(o
Maomettani o
Islamici). I popoli, nella quasi totalità
Arabi, appartenenti alla cultura, religione e civiltà islamica. La
denominazione araba
muslimìn (da cui il termine musulmani)
significa seguaci del Profeta, mentre
Islam (da cui il termine islamici)
indica, almeno nell'uso più antico del Corano, l'incondizionata
sottomissione alla volontà di Dio e alla religione rivelata da Maometto.
Il
Corano non rappresenta per i
m. soltanto il "Libro sacro", ma
anche la fonte primaria di ogni ordinamento civile e morale, il fondamento del
vivere sociale e l'opera massima della lingua e della letteratura islamiche.
● St. - La storia dell'Islam inizia a La Mecca nel 610 d.C. circa. In
quell'epoca, la religione degli Arabi presentava numerose analogie con quella
semitica; erano venerate diverse divinità, ma sembra che fosse abbastanza
diffuso anche il culto per un unico Dio superiore, Allah. Data la presenza di
alcune comunità ebraiche in zone dell'Arabia occidentale, alcuni principi
ebraici e cristiani erano infatti piuttosto familiari anche presso la
comunità araba.
Maometto, nato a La Mecca intorno al 570, fu il
fondatore dell'Islam, che ebbe inizio quindi in ambienti cittadini e
commerciali. A partire dal 610 Maometto si convinse che Dio gli rivelasse
verità e gli affidasse messaggi da trasmettere ai suoi concittadini: per
il profeta si trattava della parola realmente rivoltagli da Dio (per mezzo di un
angelo) e questo è ancora il fondamento della religione dei
m.
Anche se riuscì a conquistarsi i primi seguaci (fra i convertiti furono
la moglie Khadigia, il cugino Ali e il figlio adottivo Zaid), Maometto dovette
affrontare presto grosse difficoltà, a cominciare dall'opposizione dei
ricchi ceti mercantili, infastiditi dalla sua predicazione. Nel 622,
accompagnato da numerosi seguaci (fra essi Abù Bakr, intimo amico di
Maometto, ed Omar, i quali sarebbero divenuti i primi due capi della
comunità musulmana) il profeta passò a Medina. Tale migrazione
(
Egira: espatrio) segnò l'inizio dell'era islamica. Nella
città di Medina Maometto assunse il ruolo e la figura di un vero e
proprio capo teocratico; fu qui che la religione islamica si organizzò
nelle sue principali forme rituali (preghiera, elemosina, digiuno,
pellegrinaggio) e acquisì connotati chiari e precisi. La popolazione di
Medina, prima divisa in organizzazioni tribali ostili fra loro, fu riunita in
un'unica comunità (l'
Ummah) fondata unicamente sul legame
religioso; distinta in due grossi gruppi, i
mohagirum (espatriati dalla
Mecca) e gli
ansàr (sostenitori di Medina), essa era organizzata
in numerosi clan appartenenti a culture diverse. Erano infatti presenti anche
clan di Ebrei, i quali, pur consentendo alla formazione a Medina di un'unica
comunità, rifiutarono di riconoscere Maometto come profeta e in qualche
caso si opposero alla nuova religione. Per assicurare la vita materiale della
sua comunità, Maometto nel 630 conquistò La Mecca. La conversione
dei popoli vinti accrebbe il suo prestigio; tribù di beduini arabi si
unirono alla federazione divenendo
m. In tal modo Maometto riuscì
ad estendere progressivamente il proprio dominio su gran parte del territorio
della penisola arabica, mentre la sua autorità come capo di Stato si fece
indiscussa. Nel frattempo, egli aveva raccolto per i suoi primi discepoli i
messaggi divini nel
Qur'an (Corano, che la critica europea considera sua
opera autentica). Maometto morì nel 632, lasciando non solo un nuovo
credo religioso, ma anche uno Stato. Egli non aveva lasciato eredi e ciò
provocò la prima grande crisi politica. Il cugino Ali, che aveva sposato
sua figlia Fatmah, si mostrò troppo debole e la successione passò
al vecchio Abù Bakr, che in tal modo divenne il primo
califfo
(successore) della storia islamica. I primi califfi dovettero subito affrontare
il problema delle tribù nomadi, che pur entrando nella federazione
m. avevano mantenuto le antiche usanze della razzie a danno dei vicini.
