Raccolta di liriche di Giovanni Pascoli, pubblicata una prima volta nel 1891 con
21 poesie e, nell'edizione definitiva del 1903, con 156. Comprende liriche
composte tra il 1880 e il 1890, ed altre uscite precedentemente in varie
riviste. Il titolo è tratto da un verso di Virgilio in cui si accenna a
questi fiori di campo (le tamerici), per sottolineare la quotidianità dei
temi trattati e il tono elegiaco agreste dei componimenti. Le tamerici diventano
infatti simbolo della poesia umile, legata alle piccole cose e alla vita di
campagna. Ma la dimensione veristica della raccolta, evidenziata dal frequente
uso di termini precisi, gergali, è solo apparente: è una sorta di
scenario sul quale Pascoli proietta senso di inquietudine e smarrimento
caricando quei particolari quotidiani di significati simbolici. L'opera è
una sorta di diario sentimentale del poeta. Le composizioni, che si aprono e si
chiudono con due componimenti funebri (
Il giorno dei morti e
Colloquio) sono ordinate ciclicamente per temi, ad ognuno dei quali
corrisponde un titolo (
Dall'alba al tramonto, Ricordi, Pensieri, Creature, La
pena del poeta, L'ultima passeggiata ecc.). Le più remote sono
permeate da una sorta di sospensione dell'animo, come
Romagna, Il ponte, A
Scandiano; altre presentano l'amarezza per i lutti familiari (
X
agosto,
Sogno e la già citata
Colloquio) o hanno per
protagonista il paesaggio novembrino, vespertino o notturno (
Il nido e
La siepe), e vi si avverte un accentuato distacco dalla vita terrena. In
altre ancora domina il senso del mistero (
Scapitio, Il morticino, Il Nunzio,
Notte di vento), o si accentua il dolore (
L'Asmòlo,
Paese
notturno) che diventa rimpianto della felicità perduta nelle liriche
Allora, La felicità.