(dall'arabo
Mu`tàzila: coloro che si allontanano). Indirizzo
teologico musulmano. L'origine del movimento risale alle lotte politiche tra i
partigiani degli omayyadi e i kharigiti (inizio dell'VIII sec.). Nel dibattito
riguardo alla posizione del peccatore, i mutaziliti si allontanarono dalle
visioni dei due gruppi politici, assumendo un atteggiamento di
neutralità. I kharigiti consideravano il peccatore "infedele" e
propendevano per la sua espulsione dall'Islam, con le conseguenze giuridiche di
poter essere ucciso e di vedere confiscati tutti i beni; i murgi'iti, invece,
gli attribuivano ancora la qualità giuridica di "credente" e rinviavano a
Dio il giudizio sulla vita interiore di ogni uomo. I mutaziliti collocavano
invece il peccatore in una posizione "intermedia": ritenevano che la fede del
singolo non fosse determinabile dall'esterno, ma fosse propria dello stesso
individuo che da solo poteva decidere se considerarsi fedele o infedele. Il
peccatore grave non era, di conseguenza, da considerare un miscredente (ossia un
kafir), ma era un
fasiq, un delinquente. Col declinare delle lotte
civili il
M. perse ogni contenuto politico e si trasformò in una
scuola teologica, formulando uno schema dogmatico e un metodo dialettico (detto
kalam) che risultarono di notevole rilievo in un momento storico in cui
l'Islam entrava in contatto (e a volte in attrito, come nel caso del
manicheismo) con altre fedi. Il
M. si proponeva di indagare la natura
divina con metodi d'analisi razionali, affermando l'importanza della ragione e
del libero arbitrio umano nelle verità di fede. Negava l'esistenza di
attributi divini, in quanto l'ammetterli implicava la negazione
dell'unicità di Dio e quindi il politeismo. Non rinnegava la rivelazione
coranica, ma vi si avvicinava con metodi razionali, ammettendo l'interpretazione
allegorica dove non ne fosse possibile una letterale. I mutazilisti negavano la
predestinazione e, inoltre, la visione di Dio anche nella vita futura;
affermavano l'eternità delle pene infernali per i peccatori rei di gravi
colpe, anche se musulmani. Sconfitti dalla ortodossia nel XIII sec. sparirono
come scuola, ma non senza aver esercitato una certa influenza in molti ambienti
musulmani, in particolar modo sugli sciiti imamiti e, più tardi e in
forme rinnovate, su alcuni modernisti musulmani.