Famiglia fiorentina che dal Quattrocento ebbe la signoria di Firenze e della
Toscana, tramutandola dapprima in Ducato (1532), quindi in Granducato (1569). Si
estinse nel 1737. Non si hanno notizie certe circa l'origine della famiglia,
anche a causa della scarsità di documenti, ma sembra probabile che esse
risalgano al XII sec.; capostipite sarebbe un
Giambuono, dal quale
sarebbero discese diverse linee (marchesi della Castellina, principi di
Ottaiano, i
M. Tornaquinci tuttora esistenti, ecc.). Da una di queste
linee sarebbero poi discesi i due rami principali della famiglia, quello di
Cosimo il Vecchio e quello di Lorenzo il Vecchio, che governarono la Toscana.
Probabilmente agli inizi del Duecento i
M. si trasferirono
dall'originario Mugello a Firenze, dove esercitarono il commercio e il cambio.
Alcuni membri della famiglia ricoprirono cariche pubbliche nel comune fiorentino
(gonfaloniere di giustizia, priore delle arti, ecc.), mentre altri si avviarono
alla carriera ecclesiastica. Arricchitisi in breve tempo ed estesi i loro
traffici a tutto il territorio italiano oltre che all'estero, i
M.
conquistarono un ruolo di primo piano non solo nella vita economica di Firenze,
ma anche in quella politico-sociale: durante le lotte interne tra guelfi e
ghibellini, i
M. si schierarono dapprima con il partito guelfo poi, dopo
l'ulteriore scissione di questo, con la parte dei neri. Per le sue origini
umili, non nobili, e per la sua ricchezza, era naturale che la casata dei
M. si schierasse con il popolo grasso, contrario alla parte nobile della
città ma anche avverso alle richieste del popolo minuto: ciò
spiega, per esempio, la loro ostilità nei confronti del duca d'Atene
Gualtiero di Brienne (1342-1343), che proprio nei
M. ebbe i nemici
più accaniti. In occasione della crisi finanziaria che nel 1345 travolse
le più importanti famiglie di mercanti e banchieri fiorentini, i
M. riuscirono con un'accorta politica a salvaguardare le proprie
attività, acquistando anzi un maggior peso nella vita politica della
città. Gli anni seguenti videro i
M. in lotta con le altre
famiglie del popolo grasso (Bardi, Acciaiuoli, Aldobrandini, Salviati, Albizzi,
ecc.) per il controllo di Firenze. A partire dalla fine del Trecento,
all'interno della famiglia assunse un ruolo di sempre maggior spicco la linea
cosiddetta dei
M. di Cafaggiolo, il cui capostipite è generalmente
considerato
Averardo Bicci, padre di
Giovanni di Bicci che,
gonfaloniere nel 1421, riuscì a contrastare lo strapotere della
nobiltà fiorentina guadagnandosi il favore del popolo e mettendo fine al
periodo di predominio degli oligarchi. Cominciava per Firenze un periodo di
stabilità economica e politica e di grande fervore intellettuale e
artistico, grazie anche al ruolo svolto dalla famiglia dei
M., i cui
membri si distinsero come mecenati di artisti, filosofi, letterati.
Cosimo il
Vecchio (V. MEDICI, COSIMO DE'), figlio di
Giovanni di Bicci, dovette ancora sostenere la lotta contro gli oligarchi,
guidati dalla famiglia degli Albizzi, ma riuscì infine, dopo il ritorno
dall'esilio al quale era stato costretto nel 1433, ad ottenere il totale
controllo della vita politica fiorentina. Anche se nel rispetto formale delle
istituzioni repubblicane, iniziava in tal modo la signoria medicea, che
cercò sempre l'appoggio del popolo minuto ma anche quello delle forze
più moderate pur esistenti nella fazione nobiliare. Esponenti dei
M. occuparono le principali cariche pubbliche, mentre la stabilità
politica veniva garantita dalle alleanze concluse con altri Stati, quali il
Ducato di Milano, il Regno di Napoli, lo Stato Pontificio. Dopo la morte di
Cosimo (1464) e il breve periodo di signoria di
Piero il Gottoso (morto
nel 1469), il potere effettivo della città passò nelle mani di
Lorenzo I il Magnifico (V. MEDICI, LORENZO
DE') e di
Giuliano (V. MEDICI, GIULIANO
DE'), che però venne ucciso nel 1478 durante la cosiddetta
Congiura dei Pazzi. Quelli del governo di Lorenzo furono per Firenze anni di
pace e di splendore culturale, ma alla sua morte (1492) ebbe inizio una profonda
crisi politica: banditi da Firenze nel 1494, i
M. vi fecero ritorno nel
1512 per essere nuovamente esiliati nel 1527. Essi poterono rientrare
definitivamente solo nel 1530, quando
Alessandro fu nominato governatore
e poi, nel 1532, duca: cessava la Repubblica, si formava un Principato
comprendente buona parte della Toscana, la cui capitale era Firenze. Nel
frattempo, accanto a questo ramo principale, si era distinto anche quello
collaterale discendente da un fratello di Cosimo il Vecchio,
Lorenzo il
Vecchio (morto nel 1440). Tale linea, fra i cui discendenti fu il
condottiero
Giovanni dalle Bande Nere (V.),
non fu implicata nella scena politica della città, ma prosperò
negli affari; le sue vicende, tuttavia, finirono per intrecciarsi con quelle del
ramo principale. La signoria medicea su Firenze fu favorita anche dall'appoggio
esterno, grazie all'elezione di due membri del casato a pontefici: Giovanni,
figlio di Lorenzo il Magnifico, fu papa Leone X (V. LEONE
X, PAPA) dal 1513 al 1521; Giulio, figlio naturale di Giuliano I, fu papa
Clemente VII (V. CLEMENTE) dal 1523 al 1534. Nel
1537 il duca Alessandro, che si era attirata l'ostilità della fazione
nobiliare, venne assassinato da
Lorenzino (V.
MEDICI, LORENZINO DE'), discendente di Lorenzo il Vecchio; questi non
riuscì tuttavia ad ottenere il potere, poiché come duca della
città fu eletto il figlio di Giovanni dalle Bande Nere,
Cosimo I
(V. MEDICI, COSIMO I DE'), che nel 1569 ottenne da
papa Pio V il titolo di granduca di Toscana. La fine del XVI sec. vide il
progressivo indebolimento dell'importanza politica della famiglia medicea nello
scenario italiano; proclamatosi vassallo del re Filippo II,
Francesco I
rinunciò a qualsiasi autonomia politica. Tale indebolimento si
accentuò nel corso del secolo successivo, durante il governo di
Ferdinando I,
Cosimo II (V. MEDICI, COSIMO
II DE'),
Ferdinando II,
Cosimo III
(V. MEDICI, COSIMO III DE'), degenerando in un
vero e proprio processo di decadenza. Agli inizi del Settecento si pose il
problema della successione medicea, poiché l'ultimo granduca
Ferdinando II non ebbe discendenti: la successione passò quindi a
Francesco I di Lorena, futuro imperatore Francesco I.