Furono organizzate, con il duplice scopo di procurarsi cibo e animali domestici
e di incanalare e controllare la violenza dei nomadi, numerose scorrerie; esse,
partendo da Medina e favorite dalla debolezza dell'Impero bizantino e di quello
persiano, permisero in pochi anni la conquista di Egitto, Siria (636) e Persia
(642). Successivamente si verificarono incursioni nell'Asia Minore, nelle isole
dell'Egeo e nell'Africa settentrionale, finché il movimento di espansione
si arrestò con l'occupazione dell'Armenia. Abù Bakr designò
alla successione Omar, assassinato una decina di anni più tardi; a lui
succedette Othman, un altro genero del profeta, discendente di Omayya. Quando
anche questi fu assassinato (656) i
m. si trovarono al centro di una
nuova, violenta crisi politica: iniziò in questa occasione la lotta tra
il ramo Hascemita (quello principale) e Omayyade (discendente dalla stirpe di
Maometto). Mu'awiyah ibn Abi Sufyan, capoprovincia in Siria, trasferì la
capitale dell'Islam da Medina a Damasco e introdusse il principio dinastico nel
califfato, che per circa un secolo restò nelle mani degli
Omayyadi. Essi diedero all'Impero islamico una solida struttura
amministrativa, favorirono il processo di urbanizzazione e migliorarono
l'organizzazione della vita sociale. Durante la dinastia omayyade ebbe un forte
impulso l'architettura musulmana, i cui primi alti risultati si realizzarono
nella costruzione di monumentali moschee a Damasco, Medina, Gerusalemme ed in
altre importanti città dell'Oriente. In questo periodo i
m.
raggiunsero la massima estensione del loro Impero: ad Occidente occuparono la
Spagna e controllarono, anche se per pochi anni, la regione francese intorno a
Narbonne; ad Oriente penetrarono nell'Asia centrale oltre il fiume Indo. La
dinastia omayyade ebbe fine nel 750, dopo numerose ostilità e lotte fra
diversi pretendenti al califfato; un solo membro della famiglia riuscì a
fuggire in Spagna, dove fondò la dinastia omayyade che avrebbe
successivamente governato la regione. Durante i due secoli che seguirono, il
califfato fu appannaggio della dinastia degli
Abbasidi, che
stabilì la capitale a Baghdad. Le cariche amministrative più
importanti furono affidate a persiani, che all'interno della struttura
dell'Impero vennero quindi ad esercitare un ruolo fondamentale; fu garantita la
successione attribuendo al califfo il diritto di scegliere fra i propri figli il
successore. Per l'Impero musulmano furono anni di splendore, anche se segnati
spesso da rivolte interne e intrighi di palazzo. La civiltà urbana, che
aveva posto le prime basi in epoca omayyade, si sviluppò pienamente;
fiorì ogni tipo di attività culturale, mentre un posto centrale fu
assegnato all'elaborazione della legge islamica (
shari'ah). Furono
coltivate, accanto alle discipline che si occupavano dello studio del Corano,
anche la medicina, la filosofia, la matematica, le scienze naturali; numerosi
furono i libri greci tradotti in lingua araba. L'attività economica
rimase florida e intensi gli scambi commerciali, sia con l'Oriente che con
l'Occidente. Tuttavia, i califfi abbasidi persero gradualmente il controllo di
numerose province esterne, nelle quali i governatori locali pretesero di
designare essi stessi i loro successori, mantenendo con la capitale solo deboli
legami. I primi sintomi di decadenza si annunciarono verso la metà del IX
sec., a causa tanto di fattori interni che esterni. Numerosi elementi
indebolirono progressivamente l'Impero, che nel 945 cadde nelle mani
dell'avventuriero sciita della Persia, Ahmad il Buwaihide: l'eccessivo potere
dei mercenari turchi che costituivano il corpo di guardia califfale, la rottura
dell'equilibrio sociale provocata dallo sviluppo economico, diverse sollevazioni
(come quella, tra l'877 e l'883, degli schiavi negri nello Zanj, o quella
guidata da Hamdan Qarmat di operai e contadini), le devastazioni operate in
Siria ed in Persia da parte di bande
qarmate, le rivendicazioni di
autonomia, sempre più frequenti, da parte di numerose province. Ahmad il
Buwaihide, proclamatosi discendente dei sovrani sasanidi e usurpato il titolo di
"emiro degli emiri", fondò una propria dinastia, quella
buwaihida,
che però scomparve dopo pochi decenni (1055) al sopraggiungere dei
Turchi. Approfittando della crisi politica, sia il califfato omayyade di Spagna
che quello fatimide d'Egitto si opposero all'ormai dissolto califfato di
Baghdad, ma verso la metà dell'XI sec. il mondo musulmano giunse ad una
svolta decisiva: sulla scena politica apparvero i Turchi selgiuchidi sunniti.
