L'arte che si esprime per mezzo dei suoni, diversi per altezza,
intensità, timbro, combinati tra loro secondo determinate norme. ║
Opera prodotta da tale linguaggio artistico; brano musicale. ║ L'insieme
delle opere musicali di un autore, di un periodo, di una Nazione. ║ Lo
studio tecnico dell'uso e delle combinazioni degli elementi sonori che
costituiscono il linguaggio di tale espressione artistica. ║ Insieme di
segni che consentono di dare una forma grafica a un'impressione musicale.
║ Sistema di notazione delle espressioni sonore. ║ Genere musicale,
carattere proprio di una composizione. ║ Fig. - Insieme di suoni
particolarmente dolce e armonioso. ║ Fig. - Per antifrasi, insieme di
suoni fastidiosi e sgradevoli. ║ Fig. - Situazione che si prolunga
più del necessario. ● St. - La
m. è stata, fin dalle
origini, una delle più importanti espressioni dell'uomo, che al suono
attribuì una serie di significati magici, identificandolo come tramite
fra la realtà empirica e il mondo sovrannaturale. La stessa connotazione
magico-religiosa fu mantenuta, oltre che in tutta la preistoria, nelle prime
grandi civiltà storiche dei Sumeri, degli Assiro-Babilonesi, degli
Egiziani, degli Indiani e degli Ebrei. Presso tutte queste popolazioni la
m. rivestì un ruolo fondamentale all'interno delle singole
cosmogonie elaborate e, di conseguenza, ebbe un posto preminente nelle varie
celebrazioni rituali e liturgiche. Ciò non impedì che la
m.
fosse presente anche nelle manifestazioni della vita quotidiana, anche quelle
più umili. Le testimonianze di carattere musicale dell'antichità
sono scarse e frammentarie, comunque insufficienti ad offrire un quadro
completo: si tratta di qualche testimonianza letteraria, di reperti archeologici
di strumenti, di rari frammenti di
m. notata, di qualche documento di
carattere iconografico. Un caso parzialmente diverso è rappresentato
dalla
m. ebraica, della quale la Bibbia offre importanti informazioni.
Alle notizie che si possono ottenere in via indiretta, si aggiungono i risultati
degli studi eseguiti dall'etnomusicologia (V.),
che procede secondo un metodo rigidamente comparativo: le caratteristiche che la
m. ebbe in epoca preistorica e antica sono, infatti, le stesse che si
possono ritrovare presso popolazioni orientali o sudamericane di cultura
primitiva. ║
Antichità classica: uno sviluppo molto ampio
ebbe la civiltà musicale del mondo ellenico, costituendo una tappa
fondamentale nella formazione della cultura musicale occidentale moderna: va
tuttavia osservato che quest'ultima deve essere considerata come parte di una
civiltà musicale molto più ampia, all'interno della quale le
esperienze elaborate dalle singole popolazioni mantennero a lungo caratteri
comuni. È comunque certo che la tradizione ellenica, dalla quale
derivò quella occidentale, conobbe una ricchezza, una complessità
e una diffusione che nessun altra civiltà poté raggiungere. I
Greci per primi svolsero ricerche di carattere teorico e tecnico (riguardanti,
in particolare, l'ampiezza e la disposizione degli intervalli all'interno dei
sistemi); essi, inoltre, avviarono l'estetica musicale, dedicandosi con
particolare attenzione al problema dei riflessi significativi propri delle
strutture musicali. Si formò in tal modo una vasta letteratura teorica
specializzata, mentre alla
m. dedicarono opere alcuni fra i maggiori
filosofi e scrittori. Secondo il principio fondamentale elaborato dai Greci, e
che sarebbe rimasto come base di ogni riflessione e di ogni estetica musicale
successiva, il linguaggio musicale risponde a rigide convenzioni, il cui scopo
è quello di raggiungere determinati fini espressivi. La
m. ebbe,
inoltre, un ruolo di primo piano nell'educazione dei giovani, come momento
essenziale per un armonico sviluppo intellettuale e morale dell'individuo.
Tuttavia le testimonianze musicali dirette della civiltà ellenica sono
molto poche e hanno tutte carattere molto frammentario: ciò si spiega con
il fatto che nel mondo greco la notazione ebbe una scarsa diffusione, mentre
prevalse l'abitudine di tramandare oralmente il repertorio musicale, rifacendosi
a strutture modello, i cosiddetti
nómoi, modificabili
eventualmente dagli interpreti (significato simile ebbero i
raga indiani
e i
maqam medio-orientali). Gli antichi Greci inclusero nel termine
musiké non solo l'arte dei suoni, ma anche la poesia e la danza. I
poeti dell'epoca arcaica e classica, infatti, si definivano cantori e
declamavano le loro composizioni letterarie accompagnati dal suono di strumenti
a corda; gli elementi poetici e quelli musicali risultavano inestricabilmente
legati, come succedeva tra prosodia e movimenti ritmici, serie di accenti tonici
delle parole e movimenti melodici. Nei secc. VI-V a.C. nacquero la tragedia e la
commedia, forme più articolate e complesse nelle quali si assiste ad una
ancora maggiore fusione di poesia e
m., quest'ultima non più
limitata ad una sorta di recitativo o di parlato inquadrato e sostenuto dagli
strumenti. A partire dal IV sec. a.C., si assiste ad una graduale acquisizione
di autonomia della
m. rispetto alle espressioni poetiche e coreutiche
alle quali era rimasta tradizionalmente legata e, parallelamente, ad una lenta
involuzione che portò ad un elevato livello di raffinatezza, ma anche
alla ripetitività e alla perdita di vigore ed efficacia. Nello stesso
periodo ebbe inizio la distinzione tra una sfera pratica (esecutori
professionisti) e una sfera teorico-speculativa, che si sarebbe mantenuta anche
in epoca medievale. I Romani attribuirono all'arte musicale scarsa importanza:
essi non apportarono significative novità e non elaborarono elementi
originali rispetto ai modelli greci. ║
Medioevo: distinta in
m.
