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Mùsica.

L'arte che si esprime per mezzo dei suoni, diversi per altezza, intensità, timbro, combinati tra loro secondo determinate norme. ║ Opera prodotta da tale linguaggio artistico; brano musicale. ║ L'insieme delle opere musicali di un autore, di un periodo, di una Nazione. ║ Lo studio tecnico dell'uso e delle combinazioni degli elementi sonori che costituiscono il linguaggio di tale espressione artistica. ║ Insieme di segni che consentono di dare una forma grafica a un'impressione musicale. ║ Sistema di notazione delle espressioni sonore. ║ Genere musicale, carattere proprio di una composizione. ║ Fig. - Insieme di suoni particolarmente dolce e armonioso. ║ Fig. - Per antifrasi, insieme di suoni fastidiosi e sgradevoli. ║ Fig. - Situazione che si prolunga più del necessario. ● St. - La m. è stata, fin dalle origini, una delle più importanti espressioni dell'uomo, che al suono attribuì una serie di significati magici, identificandolo come tramite fra la realtà empirica e il mondo sovrannaturale. La stessa connotazione magico-religiosa fu mantenuta, oltre che in tutta la preistoria, nelle prime grandi civiltà storiche dei Sumeri, degli Assiro-Babilonesi, degli Egiziani, degli Indiani e degli Ebrei. Presso tutte queste popolazioni la m. rivestì un ruolo fondamentale all'interno delle singole cosmogonie elaborate e, di conseguenza, ebbe un posto preminente nelle varie celebrazioni rituali e liturgiche. Ciò non impedì che la m. fosse presente anche nelle manifestazioni della vita quotidiana, anche quelle più umili. Le testimonianze di carattere musicale dell'antichità sono scarse e frammentarie, comunque insufficienti ad offrire un quadro completo: si tratta di qualche testimonianza letteraria, di reperti archeologici di strumenti, di rari frammenti di m. notata, di qualche documento di carattere iconografico. Un caso parzialmente diverso è rappresentato dalla m. ebraica, della quale la Bibbia offre importanti informazioni. Alle notizie che si possono ottenere in via indiretta, si aggiungono i risultati degli studi eseguiti dall'etnomusicologia (V.), che procede secondo un metodo rigidamente comparativo: le caratteristiche che la m. ebbe in epoca preistorica e antica sono, infatti, le stesse che si possono ritrovare presso popolazioni orientali o sudamericane di cultura primitiva. ║ Antichità classica: uno sviluppo molto ampio ebbe la civiltà musicale del mondo ellenico, costituendo una tappa fondamentale nella formazione della cultura musicale occidentale moderna: va tuttavia osservato che quest'ultima deve essere considerata come parte di una civiltà musicale molto più ampia, all'interno della quale le esperienze elaborate dalle singole popolazioni mantennero a lungo caratteri comuni. È comunque certo che la tradizione ellenica, dalla quale derivò quella occidentale, conobbe una ricchezza, una complessità e una diffusione che nessun altra civiltà poté raggiungere. I Greci per primi svolsero ricerche di carattere teorico e tecnico (riguardanti, in particolare, l'ampiezza e la disposizione degli intervalli all'interno dei sistemi); essi, inoltre, avviarono l'estetica musicale, dedicandosi con particolare attenzione al problema dei riflessi significativi propri delle strutture musicali. Si formò in tal modo una vasta letteratura teorica specializzata, mentre alla m. dedicarono opere alcuni fra i maggiori filosofi e scrittori. Secondo il principio fondamentale elaborato dai Greci, e che sarebbe rimasto come base di ogni riflessione e di ogni estetica musicale successiva, il linguaggio musicale risponde a rigide convenzioni, il cui scopo è quello di raggiungere determinati fini espressivi. La m. ebbe, inoltre, un ruolo di primo piano nell'educazione dei giovani, come momento essenziale per un armonico sviluppo intellettuale e morale dell'individuo. Tuttavia le testimonianze musicali dirette della civiltà ellenica sono molto poche e hanno tutte carattere molto frammentario: ciò si spiega con il fatto che nel mondo greco la notazione ebbe una scarsa diffusione, mentre prevalse l'abitudine di tramandare oralmente il repertorio musicale, rifacendosi a strutture modello, i cosiddetti nómoi, modificabili eventualmente dagli interpreti (significato simile ebbero i raga indiani e i maqam medio-orientali). Gli antichi Greci inclusero nel termine musiké non solo l'arte dei suoni, ma anche la poesia e la danza. I poeti dell'epoca arcaica e classica, infatti, si definivano cantori e declamavano le loro composizioni letterarie accompagnati dal suono di strumenti a corda; gli elementi poetici e quelli musicali risultavano inestricabilmente legati, come succedeva tra prosodia e movimenti ritmici, serie di accenti tonici delle parole e movimenti melodici. Nei secc. VI-V a.C. nacquero la tragedia e la commedia, forme