(dal latino tardo
methodus, der. del greco
méthodos:
ricerca, investigazione, metodo). Procedimento generale seguito nell'eseguire
un'attività, secondo un piano e un ordine prestabiliti. ║ Libro che
raccoglie gli elementi necessari per lo studio di una disciplina artistica,
scientifica, linguistica, ecc., disponendoli in ordine di difficoltà.
• Filos. - Ogni
m. filosofico si risolve nella forma logica della
deduzione o dell'induzione. Per
m. deduttivo si intende il procedimento
secondo cui si deducono, da verità universali, verità particolari,
e per
m. induttivo il procedimento inverso, mediante il quale da
verità particolari si giunge alla formulazione di una verità
generale. Il
m. induttivo fu introdotto da Socrate che lo utilizzò
per mettere in chiaro i problemi morali richiamandosi alle induzioni più
comuni della vita e invitando a compiere simili induzioni per raggiungere la
definizione dei più difficili concetti etici. L'interlocutore,
interrogato da Socrate, credeva di conoscere il bene solo perché
possedeva di esso una definizione astratta. Di fronte a questa pretesa il
m. socratico era puramente "negativo" e tendeva a far sì che alla
fine l'interlocutore fosse costretto ad ammettere la propria ignoranza e ad
abbandonare le definizioni aprioristiche per intraprendere una ricerca costante
del bene, così da portare alla luce la verità (
m.
maieutico). Socrate applicava inoltre l'ironia, ossia la finzione di
accettare la tesi dell'interlocutore per farla riconoscere assurda
all'interlocutore stesso che veniva messo in condizione di non avere altra via
d'uscita (
m. aporetico). Aristotele introdusse il
m. sillogistico,
da lui stesso definito un discorso nel quale, poste alcune premesse, ne deriva
qualcosa di diverso dalle premesse stesse. Tale
m. fu largamente
impiegato durante tutto il Medioevo dai pensatori scolastici. Tra i primi a
confutare la logica aristotelica fu F. Bacone, che accusò di
sterilità il
m. di ricerca sino allora seguito, in quanto a una
induzione, senza garanzie critiche, seguiva una deduzione affrettata e sterile.
Secondo Bacone, vero sapere doveva considerarsi quello che, portandoci a
conoscere la natura, ci consentisse di dominarla seguendone le leggi, e vera
scienza quella che, prescindendo dalle cause ultime (metafisiche), partisse
dalle osservazioni e, mediante l'esperimento come forma di induzione, giungesse
alla conoscenza delle leggi universali che regolavano i fenomeni. Nacque
così il
m. critico-sperimentale che, unendo esperienza e
ragionamento, cercava di arrivare alla conoscenza dei fenomeni della natura.
Esso partiva dai dati dell'esperienza e ad essa ritornava per una riprova,
seguendo un percorso per stadi successivi. Pur affondando le proprie radici
nell'antichità classica, da Ippocrate ad Archimede, il
m.
sperimentale andò sviluppandosi nel Rinascimento, avendo tra i suoi
massimi rappresentanti Galileo. La storia del
m. sperimentale coincide
con quella della scienza degli ultimi tre secoli. Lo sviluppo della scienza e
della filosofia, sulla base del
m. induttivo, sollecitò sempre
più la giustificazione, in sede speculativa, delle verità di fatto
riguardanti sia i singoli individui che gli eventi storicamente accaduti ed
esistenti. Questa esigenza, avvertita agli inizi del XVIII sec., portò
all'elaborazione di una filosofia politica che ebbe il suo massimo sviluppo
nell'Ottocento partendo da Hegel, il cui pensiero si concentrava nello studio
della storia e del suo rapporto con gli altri studi sociali. Alla base della
concezione hegeliana vi era l'idea che la storia potesse offrire un
m.
specifico da applicare allo studio di argomenti sociali quali la filosofia, la
religione, la legge, la politica, l'economia. Il
m. storico, concepito da
Hegel, faceva derivare dall'ordine dell'evoluzione storica alcune norme di
valore scientifico o etico per mezzo delle quali poteva essere determinato il
significato di stadi particolari di evoluzione. Il
m. supponeva che la
natura comprendesse una legge di sviluppo e che compito dell'intuizione storica
fosse quello di portare alla luce questa norma, nascosta in un ammasso di fatti.
