Il centro antico di N. presenta altri spazi urbani molto significativi, come la piazza Mercato, sistemata alla fine del Settecento, un tempo luogo di esecuzioni capitali e centro della rivolta di Masaniello. ║ L'attività culturale di N. è testimoniata dai numerosi istituti di istruzione e di ricerca. La città è sede di un'antica università (fondata da Federico II nel 1224) attorno alla quale sono fiorite istituzioni quali l'Orto Botanico (1809) e l'Istituto di Fisica Terrestre. Vanno ricordati, inoltre, l'Accademia Pontaniana e l'Istituto Italiano di Studi Storici, fondato nel 1947 da B. Croce. In campo scientifico i più importanti istituti di ricerca sono l'Osservatorio Astronomico (fondato nel 1819); l'Osservatorio Vesuviano (1841), dotato di aggiornati strumenti per la rilevazione vulcanologica e geofisica; la Stazione Zoologica, fondata dal naturalista polacco A. Dohrn nel 1874, centro di studio e ricerca sulla vita marina. N. è sede di numerosi e importanti musei: il Museo Archeologico Nazionale (tra i maggiori d'Europa, creato da Carlo di Borbone a partire dalla collezione della madre Elisabetta Farnese, e arricchito con reperti di Ercolano e Pompei); il Museo Nazionale di Capodimonte (ospitato dal 1957 nel palazzo omonimo e che comprende l'appartamento storico al primo piano e la Pinacoteca Farnesiana al secondo, che custodisce fra l'altro opere di Simone Martini, Masaccio, Botticelli, Giovanni Bellini, Correggio, Tiziano, Caravaggio, Luca Giordano, ecc.); il Museo Nazionale di S. Martino (sistemato nell'omonima certosa, ha un'importante collezione di presepi); il Museo nazionale della ceramica Duca di Martina (nella Villa Floridiana); il Museo Civico Filangieri (armi, sculture, arazzi e dipinti dei secc. XV-XVIII), ubicato nel palazzo rinascimentale della famiglia Cuomo. Particolarmente numerose e ricche sono le biblioteche: l'attuale Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele III venne iniziata da Carlo di Borbone con il fondo farnesiano di Parma, cui in seguito si aggiunsero le raccolte di S. Giacomo e la Brancacciana. Aperta al pubblico fin dal 1804, conta oltre un milione e mezzo di volumi, quasi 5.000 incunaboli, 13.000 manoscritti, tra cui palinsesti rarissimi dei secc. III e IV, nonché 1.786 papiri ercolanesi. Altri istituti sono la Biblioteca universitaria (fondata nel 1816, con oltre 700.000 volumi, 400 incunaboli e 100 manoscritti), la Biblioteca del conservatorio di musica (rarissima collezione di autografi e partiture della scuola musicale napoletana del Settecento e Ottocento). ● Teat. - N. ebbe sempre una vita teatrale e musicale assai vivace. In epoca romana esistevano due teatri. Poi, per oltre un millennio l'attività teatrale decadde per rifiorire sotto gli Aragonesi che, dalla fine del XV sec., promossero la messa in scena dei testi di Sannazaro e delle farse di Caracciolo. Al 1575 risale la prima compagnia locale di comici della Commedia dell'arte e al 1592 il primo teatro stabile (la Stanza della Commedia, demolita nel 1618). Qui nacque la maschera di Pulcinella, creata dall'attore S. Fiorillo. Nel XVII sec. i teatri stabili si andarono moltiplicando; ne sono esempio la stanza di S. Giovanni dei Fiorentini (distrutta durante la seconda guerra mondiale) e quella di S. Bartolomeo (1621). Nel XVII sec. apparve la commedia regolare in dialetto e vennero aperti nuovi teatri come il Teatro della Pace e il Teatro Nuovo (1724). Di epoca borbonica sono il Teatro del Fondo (1779), poi Mercadante, e il S. Carlino (1787) dove sino al 1884, anno in cui fu demolito, si esibirono i più famosi Pulcinella, come