Dal 1055 al 1092 i tre grandi sultani selgiuchidi Toghrulbèg, Alp-Arslan
e Malik Shàh, sostenuti dal visir persiano Nizam al-Mulk, riuscirono a
ridare all'Impero una nuova ed efficiente organizzazione politica e sociale.
Essi diedero nuovo impulso all'attività culturale, tramite la fondazione
delle màdrase (scuole ufficiali superiori di teologia e diritto), mentre
a livello internazionale, dopo aver impedito ai pellegrini cristiani l'accesso
ai Luoghi Santi della Palestina, si scontrarono con l'Occidente cristiano
durante la prima crociata (1099) e strapparono ai Bizantini l'Asia Minore. Una
nuova svolta nella storia dell'Oriente musulmana si verificò nel XIII
sec. con l'irruzione dei
Mongoli: sotto l'urto delle invasioni mongole,
il califfato cadde nel 1258. Gli ottomani restaurarono il califfato e nei secc.
XV-XVI conquistarono l'Europa sud-orientale e la costa meridionale del
Mediterraneo, stabilendo contatti con la maggior parte dei Paesi europei.
Durante il Cinquecento, mentre nascevano i tre grandi Stati Mogùl in
India, Safawide in Iran e Ottomano in Anatolia, si verificò il primo
impatto dell'Europa sull'Oriente musulmano: gli Europei raggiunsero l'India via
mare, il commercio con l'Africa settentrionale, per secoli monopolio dei soli
Turchi, fu soppiantato dai traffici portoghesi. Tuttavia, la definitiva
decadenza dell'Impero ottomano ebbe inizio nel XVIII sec., dovuta sia a ragioni
strutturali dell'Impero stesso (enorme estensione territoriale, situazione
finanziaria confusa, ecc.), sia alla nuova potenza economica, politica, militare
di molti Stati europei. L'iniziale interferenza economico-commerciale si
trasformò presto in interferenza politica, quindi in colonizzazione. Dopo
due secoli di dominazione europea, i movimenti indipendentisti riuscirono a
riconquistare per i loro Paesi l'indipendenza politica. ● Rel. - Il
Corano costituisce per i
m. il codice religioso, il libro sacro
rivelato da Dio a Maometto, nel quale sono contenute regole e prescrizioni che
riguardano non solamente il culto, ma qualsiasi aspetto della vita sociale. La
legge sacra dell'Islam (applicabile solo alla comunità dei credenti)
è detta
Shari'ha e definisce l'insieme dei comandamenti dettati da
Dio. La forma della professione di fede non si presenta come una semplice
affermazione, ma come una vera e propria testimonianza che investe la
totalità della vita di un uomo e si concretizza in ogni suo atto. Si
tratta di una fede semplice, che si concepisce sostanzialmente come
sottomissione (
Islam) all'onnipotenza divina, nei confronti della quale
l'uomo esprime, attraverso l'adorazione, la propria gratitudine e la propria
lode. Le opere e le pratiche dei riti canonici hanno in realtà per i
m. un valore secondario, poiché accrescono e completano la fede ma
non ne incidono la sostanza: gli atti esteriori del credente non hanno valore
assoluto, ma dipendono dall'atteggiamento interiore del fedele. I principi
fondamentali della fede musulmana sono stati formulati ufficialmente nella
Shahadah, una sorta di catechismo che costituisce la base dell'Islam. I
principali articoli della fede musulmana sono: l'unicità di Dio, eterno,
trascendente ed onnipotente; la missione dei profeti, che trasmettono la
volontà di Allah loro affidata e chiamano i popoli all'obbedienza (i
primi profeti ritenuti autentici dall'Islamismo sono quelli del Vecchio
Testamento ebraico e Gesù); la certezza di un giudizio finale, che
sarà la conclusione, insieme con la resurrezione, dell'intera storia
dell'umanità (solo i profeti ed i martiri non saranno sottoposti ad esso,
poiché subito dopo la loro morte sono accolti in paradiso). L'inferno,
certezza di fede per i
m., è identificato con il fuoco e comprende
sette ripartizioni; il paradiso (
giannat o
fidaws), è
immaginato come il luogo in cui saranno soddisfatti tutti i desideri umani, il
luogo sognato dal beduino arso dalla sete, avido di ombra e di riposo. Il
Corano diede l'impulso ad un fervido sviluppo degli studi teologici; la
shari'ah non fu mai un uniforme sistema codificato di leggi, quindi per
quanto fondata su divine rivelazioni, essa fu soggetta all'interpretazione e
rielaborazione di numerose generazioni di giuristi e teologi. Con la nascita
dell'esegesi e della teologia coraniche si discussero i problemi della
predestinazione e del libero arbitrio (come nella teologia cristiana), della
giustizia e dell'unicità di Allah, e ciò diede origine anche a
celebri scuole filosofiche come la
Kalam del X sec. (la più
antica) e quella
ash'arita nell'XI sec. Presto la comunità
musulmana si divise nella maggioranza ortodossa (i
sunniti) e nella
minoranza
sciita e
kharigita (VII sec.), dalla quale a sua volta
si staccarono altre sette. Il fiorire di tali sette era favorito dalla
possibilità di interpretare i testi religiosi in modo estremamente
libero: fatti salvi i principi fondamentali della religione musulmana, qualsiasi