mundana (armonia del cosmo, puramente intellegibile, formata dall'armonia
dei contrari),
m. humana (la
m. in quanto si riflette sull'animo
dell'uomo) e
m. instrumentalis (il fenomeno musicale contingente), la
m. intesa come arte fu collocata in epoca medievale nel complesso delle
arti liberali del Quadrivio. Tuttavia l'elemento fondamentale, che
determinò una nuova rivalutazione dell'espressione musicale e insieme una
reinterpretazione del suo significato, fu la diffusione del Cristianesimo e la
sua penetrazione, soprattutto a partire dal IV sec., in ogni settore della
cultura medievale. La
m. tornò ad avere un'alta funzione
religiosa, soprattutto nella forma del canto liturgico, e si arricchì di
nuove pratiche e di esperienze musicali di varia derivazione: la vasta sintesi
culturale promossa dal Cristianesimo permise, infatti, la fusione di elementi
disparati, provenienti dalla tradizione ebraica, medio-orientale, greca,
bizantina. In particolare, tale processo trovò espressione ufficiale
nella tendenza all'unità liturgica, promossa dai papi e culminata con la
riforma di Gregorio Magno (VI sec.): essa segnò la scomparsa di molti
canti legati al patrimonio culturale locale (con l'eccezione del canto
gregoriano, V. GREGORIANO, CANTO), ma
contemporaneamente permise l'integrazione del canto romano con numerosi elementi
diversi. I primi secoli dell'epoca cristiana furono caratterizzati da eventi di
grande importanza storica, che impedirono la fissazione del repertorio musicale
liturgico e la decadenza dell'arte musicale cristiana, nonostante il divieto di
variare il repertorio ordinato dalla Chiesa a partire dal VI sec. e l'opera di
unificazione liturgica promossa dai re franchi. Primo di tali eventi fu
l'introduzione della notazione diastematica (V.),
che sarebbe poi stata perfezionata da Guido d'Arezzo nell'XI sec. Ad essa si
aggiunse l'adozione della sequenza e del tropo che, attraverso la forma del
tropo dialogico, avrebbero dato origine alla sacra rappresentazione e al
mistero, cioè alle prime elementari forme del teatro europeo. Con il IX
sec. si verificarono i primi tentativi di trasformare il canto liturgico,
rigidamente omofono, mediante l'utilizzo delle prime tecniche polifoniche
(
organum, canto a due voci sovrapposte e di andamento parallelo;
conductus e
clausola, forme più complesse); queste giunsero
ad un alto grado di complessità formale nei secc. XII e XIII, in
particolare presso la scuola di Notre-Dame di Parigi. Proprio a Parigi sono
legati i nomi delle prime due personalità di compositori dell'Occidente,
Leoninus e Pérotin. Entrambi lavorarono alla stesura del
Magnus Liber
Organi, nel quale erano contenuti componimenti di forma varia, accomunati da
un particolare tipo di ritmo, non più elastico come nel canto gregoriano,
ma rigidamente determinato da rapporti matematici di durata fra i suoni.
L'adozione della notazione mensurale (V.
MENSURALISMO) favorì lo sviluppo della polifonia, che ebbe nel
mottetto la forma musicale più caratteristica, in particolare nel periodo
detto dell'
Ars Antiqua (inizio XII sec. - 1320 circa). Parallelamente
allo sviluppo e alla diffusione della polifonia, numerose altre forme espressive
arricchirono il panorama musicale medievale, talvolta precorrendo fenomeni che
avrebbero trovato condizioni di sviluppo più adeguate in tempi
successivi: il movimento dei trovatori (Francia meridionale e Italia), dei
trovieri (Francia settentrionale), dei
Minnesinger (Germania), lo
sviluppo delle composizioni di carattere spirituale quali le laude (Italia)
apportarono elementi originali e nuovi e contribuirono a rinnovare lo stile
monodico. L'affermazione delle strutture polifoniche si verificò a
partire dai primi decenni del XIV sec. con l'inizio dell'
Ars Nova (1320 -
inizio XV sec.), periodo nel quale si assiste, in particolare nelle regioni
francesi e italiane, ad una grande fioritura di forme polifoniche profane
(madrigale, caccia, ballata, pastorella, ecc.) e a un inaspettato sviluppo delle
strutture di carattere sacro. Fra queste ultime fu soprattutto la messa a
conoscere un sensibile ampliamento strutturale, grazie anche all'opera di
Guillaume de Machault, la cui
Messe de Notre-Dame costituisce il primo
esempio di messa interamente polifonica e unitariamente concepita. Nel corso del
XV sec. la sede di un approfondimento sempre più complesso e
virtuosistico delle possibilità offerte dalla polifonia vocale si
spostò verso le ricche corti di Fiandra e Borgogna, dando così
luogo alla scuola fiamminga, che dominò per quasi due secoli il panorama
musicale europeo, rappresentata da G. Binchois, G. Dufay, J. Ockeghem, J.