più articolate e complesse nelle quali si assiste ad una ancora maggiore fusione di poesia e m., quest'ultima non più limitata ad una sorta di recitativo o di parlato inquadrato e sostenuto dagli strumenti. A partire dal IV sec. a.C., si assiste ad una graduale acquisizione di autonomia della m. rispetto alle espressioni poetiche e coreutiche alle quali era rimasta tradizionalmente legata e, parallelamente, ad una lenta involuzione che portò ad un elevato livello di raffinatezza, ma anche alla ripetitività e alla perdita di vigore ed efficacia. Nello stesso periodo ebbe inizio la distinzione tra una sfera pratica (esecutori professionisti) e una sfera teorico-speculativa, che si sarebbe mantenuta anche in epoca medievale. I Romani attribuirono all'arte musicale scarsa importanza: essi non apportarono significative novità e non elaborarono elementi originali rispetto ai modelli greci. ║ Medioevo: distinta in m. mundana (armonia del cosmo, puramente intellegibile, formata dall'armonia dei contrari), m. humana (la m. in quanto si riflette sull'animo dell'uomo) e m. instrumentalis (il fenomeno musicale contingente), la m. intesa come arte fu collocata in epoca medievale nel complesso delle arti liberali del Quadrivio. Tuttavia l'elemento fondamentale, che determinò una nuova rivalutazione dell'espressione musicale e insieme una reinterpretazione del suo significato, fu la diffusione del Cristianesimo e la sua penetrazione, soprattutto a partire dal IV sec., in ogni settore della cultura medievale. La m. tornò ad avere un'alta funzione religiosa, soprattutto nella forma del canto liturgico, e si arricchì di nuove pratiche e di esperienze musicali di varia derivazione: la vasta sintesi culturale promossa dal Cristianesimo permise, infatti, la fusione di elementi disparati, provenienti dalla tradizione ebraica, medio-orientale, greca, bizantina. In particolare, tale processo trovò espressione ufficiale nella tendenza all'unità liturgica, promossa dai papi e culminata con la riforma di Gregorio Magno (VI sec.): essa segnò la scomparsa di molti canti legati al patrimonio culturale locale (con l'eccezione del canto gregoriano, V. GREGORIANO, CANTO), ma contemporaneamente permise l'integrazione del canto romano con numerosi elementi diversi. I primi secoli dell'epoca cristiana furono caratterizzati da eventi di grande importanza storica, che impedirono la fissazione del repertorio musicale liturgico e la decadenza dell'arte musicale cristiana, nonostante il divieto di variare il repertorio ordinato dalla Chiesa a partire dal VI sec. e l'opera di unificazione liturgica promossa dai re franchi. Primo di tali eventi fu l'introduzione della notazione diastematica (V.), che sarebbe poi stata perfezionata da Guido d'Arezzo nell'XI sec. Ad essa si aggiunse l'adozione della sequenza e del tropo che, attraverso la forma del tropo dialogico, avrebbero dato origine alla sacra rappresentazione e al mistero, cioè alle prime elementari forme del teatro europeo. Con il IX sec. si verificarono i primi tentativi di trasformare il canto liturgico, rigidamente omofono, mediante l'utilizzo delle prime tecniche polifoniche (organum, canto a due voci sovrapposte e di andamento parallelo; conductus e clausola, forme più complesse); queste giunsero ad un alto grado di complessità formale nei secc. XII e XIII, in particolare presso la scuola di Notre-Dame di Parigi. Proprio a Parigi sono legati i nomi delle prime due personalità di compositori dell'Occidente, Leoninus e Pérotin. Entrambi lavorarono alla stesura del Magnus Liber Organi, nel quale erano contenuti componimenti di forma varia, accomunati da un particolare tipo di ritmo, non più elastico come nel canto gregoriano, ma rigidamente determinato da rapporti matematici di durata fra i suoni. L'adozione della notazione mensurale (V. MENSURALISMO) favorì lo sviluppo della polifonia, che ebbe nel mottetto la forma musicale più caratteristica, in particolare nel periodo detto dell'Ars Antiqua (inizio XII sec. - 1320 circa). Parallelamente allo sviluppo e alla diffusione della polifonia, numerose altre forme espressive arricchirono il panorama musicale medievale, talvolta precorrendo fenomeni che avrebbero trovato condizioni di sviluppo più adeguate in tempi successivi: il movimento dei trovatori (Francia meridionale e Italia), dei trovieri (Francia settentrionale), dei Minnesinger (Germania), lo sviluppo delle composizioni di carattere spirituale quali le laude (Italia) apportarono elementi originali e nuovi e contribuirono a rinnovare lo stile monodico. L'affermazione delle strutture polifoniche si verificò a partire dai primi decenni del XIV sec. con l'inizio dell'Ars Nova (1320 - inizio XV sec.), periodo nel quale si assiste, in particolare nelle regioni francesi e italiane, ad una grande fioritura di forme polifoniche