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Mèssico.

Stato federale (1.958.201 kmq; 104.180.000 ab.) esteso nella sezione meridionale dell'America Settentrionale e in una parte della zona istmica dell'America Centrale. Confina a Nord con gli Stati Uniti e a Sud-Est con il Guatemala e il Belize; si affaccia a Est sull'Oceano Atlantico e a Ovest sull'Oceano Pacifico. Capitale: Città del Messico. Città principali: Ciudad Juarez, Guadalajara, Chihuahua, Torreón, San Luis Potosí, Monterrey, Querétaro, Mérida e Veracruz. Ordinamento: Repubblica federale di tipo presidenziale, comprendente 31 Stati, ciascuno con proprio governatore e assemblea elettivi, e il Distretto Federale. Il presidente della Repubblica è capo del Governo ed esercita il potere esecutivo con l'ausilio dei ministri da lui nominati; è eletto a suffragio universale e dura in carica sei anni. Il potere legislativo spetta al Congresso, composto da due Camere, il Senato e la Camera dei Deputati, entrambe elette a suffragio universale. Moneta: peso messicano. Lingua ufficiale: spagnolo; tra gli Amerindi sono diffusi il nahua a Nord e il maya a Sud. Religione: cattolica. La popolazione è formata per oltre la metà da meticci, per il resto da creoli (discendenti da coloni spagnoli) e da bianchi.

GEOGRAFIA

Morfologia: il territorio può essere considerato la continuazione della zona occidentale delle alte terre degli Stati Uniti. Il grande altopiano centrale (Mesa centrale), la parte più importante del M. con riferimento alle attività agricole e minerarie, è molto elevato (Città del Messico, 2.277 m; Puebla, 2.155 m; Toluca, 2.680 m) ed è caratterizzato dalla presenza di campi di lava e di grandi apparati vulcanici in direzione Est-Sud-Est. I più importanti vulcani sono il Nevado de Toluca (4.578 m), l'Ajusco (3.950 m), l'Ixtaccíhuatl (5.286 m), il Popocatépetl (5.450 m), il Pico de Orizaba, attivo (5.700 m), la vetta più elevata del M. L'altopiano centrale è limitato da due serie di rilievi marginali, la Sierra Madre Orientale e la Sierra Madre Occidentale. La prima, meno ampia e meno elevata, è formata da una serie di pieghe, tra cui si addentrano le valli dei fiumi che scendono al golfo del Messico. La Sierra Madre Occidentale è costituita da un fascio di catene quasi parallele alla costa del Pacifico. Le due catene sono orlate esternamente da due pianure costiere, una sull'Atlantico e l'altra lungo il Pacifico. Le coste del M. hanno uno sviluppo di 8.800 km circa, di cui 2.500 sul golfo del Messico. Le coste del golfo sono in generale basse, sabbiose e sprovviste di porti naturali. I porti principali sono Tampico sulla foce del Pánuco, Tuxpán, e Veracruz. Le coste del Pacifico sono, in generale, più accessibili di quelle del golfo del Messico ed hanno numerosi porti naturali. ║ Clima: il clima subisce variazioni considerevoli da Nord a Sud in relazione al grande sviluppo latitudinale del Paese (il territorio è compreso tra 14 e 32 ° latitudine Nord); si registrano inoltre notevoli variazioni in rapporto all'altitudine delle diverse zone. Vengono distinte diverse fasce climatiche: la fascia delle tierras calientes, posta in prossimità del mare, caratterizzata da temperature annue abbastanza stabili e da medie elevate; la fascia delle tierras templadas, comprendente zone poste tra i 700 e i 1.300 m, caratterizzata da temperature miti; la fascia delle tierras frías, comprendente zone poste tra i 1.300 e i 2.800 m, in cui si registrano temperature basse in inverno e miti nei mesi estivi; la fascia delle tierras heladas, che comprende le cime dei più alti vulcani. L'azione dei venti freddi del Nord, attirati dall'area di bassa pressione invernale del golfo, rende più sensibile la differenza di temperatura tra i mesi estivi e i mesi invernali, anche all'interno della stessa zona tropicale e tra la zona del golfo e quella del Pacifico, più calda. Le precipitazioni sono abbondanti nelle regioni calde, sulle scarpate orientali dello Yucatán; scarse mano a mano che si procede verso le regioni settentrionali, dove esistono territori aridi e deserti (zona settentrionale dell'altipiano, sezione costiera nord-occidentale dello Stato di Sonora). ║ Idrografia: i fiumi che scendono lungo le pareti esterne delle catene montuose hanno generalmente corso breve e sono caratterizzati da regime torrentizio; i corsi d'acqua che solcano l'altopiano interno sono privi di sbocchi e, scendendo dalle pareti montuose interne, danno origine a lagune. I fiumi principali del M. sono: il Río Grande del Norte (o Río Bravo), che segna il confine con gli Stati Uniti da Ciudad Juárez alla foce; il Río Usumacinta; il Río Lerma; il Río de las Balsas. ║ Flora: la flora del M. è molto varia, in relazione ai diversi tipi di clima che si registrano nel suo vasto territorio. Le zone asciutte dell'altopiano settentrionale e centrale presentano un tipo di vegetazione caratterizzata dall'abbondanza di piante grasse (agavi, mamillarie, yucche, ecc.). Nelle regioni meridionali si sviluppa la foresta tropicale con un'abbondanza di palme, banani, cedri, felci, ecc. Le pendici dei monti del M. centrale e meridionale, fino a 4.000 m, sono coperte da foreste di querce e di conifere.
Cartina del Messico