giurista sufficientemente qualificato poteva infatti trarre dalle fonti
originarie una serie di conclusioni e di regole adatte a qualsiasi tipo di
problema. Progressivamente, proprio per porre un freno al frazionamento della
comunità musulmana, il diritto alla deduzione e interpretazione
indipendente fu sostituito dall'obbligo di accettare l'autorità dei
grandi giuristi del passato. Le fonti della legge musulmana, frutto di divina
rivelazione, sono quattro: il
Corano, testo sacro rivelato a Maometto; la
Sunnah (prassi del Profeta), resoconto di quanto il Profeta disse, fece o
permise durante la sua vita; l'
igma, cioè il consenso della
comunità musulmana; il
giyas (analogia), costituito dall'insieme
delle deduzioni analogiche delle prime tre fonti. La legge musulmana copre ogni
aspetto della vita umana, secondo una suddivisione che comprende prescrizioni
religiose, norme di diritto penale e norme giuridiche. Gli obblighi canonici dei
M. sono, oltre la professione di fede, la preghiera rituale che
costituisce un elemento essenziale del culto; esso è insieme un atto
comune e un impegno individuale. Il carattere comunitario del culto musulmano
è espresso nel rito della preghiera comunitaria: un insieme di parole e
di gesti rigorosamente prescritti viene ripetuto cinque volte al giorno in ore
precisamente determinate: al
subh (tra l'alba e il sorgere del sole); al
zuhr (subito dopo mezzogiorno); alle
asr (le 16.00); al
maghrib (subito dopo il tramonto); nell'
isha (ad un'ora qualsiasi
della notte). Precede la preghiera un'abluzione rituale ed obbligatoria, dopo la
quale la preghiera viene recitata insieme a tutti gli altri fedeli. La preghiera
è strettamente legata all'elemosina (
zakà), che risponde al
dovere di ogni fedele di dividere la propria ricchezza con i poveri e i
bisognosi. Anche se il
Corano afferma che non è tanto la
quantità ad importare, quanto la qualità, l'atteggiamento
interiore di chi dona, la
shari'ah è piuttosto precisa nel
definire l'ammontare dell'elemosina (nella pratica contemporanea si tratta
generalmente del 2,5% del reddito annuo). Il dovere fondamentale di ogni
m. è, infine, il pellegrinaggio (
hāgg) che va compiuto
almeno una volta nella vita (vengono dispensati coloro che sono impediti da
ostacoli di tipo fisico, materiale e morale). Meta del pellegrinaggio è
la
Ka'bah della Mecca, ossia il santuario che custodisce la "pietra
nera", considerata sacra perché, secondo la tradizione, sarebbe stata
calpestata da Abramo (profeta anche per i
m.). Anche tale pellegrinaggio
(che andrebbe preferibilmente compiuto nel dodicesimo mese del calendario, mese
del Grande Pellegrinaggio) è organizzato secondo precisi gesti rituali
(il giro intorno alla
Ka'bah, il rito di stare eretti da mezzogiorno al
tramonto, ecc.). ● Dir. - Per quanto riguarda la legge civile, in tempi
recenti la
shari'ah, basata su un'autorità implicita e
trascendente, è stata gradatamente sostituita da codici di leggi (in
alcuni casi notevolmente influenzati dal modello occidentale), la cui
legittimità si basa sulla volontà del popolo e sul suo potere
legislativo ed esecutivo. Soprattutto in Arabia Saudita continua ad essere
osservata rigidamente l'antica legge islamica. Generalmente, il diritto penale
divide i crimini in due categorie: l'omicidio e il ferimento volontari, che
danno diritto alla vendetta, da compiere sotto il controllo del giudice; altri
delitti, come il furto, il brigantaggio, l'adulterio, ecc., che vengono puniti
con le
hudud (pene canoniche quali l'amputazione della mano, la pena di
morte, cento colpi di frusta, ecc.). Le norme giuridiche in campo familiare, al
contrario, sono rimaste in tutti i Paesi specificamente islamiche, legate
intimamente alla
shari'ah. Esse riguardano quasi esclusivamente il
matrimonio, rito complesso che comprende il contratto, il versamento della dote
da parte del marito, il consenso delle parti e la consumazione. La nascita di un
figlio maschio è naturalmente preferita, perché permette la
continuazione della famiglia patriarcale, mentre per la morte sono stabiliti
propri riti funebri. Anche le regole della successione sono minuziosamente
stabilite dal
Corano. La vita sociale è fondata sulla
comunità (
umma), che deve usare l'arabo come lingua liturgica,
così come l'organizzazione sociale è basata e retta su precisi
principi giuridici. Il potere esecutivo è detenuto dal califfo, che
è depositario della legge, capo religioso e capo politico. Il potere
giudiziario è detenuto dal
cadì, che svolge i compiti
assimilabili a quelli di un giudice e di un notaio, potendo emettere sentenze su
qualsiasi questione relativa alla legge. ● Arte - L'Islam ha prodotto una
cultura estremamente vivace e feconda che, abbracciando tutti i campi del
sapere, ha spesso agito profondamente sui popoli conquistati o con i quali
veniva a contatto. Poeti, costruttori, architetti, filosofi, naturalisti,
matematici hanno contribuito a mantenere all'Islam una potente vitalità.
