Lett. - Breve componimento poetico consistente in una sentenza, un proverbio o
simili. Utilizza generalmente versi endecasillabi e settenari variamente
combinati. ● Mus. - Forma musicale polifonica, vocale o strumentale, che
si è sviluppata a partire dalla fine del XII sec., assumendo nel corso
dei secoli caratteristiche diverse. ║
M. antico: derivato
direttamente dalla
clausolae di Perotino e degli altri autori della
scuola di Notre-Dame (fine del XII sec.), divenne forma autonoma nel XIII sec. I
primi
m. vennero creati con l'aggiunta di una o due voci (dette
motetus e
triplum) a una melodia gregoriana detta
tenor. Le
voci aggiunte svolgevano una sorta di commento al canto con un testo liturgico
differente dalle altre melodie. Successivamente le due voci iniziarono a
svolgere temi di argomento profano in contrasto con il carattere liturgico del
tenor, che poteva essere anche strumentale. La relativa autonomia delle
voci e del
tenor rese possibile un loro progressivo sviluppo individuale.
Tra le fonti importanti per conoscere il
m. antico, in gran parte
anonimo, è il codice di Montpellier. Nel XV sec., con l'
Ars Nova,
il
m. divenne una forma autonoma con sue leggi tra le quali l'isoritmia
seguita da Philippe de Vitry e da Guillaume de Machault. La struttura del
m. isoritmico era formata dalla
talea (uguali sezioni ritmiche) e
dal
color (uguali riprese ritmico-melodiche); presentava un testo unico,
in latino, ed era usato esclusivamente a scopi liturgici e non più
profani (come spesso accadeva in precedenza). ║
M. fiammingo:
attraverso il
m. fiammingo si realizza il passaggio dalle tecniche
arsnovistiche allo stile rinascimentale. Progressivamente si assistette
all'eliminazione del
tenor gregoriano e della politestualità. Le
caratteristiche del
m. isoritmico vennero infrante da J. Dunstable e G.
Dufay. Il
tenor si modificò prendendo parte al gioco del
contrappunto in modo paritario rispetto alle altre voci. I
m. religiosi
tratti dall'
Ordinarium missae o dal
Magnificat coesistevano con
m. sorti per occasioni solenni (
Festmotette, di cui sono esempi il
Nuper rosarum scritto da Dufay per la consacrazione del duomo di Firenze)
e con
m. di religiosità laica e domestica (
Liedmotette, per
esempio
Quam pulchra di Dunstable). Tra gli altri autori fiamminghi vanno
ricordati, oltre ai due già citati, J. Obrecht e J. Despres, J. Ockeghem,
Adam von Fulda, Pierre de la Rue, H. Isaac, A. Brumel. ║
M.
rinascimentale: nel Cinquecento il
m., la cui caratteristica
essenziale divenne la polifonia, evolvendosi da quello fiammingo,
semplificò il contrappunto, cercando inoltre una maggiore aderenza al
testo. La produzione raggiunse il vertice con Pierluigi da Palestrina e Orlando
di Lasso, capostipite della Scuola romana di cui fecero parte pure Francesco
Soriano, Costanzo Festa, Felice e Giovanni Anerio, che usarono, nei loro
m., uno stile diatonico basato tuttavia sui modi del gregoriano. I testi
adoperati erano, in genere, parafrasi del Vecchio e del Nuovo Testamento. A
Venezia si sviluppò invece la Scuola veneziana (di cui ricordiamo Andrea
e Giovanni Gabrieli e Adriano Villaert) promotrice di una forma di
m.
coloristico, caratterizzato da cori divisi in gruppi (
cori battenti e
cori spezzati) e rinforzati dall'uso degli strumenti. ║
M.
moderno: dal 1660 il
m. si sviluppò secondo due linee. Da un
lato lo stile detto "osservato" della Scuola bolognese di Martini tese a
preservare i
m. di tipo palestriniano; dall'altro si elaborarono nuove
forme. Nell'età del Barocco elementi nuovi si aggiunsero a quelli che
avevano sempre caratterizzato il
m.; e quindi il significato originale
della forma si allargò a comprendere composizioni di tipo diverso basate
tuttavia sempre su un testo sacro. Monteverdi sviluppò il
m. sul
principio del basso continuo. Più tardi anche J.S. Bach compose dei
m. cantati secondo una formula diffusa nei secoli successivi quando il
m. divenne una composizione sacra a una o più voci accompagnate
dall'organo o da un complesso strumentale (tra i compositori di
m. di tal
genere si possono ricordare Schumann, Brahms, Mendelssohn, Franck, d'Indry).