ECONOMIA

Tradizionalmente basata sull'agricoltura, l'economia del M. è stata soggetta, nel corso del XX sec., a profonde trasformazioni in tutti i settori produttivi e, in particolare, nell'industria, che ha fatto registrare un notevole sviluppo. Il processo di rinnovamento, avviato già nei primi decenni del secolo con la riforma agraria prima e con la nazionalizzazione del settore petrolifero e di altre importanti attività economiche poi, assunse dimensioni rilevanti solo dopo la seconda guerra mondiale, quando gli Stati Uniti aprirono il loro mercato a materie prime e prodotti finiti messicani, nonché alla forza lavoro. In quel periodo l'industria messicana crebbe con un tasso medio annuo dell'8%; fondamentale fu, in questa prima fase di sviluppo, la politica di vasti investimenti pubblici promossa dal presidente Àvila Camacho, che permise, fra l'altro, lo sviluppo della rete di comunicazioni ferroviarie e stradali. Gli anni Cinquanta furono caratterizzati da un vasto processo inflazionistico causato dai grandi investimenti in infrastrutture. Esso fu affrontato incrementando le esportazioni, mentre il protezionismo favorì lo sviluppo di un'industria interna di beni di consumo, diminuendo in tal modo la dipendenza dall'estero. Gli anni Sessanta furono caratterizzati da un generale assestamento dell'industria messicana e da un grande sviluppo tecnologico. Il risultato fu un'economia di tipo marcatamente misto, basata sulla convivenza di ampi settori nazionalizzati accanto ad altri gestiti attraverso capitali stranieri. Questa situazione si andò attenuando all'inizio degli anni Novanta ad opera del presidente Salinas de Gortari che diede una decisa svolta in senso liberista. Egli si adoperò a favore della privatizzazione di ampi settori (telefoni, trasporti aerei, banche, acciaierie, miniere di rame), abolì i controlli sui cambi, ridusse il tasso di svalutazione rispetto al dollaro. Significativa fu anche la firma, nel 1992, di un accordo di libero scambio, denominato NAFTA (North American Free Trade Agreement), con gli Stati Uniti e il Canada. ║ Agricoltura: le condizioni climatiche favoriscono, in generale, l'attività agricola, consentendone un vasto e diversificato sviluppo, con prodotti tipici sia della zona tropicale che di quella temperata. Piuttosto scarsa è comunque la produttività; come dimostra l'alto numero di addetti al settore agricolo, esiste ancora una netta divisione tra l'agricoltura praticata dalle grandi aziende capitalistiche, volta all'esportazione, e l'agricoltura di sussistenza dei piccoli fondi a conduzione familiare, che fornisce redditi bassissimi. Piuttosto ampia è la superficie coltivabile del M., pari a circa il 13%; il territorio improduttivo, che si estende per circa il 26,5%, è occupato da terre deserte e aride, il cui sfruttamento è legato alla possibilità di irrigazione. La coltura principale del M. è il granoturco, di cui è il quarto produttore mondiale; questo prodotto costituisce, insieme ai fagioli, la base dell'alimentazione tradizionale. Spesso, soprattutto nelle zone aride dell'altipiano centrale, le due coltivazioni sono associate. Nelle zone settentrionali è diffuso il frumento, mentre nei bassopiani umidi è praticata la risicoltura. Notevole è anche la produzione di sorgo e ortaggi (pomodori, peperoni, cipolle, patate, patate dolci). Fra le principali colture tropicali ricordiamo la canna da zucchero, destinata sia al consumo interno che all'esportazione, il caffè e la frutticoltura (banane, ananas, noci di cocco). Presente è la frutticoltura tipica di climi temperati (mele, pere, pesche, prugne), nonché l'agrumicoltura (arance, pompelmi, limoni); nelle zone asciutte del Nord e del centro è diffusa la vite. Tra le colture industriali, tradizionale è quella dell'agave, coltivata specialmente nello Yucatán, utilizzata sia dall'industria tessile, sia da quella alimentare (per la produzione di alcoolici, come il pulque, tipica bevanda locale, e la tequila). Nelle zone settentrionali viene coltivato il cotone; tra le colture oleaginose ben rappresentati sono l'arachide, il lino, la palma da olio e il sesamo. Diffuso, e di qualità pregiata, è il tabacco. ║ Allevamento: di grande rilevanza dal punto di vista economico (prati e pascoli naturali occupano circa il 37,8% del territorio), la pratica dell'allevamento si presenta con caratteristiche diversificate, a seconda delle zone: accanto ad aziende di impostazione moderna, la cui produzione è spesso finalizzata all'esportazione, soprattutto nei pascoli meridionali di origine savanica, continuano a sussistere tecniche di allevamento di tipo tradizionale. In