Nella convinzione che non esistesse dissidio tra ragione e fede, i
M.
iniziarono (in particolare sotto il califfo Mahmun, IX sec.) lo studio e
l'approfondimento delle opere filosofiche di Persiani, Greci e Indiani, che
furono tradotte e raccolte in biblioteche. Presto sorsero scuole in grado di
sviluppare una riflessione indipendente, basata sul principio che dietro il
mondo visibile esista un ordine fondamentale ed eterno organizzato secondo leggi
universali e comprensibili dalla mente umana. Non senza provocare polemiche, il
pensiero filosofico musulmano ebbe come finalità comune e fondamentale la
scoperta di tali leggi. Contemporaneamente allo sviluppo della filosofia,
conobbero grande impulso anche le scienze "profane". Inizialmente, tuttavia, il
campo propriamente scientifico non ebbe confini precisi, poiché la quasi
totalità dei filosofi furono anche scienziati; in ogni caso, svolsero un
ruolo importante gli influssi ellenistici, indiani e persiani. La medicina, la
giurisprudenza e la matematica furono favorite dalla fondazione di celebri
biblioteche. L'astronomia e la medicina, in particolare, si arricchirono dei
risultati ottenuti dall'osservazione e dalle sperimentazioni. Grande rilievo
ebbero l'algebra e la geometria; l'aritmetica fu perfezionata con l'introduzione
delle cifre indiane, del sistema decimale e dell'uso dello zero (elementi di
derivazione indiana). I
M. crearono la trigonometria piana e sferica,
sconosciuta ai Greci; compirono grandi progressi negli studi chimici; impararono
a servirsi delle stelle per orientarsi nel deserto. Venuti a conoscenza
dell'opera di Tolomeo nell'VIII sec., si dedicarono intensamente agli studi di
astronomia e di geografia (calcolarono la circonferenza e il diametro della
Terra, compilarono atlanti, ecc.). L'erudizione, la filologia e la storia,
considerate inizialmente branche dell'esegesi coranica, conobbero una splendida
fioritura, come la grammatica e la lessicografia. Nel campo propriamente
artistico l'Islam riuscì ad assorbire e far propria l'eredità dei
popoli conquistati, trasformandola secondo la propria sensibilità e
creando un complesso artistico autonomo e distinto, con caratteristiche
nettamente definite. L'architettura rispose direttamente alle necessità
pratiche, rivelando un gusto particolare per la decorazione e le forme astratte.
I mobili, i vasi, i tappeti, le stoffe, i manoscritti furono le espressioni di
una raffinatezza e di una sontuosità difficilmente raggiunte presso altre
civiltà. Nelle arti minori, inoltre, la decorazione fu impreziosita ancor
più dalla diversità, rispetto a quelle occidentali, delle tecniche
adottate. L'intarsio, la lavorazione dei metalli, del cuoio, dei tessuti,
l'oreficeria, la ceramica, il ricamo, la miniatura, l'alluminatura, perfino
l'epigrafia (data la qualità decorativa propria della scrittura araba)
sono documenti, preziosi e raffinati, di un'intera civiltà. Solo la
scultura non conobbe uno sviluppo comparabile, poiché la tendenza alla
stilizzazione favorì lo sviluppo della decorazione lineare.