Obrecht. Il suo massimo esponente fu J. Després che, semplificando le
strutture musicali e infondendo armonico equilibrio alla forma,
preannunciò gli ideali estetici del Rinascimento. All'involuzione
dell'
Ars Nova in forme cerebrali e manieristiche corrispose
l'introduzione, da parte degli esponenti della scuola borgognona, di un criterio
fortemente razionale e organico nella strutturazione dei brani, che permise
l'adozione nella prassi compositiva del contrappunto imitato. Adottato dai
compositori franco-fiamminghi (Ockegem, Obrecht, Orlando di Lasso), il
contrappunto ebbe una vasta e rapida diffusione in tutta Europa e divenne il
sostrato comune sul quale si sarebbero poi delineate le tradizioni musicali
locali e nazionali. ║
Rinascimento: l'epoca rinascimentale fu
caratterizzata da profondi cambiamenti e dall'introduzione di numerose
innovazioni, che svolsero nel complesso un'azione chiarificatrice e
semplificatrice. Il canto di tipo gregoriano conobbe una fase di declino, mentre
si affermarono in modo sempre più deciso i modi maggiore e minore; venne
determinata la scala naturale; fu elaborata la teoria degli accordi. L'avvento
della Riforma protestante ebbe importanti conseguenze anche dal punto di vista
musicale: Lutero abolì, infatti, il canto gregoriano dalla liturgia
sostituendolo con il corale, che volle basato su melodie popolari o facilmente
accessibili al popolo. In Italia si imposero due principali centri di
elaborazione musicale: la
scuola romana (G.P. da Palestrina, C. Festa, G.
Animuccia, G.M. Nanino, F. Anerio, F. Soriano, ecc.) e la
scuola
veneziana, i cui frutti furono caratterizzati da una maggiore
vivacità e da una più netta inclinazione alla sperimentazione (A.
Willaert, Andrea e Giovanni Gabrieli, ecc.). Accanto alla
m. sacra
fiorì, nel periodo rinascimentale, la
m. profana: l'incontro e la
fusione delle tradizioni locali con lo stile internazionale fiammingo ebbe come
conseguenza la nascita di nuovi generi, quali il madrigale italiano, per il
quale fu fondamentale l'influenza esercitata dai numerosi maestri fiamminghi
stabilitisi in Italia (Ph. Verdelot, J. Arcadelt, Orlando di Lasso, A. Willaert,
ecc.). Il madrigale regnò incontrastato nel panorama della
m.
profana; in esso gli autori cercarono l'essenziale equilibrio espressivo tra
l'interpretazione musicale del testo poetico e le esigenze di una
sperimentazione musicale che, nell'estremo sviluppo di questa raffinata e colta
forma musicale, non rifuggiva anche da ardite dissonanze e cromatismi. Tra i
più importanti madrigalisti si ricordano C. de Rore, L. Marenzio, G. da
Venosa e soprattutto C. Monteverdi, che con i suoi libri di madrigali
portò alle estreme conseguenze le possibilità tecniche ed
espressive del genere, preludendo allo stile barocco. Il Rinascimento fu anche
l'epoca della grande fioritura della
m. strumentale, fino ad allora
ristretta nell'ambito della
m. popolare o ridotta a mera trascrizione di
parti originariamente concepite per voci, ora invece dotata di autonome
strutture compositive (canzone, toccata,
suites, ecc.). ║
Seicento: con l'inizio del XVII sec., sperimentata ormai in tutte le sue
potenzialità, la polifonia cedette il passo ad un nuovo tipo di
linguaggio musicale, elaborato e proposto nelle loro opere dai musicisti della
fiorentina Camerata de' Bardi: la monodia accompagnata dal basso continuo, che
rappresentò la base per la creazione di nuovi generi musicali che si
sarebbero imposti in un breve arco di tempo (oratorio, cantata, ecc.).