generale a Nord prevale l'allevamento bovino da carne, mentre al centro e al Sud quello da latte. Nelle aride regioni nord-orientali più diffuso è, invece, l'allevamento di caprini e ovini. Importanti sono anche gli allevamenti di maiali e di animali da cortile. ║ Pesca: settore suscettibile di notevoli incrementi in quanto, a fronte di una vastissima estensione costiera, la pesca non risulta ancora organizzata su scala industriale. Tale attività ha le sue principali basi nel golfo di California, nel golfo del Messico e a Manzanillo sull'Oceano Pacifico. Abbondano tonni, sardine e gamberi, questi ultimi esportati largamente negli Stati Uniti. ║ Foreste e boschi: coprono un'area pari al 23% della superficie territoriale e forniscono legnami pregiati (mogano, ebano, cedro); rilevanti inoltre le essenze usate in tintoria e nell'industria della concia. Dalla sapotiglia si ricava il chicle, utilizzato per la produzione di chewing-gum, di cui il M. è fra i maggiori produttori. ║ Risorse minerarie: l'industria estrattiva, che affonda le sue radici nel passato coloniale del M., rappresenta ancora oggi una delle principali risorse economiche del Paese. Con le miniere di Pachuca nell'Hidalgo e di Parral nel Chihuahua, il M. risulta uno dei maggiori produttori mondiali di argento. Importanti sono, inoltre, le miniere di oro, rame, zolfo, oltre che di tungsteno, antimonio e mercurio. I ricchi giacimenti di ferro, localizzati prevalentemente sull'altopiano settentrionale, hanno favorito lo sviluppo dell'industria siderurgica locale. Particolarmente rilevanti per l'economia messicana sono i giacimenti di petrolio e di gas naturale, il cui sfruttamento è stato nazionalizzato a partire dal 1938. Ai tradizionali giacimenti petroliferi, situati intorno alla zona dell'istmo, si sono aggiunti quelli nel golfo di Campeche, di Taumalipas, di Coahuilia e di Guerrero Negro; solo una parte del petrolio estratto viene però raffinato nel Paese; il rimanente viene esportato greggio, grazie alla fitta rete di oleodotti che collega i pozzi ai porti di imbarco. ║ Industria: il settore secondario del M. è uno dei più avanzati tra i Paesi in via di sviluppo dell'America Latina. Esso si basa sostanzialmente su due diverse tipologie di industrie: quelle piccole e medie, a capitale nazionale, dedite a produzioni di tipo tradizionale (prevalentemente settore alimentare e tessile); quelle di grandi dimensioni, basate su capitale e tecnologie straniere. Un fenomeno di grande importanza per lo sviluppo industriale del Paese è quello delle maquilodoras, imprese localizzate ai confini con gli Stati Uniti, autorizzate a lavorare, senza oneri doganali, materie prime statunitensi, a patto che esportino i prodotti finiti. Numerose imprese statunitensi, soprattutto del settore tessile ed elettronico, si sono trasferite in M. per avvantaggiarsi oltre che degli sgravi fiscali, della manodopera a basso costo. Particolarmente rilevante per l'economia messicana è l'industria siderurgica, alimentata dalle ingenti risorse minerarie del Paese; essa ha i suoi centri più importanti nella zona di Monterrey e di Monclova. Notevole è anche l'industria chimica; tra i principali prodotti figurano la soda caus4ica e l'acido solforico. Negli Stati di Veracruz e Tabasco, dove maggiore è l'attività dk estrazione di idrocarburi, sono concentrate le industrie petrolchimiche, la cui produzione è estremamente ampia (fertilizzanti, etano, anidride carbonica, etilene, fibre artificiali). Tra le industrie di trasformazione, finanziate da capitale straniero, di particolare importanza sono quella elettronica e quella automobilistica. L'industria tessile, dedita in particolar modo alla lavorazione del cotone, è fra le più antiche del Paese; i suoi centri più importanti sono Puebla, Guadalajara e Città del Messico. L'industria manifatturiera, sviluppatasi dopo la seconda guerra mondiale, rappresenta un settore trainante della ripresa economica del M., anche se risente di un'eccessiva frammentazione; essa è rappresentata da un vasto numero di imprese di piccole e medie dimensioni dedite alla lavorazione di svariati prodotti: da quelli agro-alimentari (in cui grande importanza ha la birra), al legno, alla carta, al vetro, alla pelle, al tabacco. ║ Turismo: in costante sviluppo, l'industria turistica costituisce un'importante fonte di reddito, grazie all'ingente flusso di visitatori provenienti da tutto il mondo. I governi succedutisi fra gli anni Ottanta e gli anni Novanta hanno cercato di valorizzare il ricco patrimonio archeologico e naturale del Paese promuovendo piani di sviluppo per aree alberghiere e commerciali.