profane (madrigale, caccia, ballata, pastorella, ecc.) e a un inaspettato sviluppo delle strutture di carattere sacro. Fra queste ultime fu soprattutto la messa a conoscere un sensibile ampliamento strutturale, grazie anche all'opera di Guillaume de Machault, la cui Messe de Notre-Dame costituisce il primo esempio di messa interamente polifonica e unitariamente concepita. Nel corso del XV sec. la sede di un approfondimento sempre più complesso e virtuosistico delle possibilità offerte dalla polifonia vocale si spostò verso le ricche corti di Fiandra e Borgogna, dando così luogo alla scuola fiamminga, che dominò per quasi due secoli il panorama musicale europeo, rappresentata da G. Binchois, G. Dufay, J. Ockeghem, J. Obrecht. Il suo massimo esponente fu J. Després che, semplificando le strutture musicali e infondendo armonico equilibrio alla forma, preannunciò gli ideali estetici del Rinascimento. All'involuzione dell'Ars Nova in forme cerebrali e manieristiche corrispose l'introduzione, da parte degli esponenti della scuola borgognona, di un criterio fortemente razionale e organico nella strutturazione dei brani, che permise l'adozione nella prassi compositiva del contrappunto imitato. Adottato dai compositori franco-fiamminghi (Ockegem, Obrecht, Orlando di Lasso), il contrappunto ebbe una vasta e rapida diffusione in tutta Europa e divenne il sostrato comune sul quale si sarebbero poi delineate le tradizioni musicali locali e nazionali. ║ Rinascimento: l'epoca rinascimentale fu caratterizzata da profondi cambiamenti e dall'introduzione di numerose innovazioni, che svolsero nel complesso un'azione chiarificatrice e semplificatrice. Il canto di tipo gregoriano conobbe una fase di declino, mentre si affermarono in modo sempre più deciso i modi maggiore e minore; venne determinata la scala naturale; fu elaborata la teoria degli accordi. L'avvento della Riforma protestante ebbe importanti conseguenze anche dal punto di vista musicale: Lutero abolì, infatti, il canto gregoriano dalla liturgia sostituendolo con il corale, che volle basato su melodie popolari o facilmente accessibili al popolo. In Italia si imposero due principali centri di elaborazione musicale: la scuola romana (G.P. da Palestrina, C. Festa, G. Animuccia, G.M. Nanino, F. Anerio, F. Soriano, ecc.) e la scuola veneziana, i cui frutti furono caratterizzati da una maggiore vivacità e da una più netta inclinazione alla sperimentazione (A. Willaert, Andrea e Giovanni Gabrieli, ecc.). Accanto alla m. sacra fiorì, nel periodo rinascimentale, la m. profana: l'incontro e la fusione delle tradizioni locali con lo stile internazionale fiammingo ebbe come conseguenza la nascita di nuovi generi, quali il madrigale italiano, per il quale fu fondamentale l'influenza esercitata dai numerosi maestri fiamminghi stabilitisi in Italia (Ph. Verdelot, J. Arcadelt, Orlando di Lasso, A. Willaert, ecc.). Il madrigale regnò incontrastato nel panorama della m. profana; in esso gli autori cercarono l'essenziale equilibrio espressivo tra l'interpretazione musicale del testo poetico e le esigenze di una sperimentazione musicale che, nell'estremo sviluppo di questa raffinata e colta forma musicale, non rifuggiva anche da ardite dissonanze e cromatismi. Tra i più importanti madrigalisti si ricordano C. de Rore, L. Marenzio, G. da Venosa e soprattutto C. Monteverdi, che con i suoi libri di madrigali portò alle estreme conseguenze le possibilità tecniche ed espressive del genere, preludendo allo stile barocco. Il Rinascimento fu anche l'epoca della grande fioritura della m. strumentale, fino ad allora ristretta nell'ambito della m. popolare o ridotta a mera trascrizione di parti originariamente concepite per voci, ora invece dotata di autonome strutture compositive (canzone, toccata, suites, ecc.). ║ Seicento: con l'inizio del XVII sec., sperimentata ormai in tutte le sue potenzialità, la polifonia cedette il passo ad un nuovo tipo di linguaggio musicale, elaborato e proposto nelle loro opere dai musicisti della fiorentina Camerata de' Bardi: la monodia accompagnata dal basso continuo, che rappresentò la base per la creazione di nuovi generi musicali che si sarebbero imposti in un breve arco di tempo (oratorio, cantata, ecc.). All'interno del generale interesse per la tradizione classica greco-romana, caratteristico dell'epoca umanistico-rinascimentale, si colloca anche il tentativo di recupero e riproposta dell'antica tragedia, ancora da parte dei compositori della Camerata de' Bardi. Nacquero in tal modo i primi melodrammi, inizialmente rivolti alle rappresentazioni cortigiane e fondati sull'utilizzo del nuovo stile del recitar cantando; tra i primi esempi si segnalano la favola pastorale Dafne (1598) e l'Euridice (1600) di J. Peri e l'Euridice (1600) di G. Caccini. Accanto a questo filone d'ambientazione mitologica si