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Murattismo.

Movimento politico sviluppatosi nell'Italia meridionale all'epoca del Risorgimento. I legami instaurati con la borghesia meridionale da Gioacchino Murat fecero sì che, anche dopo la restaurazione borbonica, continuasse una corrente politica ispirata al programma di Murat e al suo ideale di una Monarchia amministrativa. Gruppi di questa borghesia filomurattiana ebbero, infatti, un ruolo decisivo nella rivoluzione del 1820, ma proprio la loro opposizione all'interpretazione democratica degli ordinamenti costituzionali determinò il fallimento del moto. Una ripresa del M. si ebbe nel 1853-60 con l'avvento al potere, in Francia, di L. Bonaparte. Il movimento, che aveva come punto di riferimento Luciano Murat, secondogenito di Gioacchino e di Carolina Bonaparte, ebbe fra i suoi sostenitori vari illustri patrioti, tra cui G. Pepe, G. Riccardi, G. Pisanelli. Ne fu propugnatore soprattutto A. Saliceti, nominato da L. Murat precettore dei propri figli e divenuto, poi, suo consigliere. I murattiani, il cui pensiero fu esposto in vari opuscoli, proponevano una divisione dell'Italia in due Regni: sabaudo al Nord, murattiano nel Sud, delimitati dallo Stato pontificio circoscritto alla città di Roma. Il progetto incontrò la ferma opposizione dei mazziniani e di buona parte dei liberali, ormai orientati su posizioni unitarie e, inoltre, quella della Gran Bretagna e della Russia. Il M. declinò, così, rapidamente, senza esercitare alcuna influenza nel processo di formazione dell'unità italiana.