STORIA

Già centro di due grandi civiltà, quella azteca nel Nord e quella maya nel Sud, il territorio messicano fu esplorato nel 1517 da una spedizione spagnola guidata da Francisco Hernández de Córdoba. Approfittando delle rivalità interne, gli Spagnoli riuscirono in breve tempo a sottomettere i territori occupati dagli Aztechi; assai più dura fu la resistenza opposta dai Maya, assoggettati solo nel 1547, al termine di una sistematica azione di sterminio (si calcola che all'inizio dell'occupazione la popolazione indigena si aggirasse intorno agli otto milioni, mentre nei primi anni del XVIII sec. era scesa a poco più di un milione di individui). La Chiesa cattolica giocò un ruolo fondamentale nel processo di colonizzazione, sia sul piano ideologico, attraverso un'ampia opera di evangelizzazione, sia dal punto di vista economico, visto il grande peso che finì per assumere all'interno del Paese. Lo strapotere dei Gesuiti, che nel 1571 avevano introdotto l'Inquisizione, favorì l'ondata anti-clericale che investì il Paese nella seconda metà del XVIII sec. Il desiderio di indipendenza dall'autorità ecclesiastica maturò unitamente alla creazione della coscienza nazionale, favorita dalla formazione di una borghesia creola. La lotta per affermare il diritto alla libertà, contro gli oppressori d'oltre oceano, divampò nel 1808 quando Francisco Primo Verlad y Ramos, sindaco di Città del Messico tentò, senza successo, di assumere il potere in nome del consiglio municipale. La guerra di liberazione continuò nel 1810, quando un prete meticcio, Miguel Hidalgo y Castilla proclamò l'autonomia della colonia, incontrando la dura reazione degli Spagnoli che lo fucilarono; qualche anno più tardi, nel 1813, un prete indio, José María Morelos, proclamò l'indipendenza e venne a sua volta fucilato. Il fatto che tra i primi ad alzare la bandiera dell'indipendenza e a pagare con la morte la loro azione rivoluzionaria vi fossero due sacerdoti risultò la prova della netta separazione esistente tra l'alta gerarchia ecclesiastica, strettamente legata al potere coloniale, e il basso clero, che aveva fatte proprie le istanze rivoluzionarie. Guidati da Augustín de Iturbide, gli indipendentisti costrinsero il viceré Juan O'Donojú, nel 1821, a riconoscere l'autonomia del Paese e l'uguaglianza dei suoi abitanti. Da quel momento in poi iniziò un braccio di ferro tra le forze conservatrici, facenti capo all'aristocrazia latifondista e all'alta gerarchia ecclesiastica e militare, e i liberali che al disegno di uno Stato autoritario e centralizzato voluto dai conservatori opponevano il progetto di uno Stato federalista. Il caos dominò il Paese sino al 1837 quando il generale Antonio López de Santa Ana, appoggiato dai liberali, riuscì ad avere il sopravvento sui conservatori. Il Paese precipitò nuovamente nel caos in seguito alla situazione venutasi a creare per il mancato pagamento dei debiti contratti con l'estero e soprattutto in seguito alla sollevazione (1836) dei piantatori del Texas contrari all'abolizione della schiavitù. Di questa situazione approfittarono gli Stati Uniti che allargarono il proprio territorio a spese del M., rivendicando l'annessione della regione ribelle. La guerra, scoppiata nel 1846 e protrattasi sino al 1848, portò all'occupazione dei territori rivendicati. Sul piano interno, la sconfitta ebbe il vantaggio di favorire l'ascesa delle correnti democratiche. Nel 1857 fu varata una nuova Costituzione e, sotto la presidenza di Benito Juárez, il M. imboccò decisamente la strada delle riforme. La reazione della destra non si fece aspettare e presto nel Paese divampò la guerra civile. Le potenze europee (Francia, Inghilterra, Spagna) che rivendicavano il pagamento dei debiti ne approfittarono per intervenire militarmente. La resistenza delle forze nazionali messicane fu appoggiata dagli Stati Uniti, che mal tolleravano l'intervento europeo in prossimità ai propri confini. Sotto il comando di Porfirio Díaz, Massimiliano d'Asburgo, al quale era stata offerta la corona di imperatore da parte della Francia, fu sconfitto e ucciso a Querétaro nel 1867. Qualche anno più tardi le forze della rivoluzione furono sopraffatte dai conservatori. Essi riuscirono ad ostacolare l'attuazione dei principi della Costituzione del 1857 anche in seguito alla morte di Benito Juárez e all'assunzione dei pieni poteri da parte di P. Díaz, ai cui meriti militari non corrisposero altrettanti meriti politici. Durante i trent'anni del suo governo nel Paese si registrò un notevole sviluppo economico; tuttavia, l'opera di P. Díaz fu volta solo a vantaggio dei ceti più abbienti, mentre nulla fu fatto per eliminare la piaga dei peones e per ridurre gli squilibri sociali. Lo scontento del popolo si manifestò nella lotta partigiana, condotta dalle bande di Emiliano Zapata e Pancho Villa, che costrinse P. Díaz a lasciare il potere e portò alla costituzione di un Governo democratico presieduto da Francisco Madero. In seguito all'assassinio di Madero, le forze antidemocratiche capeggiate dal generale Mandragón ebbero ancora una volta il sopravvento portando alla presidenza, nell'ottobre 1913, il conservatore V. Huerta. La guerra civile continuò a divampare e ad essa si aggiunse l'ostilità degli