S. e A. Petito. Nel 1790 aprì il Teatro S. Ferdinando, ricostruito da E. de Filippo nel 1954. Per l'opera in prosa il più celebre teatro rimase, invece, il Teatro dei Fiorentini, che tra il 1840 e il 1875 ebbe un momento di grande splendore. Per completare il panorama vanno inoltre ricordati il Politeama e il Sannazaro, nonché i numerosi teatrini e i caffè chantants (Eden, salone Margherita). Per quanto riguarda il teatro dialettale, i primi esempi risalgono al Cinquecento, con le commedie di A. Caracciolo e con le farse cavaiole riprese da V. Braca. Alla fine del XVI sec. nacquero le commedie erudite di G. Della Porta. Ma fu nel Settecento che il teatro dialettale visse la sua epoca d'oro con i librettisti dell'opera buffa P. Trichera e F. Cerlone, con l'affermazione della maschera di Pulcinella, con il sorgere dei primi autori attori delle dinastie dei Cammarano, di P. Altavilla, S. Petito e suo figlio Antonio fino a E. Scarpetta. Tra gli autori moderni meritano un posto di primo piano Peppino, Eduardo e Titina De Filippo, che, figli naturali di Scarpetta, formarono la compagnia del Teatro Umoristico. Né vanno dimenticati gli autori del varietà, da Totò ai De Rege a Nino Taranto, e il genere popolaresco della sceneggiata. Per quanto riguarda il teatro musicale, nel XVIII sec. N. fu il più importante centro europeo di produzione e rappresentazione dell'opera seria e buffa, tanto che si può parlare di scuola napoletana, sorta dal modello di A. Scarlatti. Quattro celebri conservatori e teatri come il S. Carlo e il S. Bartolomeo furono la fucina di interpreti e di autori tra cui G.B. Pergolesi, N. Porpora, N. Jommelli, N. Piccinni fino a G.B. Paisiello e D. Cimarosa. Polo di attrazione per la cultura musicale europea, N. accolse musicisti spagnoli, francesi o tedeschi, come G.F. Haendel e J.A. Hasse. Il melodramma romantico si espresse con V. Bellini, formatosi al conservatorio di N., e S. Mercadante; anche successivamente la scuola operistica napoletana continuò ad essere rappresentata da musicisti come U. Giordano e F. Cilea. ║ Provincia di N. (1.171 kmq; 3.111.100 ab.): si sviluppa intorno al golfo, comprendendo anche le isole di Capri, Ischia e Procida. Per buona parte pianeggiante, raggiunge però le estreme propaggini occidentali dell'Appennino e include i monti Lattari, nella penisola sorrentina. Come estensione è una delle più piccole province d'Italia, ma una delle più popolose; la densità è pertanto elevatissima. L'addensamento maggiore si produce lungo la costa, con numerosi grossi centri (Pozzuoli, Portici, Ercolano, Torre del Greco, Torre Annunziata, Castellammare di Stabia) dove si sono insediate svariate attività industriali e turistiche. Nell'entroterra un potente fulcro d'attrazione è stato il complesso automobilistico di Pomigliano d'Arco. La fertilità del suolo e la mitezza del clima hanno permesso lo sviluppo di un'agricoltura intensiva (pomodori, peschi, meli, albicocchi, noci, agrumi, vite), ma gli spazi agricoli si sono venuti sempre più restringendo per l'avanzata dell'attività edilizia, e l'inquinamento urbano e industriale (specialmente del bacino del Sarno) ha contribuito a compromettere le culture residue. Intensi i flussi turistici verso le isole del golfo (Capri, Ischia), la penisola sorrentina e i siti archeologici di Pompei ed Ercolano.
Napoli: il Maschio Angioino

Piazza Plebiscito a Napoli

Scalinata di Capodimonte (Napoli)

Napoli: la chiesa del Carmine

Napoli: monastero di Santa Chiara

Il cratere del Vesuvio

"Nostalgia di Napoli" di Alessandro Cutolo

"Un'ungherese regina di Napoli" di Alessandro Cutolo