svilupparono anche altri tipi di azioni teatrali, nelle quali la nuova esperienza del melodramma venne piegata a più spiccate esigenze di carattere morale e devozionale, come nella Rappresentazione di Anima et di Corpo (1600) di E. De' Cavalieri. Con l'Orfeo (1607) e l'Arianna (1608), destinate alla corte mantovana, e soprattutto con le successive opere veneziane, Monteverdi diede inizio al melodramma vero e proprio, nel quale l'azione tragica veniva resa musicalmente da una varia ed equilibrata successione di sinfonie strumentali, cori e interventi solistici affidati al nuovo stile recitativo. La grande svolta del nascente genere operistico si ebbe tuttavia con l'avvento dei teatri pubblici, primo fra tutti il San Cassiano aperto a Venezia nel 1637: la presenza di un pubblico più ampio e meno colto di quello cortigiano e i meccanismi economici necessariamente insiti nel nuovo contesto incisero profondamente sullo sviluppo dell'opera, che nell'età barocca assunse spiccati caratteri di spettacolarità e che conobbe una vasta diffusione in tutta Europa, con la sola eccezione della Francia. Qui, infatti, si sviluppò, soprattutto grazie all'opera di Lulli, una particolare forma drammatica, largamente influenzata dal precedente ballet de cour e dal teatro tragico di Corneille e Racine. L'affermazione della monodia fu agevolata anche, tra il XVI e il XVII sec., dal sensibile sviluppo della m. strumentale, nella quale spicca in particolare il grande interesse suscitato sia dal clavicembalo e dall'organo (le cui tecniche esecutive e potenzialità espressive furono sviluppate da G. Frescobaldi, F. Couperin e D. Scarlatti), sia dagli strumenti ad arco, che si imposero all'attenzione dei compositori in virtù anche dell'eccezionale perfezionamento tecnico raggiunto dai grandi liutai italiani (Stradivari, Amati, Guarneri). Si creò, in tal modo, un autonomo linguaggio espressivo, totalmente svincolato dalla parola, e si elaborarono le forme basilari della tecnica compositiva moderna (fuga, sonata, concerto grosso e concerto solistico). Il Seicento fu il secolo della massima fioritura della m. italiana, che impose la propria supremazia in tutta Europa con musicisti come Monteverdi, Cavalli, Cesti, Stradella, Carissimi, Frescobaldi, Corelli, Torelli, Albinoni, Vivaldi, A. Scarlatti. ║ Settecento: nel secolo del Barocco musicale due sono le figure di musicisti che spiccano con particolare evidenza, J.S. Bach e G.F. Haendel, i quali seppero fondere in un'originale sintesi la tradizione italiana, inglese (H. Purcell, scuola virginalistica), francese, tedesca (D. Buxtehude, H. Schütz). La m. italiana mantenne ancora, nei primi decenni del XVIII sec., il suo primato, soprattutto nel campo della m. strumentale; nella seconda metà del XVIII sec., tuttavia, il gusto musicale europeo subì un profondo mutamento, inclinando verso il grazioso stile galante e il successivo classicismo viennese, che privilegiò l'uso della simmetrica forma-sonata in tutti i nuovi generi di m. strumentale che furono coltivati nell'epoca (concerti, sinfonie, sonate e la nascente m. cameristica). Tra i precursori del classicismo viennese, che trovò la sua massima espressione nelle opere di F.J. Haydn, W.A. Mozart e L. van Beethoven, si possono segnalare G. Platti, G.B. Sammartini, J.W. Stamitz e la sua famosa orchestra di Mannheim, Ph.E. Bach e J.Ch. Bach, e gli italiani L. Boccherini e M. Clementi. Nel corso del Settecento subentrarono molti cambiamenti rispetto alla precedente età anche nella m. operistica che, nel perdurare del predominio italiano, vide la nascita e l'affermazione dell'opera buffa in alternativa all'opera seria; tra i principali operisti italiani del XVIII sec., quasi tutti legati all'ambiente napoletano, troviamo G.B. Pergolesi, N. Piccinni, D. Cimarosa e G. Paisiello. Un'importante svolta al genere teatrale venne poi impressa da Ch.W. Gluck che, in collaborazione con il librettista R. Calzabigi, propugnò una drastica riforma dell'opera seria attraverso la ricerca di una maggiore unitarietà fra testo e m., l'abolizione di alcuni stilemi propri dell'opera italiana, considerati artificiosi, e in generale una maggiore purezza melodica. ║ Ottocento: l'equilibrio formale e tonale raggiunto alla fine del XVIII sec. fu sviluppato e portato alle sue estreme conseguenze, fino quasi alla dissoluzione, dall'opera di Beethoven, che nella sua originalità segnò il passaggio dal Classicismo al Romanticismo. Il movimento romantico attribuì alla m. una rinnovata importanza, come linguaggio per eccellenza e mezzo privilegiato per raggiungere il mondo dell'assoluto. La ricerca di un'espressività più concentrata e al tempo stesso spontanea, la concezione della m. come linguaggio del tutto autonomo e privilegiato e l'attenzione non puramente folclorica verso il mondo popolare sono aspetti comuni alle