Stati Uniti contro il Governo democratico presieduto da Venustiano Carranza (1915-20), seguace di Madero, che nel 1917 aveva varato la Costituzione di Querétaro e annunciata la nazionalizzazione delle miniere, in grande maggioranza di proprietà statunitense. Si creò inoltre uno stato di tensione con il Vaticano, per il carattere decisamente laico e anticlericale della nuova Costituzione. Essa rimase in vigore anche dopo l'assassinio di Carranza, nel corso della campagna elettorale del 1920, ma di fatto non fu applicata durante la presidenza del conservatore P.E. Calles (1924-28) e dei successori e seguaci: E. Portes Gil (1928-30), P. Ortiz Rubio (1930-32), A. Rodríguez (1932-34). Solo con l'assunzione della presidenza da parte del generale Lázaro Cárdenas (1934-40) fu impostata una politica di riforme democratiche e vennero presi provvedimenti contro la corruzione e lo sfruttamento economico esercitato dalle grandi società straniere operanti sul territorio messicano. Fu decretata la nazionalizzazione delle ferrovie e delle risorse petrolifere e fu impostata una seria riforma agraria. Tale linea politica fu mantenuta dai successori di Cárdenas: M. Ávila Camacho (1940-46), M. Alemán (1946-52), A. Ruiz Cortínez (1952-58), A. López Mateos (1958-64) e, infine, da Gustavo Díaz Ordaz (1964-70), tutti appartenenti al Partido Revolucionario Institucional (PRI). La spinta rivoluzionaria, nonché riformistica, andò gradualmente attenuandosi, date anche le crescenti infiltrazioni di forze conservatrici nel Governo e nel partito. Profondi contrasti lacerarono il PRI, diviso tra un'ala sinistra facente capo all'ex presidente Lázaro Cárdenas e a Carlos Madrazo, e un'ala destra filostatunitense legata a potenti gruppi economici e appoggiata da una parte dell'esercito e del clero, decisa a ostacolare quanti si battevano per un rafforzamento del settore pubblico. Un atto di forza della destra per screditare il governo del presidente Díaz Ordaz fu l'irruzione dei granaderos, nella città universitaria e la sanguinosa strage di piazza delle Tre Culture (Città del Messico) nell'ottobre 1968. La destra tuttavia non riuscì a imporre un proprio programma e un proprio candidato di fiducia nelle elezioni presidenziali del luglio 1970. Venne infatti prescelto l'ex ministro degli Interni Luis Echeverría Álvarez, un uomo di "centro" che tuttavia, sin dalla campagna elettorale dichiarò energicamente di voler procedere al rinnovamento del Paese, percorrendo la via della "rivoluzione messicana". Echeverría adottò una linea politica chiaramente democratica e riformatrice richiamandosi ripetutamente alla rivoluzione messicana e riservando calorose accoglienze nel dicembre 1972 al presidente cileno Salvator Allende. Osteggiato dai conservatori per la sua linea politica troppo avanzata, Echeverría incontrò anche l'opposizione dei rivoluzionari più intransigenti che gli rimproveravano una linea definita come "riformismo di comodo". Sulla base di tale opposizione si andò estendendo anche in M. il fenomeno della guerriglia facente capo a gruppi di diversa collocazione ideologica, tra cui spiccavano l'Associazione Civica Rivoluzionaria, capeggiata da Genaro Vásquez Rojas, e il Partido de los Pobres, capeggiato da Lucio Cabañas, ucciso in combattimento nel 1974. Modificando una linea di politica estera che sino allora aveva visto il M. isolato dal contesto latino-americano, Echeverría cercò di favorire un'ampia collaborazione con i Paesi dell'America Latina con lo scopo di creare nuove imprese internazionali, capaci di tener testa ai grandi colossi statunitensi, il cui controllo sull'industria messicana si aggirava intorno al 50%. Nel 1976 la carica di capo dello Stato passò a José López Portillo. Eletto con 18 milioni di voti, Portillo si trovò a dover amministrare un Paese afflitto da una crisi economica particolarmente grave: un debito con l'estero pari a quasi 40 miliardi di dollari e 10 milioni di disoccupati. A ciò si aggiunsero i problemi di ordine pubblico generati dalla rivolta dei proprietari terrieri, colpiti dalla decisione di Echeverría di espropriare i latifondi, e dalla guerriglia nello Stato meridionale di Chiapas. La protesta e le rivendicazioni della grande borghesia messicana non avevano comunque ragione d'essere, tant'è vero che dati statistici aggiornati al 1975 rilevarono che il 40% della popolazione più povera si spartiva solo l'11% del reddito globale. Le forze sindacali, esasperate dai contrasti sociali, non tardarono a manifestare la loro opposizione. Nel 1978 furono legalizzati i partiti comunista, socialista e democratico e l'anno seguente si tennero le elezioni legislative. Le consultazioni, cui aderì la minoranza degli elettori (49,3%), decretarono la netta vittoria del Partito rivoluzionario istituzionale; tuttavia, anche il Partito comunista ottenne una brillante affermazione. L'egemonia del PRI si ripeté nelle elezioni del 1982; nello stesso anno Miguel de La Madrid, candidato del PRI, vinse le elezioni presidenziali succedendo a López Portillo. L'aggravarsi della crisi economica e finanziaria obbligò il M. a nazionalizzare tutte le banche private e a sollecitare l'intervento del Fondo Monetario Internazionale dal quale il nuovo Governo, composto