All'interno del generale interesse per la tradizione classica greco-romana,
caratteristico dell'epoca umanistico-rinascimentale, si colloca anche il
tentativo di recupero e riproposta dell'antica tragedia, ancora da parte dei
compositori della Camerata de' Bardi. Nacquero in tal modo i primi melodrammi,
inizialmente rivolti alle rappresentazioni cortigiane e fondati sull'utilizzo
del nuovo stile del recitar cantando; tra i primi esempi si segnalano la favola
pastorale
Dafne (1598) e l'
Euridice (1600) di J. Peri e
l'
Euridice (1600) di G. Caccini. Accanto a questo filone d'ambientazione
mitologica si svilupparono anche altri tipi di azioni teatrali, nelle quali la
nuova esperienza del melodramma venne piegata a più spiccate esigenze di
carattere morale e devozionale, come nella
Rappresentazione di Anima et di
Corpo (1600) di E. De' Cavalieri. Con l'
Orfeo (1607) e
l'
Arianna (1608), destinate alla corte mantovana, e soprattutto con le
successive opere veneziane, Monteverdi diede inizio al melodramma vero e
proprio, nel quale l'azione tragica veniva resa musicalmente da una varia ed
equilibrata successione di sinfonie strumentali, cori e interventi solistici
affidati al nuovo stile recitativo. La grande svolta del nascente genere
operistico si ebbe tuttavia con l'avvento dei teatri pubblici, primo fra tutti
il San Cassiano aperto a Venezia nel 1637: la presenza di un pubblico più
ampio e meno colto di quello cortigiano e i meccanismi economici necessariamente
insiti nel nuovo contesto incisero profondamente sullo sviluppo dell'opera, che
nell'età barocca assunse spiccati caratteri di spettacolarità e
che conobbe una vasta diffusione in tutta Europa, con la sola eccezione della
Francia. Qui, infatti, si sviluppò, soprattutto grazie all'opera di
Lulli, una particolare forma drammatica, largamente influenzata dal precedente
ballet de cour e dal teatro tragico di Corneille e Racine. L'affermazione
della monodia fu agevolata anche, tra il XVI e il XVII sec., dal sensibile
sviluppo della
m. strumentale, nella quale spicca in particolare il
grande interesse suscitato sia dal clavicembalo e dall'organo (le cui tecniche
esecutive e potenzialità espressive furono sviluppate da G. Frescobaldi,
F. Couperin e D. Scarlatti), sia dagli strumenti ad arco, che si imposero
all'attenzione dei compositori in virtù anche dell'eccezionale
perfezionamento tecnico raggiunto dai grandi liutai italiani (Stradivari, Amati,
Guarneri). Si creò, in tal modo, un autonomo linguaggio espressivo,
totalmente svincolato dalla parola, e si elaborarono le forme basilari della
tecnica compositiva moderna (fuga, sonata, concerto grosso e concerto
solistico). Il Seicento fu il secolo della massima fioritura della
m.
italiana, che impose la propria supremazia in tutta Europa con musicisti come
Monteverdi, Cavalli, Cesti, Stradella, Carissimi, Frescobaldi, Corelli, Torelli,
Albinoni, Vivaldi, A. Scarlatti. ║
Settecento: nel secolo del
Barocco musicale due sono le figure di musicisti che spiccano con particolare
evidenza, J.S. Bach e G.F. Haendel, i quali seppero fondere in un'originale
sintesi la tradizione italiana, inglese (H. Purcell, scuola virginalistica),
francese, tedesca (D. Buxtehude, H. Schütz). La
m. italiana mantenne
ancora, nei primi decenni del XVIII sec., il suo primato, soprattutto nel campo
della
m. strumentale; nella seconda metà del XVIII sec., tuttavia,
il gusto musicale europeo subì un profondo mutamento, inclinando verso il
grazioso stile galante e il successivo classicismo viennese, che
privilegiò l'uso della simmetrica forma-sonata in tutti i nuovi generi di
m. strumentale che furono coltivati nell'epoca (concerti, sinfonie,
sonate e la nascente
m. cameristica). Tra i precursori del classicismo
viennese, che trovò la sua massima espressione nelle opere di F.J. Haydn,
W.A. Mozart e L. van Beethoven, si possono segnalare G. Platti, G.B. Sammartini,
J.W. Stamitz e la sua famosa orchestra di Mannheim, Ph.E. Bach e J.Ch. Bach, e
gli italiani L. Boccherini e M. Clementi. Nel corso del Settecento subentrarono
molti cambiamenti rispetto alla precedente età anche nella
m.
operistica che, nel perdurare del predominio italiano, vide la nascita e
l'affermazione dell'opera buffa in alternativa all'opera seria; tra i principali
operisti italiani del XVIII sec., quasi tutti legati all'ambiente napoletano,
troviamo G.B. Pergolesi, N. Piccinni, D. Cimarosa e G. Paisiello. Un'importante
svolta al genere teatrale venne poi impressa da Ch.W. Gluck che, in
collaborazione con il librettista R. Calzabigi, propugnò una drastica
riforma dell'opera seria attraverso la ricerca di una maggiore unitarietà
fra testo e
m., l'abolizione di alcuni stilemi propri dell'opera
italiana, considerati artificiosi, e in generale una maggiore purezza melodica.
║
Ottocento: l'equilibrio formale e tonale raggiunto alla fine del
XVIII sec. fu sviluppato e portato alle sue estreme conseguenze, fino quasi alla
dissoluzione, dall'opera di Beethoven, che nella sua originalità
segnò il passaggio dal Classicismo al Romanticismo. Il movimento
romantico attribuì alla
m. una rinnovata importanza, come
linguaggio per eccellenza e mezzo privilegiato per raggiungere il mondo
dell'assoluto. La ricerca di un'espressività più concentrata e al
tempo stesso spontanea, la concezione della
m. come linguaggio del tutto
autonomo e privilegiato e l'attenzione non puramente folclorica verso il mondo
popolare sono aspetti comuni alle opere dei primi compositori romantici, tra i
quali C.M. von Weber, F. Schubert, R. Schumann, F. Mendelssohn, F. Chopin, H.