opere dei primi compositori romantici, tra i quali C.M. von Weber, F. Schubert, R. Schumann, F. Mendelssohn, F. Chopin, H. Berlioz e F. Liszt. Il nuovo significato ideale attribuito alla m. ebbe come importante conseguenza lo sviluppo e il perfezionamento di ogni aspetto tecnico, mentre venivano create nuove forme accanto a quelle tradizionali (i cosiddetti Charakterstücke, brani di struttura libera composti soprattutto per il pianoforte). Parallelamente si modificò anche la funzione dell'interprete, che da mero esecutore divenne vero e proprio artista creatore, alla pari del compositore. Tutti i motivi del primo Romanticismo confluirono, a metà secolo, nel dramma musicale di R. Wagner, che accolse le tentazioni nazionalistiche già emerse nelle settecentesche espressioni del singspiel, contrapponendo alla tradizione operistica italiana sia il recupero tematico della fosca mitologia nordica sia lo sviluppo di un linguaggio musicale che, nella ricerca di una maggiore unitarietà drammatica, approdava ad una sorta di sinfonia vocale-strumentale. Nello stesso periodo anche il melodramma italiano e francese avevano recepito le istanze romantiche, aggiornando e rendendo più realistiche le tradizionali ambientazioni e tematiche che ormai non si rivolgevano più all'elitaria aristocrazia delle cosmopolite corti europee, ma ad un pubblico di prevalente estrazione borghese; alle nuove esigenze drammatiche e ideologiche si adeguò anche lo stile musicale che, pur non sacrificando il belcanto, si fece più comprensibile e moderno. Se il melodramma ottocentesco italiano, dopo il rinnovamento dell'opera buffa attuato da G. Rossini, raggiunse i risultati più alti nell'opera di G. Verdi, G. Donizetti e V. Bellini, l'opera francese, invece, partendo dal Neoclassicismo di L. Cherubini e G. Spontini e dall'ammodernamento dell'opéra-comique, si spinse verso l'esperienza del grand-opéra, trovando i suoi interpreti principali in G. Meyerbeer, Ch. Gounod, G. Bizet e J. Massenet. Favorite dall'esaltazione dello spirito popolare e dalle conseguenti istanze nazionalistiche già espresse nella cultura romantica, nella seconda metà del XIX sec. sorsero varie scuole musicali nazionali, che intendevano radicare la propria ispirazione nella più pura tradizione popolare. Questa nuova tendenza si sviluppò in particolare nell'Europa orientale, molto ricca di esperienze musicali popolari fino a quel momento ignorate dalle locali scuole musicali, il cui insegnamento rimaneva subordinato ai modelli provenienti dalle grandi corti europee. Tra le scuole nazionali la più importante per ricchezza di espressione fu quella russa, rappresentata da M. Balakirev, A. Borodin, N. Rimskij-Korsakov e M. Mussorgskij, che si contrapponevano polemicamente al connazionale P. Ciaikovski, considerato troppo eclettico ed occidentalizzante. Da non tralasciare, nell'ambito delle altre scuole nazionali, sono almeno i boemi B. Smetana, L. Janáček e A. Dvořák. ║ Novecento: tra la fine del XIX e gli inizi del XX sec. il panorama musicale europeo fu arricchito da nuovi esperimenti, nel tentativo di superare i classici rapporti armonici e tonali. Il ripensamento di tutta la tradizione classica, che già fra i due secoli percorreva l'opera di C. Franck, A. Bruckner, H. Wolf, G. Mahler e R. Strauss, preluse così alla piena affermazione di nuovi linguaggi, tra i quali emergono l'Impressionismo francese, rappresentato da C. Debussy e M. Ravel, la corrente cromatica, che pervenne all'atonalità e si riorganizzò poi nel sistema dodecafonico, e quella diatonica, volta alla politonalità. Al primo indirizzo, sorto con l'Espressionismo tedesco, appartennero fra gli altri A. Schönberg, A. Berg e A. Webern, mentre tra gli interpreti della seconda tendenza spiccò I. Stravinskij, seguito dai cosiddetti compositori neoclassici (D. Milhaud e F. Poulenc). Questi nuovi linguaggi furono caratterizzati anche da un profondo eclettismo, evidente nella rielaborazione di elementi non strettamente tradizionali e spesso tratti dalla m. preclassica, dai modi gregoriani, dalla m. popolare o anche dalla m. afro-americana diffusasi attraverso il jazz. Tra i numerosi autori che segnarono le esperienze musicali novecentesche è necessario almeno citare P. Hindemith, B. Bartòk, M. de Falla, S. Prokofiev e, tra gli italiani, F. Busoni, A. Casella, I. Pizzetti e G.F. Malipiero. La dissoluzione degli elementi che caratterizzano la m. tonale e la ricerca di nuovi mezzi espressivi si spinsero, verso la metà del Novecento, sulla strada dello sperimentalismo acustico che ebbe come conseguenza anche un ampliamento del repertorio sonoro e lo sviluppo della m. elettronica. Se Italia, Francia e Germania rimasero per tutto il secolo i principali centri di attrazione e di elaborazione della m. contemporanea, andò gradualmente affermandosi l'importanza di altre