essenzialmente da tecnici, riuscì ad ottenere un prestito di 3,9 miliardi di dollari (23 dicembre 1982), mentre un secondo prestito di 5 miliardi venne negoziato in gennaio con un pool di banche straniere. Il nuovo presidente si trovò quindi nella condizione di dover governare un Paese schiacciato dall'inflazione, che aveva raggiunto il 100%, e da un indebitamento con l'estero che si aggirava intorno ai 90 miliardi di dollari. Fu avviata dunque una politica di forte austerità, non contrastata delle forze sindacali, che diedero atto al Governo dell'impossibilità di altre vie percorribili; tale politica riuscì a risollevare in parte le sorti del Paese, che fu aiutato, inoltre, dalla decisione presa nel 1984 dalle banche internazionali di prorogare la scadenza dei debiti finanziari del M. con l'estero. Nelle elezioni del 1985, nonostante il basso afflusso alle urne, il PRI venne riconfermato partito di maggioranza. Nel settembre 1985 un violento terremoto, con epicentro posto 400 km a Sud della capitale, devastò il Paese provocando danni gravissimi e un numero elevato di vittime. Con le elezioni del 1988 fu eletto presidente Carlos Salinas de Gortari, candidato del PRI e designato dallo stesso de La Madrid. Tuttavia, grande successo ottenne, in quell'occasione, il Partito democratico di nuova formazione che raccoglieva forze politiche di centro e di sinistra, guidato da Cuauhtemoc Cordenas, proveniente dalle file del PRI. Durante gli ultimi anni Ottanta si intensificò la lotta contro il narcotraffico e la corruzione e alcuni personaggi di spicco furono posti sotto inchiesta. Nelle elezioni politiche del 1991 il PRI ottenne la maggioranza dei voti; nello stesso anno fu firmato un trattato con gli Stati Uniti per la creazione di un mercato unico e si tenne a Guadalajara un incontro tra i capi di Stato di 19 Paesi latino-americani e i governanti di Spagna e Portogallo. Il 1° gennaio 1994, in coincidenza con l'entrata in vigore del trattato del libero commercio NAFTA, tra M., Stati Uniti e Canada, scoppiò una violenta protesta nello Stato di Chiapas, situato nel Sud del Paese. L'Esercito zapatista di liberazione nazionale (EZLN), formato da circa 2.000 Indios, guidati dal "subcomandante Marcos", si impadronì di alcune città e villaggi e dichiarò guerra al Governo di Città del Messico, devastando il municipio di San Cristobal e altri simboli del potere ufficiale. L'intento dei rivoltosi era quello di richiamare l'attenzione sul terribile stato di povertà e di emarginazione degli abitanti del Chiapas e di molti altri Stati messicani, completamente esclusi dal processo di sviluppo economico in atto nel Paese. Attraverso lo scontro armato, gli Indios si proponevano di ottenere un riconoscimento dei loro diritti, una più equa ripartizione della ricchezza e della terra, una riforma del sistema sanitario e soprattutto libere elezioni (i ribelli accusavano il PRI di essersi impadronito del potere con la frode, per mezzo di brogli elettorali). Il presidente Carlos Salinas cercò di sedare gli animi spingendo il ministro degli Interni alle dimissioni, proclamando un'amnistia generale per coloro che erano stati coinvolti nella rivolta indigena di Chiapas e iniziando una trattativa di pace con i zapatisti. Alle elezioni presidenziali del 1994 si affermò ancora una volta il candidato del PRI, Ernesto Zedillo Ponce de Leon. I negoziati avviati tra il Governo e l'Esercito zapatista di liberazione nazionale portarono nel giugno 1996 alla firma di un accordo sui diritti degli Indios, nel quale si garantì il rispetto della diversità e si riconobbe l'identità indigena come una componente intrinseca della Nazione. Un effettivo processo di pacificazione fu, però, avviato solo con la sconfitta del PRI e la vittoria di Vicente Fox Quesada, candidato del Partido Acción Nacional (PAN), alle elezioni presidenziali del 2000. Nel marzo 2001, il subcomandante Marcos, leader della rivolta zapatista, poté entrare a Città del Messico per negoziare con il Parlamento messicano il riconoscimento dei diritti degli indios e la fine delle ostilità. In aprile il Parlamento varò un disegno di legge, mirante ad accrescere i diritti della popolazione indigena, a cui Marcos si oppose poiché, secondo la sua opinione, avrebbe peggiorato le condizioni della popolazione indigena. Egli annunciò dunque la prosecuzione della ribellione del Chiapas. Il presidente Fox cercò comunque di mantenere un canale di dialogo con gli zapatisti anche procedendo alla nomina di un procuratore incaricato di investigare sulla scomparsa di attivisti di sinistra durante gli anni Settanta e Ottanta; inoltre rese pubblici milioni di file segreti che fecero luce sulle torture e gli omicidi operati dalle forze di sicurezza durante gli anni Sessanta e Settanta. Ciò nonostante il partito di Fox, il PAN, non riuscì a vincere le elezioni di medio termine tenutesi nel luglio del 2003 che videro invece il sorpasso da parte del PRI. Nel frattempo l'intesa tra Messico e Stati Uniti diventò sempre più stretta. Nel luglio 2006 si svolsero le elezioni presidenziali che decretarono la vittoria di misura (0,57%) di Felipe Calderon, leader del PAN, su Andres Manuel Lopez Obrador, del Partido Revolucionario Democratico (PRD).