Berlioz e F. Liszt. Il nuovo significato ideale attribuito alla
m. ebbe
come importante conseguenza lo sviluppo e il perfezionamento di ogni aspetto
tecnico, mentre venivano create nuove forme accanto a quelle tradizionali (i
cosiddetti
Charakterstücke, brani di struttura libera composti
soprattutto per il pianoforte). Parallelamente si modificò anche la
funzione dell'interprete, che da mero esecutore divenne vero e proprio artista
creatore, alla pari del compositore. Tutti i motivi del primo Romanticismo
confluirono, a metà secolo, nel dramma musicale di R. Wagner, che accolse
le tentazioni nazionalistiche già emerse nelle settecentesche espressioni
del
singspiel, contrapponendo alla tradizione operistica italiana sia il
recupero tematico della fosca mitologia nordica sia lo sviluppo di un linguaggio
musicale che, nella ricerca di una maggiore unitarietà drammatica,
approdava ad una sorta di sinfonia vocale-strumentale. Nello stesso periodo
anche il melodramma italiano e francese avevano recepito le istanze romantiche,
aggiornando e rendendo più realistiche le tradizionali ambientazioni e
tematiche che ormai non si rivolgevano più all'elitaria aristocrazia
delle cosmopolite corti europee, ma ad un pubblico di prevalente estrazione
borghese; alle nuove esigenze drammatiche e ideologiche si adeguò anche
lo stile musicale che, pur non sacrificando il belcanto, si fece più
comprensibile e moderno. Se il melodramma ottocentesco italiano, dopo il
rinnovamento dell'opera buffa attuato da G. Rossini, raggiunse i risultati
più alti nell'opera di G. Verdi, G. Donizetti e V. Bellini, l'opera
francese, invece, partendo dal Neoclassicismo di L. Cherubini e G. Spontini e
dall'ammodernamento dell'
opéra-comique, si spinse verso
l'esperienza del
grand-opéra, trovando i suoi interpreti
principali in G. Meyerbeer, Ch. Gounod, G. Bizet e J. Massenet. Favorite
dall'esaltazione dello spirito popolare e dalle conseguenti istanze
nazionalistiche già espresse nella cultura romantica, nella seconda
metà del XIX sec. sorsero varie scuole musicali nazionali, che
intendevano radicare la propria ispirazione nella più pura tradizione
popolare. Questa nuova tendenza si sviluppò in particolare nell'Europa
orientale, molto ricca di esperienze musicali popolari fino a quel momento
ignorate dalle locali scuole musicali, il cui insegnamento rimaneva subordinato
ai modelli provenienti dalle grandi corti europee. Tra le scuole nazionali la
più importante per ricchezza di espressione fu quella russa,
rappresentata da M. Balakirev, A. Borodin, N. Rimskij-Korsakov e M. Mussorgskij,
che si contrapponevano polemicamente al connazionale P. Ciaikovski, considerato
troppo eclettico ed occidentalizzante. Da non tralasciare, nell'ambito delle
altre scuole nazionali, sono almeno i boemi B. Smetana, L. Janáček e
A. Dvořák. ║
Novecento: tra la fine del XIX e gli inizi
del XX sec. il panorama musicale europeo fu arricchito da nuovi esperimenti, nel
tentativo di superare i classici rapporti armonici e tonali. Il ripensamento di
tutta la tradizione classica, che già fra i due secoli percorreva l'opera
di C. Franck, A. Bruckner, H. Wolf, G. Mahler e R. Strauss, preluse così
alla piena affermazione di nuovi linguaggi, tra i quali emergono
l'Impressionismo francese, rappresentato da C. Debussy e M. Ravel, la corrente
cromatica, che pervenne all'atonalità e si riorganizzò poi nel
sistema dodecafonico, e quella diatonica, volta alla politonalità. Al
primo indirizzo, sorto con l'Espressionismo tedesco, appartennero fra gli altri
A. Schönberg, A. Berg e A. Webern, mentre tra gli interpreti della seconda
tendenza spiccò I. Stravinskij, seguito dai cosiddetti compositori
neoclassici (D. Milhaud e F. Poulenc). Questi nuovi linguaggi furono
caratterizzati anche da un profondo eclettismo, evidente nella rielaborazione di
elementi non strettamente tradizionali e spesso tratti dalla
m.