tradizioni nazionali, come quella russa (Glinka, Dargomyžskij, il Gruppo dei Cinque costituito da Balakirev, Kjui, Borodin, Rimskij-Korsakov, Mussorgskij), boema (Smetana, Dvořák, Janáček), scandinava (Gade, Nielsen, Berwald, Grieg, Sinding, Sibelius), spagnola (Albéniz, Granados, M. de Falla). Il contributo americano rimase, invece, piuttosto modesto, con la sola eccezione degli Stati Uniti, dove l'incontro di differenti correnti musicali diede origine al fenomeno del jazz. Nel complesso, il panorama estremamente variegato del XX sec. fu determinato anche da fenomeni di natura diversa, quali il perfezionamento delle discipline musicologiche (che permise l'accostamento ad un patrimonio musicale di diverse epoche storiche e di differenti civiltà) e la diffusione della m. in tutti gli strati sociali. ● Encicl. - L'esecuzione della m. è generalmente affidata alla voce umana (m. vocale), a strumenti (m. strumentale) o alla combinazione di entrambi. In rapporto alla sua estensione e al timbro, la voce umana viene solitamente classificata secondo varie categorie, corrispondenti ad una media alla quale si accostano le estensioni delle voci individuali: nelle voci maschili si distingue così fra basso, baritono e tenore e nelle voci femminili fra contralto, mezzosoprano e soprano. Quanto agli strumenti, in base ai mezzi con i quali viene prodotto il suono, è possibile attuare una classificazione generale basata su tre categorie essenziali: strumenti a percussione, strumenti a corda e strumenti a fiato (V. MUSICALI, STRUMENTI). La rappresentazione grafica del discorso musicale, ai fini della sua conservazione e della sua pratica esecuzione, viene realizzata con la notazione. ║ M. a programma: m. nella quale la struttura e i fini espressivi sono legati ad elementi extramusicali (poetici, letterari, biografici, pittorici, ecc.). Si tratta di un fenomeno tipico dell'età romantica, quando il linguaggio musicale fu concepito come sintesi di tutte le espressioni artistiche, l'unico in grado di raggiungere la perfezione dell'espressione e l'unico in grado di rappresentare la realtà interiore dell'uomo e quella esterna della natura. ║ M. assoluta o pura: V. ASSOLUTO. ║ M. atonale: V. ATONALITÀ. ║ M. classica: espressione utilizzata per distinguere la m. d'arte e colta da quella popolare e di consumo. ║ M. concreta: forma musicale che utilizza elementi sonori di natura diversa (grida, rumori, ecc.), priva di precisi schemi formali. Realizzata per la prima volta dall'ingegnere francese P. Schaeffer, nel 1948, in opposizione a quella tradizionale, definita astratta, viene adoperata soprattutto come materiale di commento radiofonico o televisivo. Alla m. concreta si dedicarono musicisti come Messiaen, Berio, Varèse. ║ M. da camera: ogni composizione eseguita da piccoli complessi strumentali o vocali, generalmente non superiori al doppio quintetto. Abbastanza varia, tuttavia, è la possibilità dell'organico previsto da questo tipo di m., che può comprendere strumenti ad arco o a fiato, anche misti, con l'eventuale presenza del pianoforte e del canto. Il termine serve soprattutto a distinguere la m. propriamente da camera da quella sinfonica, destinata alla grande orchestra, dalla m. teatrale (opere liriche, balletti, m. di scena, ecc.) e dalla m. sacra. Inizialmente tuttavia, tra il XVII e il XVIII sec., l'espressione si riferiva al luogo di esecuzione e definiva in senso più ampio tutta la m. profana, quella cioè che non veniva eseguita in chiesa, come le sonate e le cantate, nonostante esse fossero assimilabili dal punto di vista strettamente formale. In questa definizione potevano essere così comprese anche la m. sinfonica e la m. teatrale, senza distinzione cioè tra la m. strumentale e la m. vocale, purché appunto esse fossero sempre di carattere e argomento non religioso. Il successivo sviluppo delle orchestre sinfoniche e delle orchestre da teatro richiesero una distinzione più specifica e si arrivò all'odierno significato dell'espressione. Tuttavia, soprattutto dopo alcune composizioni scritte da grandi musicisti dell'età contemporanea per organici strumentali ridotti (come l'Histoire du Soldat di I. Stravinskij o la Kammersymphonie di A. Schönberg), la validità di tale distinzione è stata messa in dubbio. Oggi si definisce con più precisione m. da camera quella che, indipendentemente dal numero di strumenti, venga eseguita in un ambiente piccolo e raccolto, diversamente da quanto si verifica per la m. sinfonica. ║ M. descrittiva o imitativa: m. che tenta di riprodurre i fenomeni sensibili per mezzo di combinazioni vocali o strumentali. ║ M. di scena: il complesso dei brani musicali, strumentali o vocali, che si inseriscono in uno spettacolo teatrale allo scopo di commentare l'azione o una determinata situazione, sottolineare i sentimenti di un personaggio, far