LETTERATURA

Per le letterature precolombiane V. AZTECHI e MAYA. ║ Per la letteratura del periodo coloniale V. anche ISPANO-AMERICANO. ║ La letteratura messicana dei secc. XV, VI, XVII resta indissolubilmente legata alla cultura spagnola. La dominazione coloniale, se da un lato disperse e distrusse gran parte dei documenti letterari autoctoni, dall'altro favorì il sorgere già nel 1537 delle prime officine tipografiche, la diffusione delle opere della madrepatria e gli scambi culturali con l'Europa. L'attività dei missionari, inoltre, fu alla base della creazione nel M. di una buona organizzazione scolastica. La fondazione della prima università risale al 1553; si approfondirono in seguito gli studi etnologici, filologici e storici e si recuperarono preziose opere indigene. Il primo poeta di lingua spagnola nato in M. fu Francisco Terrazas (1579-1599), autore di eleganti versi di gusto rinascimentale sul tema della conquista. Bernardo de Balbuena (1568-1627) è invece ricordato per il suo poema epico, Grandeza Mexicana e per il primo romanzo pastorale Siglo de Oro en las selvas de Erifíle. Ma fu Sor Juana Inés de la Cruz (1648-1695) ad essere nota ai contemporanei come la decima musa, per la sensibilità lirica che traspare nelle sue poesie d'amore, in quelle di devozione religiosa e nelle opere di teatro. Nel XVIII sec. la cultura illuminista europea, giunta in M. per opera soprattutto dei Gesuiti, segna il passaggio da una cultura di sudditanza alla Spagna all'affermazione di un'autentica letteratura messicana, indipendente e critica; Carlos de Siguenza y Góngora (1645-1700), nel romanzo Infortunios que Alonso Ramirez padeció en poder de los ingleses, coglie i primi segnali del vacillare del potere spagnolo denunciando le atrocità della conquista. Allo stesso modo, R. Landívar (1731-1793), in seguito alla sua espulsione in Spagna, esprime la nostalgia per il suo Paese nell'opera latina Rusticatio mexicana e X. Clavigero (1731-1787) nell'Historia Antigua de México rimprovera ai conquistatori spagnoli di avere distrutto una civiltà superiore a quella spagnola. Ma l'iniziatore del romanzo messicano è considerato J.J. Fernández de Lizardi (1771-1827), autore del primo romanzo picaresco, El perequillo sarniento; egli fu anche il primo giornalista in senso moderno, polemico fautore dell'indipendenza e capace di fondere nella sua opera patriottismo e satira. Con il Romanticismo, la poesia esprime il gusto per l'eloquenza, ma viene anche a interpretare le esigenze civili e patriottiche della società, riportando alla luce il patrimonio leggendario messicano. Iniziatori sono Ignacio Rodríguez Galván (1816-1842) e Guillermo Prieto (1818-1897), il popolare autore della Musa Callejera. Ma il romanticismo messicano si esprime solo parzialmente nella lirica; più apprezzabile è infatti la produzione teatrale, con M.E. Gorostiza (1789-1851), le cui opere esprimono una drammaticità che sembra attingere alle tradizioni atzeche. Nella narrativa importanti sono J. Díaz Covarrubias (1837-1859) e F.M. del Castillo (1828-1863) autori di drammatici romanzi d'amore, mentre L. Gonzaga Inclán (1816-1875) scrive Astucia el Jefe de Los Hermanos de la Hoja, un romanzo d'avventure su cui s'innestano interessanti motivi di colore locale. Tra il XIX e il XX sec., cessate le lotte politiche con la restaurazione repubblicana, fiorisce in M. e in tutta l'America Latina il Modernismo, di origini parnassiane e simboliste; questo movimento è caratterizzato da un'autentica rivoluzione del linguaggio e delle forme e segna la nascita di una letteratura nazionale contemporanea. La poesia fiorisce nelle più varie espressioni artistiche: dalle raffinatezze stilistiche, appassionate e fantasiose di S. Díaz Mirón (1853-1928), alla religiosa esaltazione della natura di M.J. Othón (1858-1906), alla lirica di A. Nervo (1870-1919), intrisa di mistica sensualità. Parallelamente, si affermano il pensiero filosofico e pedagogico di I. Ramírez, le tendenze positivistiche di J. Sierra Méndez e il romanzo storico di V. Riva Palacio. Nel Novecento il romanzo, pur risentendo di alcune influenze straniere e utilizzando alcune tecniche narrative ereditate da Faulkner e da Joyce, presenta caratteristiche tipicamente messicane come la predilezione per il tema della morte. Capofila della nuova generazione di romanzieri è A. Yáñez (1904-1980) che affronta il dramma esistenziale dell'uomo, seguito da J.J. Arreola (1918-2001), che nei racconti brevi Palindroma (1971) riprende l'aspetto parodistico della realtà, con una prosa che richiama la tradizione popolare orale. Grande interesse nell'ambito della letteratura contemporanea rivestono anche quei romanzi che in forma cronachistica rappresentano la vita degli Indiani, come Juan Pérez Jolote di R. Pozas e El Diosdero di F. Rojas Gonzáles. Il romanzo attuale arriva, nel genere sperimentale di S. Elizondo, a ridurre la realtà a pura costruzione verbale; le stesse ardite tecniche narrative caratterizzano la produzione di C. Fuentes e C. Valdés. Anche la poesia offre un panorama vasto: la lirica, al limite del surrealismo, di M.A. Montes de Oca; il linguaggio sintetico di G. Zaid; la vivacità dei versi di R. Castellanos e T. Segovia; la sensualità di G. Amor.