preclassica, dai modi gregoriani, dalla
m. popolare o anche dalla
m. afro-americana diffusasi attraverso il jazz. Tra i numerosi autori che
segnarono le esperienze musicali novecentesche è necessario almeno citare
P. Hindemith, B. Bartòk, M. de Falla, S. Prokofiev e, tra gli italiani,
F. Busoni, A. Casella, I. Pizzetti e G.F. Malipiero. La dissoluzione degli
elementi che caratterizzano la
m. tonale e la ricerca di nuovi mezzi
espressivi si spinsero, verso la metà del Novecento, sulla strada dello
sperimentalismo acustico che ebbe come conseguenza anche un ampliamento del
repertorio sonoro e lo sviluppo della
m. elettronica. Se Italia, Francia
e Germania rimasero per tutto il secolo i principali centri di attrazione e di
elaborazione della
m. contemporanea, andò gradualmente
affermandosi l'importanza di altre tradizioni nazionali, come quella russa
(Glinka, Dargomyžskij, il Gruppo dei Cinque costituito da Balakirev, Kjui,
Borodin, Rimskij-Korsakov, Mussorgskij), boema (Smetana, Dvořák,
Janáček), scandinava (Gade, Nielsen, Berwald, Grieg, Sinding,
Sibelius), spagnola (Albéniz, Granados, M. de Falla). Il contributo
americano rimase, invece, piuttosto modesto, con la sola eccezione degli Stati
Uniti, dove l'incontro di differenti correnti musicali diede origine al fenomeno
del jazz. Nel complesso, il panorama estremamente variegato del XX sec. fu
determinato anche da fenomeni di natura diversa, quali il perfezionamento delle
discipline musicologiche (che permise l'accostamento ad un patrimonio musicale
di diverse epoche storiche e di differenti civiltà) e la diffusione della
m. in tutti gli strati sociali. ● Encicl. - L'esecuzione della
m. è generalmente affidata alla voce umana (
m. vocale), a
strumenti (
m. strumentale) o alla combinazione di entrambi. In rapporto
alla sua estensione e al timbro, la voce umana viene solitamente classificata
secondo varie categorie, corrispondenti ad una media alla quale si accostano le
estensioni delle voci individuali: nelle voci maschili si distingue così
fra
basso,
baritono e
tenore e nelle voci femminili fra
contralto,
mezzosoprano e
soprano. Quanto agli strumenti,
in base ai mezzi con i quali viene prodotto il suono, è possibile attuare
una classificazione generale basata su tre categorie essenziali: strumenti a
percussione, strumenti a corda e strumenti a fiato (V.
MUSICALI, STRUMENTI). La rappresentazione grafica del discorso musicale,
ai fini della sua conservazione e della sua pratica esecuzione, viene realizzata
con la
notazione. ║
M. a programma:
m. nella quale la
struttura e i fini espressivi sono legati ad elementi extramusicali (poetici,
letterari, biografici, pittorici, ecc.). Si tratta di un fenomeno tipico
dell'età romantica, quando il linguaggio musicale fu concepito come
sintesi di tutte le espressioni artistiche, l'unico in grado di raggiungere la
perfezione dell'espressione e l'unico in grado di rappresentare la realtà
interiore dell'uomo e quella esterna della natura. ║
M. assoluta o
pura: V. ASSOLUTO. ║
M.
atonale: V. ATONALITÀ. ║
M.
classica: espressione utilizzata per distinguere la
m. d'arte e colta
da quella popolare e di consumo. ║
M. concreta: forma musicale che
utilizza elementi sonori di natura diversa (grida, rumori, ecc.), priva di
precisi schemi formali. Realizzata per la prima volta dall'ingegnere francese P.
Schaeffer, nel 1948, in opposizione a quella tradizionale, definita astratta,
viene adoperata soprattutto come materiale di commento radiofonico o televisivo.
Alla
m. concreta si dedicarono musicisti come Messiaen, Berio,
Varèse. ║
M. da camera: ogni composizione eseguita da
piccoli complessi strumentali o vocali, generalmente non superiori al doppio
quintetto. Abbastanza varia, tuttavia, è la possibilità
dell'organico previsto da questo tipo di
m., che può comprendere
strumenti ad arco o a fiato, anche misti, con l'eventuale presenza del
pianoforte e del canto. Il termine serve soprattutto a distinguere la
m.
propriamente da camera da quella sinfonica, destinata alla grande orchestra,
dalla
m. teatrale (opere liriche, balletti,
m. di scena, ecc.) e
dalla
m. sacra. Inizialmente tuttavia, tra il XVII e il XVIII sec.,
l'espressione si riferiva al luogo di esecuzione e definiva in senso più
ampio tutta la
m. profana, quella cioè che non veniva eseguita in
chiesa, come le sonate e le cantate, nonostante esse fossero assimilabili dal
punto di vista strettamente formale. In questa definizione potevano essere
così comprese anche la
m. sinfonica e la
m. teatrale, senza
distinzione cioè tra la
m. strumentale e la
m. vocale,
purché appunto esse fossero sempre di carattere e argomento non
religioso. Il successivo sviluppo delle orchestre sinfoniche e delle orchestre
da teatro richiesero una distinzione più specifica e si arrivò
all'odierno significato dell'espressione. Tuttavia, soprattutto dopo alcune
composizioni scritte da grandi musicisti dell'età contemporanea per
organici strumentali ridotti (come l'
Histoire du Soldat di I. Stravinskij
o la
Kammersymphonie di A. Schönberg), la validità di tale
distinzione è stata messa in dubbio. Oggi si definisce con più
precisione
m. da camera quella che, indipendentemente dal numero di
strumenti, venga eseguita in un ambiente piccolo e raccolto, diversamente da
quanto si verifica per la
m. sinfonica. ║
M. descrittiva o
imitativa:
m. che tenta di riprodurre i fenomeni sensibili per
mezzo di combinazioni vocali o strumentali. ║
M. di scena: il
complesso dei brani musicali, strumentali o vocali, che si inseriscono in uno
spettacolo teatrale allo scopo di commentare l'azione o una determinata
situazione, sottolineare i sentimenti di un personaggio, far convergere
l'attenzione degli spettatori sulla scena stessa. Nel teatro dell'antica Grecia
la
m. di scena aveva la specifica funzione di dare tempo ai cori e di
facilitare l'immedesimazione del pubblico con le vicende che si rappresentavano
sulla scena; in essa si assommavano perciò la funzione ritmica e quella
rituale. La
m. interveniva nelle parti principali della tragedia. La
m. di scena continuò a ricoprire una grande importanza anche nel
teatro romano, dove si distingueva una parte cantata (
canticum) e una
parte recitata (
diverbium). Nel Medioevo la
m. di scena
costituì un elemento fondamentale delle rappresentazioni sceniche
dell'epoca, così come nei secoli successivi, quando essa fu inserita sia
nelle sacre rappresentazioni sia nelle opere d'argomento mitologico destinate
alle corti signorili. L'uso di accompagnare con la
m. le opere in prosa
si diffuse durante il Rinascimento e più ancora nel Seicento.