convergere l'attenzione degli spettatori sulla scena stessa. Nel teatro dell'antica Grecia la m. di scena aveva la specifica funzione di dare tempo ai cori e di facilitare l'immedesimazione del pubblico con le vicende che si rappresentavano sulla scena; in essa si assommavano perciò la funzione ritmica e quella rituale. La m. interveniva nelle parti principali della tragedia. La m. di scena continuò a ricoprire una grande importanza anche nel teatro romano, dove si distingueva una parte cantata (canticum) e una parte recitata (diverbium). Nel Medioevo la m. di scena costituì un elemento fondamentale delle rappresentazioni sceniche dell'epoca, così come nei secoli successivi, quando essa fu inserita sia nelle sacre rappresentazioni sia nelle opere d'argomento mitologico destinate alle corti signorili. L'uso di accompagnare con la m. le opere in prosa si diffuse durante il Rinascimento e più ancora nel Seicento. Nell'Inghilterra secentesca uno dei maggiori compositori di m. di scena fu H. Purcell, autore fra l'altro di brani musicali per il Sogno di una notte di mezza estate e per La tempesta di W. Shakespeare, in seguito eseguiti come autonome composizioni anche al di fuori della loro funzione contestuale. In Francia, G.B. Lulli compose non solo m. per la danza ma anche vere e proprie m. di scena per le opere di Molière, Racine, Corneille. Nel Settecento il diffondersi del melodramma in stile italiano rallentò sensibilmente l'attività dei compositori di m. di scena, anche se appartengono proprio a questo periodo veri e propri capolavori, come i brani composti da Haendel e da Mozart. Nel secolo successivo la m. di scena conobbe invece una nuova grande fioritura: Beethoven, Schubert, Weber, Mendelssohn, Schumann, Meyerbeer e Wagner scrissero m. di scena destinate al teatro in prosa, seguiti nei decenni successivi dai francesi Saint-Saëns, Berlioz, Gounod, Bizet, Massenet e Debussy, oltre che da Glinka, Ciaikovski, de Falla e Grieg. Uno dei migliori esempi contemporanei di m. di scena è forse quello offerto dal compositore K. Weill, autore delle celebri pagine musicali per L'opera da tre soldi di B. Brecht. ║ M. dodecafonica: V. DODECAFONIA. ║ M. elettronica: m. formata da suoni di natura sintetica, generati in laboratorio con apparecchiature elettroacustiche, che al tavolo di mixaggio vengono successivamente elaborati e trattati con la tecnica del montaggio su nastro magnetico in modo da ottenere suoni complessi. Nella m. elettronica si fa spesso ricorso anche al cosiddetto suono bianco, prodotto da uno speciale generatore, che può contenere le frequenze comprese nella gamma udibile da 20 a 20.000 Hz. La m. elettronica si allontana dall'abituale sistema tonale, sia diatonico che cromatico, e non richiede la notazione tradizionale, poiché l'unico elemento fondamentale è la frequenza che determina le varie altezze dei suoni. Le prime ricerche sulla m. elettronica furono condotte a Parigi dove, a partire dal 1948, l'ingegnere P. Schaeffer e il musicista P. Henry diedero il via all'esperienza della m. concreta (V.). Negli stessi anni furono svolti studi sulla m. elettronica anche a Colonia, dove nel 1951 il compositore H. Eimert fondò lo Studio di m. elettronica della Westdeutsche Rundfunk, con la collaborazione di F. Winkel, dello scienziato W. Meyer Eppler, di autori come G. Klebe, G.M. König, E. Křenek, K. Goeyvaerts e, soprattutto, K. Stockhausen; i risultati del gruppo di Colonia furono poi presentati in un concerto tenuto nella stessa città nel 1954, nell'ambito del Festival del Nordwestdeutscher. La m. elettronica si diffuse anche nei Paesi extraeuropei, trovando numerosi sostenitori. Tra le opere principali citiamo: Gesang der Jünglinge (1956) e Kontacte (1960) di K. Stockhausen, Musica su due dimensioni (1957) di B. Maderna, Différences (1959) di L. Berio, nelle quali accanto ai suoni elettronici vengono impiegati anche strumenti musicali tradizionali e voci. In Italia il primo centro di studio per la m. elettronica fu il Centro di Fonologia Musicale Italiano allestito nel 1955 dalla RAI presso la propria sede di Milano, del quale si occuparono B. Maderna e L. Berio, coadiuvati dal tecnico M. Zuccheri; più tardi, mentre la schiera degli sperimentatori italiani si allargava a L. Nono, N. Castiglioni, F. Donatoni, R. Vlad, A. Clementi, sorsero altri centri a Roma e a Firenze. Nei Paesi extraeuropei si segnalano le esperienze maturate a Tokyo, dove operarono M. Moroï e T. Mayuzumi, e soprattutto negli Stati Uniti, dove la m. elettronica venne inizialmente chiamata tape music (m. su nastro) e, a partire dai primi anni Cinquanta, si iniziarono anche le sperimentazioni sui calcolatori che aprirono la strada alla m. informatica. ║ M. etnica: espressione musicale caratterizzata da elementi fortemente legati alla tradizione di un gruppo etnico. È oggetto