Studiata a fondo, la storia poteva offrire i principi per una critica obiettiva
che distinguesse il vero dal falso, il significativo dal comune, il permanente
dal transitorio, il reale dall'apparente. Solo la ragione, ovvero la
facoltà di sintesi, poteva vedere e percepire, sotto la superficie del
particolare storico, le vere forze profonde che controllavano il processo. Posto
che l'opposizione e il contrasto erano proprietà universali della natura
e della storia e che perciò il mondo si reggeva su un equilibrio
perennemente instabile, Hegel affermò che le forze opposte costituivano
la dinamica della storia e che l'opposizione non era mai assoluta, dato che
entrambe le posizioni erano in parte nel torto e in parte nel giusto e da esse
emergeva una terza posizione che univa la verità contenuta in entrambe.
Pertanto, ogni filosofia portava alla conoscenza di una parte della
verità e non della verità assoluta: ognuna completava le altre e
l'eterno problema era di riproporre le questioni in modo da includere le
apparenti contraddizioni tra sistemi opposti. • Mat. - Insieme delle norme
che regolano programmaticamente una ricerca sperimentale, una dimostrazione, la
sistemazione di un ramo della scienza. Ne fa parte il
m. scientifico,
procedimento che raccoglie le regole secondo le quali deve essere ordinata una
scienza, e che può essere a sua volta
induttivo (se si procede
dall'esperienza empirica all'annunciazione di una legge generale),
deduttivo (se da una legge generale accettata si deduce la verità
di una proposizione),
analogico (se da una serie di fatti simili si
traggono conclusioni verosimili che possono verificarsi con una certa
probabilità). Importanti sono anche il
m. analitico, il
procedimento consistente nella scomposizione di un termine o di una nozione
negli elementi che li costituiscono per meglio riconoscerli nella loro natura, e
il
m. sintetico, avente lo scopo di comporre e cogliere il nesso
sistematico degli elementi che costituiscono una nozione o una proposizione.
Nella geometria, il
m. sintetico esclude, almeno in fase di sistemazione,
ogni intervento di elementi estranei, ma ricorre solo a considerazioni dirette
sulla figura oggetto di studio. La trattazione sintetica dà luogo ad
assetti di grande rilevanza, ma, specie in fase di sviluppo, rivela talora gravi
difficoltà. Diverso è invece il
m. analitico, il quale, ove
lo si pensi come applicazione sistematica dell'algebra e, più in
generale, dell'analisi matematica alla geometria, conduce alla geometria
analitica. È naturale che entrambi i
m., analitico e sintetico, si
possano utilizzare sia nell'ambito della geometria elementare sia in altri
assetti geometrici più complessi. • Banca -
M. di appuramento di
un conto corrente: procedimento seguito per il calcolo degli interessi, a
debito o a credito, di un conto corrente. Si possono seguire tre
m.
differenti: il
m. diretto (con il quale si calcolano gli interessi sulle
singole partite per il numero dei giorni che passano dalla valuta di ogni
operazione alla chiusura del conto), il
m. indiretto (con il quale il
calcolo dei giorni si attua scontando ogni somma con riferimento a una data
anteriore a tutte le valute, detta
epoca), il
m. scalare (con il
quale ad ogni operazione viene determinato il debito o il credito del
correntista, calcolando l'interesse su ciascun saldo per il periodo
intercorrente fra le successive valute). • Sport - Nel gioco del calcio,
tattica di gioco di origine danubiana introdotta in Italia negli anni Venti e
utilizzata fino alla seconda guerra mondiale. Prevedeva la disposizione della
squadra su tre linee orizzontali secondo lo schema: due terzini in difesa, tre
mediani e cinque attaccanti. Tale schieramento venne in seguito sostituito dal
cosiddetto
sistema.