Nell'Inghilterra secentesca uno dei maggiori compositori di
m. di scena
fu H. Purcell, autore fra l'altro di brani musicali per il
Sogno di una notte
di mezza estate e per
La tempesta di W. Shakespeare, in seguito
eseguiti come autonome composizioni anche al di fuori della loro funzione
contestuale. In Francia, G.B. Lulli compose non solo
m. per la danza ma
anche vere e proprie
m. di scena per le opere di Molière, Racine,
Corneille. Nel Settecento il diffondersi del melodramma in stile italiano
rallentò sensibilmente l'attività dei compositori di
m. di
scena, anche se appartengono proprio a questo periodo veri e propri capolavori,
come i brani composti da Haendel e da Mozart. Nel secolo successivo la
m.
di scena conobbe invece una nuova grande fioritura: Beethoven, Schubert, Weber,
Mendelssohn, Schumann, Meyerbeer e Wagner scrissero
m. di scena destinate
al teatro in prosa, seguiti nei decenni successivi dai francesi
Saint-Saëns, Berlioz, Gounod, Bizet, Massenet e Debussy, oltre che da
Glinka, Ciaikovski, de Falla e Grieg. Uno dei migliori esempi contemporanei di
m. di scena è forse quello offerto dal compositore K. Weill,
autore delle celebri pagine musicali per
L'opera da tre soldi di B.
Brecht. ║
M. dodecafonica: V.
DODECAFONIA. ║
M. elettronica:
m. formata da suoni di
natura sintetica, generati in laboratorio con apparecchiature elettroacustiche,
che al tavolo di mixaggio vengono successivamente elaborati e trattati con la
tecnica del montaggio su nastro magnetico in modo da ottenere suoni complessi.
Nella
m. elettronica si fa spesso ricorso anche al cosiddetto
suono
bianco, prodotto da uno speciale generatore, che può contenere le
frequenze comprese nella gamma udibile da 20 a 20.000 Hz. La
m.
elettronica si allontana dall'abituale sistema tonale, sia diatonico che
cromatico, e non richiede la notazione tradizionale, poiché l'unico
elemento fondamentale è la frequenza che determina le varie altezze dei
suoni. Le prime ricerche sulla
m. elettronica furono condotte a Parigi
dove, a partire dal 1948, l'ingegnere P. Schaeffer e il musicista P. Henry
diedero il via all'esperienza della
m. concreta
(V.). Negli stessi anni furono svolti studi sulla
m. elettronica anche a Colonia, dove nel 1951 il compositore H. Eimert
fondò lo Studio di
m. elettronica della Westdeutsche Rundfunk, con
la collaborazione di F. Winkel, dello scienziato W. Meyer Eppler, di autori come
G. Klebe, G.M. König, E. Křenek, K. Goeyvaerts e, soprattutto, K.
Stockhausen; i risultati del gruppo di Colonia furono poi presentati in un
concerto tenuto nella stessa città nel 1954, nell'ambito del Festival del
Nordwestdeutscher. La
m. elettronica si diffuse anche nei Paesi
extraeuropei, trovando numerosi sostenitori. Tra le opere principali citiamo:
Gesang der Jünglinge (1956) e
Kontacte (1960) di K.
Stockhausen,
Musica su due dimensioni (1957) di B. Maderna,
Différences (1959) di L. Berio, nelle quali accanto ai suoni
elettronici vengono impiegati anche strumenti musicali tradizionali e voci. In
Italia il primo centro di studio per la
m. elettronica fu il Centro di
Fonologia Musicale Italiano allestito nel 1955 dalla RAI presso la propria sede
di Milano, del quale si occuparono B. Maderna e L. Berio, coadiuvati dal tecnico
M. Zuccheri; più tardi, mentre la schiera degli sperimentatori italiani
si allargava a L. Nono, N. Castiglioni, F. Donatoni, R. Vlad, A. Clementi,
sorsero altri centri a Roma e a Firenze. Nei Paesi extraeuropei si segnalano le
esperienze maturate a Tokyo, dove operarono M. Moroï e T. Mayuzumi, e
soprattutto negli Stati Uniti, dove la
m. elettronica venne inizialmente
chiamata
tape music (
m. su nastro) e, a partire dai primi anni
Cinquanta, si iniziarono anche le sperimentazioni sui calcolatori che aprirono
la strada alla
m. informatica. ║
M. etnica: espressione
musicale caratterizzata da elementi fortemente legati alla tradizione di un
gruppo etnico. È oggetto di studio dell'etnomusicologia
(V.). ║
M. jazz:
V. JAZZ. ║
M. informatica:
m.