di studio dell'etnomusicologia (V.). ║ M. jazz: V. JAZZ. ║ M. informatica: m. che si ottiene mediante un elaboratore numerico. Nata poco dopo la metà del Novecento, la m. informatica conobbe un forte sviluppo a partire dagli anni Settanta, con la costituzione di centri di ricerca e con l'instaurarsi di un legame sempre più stretto fra m., scienza e tecnologia. In Italia le prime ricerche furono condotte alla fine degli anni Sessanta da P. Grossi; nei primi anni Novanta sono stati creati centri di m. informatica finalizzati alla produzione musicale. ║ M. leggera: genere di composizioni che si differenzia da quello colto e da quello più propriamente popolare e folcloristico. Comprende canzoni e brani strumentali. ║ M. omofona: V. OMOFONO. ║ M. orchestrale: m. composta per piccola o grande orchestra. ║ M. per film: m. composta o arrangiata per essere utilizzata come commento sonoro di un film. Già nel cinema muto era previsto un rudimentale accompagnamento musicale, generalmente affidato a un pianista o a una piccola orchestra. Spesso si trattava di improvvisazioni o di brani scelti all'interno di un repertorio, con la funzione soprattutto di copertura del rumore della proiezione. In seguito, la composizione e la scelta dei brani musicali fu affidata a musicisti famosi (Saint-Saëns, Mascagni, Ibert, Honegger, Šostakovič, ecc.). Con l'avvento del cinema sonoro, la m. assunse un'importanza maggiore, diventando un vero e proprio genere a sé stante, legato strettamente al film, alle sue sequenze e al succedersi delle scene. Tuttavia la m. è destinata a mantenere un ruolo essenzialmente subordinato al film, e una sua esecuzione autonoma, in una sede diversa da quella della proiezione cinematografica, richiederebbe una consistente elaborazione. Oltre alla collaborazione con famosi musicisti contemporanei (ricordiamo ancora Malipiero, Ghedini, Vlad, Rossellini, Bernstein), i registi ricorrono in molti casi anche a m. del passato. L'enorme sviluppo della m. per film ha avuto come conseguenza la creazione, sia in Italia sia nel resto dei Paesi, di una folta schiera di musicisti specializzati in questo genere musicale, fra i quali si ricordano: gli americani M. Steiner, A. Newman, D. Tiomkin; gli inglesi A. Bax, R. Addinsell, J. Greenwood; i sovietici N. Kriukov, D. Šerbacev; i francesi M. Thiriet, M.F. Gaillard, M. Landowski; gli italiani N. Rota, A. Cicognini, G. Fusco, C. Rustichelli, M. Nascimbene, E. Morricone, A.F. Lavagnino. ║ M. polifonica: V. POLIFONIA. ║ M. popolare: la m. che nasce dal popolo, del quale esprime i caratteri e la cultura peculiari, a volte in compresenza di espressioni musicali più colte con le quali spesso instaura anche rapporti di reciproca influenza. Spesso questo tipo di componimenti, che in genere mescolano i versi alla m. e sono basati su ritmi tradizionali a volte creati anche estemporaneamente, hanno un forte legame con i momenti ritualmente e socialmente più importanti della comunità in cui nascono. La m. popolare comprende sia canti sia danze, generalmente tramandati oralmente (per questo viene detta anche m. tradizionale). A causa del suo carattere spontaneo, la m. popolare è anonima, non legata al linguaggio particolare di un singolo compositore (V. anche ETNOMUSICOLOGIA). ║ M. sacra: m. composta per il servizio liturgico. Il termine escluderebbe di per sé le opere che, pur rispondendo a fini di devozione o spirituali, non sono state concepite appositamente come parte di una funzione liturgica; tuttavia, in seguito all'evoluzione subita dalla m. sacra soprattutto negli ultimi decenni, la distinzione tra m. sacra e profana si è fatta meno rigida, con l'esecuzione in sede concertistica di brani originariamente sacri o l'utilizzazione in celebrazioni liturgiche di m. di altra natura. ║ M. seriale: m. basata su una successione preordinata di suoni (serie), nella quale la disposizione dei suoni può essere mutata mediante inversione, retrogradazione, retrogradazione dell'inversione, mantenendo intatti i rapporti di intervallo della serie. I primi esperimenti di m. seriale furono condotti nell'ambito della m. dodecafonica, anche se alcuni autori (Malipiero, Stravinskij) utilizzarono le serie in m. diatoniche e tonali. ║ M. sinfonica: V. SINFONIA. ║ M. sperimentale: corrente della m. contemporanea europea e americana, comprendente numerosi filoni di ricerca (m. concreta, elettronica, ecc.), caratterizzata dall'autonomia rispetto ai presupposti teorici ed estetici della tradizione musicale. Il termine viene quindi usato correntemente nel linguaggio musicale per indicare qualsiasi ricerca di novità libera da preconcetti. ║ M. stocastica: m. elaborata sulla base di funzioni matematiche probabilistiche. ║ M. strumentale: m. composta per soli strumenti. ║ M. vocale: m. scritta per voci.
"Come ascoltare la musica" di Michelangelo Abbado