ARTE

La grande abilità costruttiva delle popolazioni stanziate nel M. in età precolombiana (Olmechi, Zapotechi, Totonachi, Toltechi, Mixtechi e soprattutto Maya e Aztechi) trova testimonianza e conferma nei racconti degli antichi cronisti spagnoli (B. Díaz del Castillo, B.R. da Sahagún) e nei resti dei grandiosi monumenti portati alla luce a partire dalla seconda metà dell'800: le piramidi di Monte Albán e quelle del Sole e della Luna a Teotihuacán, la casa del governatore e quella delle sacerdotesse a Uxmal, la piramide di Quetzalcóatl, a Tula, le imponenti costruzioni di Chichén Itzá, il tempio di Tepoztlan, la necropoli di Mitla. Alto livello raggiunsero anche la scultura, concepita in gran parte come elemento decorativo dell'architettura, la ceramica, i mosaici di pietre dure o di piume e soprattutto l'oreficeria, in gran parte perduta durante la conquista spagnola; scarsi sono i resti di pitture (Teotihuacán, Mitla). Nei tre secoli della dominazione spagnola l'architettura seguì in genere le vicende stilistiche di quella spagnola, dallo stile plateresco, misto con elementi romanici e ogivali, fino allo stile fastoso del Barocco churrigueresco; tra gli edifici più significativi di questo periodo sono il palazzo di Cortés a Cuernavaca (XVI sec.), la chiesa e il convento di San Domenico a Oaxaca (XVII sec.), la cappella del Picito a Guadalupe (XVIII sec.). Pittori notevoli furono: nel XVI sec. J. de Arrué, primo pittore spagnolo nato in M.; nel XVII sec. B. de Echave, S. de Arteaga; nel XVIII sec. J. de Ibarra, J. Alcibar. Tra gli artisti che si imposero nel XIX sec. ricordiamo: M. Tolsá e F.E. de Tresguerras, architetti e decoratori con i quali si chiude la tradizione ispano-messicana, i pittori J.S. Pina e J.M. Velasco, educati in Europa, e gli impressionisti del gruppo di A. Ramos Martínez. Dopo il trionfo della Rivoluzione si determinò la ricerca di una pittura genuinamente messicana, con i grandi cicli murali di ispirazione sociale di D. Rivera, J.C. Ozco, D.A. Siqueiros e con le opere ispirate alle tradizioni precolombiane di R. Tamayo.
Il tempio dei Guerrieri e le 1000 colonne a Chichen Itza (Messico)

La cattedrale di Città del Messico

Messico: l'antica città mineraria di Pachuca

Statua azteca di Xochipilli, dio della primavera (Città del Messico, Museo)

Reperto di arte mixteca