che si ottiene mediante un elaboratore numerico. Nata poco dopo la metà
del Novecento, la
m. informatica conobbe un forte sviluppo a partire
dagli anni Settanta, con la costituzione di centri di ricerca e con
l'instaurarsi di un legame sempre più stretto fra
m., scienza e
tecnologia. In Italia le prime ricerche furono condotte alla fine degli anni
Sessanta da P. Grossi; nei primi anni Novanta sono stati creati centri di
m. informatica finalizzati alla produzione musicale. ║
M.
leggera: genere di composizioni che si differenzia da quello colto e da
quello più propriamente popolare e folcloristico. Comprende canzoni e
brani strumentali. ║
M. omofona: V.
OMOFONO. ║
M. orchestrale:
m. composta per piccola o
grande orchestra. ║
M. per film:
m. composta o arrangiata
per essere utilizzata come commento sonoro di un film. Già nel cinema
muto era previsto un rudimentale accompagnamento musicale, generalmente affidato
a un pianista o a una piccola orchestra. Spesso si trattava di improvvisazioni o
di brani scelti all'interno di un repertorio, con la funzione soprattutto di
copertura del rumore della proiezione. In seguito, la composizione e la scelta
dei brani musicali fu affidata a musicisti famosi (Saint-Saëns, Mascagni,
Ibert, Honegger, Šostakovič, ecc.). Con l'avvento del cinema sonoro,
la
m. assunse un'importanza maggiore, diventando un vero e proprio genere
a sé stante, legato strettamente al film, alle sue sequenze e al
succedersi delle scene. Tuttavia la
m. è destinata a mantenere un
ruolo essenzialmente subordinato al film, e una sua esecuzione autonoma, in una
sede diversa da quella della proiezione cinematografica, richiederebbe una
consistente elaborazione. Oltre alla collaborazione con famosi musicisti
contemporanei (ricordiamo ancora Malipiero, Ghedini, Vlad, Rossellini,
Bernstein), i registi ricorrono in molti casi anche a
m. del passato.
L'enorme sviluppo della
m. per film ha avuto come conseguenza la
creazione, sia in Italia sia nel resto dei Paesi, di una folta schiera di
musicisti specializzati in questo genere musicale, fra i quali si ricordano: gli
americani M. Steiner, A. Newman, D. Tiomkin; gli inglesi A. Bax, R. Addinsell,
J. Greenwood; i sovietici N. Kriukov, D. Šerbacev; i francesi M. Thiriet,
M.F. Gaillard, M. Landowski; gli italiani N. Rota, A. Cicognini, G. Fusco, C.
Rustichelli, M. Nascimbene, E. Morricone, A.F. Lavagnino. ║
M.
polifonica: V. POLIFONIA. ║
M.
popolare: la
m. che nasce dal popolo, del quale esprime i caratteri e
la cultura peculiari, a volte in compresenza di espressioni musicali più
colte con le quali spesso instaura anche rapporti di reciproca influenza. Spesso
questo tipo di componimenti, che in genere mescolano i versi alla
m. e
sono basati su ritmi tradizionali a volte creati anche estemporaneamente, hanno
un forte legame con i momenti ritualmente e socialmente più importanti
della comunità in cui nascono. La
m. popolare comprende sia canti
sia danze, generalmente tramandati oralmente (per questo viene detta anche
m.
tradizionale). A causa del suo carattere spontaneo, la
m. popolare
è anonima, non legata al linguaggio particolare di un singolo compositore
(V. anche
ETNOMUSICOLOGIA). ║
M. sacra:
m. composta per il servizio liturgico. Il termine escluderebbe di per
sé le opere che, pur rispondendo a fini di devozione o spirituali, non
sono state concepite appositamente come parte di una funzione liturgica;
tuttavia, in seguito all'evoluzione subita dalla
m. sacra soprattutto
negli ultimi decenni, la distinzione tra
m. sacra e profana si è
fatta meno rigida, con l'esecuzione in sede concertistica di brani
originariamente sacri o l'utilizzazione in celebrazioni liturgiche di
m.
di altra natura. ║
M. seriale:
m. basata su una successione
preordinata di suoni (
serie), nella quale la disposizione dei suoni
può essere mutata mediante inversione, retrogradazione, retrogradazione
dell'inversione, mantenendo intatti i rapporti di intervallo della serie. I
primi esperimenti di
m. seriale furono condotti nell'ambito della
m. dodecafonica, anche se alcuni autori (Malipiero, Stravinskij)
utilizzarono le serie in
m. diatoniche e tonali. ║
M.
sinfonica: V. SINFONIA. ║
M.
sperimentale: corrente della
m. contemporanea europea e americana,
comprendente numerosi filoni di ricerca (
m. concreta, elettronica, ecc.),
caratterizzata dall'autonomia rispetto ai presupposti teorici ed estetici della
tradizione musicale. Il termine viene quindi usato correntemente nel linguaggio
musicale per indicare qualsiasi ricerca di novità libera da preconcetti.
║
M. stocastica:
m. elaborata sulla base di funzioni
matematiche probabilistiche. ║
M. strumentale:
m. composta
per soli strumenti. ║
M. vocale:
m. scritta per voci.
"Come ascoltare la musica" di Michelangelo Abbado